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Le diverse funzioni del recesso ordinario e straordinario

IL RECESSO NELL’EVOLUZIONE DEL SISTEMA

3. Le diverse funzioni del recesso ordinario e straordinario

All‘unicità della formula letterale ―recesso‖ corrisponde, a ben vedere, una pluralità di funzioni che variano in relazione alle connotazioni temporali del contratto, agli interessi protetti, nonché alle finalità di volta in volta perseguite dalle leggi o dalle parti 107.

E' stata proposta a tal proposito, in dottrina, una classificazione del recesso in due categorie contrapposte: il recesso ordinario (o determinativo) e quello straordinario.

Orbene, è il caso di chiarire che le differenze tra le due categorie dipendono essenzialmente dalla diversa esigenza alla quale ciascuna di esse intende rispondere e dalla conseguente diversa funzione attribuita al recesso nella struttura dei singoli rapporti.

Il recesso ordinario è destinato ad operare nel campo dei contratti privi di termine finale; quest‘ultimo opera sotto forma di recesso ad nutum consentendo alle parti la facoltà di recedere dal contratto a propria discrezione e in qualsiasi momento. Il recesso straordinario, invece, di regola opera nei contratti a tempo determinato, in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. Si tratta di formule elastiche mediante le quali si persegue l‘obiettivo di porre rimedio a fattori sopravvenuti di fatto o di diritto, idonei ad incidere, anche in via meramente potenziale, sull‘interesse vantato dalla parte alla prosecuzione del rapporto 108.

107 Per una disamina sul punto cfr. TOMMASINI, Autonomia privata e rimedi in trasformazione,

Torino, 2013, 32. E' generalmente condivisa, in dottrina, l'inesistenza di un concetto unitario di recesso. Cfr., tra tutti, MANCINI, Il recesso unilaterale e i rapporti di lavoro, Vol.1,

Individuazione della fattispecie. Il recesso ordinario, Giuffrè, Milano, 1962, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1965, 290.

108 Sotto questo profilo è necessario precisare che il recesso straordinario opera anche come

rimedio contro l‘inadempimento, giacché quest‘ultimo può costituire una giusta causa di recesso. In tal caso, tuttavia, la dottrina ed in particolar modo la giurisprudenza si sono occupate del rapporto tra l‘esercizio del diritto di recesso in caso di previsione di una caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. e azione di risoluzione ex art. 1453 c.c. Sul punto cfr. Cass. S.U., 14 gennaio 2009, n. 553, in Foro it., 2010, 4, I, 1264; Cass., 28 ottobre 2015, n. 21926 , in Guida al dir. 2016, 1, 73:

“In tema di contratti cui acceda la consegna di una somma di denaro a titolo di caparra confirmatoria, qualora il contraente non inadempiente abbia agito per

Di conseguenza, il recesso ordinario, costituendo un meccanismo di determinazione temporale del vincolo contrattuale in precedenza assunto, rientra tra quelle facoltà ampiamente riconosciute alle parti anche in mancanza di una espressa previsione legislativa o di una clausola pattizia, atteso che risponde all‘esigenza di evitare vincoli obbligatori a tempo indeterminato 109. Viceversa, il recesso straordinario opera solo nei casi previsti dalla legge o per apposita clausola contrattuale.

Il recesso ordinario è riferito di norma ai rapporti contrattuali di durata, evidentemente a tempo indeterminato, dove quindi non è prevista alcuna scadenza e/o termine finale. In questi casi, il recesso assume una funzione integrativa di un regolamento contrattuale lacunoso che le parti hanno la possibilità di colmare nel corso del rapporto attraverso la fissazione di un termine finale. Sovente è lo stesso regolamento negoziale che attribuisce alla parti la facoltà di esercitare il diritto di recesso, in qualunque momento dello svolgimento delle prestazioni, prevedendo altresì un meccanismo di tutela preventiva, di norma costituito dalla concessione di un preciso termine di preavviso.

la risoluzione (giudiziale o di diritto) e il risarcimento del danno, costituisce domanda nuova, inammissibile in appello, quella volta a ottenere la declaratoria dell'intervenuto recesso con ritenzione della caparra (o pagamento del doppio), avuto riguardo- oltre che alla disomogeneità esistente tra la domanda di risoluzione giudiziale e quella di recesso e all'irrinunciabilità dell'effetto conseguente alla risoluzione di diritto - all'incompatibilità strutturale e funzionale tra la ritenzione della caparra e la domanda di risarcimento. La funzione della caparra, consistendo in una liquidazione anticipata e convenzionale del danno volta a evitare l'instaurazione di un giudizio contenzioso, risulterebbe infatti frustrata se alla parte che abbia preferito affrontare gli oneri connessi all'azione risarcitoria per ottenere un ristoro patrimoniale più cospicuo fosse consentito - in contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che vieta qualsiasi forma di abuso processuale - di modificare la propria strategia difensiva, quando i risultati non corrispondano alle sue aspettative”. Vedi anche GALASSO, Recesso, risoluzione del contratto e ritenzione della caparra confirmatoria, in Nuova Giur. Civ. Com., 2011, I, 826; nonché CHERTI, L’importanza dell’inadempimento nel recesso mediante caparra, in I contratti, 2015, 5, 450;

TOSCHI VESPASIANI, Recesso, risoluzione per inadempimento del preliminare ed abuso del

diritto, I contratti, 2013,6, 545.

109 Si segnala una recente sentenza sul riconoscimento dell'efficacia del recesso dal contratto di

A bene vedere emerge una comune costante: la generale operatività dell‘istituto, in quanto deve ritenersi sempre possibile per ciascuna parte liberarsi dal vincolo negoziale 110.

D‘altro canto, la giurisprudenza di recente ha avuto modo di precisare che è possibile rinunciare al diritto di recesso, però solo laddove le parti manifestino inequivocabilmente la volontà di vincolarsi ad un contratto a termine per tutta la sua durata (con conseguente divieto di recedere reciprocamente prima della scadenza del termine finale). Tale analisi dovrà, quindi, essere compiuta verificando in concreto, nello specifico dei contratti d‘opera intellettuale, se dall'indicazione di una durata massima del rapporti derivi l'intenzione del cliente di vincolarsi per l'intera durata del contratto, escludendo il recesso ad nutum della parte prima di tale scadenza111.

Non va però sottaciuto che in numerosi contratti tipici di durata è espressamente prevista e disciplinata l'ipotesi del recesso nei contratti a tempo indeterminato. I casi sono, più in particolare: a) il contratto di

110 cfr. PAROLA, op cit., 211.

111 V. Cass., 14 gennaio 2016, n. 469, in Guida al dir. 2016, 6, 112: “La previsione di un termine

di durata all'interno di un contratto d'opera professionale non esclude di per sé la facoltà di recesso ad nutum previsto a favore del cliente dal comma 1 dell'art. 2237 c.c., dovendo verificarsi in concreto in base al contenuto del regolamento negoziale se le parti abbiano inteso o meno vincolarsi in modo da escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita". Con questo principio di diritto la Cassazione ha confermato la sentenza d'appello che aveva giudicato legittimo il recesso da un contratto biennale di prestazione professionale stipulato da un paziente e un chirurgo, con il quale quest'ultimo si impegnava a garantire assistenza per due giorni alla settimana e reperibilità telefonica per tutti gli altri giorni. Per i giudici, la semplice apposizione di un termine a un contratto di prestazione professionale non esclude la facoltà di recesso anticipato, considerata la particolare natura della prestazione e il rapporto fiduciario che sussiste tra medico e paziente”, con commento di CASTIGLIONI, Contratto d’opera intellettuale con termine finale e recesso ad nutum ai sensi dell’art. 2237 c.c., in I contratti, 2016, 7, 653 ove si sottolinea che il recente orientamento giurisprudenziale appare

maggiormente restrittivo, atteso che la deroga pattizia alla facoltà di recesso ad nutum deve essere riscontrata in modo esplicito nell‘accordo concluso, non essendo legittimi automatismi interpretativi. Siffatta conclusione appare coerente con la pluralità di funzioni che il diritto di recesso può essere chiamato a svolgere, dal momento che nello specifico caso del recesso del contratto d‘opera intellettuale il recesso legale possiede i caratteri del recesso determinativo, impugnatorio e di pentimento e, pertanto, non vi è incompatibilità tra diritto di recesso ed un contratto intuitus personae sottoposto a termine.

somministrazione di cui all‘art. 1569 c.c., utilizzato in via analogica anche nel contratto atipico di concessione di vendita 112; b) il mandato, nell'ipotesi di revoca del mandato oneroso a tempo indeterminato ex art. 1725 comma 2° c.c. e di rinunzia del mandatario come dispone l‘art. 1727 c.c.; c) il recesso dal contratto di agenzia a tempo indeterminato contemplato dall‘art. 1750 c.c. 113; d) la revoca della commissione (art. 1734 c.c.); e) il comodato di cui all‘art. 1810 c.c., ove è previsto un particolare regime in ragione delle caratteristiche peculiari di tale contratto; f) il recesso unilaterale dal contratto di lavoro autonomo a norma dell‘art. 2227 c.c.; g) il recesso del cliente dal contratto d'opera intellettuale a mente dell‘art. 2237 c.c. 114.

112 Cfr. a tale proposito, Trib. Cassino 2 dicembre 2014, n. 1308, in Il Sole 24 Ore, Mass.

Repertorio Lex24. ―La concessione di vendita, pur presentando aspetti che per qualche verso, l'avvicinano al contratto di somministrazione o alla commissione, non può inquadrarsi in uno schema contrattuale tipico, trattandosi di contratto innominato, caratterizzato da una complessa funzione di scambio e di collaborazione e consistente, sul piano strutturale, in un contratto normativo, dal quale deriva l'obbliga di stipulare singoli contratti di compravendita ovvero l'obbligo di concludere contratti di puro trasferimento dei prodotti, alle condizioni fissate nell'accordo iniziale. Detto contratto atipico si colloca in un'area di affinità con i contratti di somministrazione o di commissione ma non con quello di agenzia, per cui l'attribuzione del diritto di esclusiva al concessionario, costituendo un elemento accidentale e non essenziale del contratto, non può ricavarsi implicitamente dalla predeterminazione di una zona al concessionario medesimo, non essendovi alcun necessario collegamento tra zona ed esclusiva‖.

113 Si precisi, incidentalmente, che nel contratto di agenzia, anche a seguito della modifica

apportata all'art. 1750 c.c. dal d.lgs. 303/91 emesso in attuazione della Direttiva dell‘UE n.86/653, sono previsti in maniera precisa termini minimi di preavviso, variabili da 1 a 6 mesi, in funzione della concreta durata del rapporto. Sul punto cfr. Il Contratto di agenzia: il recesso, in

studiolegaleriva.it, 2017, ove si afferma come sia comunque ―lasciata alla libera disponibilità delle parti la fissazione di termini di preavviso di maggiore durata, con l'unico limite costituito dalla necessità che il preponente osservi termini di preavviso non inferiori rispetto a quelli previsti per l'agente. Infine, nella disciplina del contratto di agenzia la regolamentazione non è contenuta solo nel codice civile, ma altresì nella contrattazione collettiva di diritto comune, che prevede in tema di preavviso termini differenti rispetto a quelli dell'art. 1750 c.c., con conseguenti potenziali problemi di applicabilità, soprattutto con riferimento al cosiddetto agente monomandatario‖.

114 Oltre a quelli già richiamati nel precedente paragrafo, si citino i contratti bancari di conto

corrente e la specifica disposizione sul recesso di cui all‘art 1833 c.c., nonché il contratto di deposito bancario ex art. 1834 c.c.. Sul punto cfr. MOLLE, I contratti bancari, in Tratt. Cicu

Messineo, Milano, 1981, 560; FIORENTINO, Del conto corrente, dei contratti bancari, in Comm. Scialoja Branca, IV, Bologna-Roma, 1956, 147. Relativamente al contratto di lavoro v. art. 2096,

co. 3, c.c., che permette il recesso ad nutum sia del lavoratore che del datore di lavoro durante il periodo di prova, nonché art. 2118 v. TIRABOSCHI, Categorie civilistiche e recesso unilaterale:

il contratto di lavoro subordinato, in Recesso e risoluzione dei contratti, Milano, 1994, 1031.

Volutamente si è omesso di citare l‘art. 2119 c.c. sulla giusta causa di recesso dal contratto di lavoro subordinato, perché, come è noto tale tipologia è dettagliatamente disciplinata da leggi

In tutte queste ipotesi è riconosciuto, a ciascuna delle parti, il diritto di porre termine al rapporto a tempo indeterminato in qualunque momento, previa concessione di un termine di preavviso.

Precisati i confini del ―recesso ordinario‖, occorre accennare alla seconda fattispecie, individuata anche dalla giurisprudenza: il recesso straordinario 115.

L‘istituto, però, non si limita ad integrare il regolamento contrattuale originario, ma lo modifica o in taluni casi lo travolge; tutto ciò in funzione di fattori sopravvenuti al contratto.

Emerge, in tal caso, un vero e proprio potere di supremazia, riconosciuto ad una delle parti, circostanza che è certamente ravvisabile nella disciplina del recesso unilaterale in tema di contratto di appalto. L'art. 1671 c.c. prevede infatti il diritto del committente di recedere dal contratto a propria assoluta discrezione, anche qualora l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio siano già iniziate da parte dell'appaltatore 116.

speciali che limitano fortemente l‘autonomia contrattuale della parte datoriale. Ricordiamo solo che il recesso datoriale (licenziamento) è ben diversamente disciplinato da quello del lavoratore (dimissioni).

115 Emblematico è il caso, in materia di appalti privati, il recesso unilaterale del committente, cfr.

App. Roma, 20. 06. 2016, n. 3918 ―In ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto

di appalto, ai sensi dell'art. 1671 c.c,, l'appaltatore che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, è gravato dall'onere di dimostrare quale sarebbe stato l'utile conseguibile per l'utilizzo delle attrezzature di cantiere in altri lavori e/o il mancato guadagno per la perdita di occasioni di lavoro‖.

116 Altra e diversa ipotesi di recesso straordinario, o risolutivo, è previste nella disciplina del

contratto di agenzia, e più precisamente dalla disposizione di cui all'art. 1751 c.c. (come modificato dai d.lgs. n. 303/91 e n. 65/99). In tale ultimo caso è espressamente consentito ad una delle parti di travolgere il regolamento negoziale in funzione di specifici vizi sopravvenuti nel corso del rapporto. Nella norma citata è infatti prevista espressamente la possibilità per il preponente di risolvere il rapporto a causa di un'inadempienza attribuibile all'agente che, per la sua gravità non consenta la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto, e con l'esclusione del diritto dell'agente all'indennità. E' dunque garantita al preponente la possibilità di porre termine al rapporto in ragione di un inadempimento che, date le sue caratteristiche, esonera il recedente dalla necessità di concedere il preavviso di cui all'art. 1750 c.c., così configurando una ipotesi di recesso risolutivo.

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