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La nuova coscienza di classe nelle Tesi

Nelle Tesi, il fondamento teorico dell’analisi della società capitalistica è la presa di coscienza dell’alienazione dell’uomo contemporaneo. È impossibile non cogliere, in questa parte, i molti punti in comune con la lezione della scuola di Francoforte e, in particolare, il rimando a L’uomo a una dimensione di Herbert Marcuse.37 I punti di contatto tra Il Manifesto e il pensiero del filosofo, sociologo e politologo tedesco sono molteplici. “Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella civiltà industriale avanzata segno di progresso tecnico”38, scriveva Marcuse nell’incipit del suo saggio. L’irrazionalità del sistema è oggetto di forte contestazione anche nelle Tesi, in cui si sostiene che il capitalismo abbia provocato, con le sue contraddizioni interne, la degenerazione della società, piegata alle illusorie esigenze del consumo e privata di ogni “significato umano e civile”.39 Nella piattaforma politica de Il Manifesto si ritrova anche il tema, ricorrente in Marcuse, della repressione delle libertà individuali connessa allo sviluppo della tecnologia e dei mezzi di comunicazione. La libertà – persino la possibilità della libertà – nella società contemporanea è negata da una socializzazione di massa che ha sottratto all’uomo l’autonomia di pensiero, obbligandolo, di fatto, a condividere le soddisfazioni e i bisogni imposti dal sistema.

37 H.MARCUSE, L’uomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 1967.

38 Ivi, p.21.

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Il terzo punto di contatto tra la rivista italiana e Marcuse è costituito dalla nuova prospettiva da cui si osserva l’eterogenea stratificazione della società, dopo aver abbandonato la tradizionale interpretazione del marxismo classico, che individuava nel proletariato l’esclusivo punto di riferimento.. Nelle Tesi si coglie infatti l’eco della teoria del “gran rifiuto”, avanzata ne L’uomo a una dimensione: il potenziale rivoluzionario, nell’occidente contemporaneo, è rappresentato da tutte quelle sacche sociali escluse dal benessere, che Marcuse, in un passo chiave del libro, descrive come: "il sostrato dei reietti e degli stranieri, degli sfruttati e dei perseguitati di altre razze e di altri colori, dei disoccupati e degli inabili”.40 Essi erano individuati quali potenziali soggetti attivi del “grande rifiuto”, attraverso un'opposizione radicale al sistema, che costituiva la base per la traduzione dell'utopia rivoluzionaria in realtà. Anche nelle Tesi è percepibile un cambio di passo rispetto al passato della tradizione comunista, dal momento che in esse si amplia lo sguardo ai bisogni e alle rivendicazioni dell’intero corpo sociale, e non più soltanto a specifiche categorie al suo interno.

Il superamento della divisione capitalistica del lavoro e del suo carattere alienato diventa bisogno reale di una massa crescente di lavoratori: non solo di quelli condannati alle mansioni più insopportabili e ripetitive, ma anche di quelli ai quali è richiesta una elevata capacità di intervento ma non trovano nel lavoro alcuna espressione di sé. I bisogni di una città abitabile, di partecipazione sociale, di salute, diventano critica implicita del modello individualistico di vita civile, del carattere produttivistico della struttura economica, della mancanza di una pianificazione collettiva dello sviluppo. Un modello di consumo diverso dall’attuale moltiplicazione senza senso di beni illusori, o dalla spossante rincorsa di falsi bisogni che lo sviluppo stesso produce, non è più concepibile senza una modificazione della natura stessa del lavoro, una moltiplicazione delle attività libere, un superamento del carattere individualistico della organizzazione sociale. La critica contro l’autoritarismo e la concentrazione del potere investe necessariamente le loro radici economiche, il tipo di organizzazione della produzione e della società, il carattere mistificato della democrazia delegata, la separazione tra politico e sociale. La lotta contro la diseguaglianza – non solo economica ma di cultura, di funzioni e di potere, lotta contro status e gerarchie arbitrarie, lotta per garantire a tutti una reale possibilità di espressione – si collega direttamente al principio: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.41

La riflessione sui mutamenti della soggettività politica, e in particolare sui rapporti tra società e politica, risente in maniera significativa anche dell’influenza del pensiero di Jean Paul Sartre.42 Il filosofo intrattiene un lungo dialogo con Rossana Rossanda,

40 H.MARCUSE, L’uomo a una dimensione, cit, p. 265.

41 Maturità del comunismo, in “Il Manifesto”, cit., p. 20.

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pubblicato sulle pagine de Il Manifesto, dedicato al tema cruciale della lotta di classe. Il punto di partenza è la condivisione dell’interpretazione di Lelio Basso delle Tesi su

Feurbach, in cui si cerca di sciogliere l’annoso nodo interpretativo del rapporto tra

rivoluzione e coscienza di classe, rigettando le precedenti esegesi eccessivamente rigide, meccanicistiche, deterministiche ed evoluzionistiche.

La coscienza, cioè, non è il prodotto di un “sapere”, ma di un “essere in movimento”, in trasformazione, di un rapporto attivo con la natura, o con la società. Prodotta dal capitalismo, la classe operaia ne riceve conformazione e dimensioni, e, nel medesimo tempo, la condizione di alienazione, è la sua collocazione reale che la conduce a negarlo. La lotta di classe ha quindi le sue radici materiali nel meccanismo stesso del sistema; e la rivoluzione – cioè il processo destinato a superarlo – è un farsi sociale, l’espressione di questo antagonismo, che si costruisce, volta a volta, le forme politiche di cui la classe proletaria abbisogna, e che ne costituiscono l’organizzazione, il partito.43

Al centro della speculazione di Sarte e di Rossanda vi è il rifiuto della teoria rivoluzionaria leninista dell’avanguardia esterna, e un ritorno ai bisogni politici direttamente espressi dalla società, con un evidente spostamento di accento dalla forma-partito alle masse, in cui si colgono distintamente gli apporti teorici di Rosa Luxemburg e di Antonio Gramsci. Se da una parte il nuovo proletariato – la larga parte sociale esclusa dal benessere neocapitalista – può essere considerato il soggetto politico permanente e radicato nella materialità dei meccanismi economico- produttivi, pur nella diversità delle condizioni storiche contingenti, il partito – inteso come organizzazione alla quale si delega la gestione del potere politico - non è ora altro che un modo di essere del tutto transitorio e tutt’altro che prioritario. Entrambi rilevano che sono piuttosto i “consigli” ad assumere un ruolo fondamentale nel favorire lo sviluppo di una coscienza di classe: l’ipotesi è che essi possano condurre a una crescita delle masse come soggetto politico diretto “rispetto alla quale il partito – come è detto nel celebre passo sulla Rivoluzione russa - è un punto di riferimento ideale, di elaborazione coerente, un’avanguardia intellettuale e morale, uno strumento, ma non il solo, dell’espressione politica”.44

Nel corso del dialogo, Sartre compie un passo in avanti rispetto alle precedenti elaborazioni politiche della sinistra marxista, analizzando i concetti di coscienza di

43R.ROSSANDA, Classe e partito, in “Il Manifesto”, numero 4, settembre 1969, pp. 41-54.

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classe e lotta di classe, alla luce dell’antinomia rimarcabile tra lo spontaneismo della

massa e l’organizzazione partitica. Se da una parte, i partiti trovano ragion d’essere quali strumenti di lotta, ma una volta istituzionalizzati degenerano in organismi del sistema fini a sé stessi, dall’altra la classe non possiede alcun punto di coscienza di sé finché non si costituisce in un gruppo e “non può costituirsi in gruppo finché non esprime un progetto politico”.45 Le contraddizioni del capitalismo, dunque, non produrrebbero automaticamente il sovvertimento del sistema e l’alternativa- come scriveva Marx -, ma, secondo il filosofo francese, è necessario costruire una prospettiva rivoluzionaria su basi oggettive e materiali: anche la lezione del 1968 è servita, a suo parere, per far cadere definitivamente ogni illusione di spontaneismo o di spinta volontaristica da parte delle masse.

La direzione in cui guardare, dice Sartre spostando la propria riflessione su un terreno più filosofico, è la ricerca della libertà dell’individuo. Rossanda, invece, suggerisce una via più concreta per la costruzione dell’alternativa, che diventerà poi la soluzione prospettata da Il Manifesto:

Il momento di organizzazione politica della classe comporta dunque non soltanto l’individuazione delle contraddizioni e l’unificazione della lotta, ma l’elaborazione di un’alternativa. Lo “spontaneismo” del maggio dava invece per scontato questo problema. Le posizioni di ispirazione marcusiana o anarchica alla Cohn Bendit puntarono esclusivamente sulla negazione; ma non riuscirono neppure a garantire la continuità della lotta perché, in una società matura, gli stessi gruppi in rivolta non possono porsi il problema del “dopo”. La maggior parte degli uomini è infatti alienata e oppressa, ma fruisce di modi di sussistenza che la obbligano a chiedersi come garantirne l’afflusso, che cosa sostituire alla distruzione […]. Di segno opposto, le tesi di Touraine o di Mallet partivano dal presupposto che lo sviluppo delle forze produttive e la maturazione soggettiva delle masse rendesse automaticamente possibile un’autorganizzazione e un’autogestione della società. 46

45 Ivi, p.45.

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Rossanda confuta le conclusioni politologiche degli studi francesi sul post- industrialismo di Touraine47 e Mallet48, che tendevano a considerare il progresso tecnologico come una forza di per sé neutrale e la presa di coscienza da parte dei lavoratori come un fatto automatico, sostenendo che lo sviluppo capitalistico matura il problema della rivoluzione creando nuovi bisogni, forze, mezzi produttivi, ma questi ne riflettono il meccanismo, le priorità, le strutture in modo tale che una brusca rottura del sistema comporta necessariamente una caduta produttiva. L’immediatezza delle masse – non solo quelle inerti, ma anche quelle in lotta- non sembra poter esprimere, di per sé, se non la negazione della propria condizione. Di qui la necessità del partito, non solo come momento di generalizzazione della lotta, ma come capace di “derivarne” e inventarne il processo rivoluzionario, la positività della società nuova.

L’obiettivo diventa dunque il superamento dei limiti insiti sia nelle precedenti elaborazioni teoriche di ispirazione marxista, sia nelle esperienze storicamente date, per un progetto inedito capace di affrontare quello che sembra essere, a tutti gli effetti, il nodo centrale della questione: come innescare il passaggio al socialismo?

Osservando il crescere dei movimenti sociali come una sorta di climax ascendente, il cui punto di inizio è individuato nella metà degli anni Cinquanta, fino ad arrivare al culmine rappresentato dal 1969, l’anno della riscossa operaia, i dirigenti de Il

Manifesto maturano la convinzione che in Italia si siano sviluppate le condizioni

47 A.TURAIN, (Hermanville-sur-Mer 1925), sociologo, ha avuto una formazione storica, nel senso e nella tradizione della storia sociale che fa capo alle Annales e che si ricollega agl'insegnamenti di L. Febvre e di F. Braudel. Ha insegnato sociologia in molti paesi dell'America latina, negli Stati Uniti, in Canada e all'università di Parigi-Nanterre (1966-69) e dal 1970 è direttore di ricerca all'École pratique des hautes études di Parigi. Si occupa prevalentemente di sociologia industriale e in particolare dei livelli di "coscienza" della classe operaia, nonché della dinamica e delle caratteristiche dei "movimenti sociali" secondo i criteri e i metodi illustrati nella sua Sociologie de l'action (in collaborazione con L. Libertini e R. Panzieri, Parigi 1965). Tra le altre sue opere: L'évolution du travail ouvrier aux usines Renault, (1955); La civilisation industrielle de 1914 à nos jours (1961); La conscience ouvrière, (1966); Le mouvement de mai ou le communisme utopique (1968), La société post-industrielle, (1969), Lettres à une étudiante (1974).

48 S.MALLET (Bordeaux 1927 – Saint Maximin 1973), resistente, uomo politico e sociologo. Aderisce al Partito Comunista Francese nel 1945, per poi rompere bruscamente nel 1958. È stato docente presso l'École pratique des hautes études di Parigi. Il suo pensiero, vicino allo strutturalismo e quindi fondato sulla concezione della fabbrica come una totalità interconnessa, era fondato sull’esaltazione della rivoluzione come rovesciamento della struttura, a partire dall’autonoma presa di coscienza da parte degli operari delle proprie capacità tecniche. Tra le sue opere più importanti: Les Paysans contre le passé (1962), La nouvelle classe ouvrière (1963), Le Gaullisme et la Gauche (1965), Le pouvoir ouvrier, bureaucratie ou démocratie ouvrière (1971).

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necessarie per il propagarsi della scintilla rivoluzionaria: la crisi, secondo loro, era giunta ai limiti di rottura.

L’ampiezza e la qualità del movimento di lotta è probabilmente il tratto caratteristico della crisi italiana rispetto alla crisi generale dell’equilibrio capitalistico negli ultimi anni. Questo movimento è cresciuto in un lungo arco di tempo: ha origine tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, con lotte operaie che anticipavano contenuti e forme destinate a pesare più tardi con ben altra forza; si sviluppa con la lotta politica e sociale contro il centro-sinistra, determinando, a livello di massa e nelle forze politiche e sindacali, un forte logoramento dell’egemonia riformista ancora prima del 1968; compie un salto di qualità con l’esplosione della lotta studentesca tra il 1967 e il 1969, che sposta radicalmente l’asse del movimento in una direzione extraistituzionale ed extra capitalistica; e giunge a pieno sviluppo con le lotte operaie del 1969, portando la crisi ai limiti di rottura.49