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Le alleanze globali: Skyteam, Star Alliance e Oneworld

Come visto, la Commissione ha applicato non di rado l’art. 101 TFUE nel contesto delle esenzioni per gli accordi di cooperazione tra vettori. Con particolare riferimento alle joint venture che, tra il 2010 e il 2015 hanno dato vita alle tre alleanze globali (Skyteam, Star Alliance e Oneworld) la Commissione ha garantito l’esenzione dall’applicazione del divieto di intese anti competitive solamente a seguito della presentazione di impegni atti a mitigare gli avversi effetti prodotti dall’accordo (nella maggior parte dei casi attraverso l’impegno a cedere slots presso aeroporti congestionati in modo da rilanciare la concorrenza)66.

Il merito di tali decisioni67, è stato quello di aver fissato l’iter procedimentale della valutazione delle forme di cooperazione tra compagnie aeree. I casi venivano esaminati alla luce della disposizione di cui all’art. 101 TFUE che, come noto, proibisce tutti gli accordi tra

      

65Cfr. T.H.OUM -C.YU -A.ZHANG, Global airline alliance: international regulatory issues, in Journal of Air Transport Management, vol. 7, fasc. 1, gennaio 2001, pp. 57-62.

66 Cfr. J. BALFOUR, Airline Liberalisation and Competition: the EU experience, OECD (expert paper), 2014.

67 Cfr. Commissione Europea, Decisione 14 luglio 2010, Caso COMP/AT 39596 British Airways/American Airlines/Iberia; Commissione Europea, Decisione 23 maggio 2013, Caso COMP/AT 3959, Air Canada/Continental/Lufthansa/United Airlines; Commissione Europea, Decisione 12 maggio 2015, Caso COMP/AT 39964, Air France – KLM/Delta/Alitalia/American Airlines/Iberia.

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imprese, decisioni di associazioni di imprese, nonché pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno. La Commissione procedeva a verificare l’esistenza di un accordo tra le imprese coinvolte, la capacità dello stesso di pregiudicare il commercio intracomunitario nonché la finalità oggettiva ovvero l’effetto dell’accordo medesimo di restringere il gioco della concorrenza. Per il primo requisito non si poneva alcun problema: in tutti i casi esisteva un accordo che delineava in gran dettaglio gli elementi che governavano la cooperazione. Pure ovvio era il pregiudizio al commercio intracomunitario dal momento che ciascun accordo copriva una pluralità di rotte da e verso l’Europa con conseguente distorsione delle tendenze ivi in atto. Pertanto, il focus della Commissione riguardava la verifica circa l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto ovvero per effetto.

La Commissione, basandosi sul noto caso Beef Industry, esaminava se, mediante accordi volti alla spartizione di ricavi, le parti avessero consapevolmente coordinato le proprie condotte68. A tal proposito, la Commissione rilevava che le compagnie aeree avevano concordato di stabilire congiuntamente le tariffe, regolare la propria capacità, coordinare i propri programmi di volo e cooperare in relazione alle vendite e ai servizi marketing. Inoltre, le stesse decidevano di condividere i ricavi complessivi e di vendere i propri servizi

      

68 Cfr. Corte di Giustizia, 20 novembre 2008, causa C-209/07 - Beef Industry Development e Barry Brothers. In tale caso, la Corte di Giustizia aveva qualificato come restrizione per oggetto una decisione adottata congiuntamente dai produttori di carne in Irlanda al fine di manovrare le forniture attraverso la fissazione di quote di produzione più basse. I volumi rappresentavano chiaramente un parametro chiave della concorrenza e la decisione di fissarli congiuntamente restringeva di per sé la concorrenza. Certamente questo non escludeva che l’accordo potesse comunque ancora essere considerato lecito se controbilanciato da efficienze dell’accordo stesso.

reciprocamente ed indipendentemente dal vettore che avesse operato il volo. Peraltro, la Commissione valutava i possibili effetti di tali operazioni con esclusivo riferimento alle rotte tra gli aeroporti costituenti gli hub delle compagnie aeree coinvolte, ravvisando potenziali distorsioni alla concorrenza su complessivamente dieci rotte tra l’Europa e gli Stati Uniti sulle quali i partners delle joint ventures detenevano quote oscillanti tra il sessanta e il cento per cento del mercato. Inoltre, tali preoccupazioni erano acuite dalla presenza di rilevanti barriere all’entrata quali, in particolare la carenza di slots e l’accesso privilegiato alle rotte di cui godevano i partner delle alleanze grazie al loro sistema di hub. Tale ultimo elemento rivestiva una particolare importanza con espresso riferimento alle rotte transatlantiche sulle quali la maggior parte dei concorrenti non avrebbero potuto operare stante l’assenza di una rete di voli capace di veicolare i passeggeri sugli hub. Così, ad esempio, in relazione all’alleanza tra British Airways, American Airlines e Iberia, sulla rotta Londra – Miami competevano British Airways, American Airlines e Virgin e la prima controllava un significativo numero di voli a corto raggio da e per Londra Heathrow. In una tale situazione, secondo la Commissione, era naturale che British Airways avrebbe preferito di incanalare i passeggeri sui propri voli in partenza per gli Stati Uniti da Londra Heathrow piuttosto che sui voli offerti da Virgin. Al contrario, prima della costituzione dell’alleanza la stessa avrebbe temuto di perdere passeggeri che avessero voluto viaggiare con American Airlines. In seguito alla costituzione della joint venture, British Airways avrebbe ottenuto un ricavo addizionale anche laddove un passeggero avesse deciso di viaggiare non con British Airways ma con altri partner dell’alleanza anche escludendo Virgin da un eventuale accordo commerciale tipo interlining.

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Individuate le problematiche di tipo concorrenziale, la Commissione analizzava l’intesa alla luce dell’art. 101 par. 3 TFUE al fine di verificare se le stesse presentassero delle efficienze che fossero in grado di neutralizzare la riduzione di concorrenza69. L’analisi di tali caratteristiche si rivelava particolarmente importante nei casi Star Alliance e Sky Team laddove le preoccupazioni erano limitate al mercato dei passeggeri premium sulle rotte da Amsterdam, Parigi, Francoforte e Roma verso New York. Ad avviso dei partecipanti all’alleanza, la joint venture permetteva ai passeggeri di guadagnare diversi punti mille miglia, di avere accesso alle lounge dei vettori partner commerciali, di effettuare un singolo check in del bagaglio. Inoltre, la cooperazione permetteva delle economie di densità che consentivano di innalzare il load factor dell’aeromobile, al contempo spalmando i costi su tutti i passeggeri e, in ultima analisi, riducendo il costo medio per passeggero. Ancora, le alleanze avrebbero consentito la rimozione del sistema della doppia marginalizzazionee per tale via i partners sostenevano che esistesse un circolo virtuoso tra l’eliminazione della doppia marginalizzazione e le economie di densità. Infatti i prezzi più bassi prodotti dall’eliminazione del doppio mark up avrebbero attratto altri passeggeri il che a sua volta avrebbe consentito alle compagnie aeree di distribuire i propri costi su un maggior numero di persone, aumentando così i benefici delle economie di densità. I prezzi bassi per i voli di connessione avrebbero ancora attratto un maggior numero di passeggeri e così via.

      

69 Come noto, affinché un accordo possa essere considerato lecito in base all’art. 101.3 è necessario che siano soddisfatte le quattro condizioni indicate dalla norma: (i) l‘accordo deve creare delle efficienze; (ii) le restrizioni alla concorrenza imposte dall’accordo devono essere indispensabili per la creazione delle dette efficienze; (iii) i consumatori devono essere i destinatari di una sostanziale porzioni di tale efficienze; (iv) l’accordo non deve comunque eliminare la concorrenza su una parte sostanziale del mercato Cfr. P.FATTORI,M.TODINO, op.cit., pp. 92 e ss.

Tuttavia, tali caratteri, sebbene rilevanti, ad avviso della Commissione non erano effettivamente capaci di controbilanciare gli effetti negativi pure prodotti (prezzi più alti e servizio di qualità inferiore). Infatti, non poteva ignorarsi come la maggior parte dei passeggeri premium business viaggiasse non stop solo verso New York. Pertanto, il flusso di traffico di connessione sulle rotte verso New York non era abbastanza considerevole per sostenere con sufficiente certezza che i benefici prodotti per i passeggeri di connessione superassero i danni derivanti dall’incremento delle tariffe e dalla diminuzione della qualità del servizio per i passeggeri point to point. Per tale ragione, i partner delle alleanze presentavano una serie di impegni ai sensi dell’art. 9 del Regolamento n. 1/200370.

L’obiettivo era di sostenere la concorrenza sulle rotte oggetto di preoccupazione, incoraggiando l’ingresso ovvero l’espansione di compagnie aeree rivali al fine di rimpiazzare la concorrenza persa a causa della cooperazione tra i partecipanti alle alleanze. Come vedremo nel prossimo capitolo, generalmente, e questo caso non costituisce un’eccezione, nelle ipotesi di trasporto aereo il nucleo fondamentale degli impegni è rappresentato dalla cessione di slots aeroportuali71. Gli impegni presentati dalle parti prevedevano altresì accordi con l’alleanza

      

70 In base a tale disposizione, “Qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un'infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni tali da rispondere alle preoccupazioni espresse loro dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, la Commissione può, mediante decisione, rendere detti impegni obbligatori per le imprese. La decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e giunge alla conclusione che l'intervento della Commissione non è più giustificato”.

71  Il numero degli slots concretamente ceduti, secondo la prassi della Commissione, corrisponde a quel numero che consente alla nuova compagnia aerea di operare la rotta del partner dell’alleanza con il più basso numero di frequenze. In particolare, la Commissione permette ai vettori di ottenere slots nell’arco di un periodo temporale di 20 minuti dall’orario richiesto per quanto concerne i voli a corto raggio e 60 minuti relativamente ai voli a lungo raggio. Questo permette ai nuovi entranti di scegliere degli orari di partenza e di arrivo che siano sufficientemente vicini agli onorari di picco della mattinata e della sera. Cfr. L.ORTIZ BLANCO,B.VAN

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volti a consentire al nuovo entrante di usufruire dei traffico di connessione messo a disposizione dall’alleanza nonché accordi volti a consentire ai passeggeri del nuovo concorrente di combinare i voli di quest’ultimo con quelli dei partners dell’alleanza, e la possibilità per il nuovo entrante di far parte del programma fedeltà dell’alleanza laddove lo stesso non ne avesse uno. Come confermato dalla Corte Generale, i rimedi proposti dalla compagnie aeree sono accettabili nella misura in cui è sufficientemente chiaro che l’entrata sul mercato di nuovi vettori sia effettiva e sufficiente a controbilanciare le restrizioni alla concorrenza prodotte dall’alleanza72. La Commissione decideva quindi di accettare i descritti rimedi rendendoli vincolanti.