4.1 I rapporti euro-iranici all’interno del dialogo del nucleare
4.1.3 Le sanzioni dell’Unione europea nel caso del nucleare iraniano
Il ruolo politico e diplomatico dell’Unione europea nel raggiungimento del JCPOA è fondamentale, sia per la volontà europea di svolgere un’azione mediatrice tra Iran e Stati Uniti, che per la costanza nel voler raggiungere un risultato attraverso il dialogo e l’esclusione dell’uso della forza. Inoltre, la soluzione alla crisi del nucleare iraniano ha giovato all’Unione principalmente per due motivi: in primis perché il rapporto tra gli Stati
274 D. H. Joyner, op. cit. p. 62.
275 Per consultare il testo del trattato: http://eeas.europa.eu/archives/docs/statements-
eeas/docs/iran_agreement/iran_joint-comprehensive-plan-of-action_en.pdf, consultato il 27.04.2018.
276 Altre importanti risoluzioni riguardanti l’Iran sono le Risoluzioni n. 1984, 2049, 2105 e 2159, con le
quali il panel di esperti per monitorare l’andamento delle sanzioni fu esteso rispettivamente per gli anni 2011, 2012, 2013 e 2014. Le risoluzioni possono essere consultate ai seguenti link: http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1984(2011);
http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/2049(2012); http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/2105(2013);
http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/2159(2014), consultati il 27.04.2018.
277 Vedi la Risoluzione al seguente link:
http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/2231(2015), consultato il 27.04.2018.
90 membri e l’Iran è ora rinforzato dall’accordo stesso, che induce le parti a consultazioni frequenti per un termine di lungo periodo. Questo rapporto potrà permettere all’Unione europea di influenzare la politica iraniana verso i diritti umani e la sponsorizzazione del terrorismo. In secondo luogo, la stabilizzazione di un attore importante nella regione medio orientale conduce alla stabilizzazione della regione stessa, che per vicinanza geografica rappresenta un punto chiave della strategia geopolitica dell’Unione.279 Per questi motivi l’accordo è stato un successo della diplomazia europea e per gli stessi motivi l’Unione dovrebbe preservare l’accordo per tutta la sua durata.280 La presenza di
oppositori politici all’accordo, sia prima che dopo la sua attuazione, rende l’intervento di preservazione europea ancora più necessario. Numerosi sono infatti gli attori che, per diverse ragioni, non vorrebbero un accordo tra l’Occidente e il Governo islamico, sia all’interno degli USA stessi 281 che in Israele, ma anche nello stesso Iran.
Un ruolo importante nei negoziati lo occupano le sanzioni economiche, che già dall’accordo preliminare del 2013 si sono prefigurate come la leva negoziale occidentale utile a ottenere la condiscendenza iraniana. Il reintegro dell’Iran all’interno della comunità internazionale è infatti sempre stato presente nel programma elettorale di Rouhani.282 Il
ruolo europeo nel fronte degli Stati sanzionatori è stato fondamentale da questo punto di vista, essendo solo le sanzioni americane insufficienti a far cedere il Governo iraniano.283
Dal 2010, infatti, l’Unione europea si è discostata dalla lettera delle Risoluzioni del CdS adottando sanzioni autonome aggiuntive al regime imposto dalle Nazioni Unite. Tra il 2010 e il 2015 il Consiglio europeo ha adottato tutta una serie di sanzioni attraverso
279 E. Geranmayeh, “Towards and Beyond a Final Nuclear Deal with Iran”, The International Spectator,
Vol. 50 n. 2, giugno 2015, pp. 1-7.
280 Ivi, p. 2.
281 Particolarmente critici furono il Partito Repubblicano e la lobby israeliana. L’evento più eclatante può
essere considerato l’invito del Partito Repubblicano per il Presidente israeliano Benjamin Netanyahu al Congresso senza consultare la Casa Bianca nel marzo 2015. Inoltre, quarantasette membri del Partito firmarono una lettera nella quale avvertivano la leadership iraniana che il Presidente Obama non sarebbe stato in grado di togliere le sanzioni promesse, perché questa facoltà era riservata al Congresso. Cfr. P. Baker, G.O.P. “Senator’s Letter to Iran About Nuclear Deal Angers White House”, New York Times, 9 marzo 2015, disponibile al seguente link: https://www.nytimes.com/2015/03/10/world/asia/white-house-faults-gop-senators-letter-to-irans- leaders.html, e P. Baker, “In Congress, Netanyahu Faults ‘Bad Deal’ on Iran Nuclear Program”, New York Times, 3 marzo 2015, consultabile al link: https://www.nytimes.com/2015/03/04/world/middleeast/netanyahu-congress-iran-israel-speech.html, consultati entrambi il 29.04.2018.
282 E. Geranmayeh, op. cit. p. 3. 283 Ivi, p. 6.
91 varie decisioni che hanno contribuito a inasprire significativamente il regime sanzionatorio. Le misure adottate trascendono il programma nucleare. Difatti si ritrovano, accanto alle sanzioni con quest’ultimo come obiettivo, anche sanzioni per la violazione di diritti umani e differenti tipi di embarghi che influenzano alcuni tipi di produzione, considerati più sensibili per l’economia iraniana, come la produzione di gas e petrolio. Le sanzioni, inoltre, bersagliano specifici individui e imprese con l’imposizione di restrizioni agli ingressi negli Stati membri ma anche il congelamento di beni presenti nelle banche e istituti di credito europei.284 Le principali sanzioni europee verso l’Iran dopo gennaio 2013, e quindi all’apice dell’azione sanzionatoria, si possono riassumere nelle seguenti:
Embargo sull’importazione ed esportazione di armi;
Embargo sulle esportazioni di materiali rilevanti per le industrie controllate dalle Guardie della Rivoluzione;
Embargo sugli investimenti di enti nazionali o privati iraniani nelle attività di estrazione e produzione di uranio nell’Unione europea;
Embargo sull’importazione di petrolio grezzo, petrolio raffinato, prodotti petrolchimici e gas naturale provenienti dall’Iran;
Embargo sulla vendita di imbarcazioni progettate per il trasporto o stoccaggio di petrolio o prodotti petrolchimici;
Embargo sulle importazioni ed esportazioni di beni e tecnologia a doppio uso, compresi i sistemi di telecomunicazione;
Embargo sull’esportazione di equipaggiamento necessario all’esplorazione e produzione di petrolio e gas naturale, raffinazione e liquefazione di gas naturale e per l’industria petrolchimica iraniana;
Embargo agli investimenti per le industrie petrolifere iraniane; Embargo sui prestiti e concessioni al Governo iraniano;
Divieto di aprire nuovi impegni finanziari per supportare il commercio iraniano; Proibizione alla concessione di assicurazioni per il Governo iraniano, ad
esclusione di assicurazioni sulla salute e di viaggio;
284 Per una disamina approfondita delle sanzioni dell’Unione europea dal 2010 al 2015 consulta l’Appendice
92 Embargo sul commercio di oro, metalli preziosi e diamanti con enti pubblici e
con la Banca centrale iraniana;
Proibizione di trasferimenti finanziari verso banche iraniane a meno che autorizzate se relativi a: forniture di cibo, fornitura medica, obiettivi umanitari; Proibizione per le banche iraniane di aprire filiali in Europa;
Divieto di commerciare in bond o buoni statali con il Governo iraniano, la Banca centrale e istituti bancari iraniani;
Embargo su aerei cargo gestiti da compagnie iraniane o di origine iraniana; Embargo su mezzi battenti bandiera iraniana;
Divieto di costruzione di nuove petroliere per l’Iran o di partecipazione alla loro costruzione;
Embargo nel rifornire di equipaggiamento navale necessario alla costruzione di navi o alla loro manutenzione all’Iran.
La scelta di imporre sanzioni autonome al Consiglio di Sicurezza riposa probabilmente nelle difficoltà che gli Stati hanno riscontrato nella negoziazione delle sanzioni del 2010, difficoltà che hanno indotto i Paesi occidentali a pensare che futuri accordi all’interno del Consiglio non sarebbero stati possibili. In generale, dopo il 2010 l’azione autonoma dell’Unione europea ha comunque parallelamente seguito quella autonoma degli Stati Uniti.285
A partire dal 2012 si scelse di implementare un particolare embargo su petrolio e altri prodotti energetici. Questo tipo di misura sanzionatoria fu particolarmente efficace nel caso iraniano; l’economica del Paese era infatti ormai fortemente indebolita dalle precedenti sanzioni. Inoltre, il mercato petrolifero ha un’importanza strategica nelle politiche macroeconomiche iraniane. L’embargo fu accompagnato da sanzioni finanziare e bancarie, in particolare l’assicurazione e riassicurazione dei trasporti energetici, dei quali l’Unione europea detiene il 90% degli accordi. In totale, il mercato europeo rappresenta circa il 20% delle esportazioni petrolifere iraniane.286 Di conseguenza, grandi importatori
di petrolio iraniano come Corea del Sud e Giappone iniziarono gradualmente a diminuire
285 C. Portela, op. cit. 2014, p. 21.
286 E.S. Moret, “Humanitarian impacts of economic sanctions on Iran and Syria”, European Security, Vol.
93 il commercio con l’Iran, anche sotto pressione statunitense, e il mercato petrolifero iraniano subì un calo drastico, come mostrato nella Figura 4-1.
Figura 4-1 Andamento delle esportazioni di petrolio e gas naturale dall’Iran a partire dal 2011 fino al 2016. Fonte: S. Bazoobandi, “Sanctions Against Iran: Winners and losers”, p. 59, in I. Dreyer e J. Luengo-Cabrera (a cura di), On Target? EU Sanctions as Security Policy Tools, European Union Institute for Security Studies, Report n. 25, settembre 2015.
Ma da combinare alle sanzioni vi è anche una gestione inefficace dell’economia del Paese perpetrata nel tempo, cosa che ha contribuito a rafforzare l’efficacia del regime sanzionatorio e a produrre un cambio di leadership netto nelle elezioni del 2013.287 I
quarant’anni di esposizione alle sanzioni americane hanno contribuito al progressivo isolamento del Paese in relazione all’economia globalizzata, fatto però determinato anche dal settore industriale, principalmente statale, e dal troppo affidamento riposto sugli introiti derivanti dal commercio energetico.288 Altri annosi problemi sono l’alto tasso di disoccupazione e corruzione, inefficienza della burocrazia statale, inflazione e stagflazione e deficit di bilancio. Questi problemi determinarono un PIL spesso in negativo:
287 S. Bazoobandi, Sanctions Against Iran: Winners and losers, p.58, in I. Dreyer e J. Luengo-Cabrera (a
cura di), On Target? EU Sanctions as Security Policy Tools, European Union Institute for Security Studies, Report n. 25, settembre 2015.
288 La spesa pubblica è finanziata mediamente per il 50/60% da questi introiti. Vedi C. Portela, op. cit. 2014,
94
Figura 4-2 La figura mostra l’evoluzione del PIL reale dal 2005 al 2015. Fonte: S. Bazoobandi, Sanctions Against Iran: Winners and losers, p. 60, in I. Dreyer e J. Luengo-Cabrera (a cura di), On
Target? EU Sanctions as Security Policy Tools, European Union Institute for Security Studies, Report
n. 25, settembre 2015.
La situazione economica peggiorò in particolare tra il 2005 e il 2013, periodo che coincide con i due mandati presidenziali di Ahmadinejad. Il suo programma politico ed economico stabiliva infatti una redistribuzione del reddito soprattutto a vantaggio delle classi povere, che costituivano il suo bacino elettorale più cospicuo.289 La manovra prevedeva infatti di sussidiare le classi povere con proventi del mercato petrolifero, e il sussidio direttamente in moneta circolante. Questo, aggiunto alla forte dipendenza dalle importazioni dell’Iran, produsse inflazione che poi andò a danneggiare i piccoli e medi produttori, peggiorando la già precaria situazione economica.290
In generale, il regime sanzionatorio, soprattutto in seguito all’adozione delle sanzioni “autonome” dell’Unione europea, ha influenzato quattro settori: il programma nucleare e di armamenti; il settore finanziario; il settore commerciale e infine quello petrolifero di cui abbiamo già parlato. Per il primo gli effetti delle sanzioni hanno fatto sì che fosse difficile per l’Iran procurarsi i materiali ed equipaggiamenti necessari al proseguo del
289 S. Bazoobandi, op. cit. p. 60. 290 Ibidem.
95 programma. Nonostante ciò, come nota bene Portela, il numero di centrifughe in Iran ha subito un incremento: nel 2005 erano circa 300 per poi arrivare a 19,000 nel 2013.291
Dal punto di vista finanziario, le sanzioni europee hanno aumentato di molto l’efficacia delle sanzioni finanziarie statunitensi. Washington nel 2010 aveva infatti adottato il “Comprehensive Iran Sanctions, Accountability and Divestment Act”,292 con il quale
poteva sanzionare banche estere che fossero in rapporti finanziari con banche iraniane. Queste misure crearono un avvitamento monetario sul rial del 15%, e di conseguenza la moneta iraniana si deprezzò del 70%. Sicuramente il commercio sempre più stretto con Russia, Cina e India controbilanciò queste misure, ma in seguito alle sanzioni europee del 2012 le aziende iraniane videro negata la possibilità di ricorrere allo SWIFT, un sistema di pagamento standard internazionale. Questo determinò l’impossibilità di effettuare pagamenti per le merci importate, e portò gli iraniani a dover trovare altre strade al commercio internazionale. Questo a sua volta causò la svendita del greggio o in alcuni casi il sovrapprezzo di beni scadenti, oltre che all’accumulo di debiti presso le banche cinesi.293
Per quanto riguarda l’effetto delle sanzioni sul commercio, nel breve periodo ci furono pochi cambiamenti nel volume totale di scambi e investimenti. Successivamente, però, si ebbe un cambio di partnership commerciali che lentamente si mosse dall’Europa all’Asia:
The EU’s share of Iran’s imports declined from 50% in 1994 to slightly more than one-third in 2006, while Asian countries’ share has tripled from 9% to 27%. Prior to the imposition of the oil ban, Iran accounted for 34.2% of Greece’s oil imports, 14.9% of Spain’s and 12.4% of Italy’s. China remains Iran’s top purchaser of oil, taking around 20% of Iran’s oil exports, which amounted to $16 billion in 2011.294
Alcuni studiosi sottolineano la ormai decennale esperienza dell’Iran nel sopportare le sanzioni economiche internazionali e la capacità di poter resistere nel caso l’accordo dovesse essere messo da parte.295 Nonostante questo, la politica estera europea dovrebbe
concentrarsi nella difesa dell’accordo raggiunto per tutelare anche i propri interessi, sia
291 C. Portela, op. cit. 2014, p. 22.
292 Il testo della legge è disponibile al seguente link: https://www.treasury.gov/resource-
center/sanctions/Documents/hr2194.pdf, consultato il 30.04.2018.
293 Ibidem. 294 Ivi, p. 23.
295 In particolare, vedi S. Bazoobandi, op. cit. Certo questo causerebbe un severo danno alle classi medie,
che, come spiega l’autrice, hanno già sofferto più delle classi povere e agiate l’effetto delle sanzioni internazionali.
96 domestici che quelli relativi al Medio Oriente.296 Santini esplica tre fattori che hanno ostacolato i risultati della politica estera europea: in primo luogo l’approccio in politica estera dell’Unione europea è definito “manicheo”, perché fondamentalmente rigido nel delineare la propria posizione non considerando i motivi delle impasse negoziali o le reazioni della leadership iraniana; questo atteggiamento si deve probabilmente dall’esigenza di mostrarsi alla comunità internazionale come un attore credibile, “reacting to hard security threats before being dragged into other actors’ policies (the Iraq experience).”297 Secondariamente, l’Unione europea non ha ancora una politica compiuta
verso il Medio Oriente, e questo determina una mancanza di sicurezza negli attori della regione, ad esclusione di Israele. Infine, l’assetto normativo che l’Unione europea si è data nel gestire questo aspetto di sicurezza ha influenzato le negoziazioni e il linguaggio diplomatico. L’Unione è così diventata “discursively exclusivist”, incapace di adattarsi a differenti “discorsi” e dettando le regole del gioco in principio e dunque essendo vista come “il buono” che discute con “l’altro”, il quale diventa buono solo e unicamente se si conforma al quadro normativo citato.298
Nonostante queste ed altre considerazioni in merito ai limiti della politica estera europea, ci sentiamo ragionevolmente sicuri nell’affermare che l’Unione, in particolare nella politica sanzionatoria nei confronti dell’Iran e nel quadro delle negoziazioni sul nucleare, abbia riportato un discreto successo nel condurre al tavolo negoziale e alla firma dell’accordo sul nucleare il Paese iraniano. Le sanzioni implementate dagli Stati Uniti fin dal 1979 sul regime di Teheran non sono state in grado di raggiungere un simile risultato. Anche l’azione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha incontrato la perenne noncuranza del Governo iraniano, che ha continuato inflessibile a sviluppare il suo programma nucleare. L’intensificazione del regime sanzionatorio da parte dell’Unione europea a partire dal 2010, con le cosiddette sanzioni autonome, ha condotto prima ad un cambio di leadership nelle elezioni del 2013, che ha visto la destituzione del Presidente Ahmadinejad in favore del ben più moderato Rouhani, e poi nello stesso anno al raggiungimento di un accordo preliminare. Dopo venti mesi ininterrotti di negoziati il
296 E. Geranmayeh, op. cit. p. 5.
297 R. H. Santini, European Union Discourses and Practises on the Iranian Nuclear Programme, European
Security, Vol. 19 n. 3 settembre 2010, pp. 467-489.
97 gruppo dei P5+1 è riuscito ad ottenere un accordo che ha definito “win-win” ma che probabilmente è invece a netto svantaggio dell’Iran.299 Dunque, senza sottovalutare
l’importante ruolo svolto dalle altre potenze all’interno dei negoziati, si dovrebbe comunque riconoscere il decisivo contributo all’avviamento della risoluzione della questione del nucleare iraniano da parte dell’Unione europea.
299 Per approfondire vedi A. Tarock, “The Iran nuclear deal: winning a little, losing a lot”, Third
98
C
ONCLUSIONIL’assetto delle relazioni internazionali negli ultimi settant’anni ha progressivamente richiesto all’Europa un ruolo via via più importante. Dopo lo spostamento degli equilibri mondiali e la perdita dell’eurocentricità si è assistito ad una incapacità degli Stati nazionali europei nel dettare da soli la direzione degli sviluppi internazionali. Inoltre, la riscoperta dei valori di fratellanza e unificazione sovrastatale in seguito alla Seconda Guerra mondiale ha dato il via alla formazione di un’entità in grado di operare in questo contesto. La Comunità Economica Europea, nata su basi prettamente economiche, contiene già dalla sua nascita il seme di una unificazione politica che i Padri dell’Europa si erano posti come obiettivo finale. La riuscita di un tale obiettivo avrebbe, se non completamente stravolto, almeno modificato l’assetto internazionale e regionale in una direzione che avrebbe permesso agli europei di difendere e perseguire i propri interessi.
L’utilizzo delle sanzioni economiche internazionali ha, a nostro avviso, incrementato le possibilità dell’Europa di influenzare la dialettica multilaterale; questo ha determinato, nel tempo, l’impossibilità per gli altri attori internazionali di ignorare gli interessi o le richieste europee. L’Unione europea costituisce infatti il primo mercato economico al mondo, e, seppur non in dotazione di una forza militare pari a quella degli Stati Uniti, riesce spesso a imporre, o per lo meno a far considerare, la sua visione all’interno dello scacchiere internazionale. Nei casi di maggior necessità di intervento, l’utilizzo delle sanzioni economiche ha costituito una risorsa obbligata a fianco dell’azione propriamente diplomatica. La leva sanzionatoria ha permesso così in molti casi la revisione dell’atteggiamento di attori internazionali e la condotta al tavolo negoziale, riuscendo a risolvere situazioni complicate senza l’utilizzo della forza.
Lo strumento sanzionatore ha suscitato spesso pareri contrastanti da parte degli studiosi, in particolare in riferimento alla sua efficacia. Le correnti che abbiamo analizzato spaziano da autori che hanno definito le sanzioni come inefficaci, in qualunque contesto vengano applicate, ad autori che ne hanno esaltato le particolari caratteristiche e vantaggi, decretandone la loro validità in ogni contesto e sottolineando la loro capacità di
99 raggiungere comunque alcuni dei risultati, anche se secondari rispetto al fine ultimo. Gli studiosi più cauti, invece, fanno dipendere l’efficacia o meno delle sanzioni dal contesto in cui operano e ad alcune variabili che potrebbero incrementarne le possibilità di riuscita o, viceversa, ridurla. Spesso infatti viene decretata l’utilità dello strumento soprattutto quando viene usato in accompagnamento ad alcune politiche incisive, come l’uso della forza o l’azione diplomatica. A seconda dell’approccio scelto si avrà un risultato differente.
L’Unione europea ha spesso privilegiato l’approccio che collega l’azione diplomatica e l’azione sanzionatoria, ottenendo in alcuni casi discreti successi (anche se andrebbero certamente considerate più variabili contestuali e il supporto che l’azione europea ha ricevuto o meno da altri attori internazionali). Uno di questi successi è a nostro avviso rappresentato dal caso delle negoziazioni sul nucleare iraniano, che hanno visto l’Unione europea in prima linea nella definizione delle trattative, attore influente nel fronte sanzionatore. Riprendendo le conclusioni dell’ultimo capitolo, possiamo affermare che il contributo europeo sia stato decisivo nella riuscita delle negoziazioni, sfociate nel JCPOA del 2015. Le sanzioni internazionali, infatti, non hanno mai indotto l’Iran a rinunciare al programma nucleare, programma che continua, seppur limitato, ancora oggi. Infatti, le sanzioni precedenti a quelle autonome dell’Unione europea, introdotte a partire dal 2010, non sono neanche riuscite a condurre il Governo di Teheran al tavolo negoziale. Queste sanzioni, dunque, hanno fallito nel loro obiettivo principale: non permettere all’Iran di proseguire nell’arricchimento dell’uranio. Solo l’Unione europea, dopo la scoperta delle strutture di Natanz nel 2003, ha insistito per ricercare una soluzione diplomatica, mentre l’amministrazione del Presidente Bush minacciava un intervento militare. Le sanzioni americane, presenti fin dalla presa degli ostaggi dell’ambasciata americana a Teheran, non hanno mai indotto l’Iran al dialogo o alla resa, ma anzi, comprensibilmente, hanno esacerbato le relazioni e la mancanza di fiducia tra i due Paesi, influenzando anche le negoziazioni successive. Neanche le sanzioni delle Nazioni Unite, a partire dal 2006, sono riuscite ad ottenere qualche risultato, probabilmente per l’azione mitigante di Russia e Cina sull’estensione delle misure adottate.