3.1 La Rivoluzione Islamica
3.1.2 Le cause della Rivoluzione e il contesto prerivoluzionario
La situazione dell’Iran nella calma prima della tempesta della rivoluzione è una situazione complessa, apparentemente stabile e tranquilla da un lato118 e con una popolazione dormiente, irrequieta e in attesa della fatidica goccia che avrebbe fatto tracimare il vaso, dall’altro. I 50 anni di governo della dinastia Pahlavi avevano contribuito alla creazione di un senso nazionale forte; un senso nazionale che, però, con gli ultimi anni di governo di Muhammad Reza Pahlavi, si rivoltò contro la monarchia anziché sostenerla. L’intrinseco legame con la religione aveva permesso alla popolazione di stringersi attorno al clero che in risposta alla soppressione dei propri diritti da parte dello Scià e all’incessante discreditamento della loro figura si era costituito come fronte di opposizione. Il principale partito di sinistra, il Tudeh,119 non era riuscito a farsi portavoce
118 Celebre è la frase del Presidente Carter che, dopo una visita a Teheran nel dicembre 1976, disse che
l’Iran, “because of the great leadership of the Shah, is an island of stability in one of the more troubled areas of the world.” in J. G. Guerrero, The Carter Administration and the fall of Iran’s Pahlavi Dynasty;
US-Iran relations on the brink of the 1979 Revolution, Palgrave Macmillan, 2016, p. 57.
119 Probabilmente creato negli anni ’30 del ventesimo secolo, il Tudeh (Partito delle Masse) è stato fin da
subito perseguitato come movimento sovversivo da Reza Scià. La sua sopravvivenza negli anni successivi è dovuta al suo ruolo di partito di opposizione moderato, con il cambio di prospettiva verso il socialismo e quindi il raggiungimento del fine marxista attraverso le riforme graduali e non con una rivoluzione di classe. Questo suo carattere di quasi connivenza con il regime dello Scià gli alienò le masse che avrebbe dovuto attirare, e negli anni ’70 si formarono dei gruppi di lotta socialista armata che ebbero un discreto successo anche per colpa dello scarso potere attrattivo del Tudeh. La più grave colpa attribuitagli è quella di non aver reagito nei modi appropriati al colpo di Stato contro Mossadeq nel 1953.
52 delle masse e questo anche perché lo Scià aveva cercato di prevenire una rivoluzione socialista con il vasto programma di riforme contenuto nella cosiddetta Rivoluzione Bianca.120
La Rivoluzione Islamica ha probabilmente molteplici cause,121 cause che hanno contribuito a screditare l’immagine dello Scià negli ultimi dieci anni circa del suo governo. Sicuramente possiamo annoverare tra esse il progressivo distaccamento dello Scià dalle masse122 e in contemporanea l’attribuzione e alla sua figura e alla sua famiglia di una discendenza sostanzialmente divina e ancestrale, con una appartenenza ad una delle stirpi più antiche e nobili dell’Iran. Dalla sua incoronazione, nel novembre 1967, all’apice del suo potere, possiamo fissare l’inizio ufficiale del culto della personalità dello Scià.123
Per quanto riguarda le conseguenze del grande piano di riforma del 1963, esse ci aiutano a identificare meglio le altre cause. Le conseguenze sociali, per esempio, furono
Per approfondire cfr. Y. Mather, Iran’s Tudeh Party: A History of Compromises and Betrayals, Critique, Vol. 39 n. 4, dicembre 2011, pp. 611-627.
120 Il programma, varato nel 1963, prevedeva una serie di riforme strutturali nel campo dell’istruzione, del
lavoro, delle infrastrutture e della salute e una vastissima riforma agraria con una redistribuzione delle terre ai contadini. La riforma agraria ha sostanzialmente distrutto quella che era la classe dei grandi latifondisti. Essi erano però da sempre un argine alle rivendicazioni popolari e un valido alleato della monarchia, dalla quale ottenevano in cambio molti privilegi. L’azione dello Scià, unita alla lotta contro il clero e contro i commercianti, aveva privato la monarchia di quelle fondamenta che gli avevano permesso di sopravvivere fino a quel momento. Nel prevenire una rivoluzione rossa, lo Scià aveva aperto la via ad una Rivoluzione Nera, islamica. Per approfondire cfr. E. Abrahamian, A History of Modern
Iran, 2008, p. 140.
121 Una delle cause che è ancora sotto la lente di ingrandimento degli studiosi ma che certamente merita una
menzione riguarda il sistema di governo dello Scià. L’accentramento nelle sue mani di praticamente tutte le decisioni più importanti nella vita dello Stato iraniano determinava un sistema solido e funzionale solamente nel momento in cui anche il sistema di governo fosse ben funzionante. “The Shah lost his throne not because he was betrayed by his aides, even though there are some indications that he was, not because corruption was rampant in Iran, even though it was a serious problem, not because he had lost much of his popularity among the Iranian masses, even though he had, not because Iranians were disillusioned with many of his policies, especially economic policies, even though they were, and finally not because he had lost touch with the realities of Iran, even though he had. The Shah lost his throne because of a combination of these and other factors, but most significantly because of the timing of these public manifestation which, for the Shah, came at the inopportune moment when he lacked a functioning governing system.” in K. Fatemi, “Leadership by distrust: the Shah’s modus operandi”, The Middle East
Journal, Vol. 36, n. 1, 1982, pp. 48-61. Per una panoramica più approfondita sulle cause e gli attori che
hanno contribuito all’avvio della rivoluzione si veda M. Kamrava, Revolution in Iran; The Roots of
Turmoil, Routledge, 1990.
122 Come detto sopra, l’alienamento dalla vita pubblica è progressivo, ma in generale non si può attribuire
allo Scià la figura di un monarca che vive tra la sua gente. Al contrario, la sua terza moglie, che verrà incoronata Imperatrice di Persia nel novembre 1967, viene spesso citata come svolgente un ruolo a stretto contatto con la vita popolare, compatibilmente con la sua figura di membro della casa reale. Cfr. R. Foltz,
Iran in World History, Oxford University Press, 2015, p. 105.
53 importanti per tre motivi: la dimensione delle classi che più creavano problemi al regime dello Scià, l’intelligentsia e la classe lavoratrice urbana, era complessivamente quadruplicata grazie alle riforme. Questo fu dovuto soprattutto all’eliminazione dei canali di sfogo (come i partiti indipendenti, sindacati, giornali e associazioni professionali) e della classe latifondista, che controllava attentamente la vita dei braccianti e contadini posti sotto la loro tutela. Secondariamente la teoria economica preferita del regime, il trikle down o teoria dello sgocciolamento, prevedeva che l’aumento del benessere nelle classi superiori portasse ad un miglioramento delle condizioni di vita delle classi meno abbienti. In realtà, la redistribuzione che la Rivoluzione Bianca doveva portare non fece altro che incrementare le ricchezze delle personalità collegate alla corte, dimenticando totalmente i ceti deboli. L’Iran, da Paese con la maggior diseguaglianza nella distribuzione del reddito nel 1950 nel Medio Oriente, divenne il Paese con uno dei più larghi divari tra classi al mondo. Il terzo elemento è che dal punto di vista della popolazione le riforme non migliorarono le cose tanto quanto era stato annunciato dal regime. La situazione era molto peggiore di come lo Scià voleva far credere nei suoi proclami e questo non poteva essere nascosto a chi tutti i giorni era costretto a convivere con i grandi problemi del Paese.124
Dal punto di vista politico le scelte dello Scià si fecero via via più incaute e all’apice del suo potere, come abbiamo detto, iniziò a costruire un culto della personalità e a trasformare l’idea dello Scià verso una figura divina, proveniente da una discendenza radicata nella Storia e di aristocratiche origini.125 L’inizio di questo atteggiamento può essere collocato a partire dalla cerimonia per l’incoronazione, nel novembre 1967, una cerimonia sfarzosa e intrisa di simbolismo mistico iraniano e richiami storici, ma anche di riferimenti presi dalle tradizioni europee e soprattutto dalla monarchia britannica.126
124 E. Abrahamian, op. cit. p. 139. I problemi che affliggevano l’Iran erano diversi e nessuno di poco conto.
Il tasso di mortalità infantile era ancora molto alto e il rapporto dottore-paziente insufficiente. La percentuale di istruzione superiore era anch’essa molto bassa. Il territorio era inoltre afflitto da una “fuga dei cervelli” importante: “By the 1970s, there were more Iranian doctors in New York than in any city outside Teheran”. Inoltre, la riforma agraria aveva avuto poco impatto nelle zone limitrofe. Oltre ad aver “dimenticato” alcuni contadini nella redistribuzione delle terre, alcuni interi villaggi rimasero senza acqua, elettricità e scuole. Anche la riforma dei prezzi dei prodotti agricoli, se da un lato ha favorito gli ambienti urbani, dall’altro ha sostanzialmente annientato la produzione nazionale di cibo. L’Iran, da Paese esportatore negli anni ’60 divenne un Paese importatore di prodotti agricoli dieci anni più tardi. Per approfondire, cfr. E. Abrahamian, op. cit. p. 142.
125 Ansari, op. cit. p. 166. 126 Ivi, p. 169.
54 Un’altra serie di eventi, dal 12 al 16 ottobre 1971, furono organizzati per celebrare i duemilacinquecento anni di continua monarchia in Iran, ed erano volti in sostanza a rendere omaggio alla monarchia come istituzione in sé. Erano stati invitati rappresentanti da tutto il mondo, ma si era data precedenza nei posti e nelle cerimonie ai monarchi.127 Questi eventi ebbero dei costi altissimi e questo creò indignazione in ampie fasce della popolazione, aiutata dai discorsi di alcuni oppositori politici. Una spiegazione importante per questi comportamenti ed errori di valutazione politica potrebbe essere trovata nella grave malattia che colpì lo Scià a metà degli anni ‘70 e che egli tenne nascosta al pubblico. L’aggravarsi delle condizioni di salute coinciderebbe infatti con scelte meno ponderate e ragionate.128
Già nel 1963 un ayatollah fino ad allora sconosciuto si fece promotore di una protesta nel santuario di Qoom. Ruhollah Khomeini inveì contro la corruzione del governo e la troppo remissiva posizione dell’Iran nei confronti degli Stati Uniti. In seguito alla protesta venne arrestato ma rilasciato pochi mesi dopo. Pochi giorni dopo il rilascio una nuova invettiva portò ad un conseguente arresto che però questa volta innescò delle proteste di piazza a Teheran e in altre città del Paese. Lo Scià impose la legge marziale e le proteste furono spente nel sangue di centinaia di manifestanti.129 In seguito l’Ayatollah continuò
con i suoi attacchi inframezzati da continui arresti e rilasci. Nel 1964 venne infine esiliato, prima in Iraq e poi in Turchia, come conseguenza di un discorso particolarmente duro contro il Governo iraniano e americano:
I cannot express the sorrow I feel in my heart. My heart is constricted […] Iran no longer has any festival to celebrate; they have turned our festival into mourning [...] They have sold us, they have sold our independence; but still they light up the city and dance […]If I were in their place, I would forbid all these lights; I would give orders that black flags be raise over the bazaars and houses, that black awnings be hung! Our dignity has been trampled underfoot; the dignity of Iran has been destroyed. The dignity of the Iranian army has been trampled underfoot! A law has been put before the Majlis according to which we are to accede to the Vienna Convention, and a provision has been added to it that all American military advisers, together with their families, technical and administrative
127 Un episodio curioso si è verificato in Francia, dove l’indignazione di Pompidou si manifestò nell’invio
del Primo Ministro al suo posto alla cerimonia. L’indignazione nacque a causa della decisione di Reza Scià di seguire il protocollo dell’800 nella disposizione degli ospiti nelle apparizioni ufficiali, protocollo che era solito far risaltare le monarchie al di sopra dei rappresentanti repubblicani. Cosicché Haile Selassie, Imperatore di Etiopia, venne posto molto prima del Presidente della Repubblica francese. Ivi. p. 173.
128 R. Foltz, op. cit. p. 107.
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officials, and servants – in short, anyone in any way connected to them – are to enjoy legal immunity with respect to any crime they may commit in Iran. If some American’s servant, some American’s cook, assassinates your marja in the middle of the bazaar, or runs over him, the Iranian police do not have the right to apprehend him! Iranian courts do not have the right to judge him! The dossier must be sent to America, so that our masters there can decide what is to be done! […] They have reduced the Iranian people to a level lower than that of an American dog. If someone runs over a dog belonging to an American, he will be prosecuted. But if an American cook runs over the Shah, the head of state, no one will have the right to interfere with him. Why? Because they wanted a loan and America demanded this in return.130
Come si evince dalla citazione lo Scià aveva concesso al personale americano l’immunità diplomatica, anche senza effettivamente far parte della delegazione diplomatica. Poco tempo dopo questa concessione gli USA accordarono all’Iran un prestito di 200 milioni di dollari che lo Scià prontamente reinvestì in armamenti militari americani. Questa fu una delle azioni che più infiammarono l’opposizione politica interna. Un’altra decisione fu quella di sciogliere, nel marzo 1975, i partiti Mardom e Iran-e Novin. Fino ad allora lo Scià aveva sempre espresso la sua preferenza e vantato i lati positivi di un sistema multipartitico. Con questa decisione contradittoria cercò di accentrare ancora di più la struttura politica, obbligando tutti i cittadini all’iscrizione al partito e alla partecipazione alle sue attività. Le conseguenze per lo Scià furono serie, perché uno degli effetti dell’accentramento fu la disgregazione dei centri associativi urbani tradizionali, come i bazaar, mentre parallelamente intraprese una campagna discriminatoria verso la classe clericale e verso i fondamenti religiosi.131
“Thus, the Resurgence Party produced results that were diametrically opposite to its original purpose. It had been created to stabilize the regime, strengthen the monarchy, and firmly anchor the Pahlavi state in the wider Iranian society. It had tried to achieve this by mobilizing the public, establishing links between government and people, consolidating control over office employees, factory workers, and small farmers, and, most brazenly of all extending state power into the bazaars and the religious establishment. The result however, was disastrous. Instead of bringing stability, it weakened the regime, cut the
130 R. Khomeini, The Granting of Capitulatory Rights to the US, 27 Ottobre 1964, riprodotto in Ansari, op.
cit. p. 162.
131 I commercianti dei Bazaar furono incolpati dell’ondata inflazionistica che aveva investito il Paese nella
prima metà degli anni ’70, e che in realtà era la conseguenza diretta dell’aumento di moneta circolante dovuto al boom petrolifero. Anche il clero fu duramente colpito, accusato di essere fondamentalista e fanatico. Si cambiò il calendario e venne emanata una serie di investigazioni e regolamentazioni per tutto il settore. Si parlò infatti di tentativo di nazionalizzazione della religione. Per approfondire cfr. E. Abrahamian, op. cit. p. 152.
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monarchy further off from the country, and thereby added to public resentments. Mass mobilization brought mass manipulation; this, in turn, brought mass dissatisfaction.132
Un ultimo elemento che merita una menzione per capire il clima di tensione che ha portato alla rivoluzione è la costituzione di due movimenti di lotta armata: il Sazeman-e Mojahedin-e Khalq-e Iran (Organizzazione dei Combattenti per la Fede del Popolo dell’Iran)133 e i Fedayyin-e Khalq (Volontari del Popolo).134 Nascono entrambi come
risposta alle invadenti riforme della Rivoluzione Bianca, ma mentre il primo si stacca dal Fronte Nazionale e ha profondi legami con il mondo clericale islamico, il secondo è più “laico” e si ispira all’ideologia marxista e socialista. Importante guida ideologica per i Mojahedin fu Ali Shariati, un sociologo di formazione europea che aveva creato una teoria della rivoluzione socialista mischiando marxismo e islamismo. In sostanza il popolo avrebbe utilizzato la fede per opporsi alle piaghe derivanti dal capitalismo e contro il capitalismo stesso.135 In seguito, un’ala del partito si staccherà per fondarne uno nuovo, il Peikar (la battaglia) con ideologia marxista-leninista, ma avrà un ruolo marginale nella vita politica successiva alla rivoluzione, mentre i Mojahedin costituiranno una delle principali sfide del nuovo regime. Per quanto riguarda il Fedayyin, inizialmente furono particolarmente duri contro il Tudeh, reo di preferire il dialogo politico alla lotta armata; conseguentemente, si stabilirono nelle foreste sud-occidentali del Caspio per condurre una guerriglia contro il regime dei Pahlavi. Il loro merito principale fu quello di dimostrare, con i loro attacchi alle basi militari, che il regime non era invincibile come la propaganda sosteneva.
3.1.3 La Rivoluzione Islamica
Nella seconda metà degli anni ’70 il regime iniziò a disinteressarsi delle questioni interne e, conseguentemente a ciò, il controllo poliziesco sulle attività di protesta diminuì.136
Questo atteggiamento permise alle forze di opposizione al regime di organizzarsi e
132 E. Abrahamian, op. cit. p. 153.
133 G. Vercellin, Iran e Afghanistan; Questioni nazionali religiose e strategiche in una delle zone più calde
del mondo, Editori Riuniti, Roma 1986, p. 118.
134 Ivi, p. 124.
135 Per approfondire il pensiero di Shariati cfr. S. Saffari, “Rethinking the Islam Modernity Binary: Ali
Shariati and Religiously Mediated Discourse of Sociopolitical Development”, Middle East Critique, Vol. 24 n. 3, pp. 231-250.
57 radicarsi nel territorio, riuscendo anche ad ottenere un discreto numero di adepti. L’apertura ad un atteggiamento più permissivo da parte dello Scià può essere ricondotta alle pressioni internazionali che il monarca aveva ricevuto.137
Nell’autunno del 1977 gruppi di studenti, intellettuali e commercianti iniziarono ad organizzare delle proteste verso il Partito unico recentemente formato138 e verso il regime. Nel gennaio 1978 la situazione peggiorò in seguito alla pubblicazione, da parte di uno dei giornali del regime, di un editoriale ufficialmente anonimo, ma quasi sicuramente proveniente direttamente dallo Scià, che criticava aspramente il clero e in particolare l’Ayatollah Khomeini per essere contrari alla monarchia illuminata e favorevoli al comunismo, al feudalismo e all’oscurantismo. Furono definiti “black reactionaries”.139
La reazione al discorso fu molto dura nella città santa di Qom dove iniziarono a propagarsi le proteste. Questa fase del governo dello Scià, come abbiamo detto, si caratterizzò per la sua inazione nel reprimere le rivolte. Nonostante l’ordine non fosse venuto dall’alto, però, le forze di polizia impegnate nel contenere le rivolte arrivarono a causare dei morti e feriti.140
Da febbraio le proteste dilagarono nelle altre città raggiungendo Tabriz; nuovi scontri si registrarono anche a marzo e a maggio. Il Governo rimase ancora a guardare ma quando le proteste raggiunsero Teheran la risposta governativa fu dura. L'esercito fu inviato a proteggere il centro dell’attività della monarchia, con il dispiegamento di carri armati per le strade. La risposta dura, oltre che ad evidenziare alcuni scontri di vedute all’interno della casa reale e del governo, infiammò ancora di più le masse.141
Nell’agosto 1978, nel giorno dell’anniversario del colpo del 1953, ci fu un attentato in un cinema di Abadan. Venne appiccato un incendio che uccise 400 persone tra donne e bambini.142 Nonostante alcune concessioni dello Scià al movimento di protesta, l’evento
137 Di particolare importanza fu la denuncia da parte dell’International Commission of Jurists, un’importante
organizzazione per i diritti umani, ma non vanno sottovalutati il ruolo del Presidente Carter e di alcuni autorevoli quotidiani. Di fatto, il suo pensiero di monarca illuminato stonava con le accuse di essere “one of the worst violators of human rights in the world”. Ibidem.
138 M. Kamrava, op. cit. p. 19. 139 E. Abrahamian, op. cit. p. 158. 140 A. M. Ansari, op. cit. p. 202. 141 Ivi, p. 203.
142 Al momento dell’attentato non era chiaro chi fosse l’autore del gesto. Nei decenni successivi le ricerche
58 inasprì ancora di più la rivolta e lo Scià fu costretto a dichiarare la legge marziale nel settembre dello stesso anno. Come conseguenza, l’8 settembre, denominato “Black Friday”, l’esercito sparò indiscriminatamente sulla folla in piazza Jaleh a Teheran.