Prima di parlare del lavoro extramurario in senso stretto preme fare una premessa e cercare di circoscrivere l'ambito entro cui si può parlare di lavoro come presupposto dell'ammissione a una modalità di esecuzione extramuraria della pena. La lettera della legge richiede l'esistenza di una attività lavorativa (oppure istruttiva o utile al reinserimento sociale) per la concessione di una misura alternativa solo con riferimento alla semilibertà ex articolo 48 della legge n.354/75. L'ossessione lavoristica di parte della magistratura di sorveglianza ha portata a richiedere il lavoro anche per la concessione di altre misure alternative come per l'adamento in prova al servizio sociale.
L'istituto del lavoro all'esterno si concretizza nella possibilità che i de- tenuti o gli internati siano assegnati ad una attività lavorativa che si svolge fuori dall'istituto. Ha una funzione chiaramente risocializzante in ragione del fatto che si consente al detenuto di uscire dal carcere e di rap- portarsi alla realtà lavorativa e sociale in maniera graduale preparando il terreno per un reingresso consapevole e responsabile nella comunità dei consociati.
L'articolo 21 O.P. nella sua versione originaria costituiva niente di più che una modalità di esecuzione della sanzione penale che comportava soltanto che il luogo dove il detenuto avrebbe prestato la propria atti- vità lavorativa non era situato all'interno dell'istituto ma all'esterno40.
L'articolo 21 prevedeva che fosse il direttore dell'istituto ad assegnare i detenuti al lavoro all'esterno; anche se, sulla base di circolari ministeria- li41si ritenne preferibile un esame preventivo del provvedimento da parte del ministero o dell'ispettorato distrettuale. Con queste caratteristiche il lavoro all'esterno si congurava più come una semplice modalità trat- tamentale/esecutiva che come una misura alternativa della detenzione a cui, invece, mireranno gli interventi normativi successivi. Già con la leg- ge Gozzini del 1986 si introducono delle importanti novità: una su tutte ineriva il fatto di aver subordinato il provvedimento di ammissione del direttore all'autorizzazione del Magistrato di sorveglianza. Si assiste alla giurisdizionalizzazione dell'istituto che viene così avvicinato alla misure alternative alla detenzione.
Un passo ulteriore verso la paricazione del lavoro ex articolo 21 alle misure alternative è compiuto con gli interventi normativi successivi: la legge n.203 del 1991 in tema di lotta alla criminalità organizzata e i prov- vedimenti di contrasto alla criminalità maosa che ha inserito l'articolo 4bis O.P. e modicato il primo comma dell'articolo 21; la legge n.356 del 1992 che ha introdotto il divieto di concessione dei beneci per gli appartenenti alla criminalità organizzata; la legge n.193 del 2000 con cui si sono inseriti i condannati ammessi al lavoro all'esterno nel novero delle persone svantaggiate.
Per quanto riguarda i presupposti e modalità per la concessione va ana- lizzato l'articolo 48 del regolamento di esecuzione il quale prevede che per l'ammissione al lavoro all'esterno è necessaria la sua previsione all'in- terno del programma di trattamento e l'approvazione del provvedimento da parte del Magistrato di sorveglianza o da parte dell'autorità giudi- ziaria procedente, per gli imputati. Il programma di trattamento e la relativa previsione al suo interno della possibilità di lavorare al di fuori del carcere tiene conto di una valutazione della personalità del soggetto compiuta non dal solo direttore ma da una equipe di esperti in materie diverse. Saranno valutati ai ni indicati, parametri quali l'adabilità del soggetto, caratteristiche del posto di lavoro all'esterno e tutti quegli al- tri aspetti che possono incidere negativamente sulle nalità dell'istituto trasformandolo in un incentivo a commettere nuovi reati42.
Per quanto riguarda, invece, l'approvazione del provvedimento da parte del Magistrato di sorveglianza o dell'autorità giudiziaria si parla di una valutazione di merito, in quanto dovrà prima vericare che nel program-
41Circolare ministeriale 7-12-82, n.2906/5356
ma di trattamento vi sia l'indicazione inerente la possibilità di svolgere il lavoro ex articolo 21 O.P. e poi compirà una valutazione sostanziale analizzando aspetti quali natura del reato, durata della pena, esigenza di prevenire il pericolo che l'interessato commetta altri reati. La decisione assumerà la veste di decreto per il quale non è prevista la motivazione come richiesta in altre ipotesi dell'articolo 69 O.P.
Il provvedimento di ammissione al lavoro esterno deve contenere le pre- scrizioni a cui il detenuto deve attenersi per il tempo che trascorre fuori dall'istituto e nel dettaglio l'orario di uscita e di rientro dall'istituto con la previsione di una fascia di tolleranza per eventuali ritardi dovuti a for- za maggiore. Scaduto anche tale termine viene inoltrata nei confronti del detenuto una denuncia per il reato di evasione. Nel corso della esecuzione della misura è possibile che la direzione dell'istituto modichi le prescri- zioni imposte al lavoratore però è necessario l'approvazione del Magistrato o dell'autorità procedente. Lo stesso dicasi, ai sensi dell'articolo 48 del regolamento di esecuzione, quindicesimo comma per il provvedimento di revoca il quale richiede approvazione per divenire esecutivo.
Ci si deve chiedere se il decreto del magistrato è qualicabile come un mero atto amministrativo o giurisdizionale. Ciò ci consente anche di comprendere quali possano essere i rimedi proponibili avverso tale de- creto. La giurisprudenza si è storicamente dimostrata divisa: secondo parte di questa il decreto del Magistrato incide sulle modalità di esecu- zione della pena detentiva ed è quindi qualicabile come provvedimento giurisdizionale e non come atto amministrativo ed è quindi possibile il ricorso per Cassazione ex articolo 111 settimo comma della Costituzione; secondo la giurisprudenza di legittimità invece il provvedimento ha na- tura amministrativa perchè privo di autonomia dispositiva, inserendosi invece in un procedimento amministrativo. Si esclude quindi il ricorso per Cassazione ex articolo 111 della Costituzione. Inoltre la natura am- ministrativa del provvedimento è stata recentemente ribadita dalla stessa Magistratura di sorveglianza43 secondo cui, da un lato il provvedimento di approvazione dell'ammissione al lavoro all'esterno può essere annullato o revocato in autotutela dallo stesso ucio emittente, dall'altro, contro tale provvedimento è ammesso il reclamo al Tribunale di sorveglianza. Veniamo ora ad analizzare i tipi di attività cui possono essere destinati i beneciari della misura ex articolo 21 O.P. Può trattarsi di un'attività alle dipendenze sia di imprese pubbliche che private senza alcuna limitazione con riferimento al tipo di impresa. L'attività può concretizzarsi in lavoro
subordinato o anche in un lavoro autonomo come consentito dall'articolo 48, dodicesimo comma del regolamento di esecuzione. Inoltre l'istituto in analisi è utilizzabile anche per la frequenza ad un corso di formazione professionale tenuto all'esterno dell'istituto o per la frequenza, da parte di un minore, di un istituto di istruzione.
Con legge n.94 del 2013 si è introdotto il comma 4ter all'articolo 21, il quale prevede che il detenuto può svolgere lavoro di pubblica utilità oppure a sostegno delle famiglie delle vittime del reato da loro commesso. Si tratta di attività di lavoro che presentano dei tratti peculiari: sono a titolo volontario e gratuito; tali attività non devono pregiudicare le esigenze di lavoro, famiglia e salute del detenuto; la prestazione ha una durata di sei ore settimanali o su richiesta dell'interessato anche per un tempo superiore comunque non maggiore alle otto ore giornaliere; si tratta di attività lavorative che possono aancarsi a quelle ex articoli 20 e 21 O.P. Per quanto riguarda i beneciari di tali attività vanno richiamati Stato, enti locali, enti ed organizzazioni nazionali ed internazionali di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato ma anche le famiglie delle vittime del reato. Anche se la norma non lo prevede espressamente, la sua collocazione all'interno dell'articolo 21 rende ipotizzabile che per la destinazione dei detenuti allo svolgimento di tali attività sia necessaria l'approvazione del Magistrato di sorveglianza.
Per quanto riguarda i soggetti che possono fruire del lavoro all'esterno ex art 21 O.P. ci sono sia i condannati ed internati che gli imputati. Esistono tuttavia delle limitazioni: se i detenuti o internati sono stati condannati per i reati di cui all'articolo 4bis O.P. la loro ammissione al lavoro all'e- sterno può essere disposta solo dopo che abbiano espiato almeno un terzo della pena (e comunque non oltre cinque anni); se condannati all'ergasto- lo l'ammissione può avvenire solo dopo l'espiazione di dieci anni. Però se il Procuratore nazionale o distrettuale antimaa comunica l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, i detenuti per delitti dolosi non potranno fruire della possibilità di lavoro all'esterno. La modica introdotta nel 1991 ha previsto ulteriori limitazioni: i condannati per i delitti di sequestro di persona a scopo di terrorismo, eversione o di estor- sione che hanno cagionato la morte del sequestrato, non possono essere ammessi al lavoro all'esterno prima di aver espiato due terzi della pena o ventisei anni in caso di ergastolo; ai condannati per i delitti di cui al- l'articolo 4bis che hanno posto in essere una condotta ex articolo 385 c.p. o che hanno subito la revoca della misura alternativa non potrà essere concessa la misura ex articolo 21 per un periodo di tre anni, come pre-
visto dall'articolo 58 quater; ai condannati per i delitti di cui all'articolo 4bis che abbiano commesso durante il lavoro all'esterno un delitto doloso punibile con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, il divieto di concessione del benecio opera per un periodo di cinque anni.
2.3.1 La costituzione del rapporto
L'articolo 20 O.P. stabilisce che al lavoro extramurario si applica la disci- plina generale sul collocamento ordinario ed agricolo e l'articolo 19 della legge n.56 del 1987 di cui si è già avuto modo di parlare con riferimento al lavoro intramurario. Alla luce della semplicazione della procedura di collocamento operata dalla legge n.608 del 1996 vige la regola della assunzione diretta e il datore di lavoro ha l'obbligo di inviare alla sezione circoscrizionale per l'impiego una comunicazione scritta con una serie di indicazioni, entro 5 giorni dall'assunzione.
2.3.2 Lo svolgimento del rapporto
Si deve partire dall'evidenziare quanto riportato dall'articolo 48, undice- simo comma del regolamento di esecuzione, secondo il quale: "I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all'esterno esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi, con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privativa della liberta". Al lavora- tore detenuto sarà applicabile il contratto collettivo vigente all'interno dell'azienda presso la quale è impiegato. Il lavoro presso imprese private deve svolgersi sotto il controllo della direzione che può servirsi a tal ne del personale dipendente ma anche del servizio sociale per stemperare la formalità delle procedure. I controlli riguardano l'osservanza delle pre- scrizioni da parte del detenuto ma anche che il lavoro si svolga nel rispetto dei diritti e della dignità del detenuto. Il discorso appena fatto riguarda le imprese private e non quelle pubbliche rispetto alle quali i controlli saranno compiuti solo su segnalazione dei responsabili delle imprese con riferimento ai comportamenti dei detenuti. Si da per scontato che trat- tandosi di imprese pubbliche si abbia, in ogni caso salvo prova contraria, il rispetto dei diritti dei detenuti44.
Similmente a quanto fatto per il lavoro intramurario analizziamo i singoli istituti assumendo come punto di partenza l'articolo 20, diciassettesimo comma il quale prevede che la durata della prestazione lavorativa non
possa superare i limiti stabiliti dalla legge; deve essere garantito il ri- poso festivo e assicurata la tutela previdenziale ed assicurativa; la più volte citata sentenza della Corte costituzionale ha consentito di istitu- zionalizzare il diritto alla ferie e alla relativa indennità sostitutiva. La dottrina è poi divisa in tema di trasferimento del lavoratore detenuto: parte di questa ritiene che non vi siano preclusioni al trasferimento e quindi il datore può valutare gli estremi di tale misura sulla base delle prescrizioni fornite dall'articolo 2103 c.c.; inoltre bisognerà modicare il programma di trattamento con riferimento al nuovo luogo di lavoro e al percorso da compiere per raggiungerlo45. Altra dottrina, ritiene invece non possibile il trasferimento del lavoratore da un luogo ad un altro né tutti quei provvedimenti che possono comportare l'elusione dei controlli previsti dall'articolo 21 O.P46.
Per quanto riguarda i diritti sindacali partiamo dal dire del diritto di as- sociazione sindacale, rispetto al quale non esiste alcun tipo di preclusione per il lavoratore detenuto se non quelli previsti negli statuti o atti co- stitutivi delle stesse organizzazioni sindacali che potranno pretendere, ai ni dell'iscrizione, l'incensuratezza o i requisiti di buona condotta morale e civile. Per quanto riguarda l'esercizio di diritti sindacali, data la con- dizione di detenuto che presta la propria attività al di fuori del carcere, non sembrano esservi limiti al diritto di partecipare ad iniziative assem- bleari e rappresentative pur sempre nel rispetto delle previsioni di legge e quelle contenute nei contratti collettivi ivi applicati. Nessuna dierenza anche per ciò che attiene al diritto di sciopero rispetto a cui non vi sono dierenze con il lavoratore libero.
Concludiamo dicendo della retribuzione rispetto alla quale la dottrina, pressochè unanime, ritiene non possa trovare applicazione l'articolo 22 O.P. che consente una decurtazione di un terzo dalla retribuzione dei de- tenuti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. Al contrario la determinazione del corrispettivo sarà rimessa alla contrattazione colletti- va ed individuale delle parti; una retribuzione che dovrà avere i caratteri della onerosità e corrispettività e dovrà essere parametrata alla quantità e qualità del lavoro prestato.
2.3.3 La cessazione del rapporto
Per la cessazione del rapporto di lavoro tra detenuto e datore di lavoro esterno vi è l'applicazione della ordinaria normativa lavoristica: il datore
45M.Vitali, op.cit., pp. 76 46Vidiri, op.cit
potrà intimare il licenziamento solo per giusta causa o giusticato mo- tivo per iscritto e con comunicazione dei motivi. Inne un cenno alle conseguenze che la perdita dell'attività lavorativa per eetto di un licen- ziamento o di dimissioni ha sull'ammissione al lavoro all'esterno. Non vi è una norma che disciplina la revoca del lavoro all'esterno che è ri- messa alla valutazione discrezionale della direzione del carcere che terrà conto degli esiti del programma di trattamento. Ad ogni modo l'articolo 48, quindicesimo comma del regolamento prevede che la revoca diviene esecutiva solo dopo l'approvazione del Magistrato di sorveglianza.