L’ALBANIA SOGGETT
1. LE FAMIGLIE LINGUISTICHE
La lingua italiana e quella albanese appartengono alla famiglia delle lingue Indoeuropee mentre il Tagalog a quella delle lingue Austronesiane.
Tra le lingue indoeuropee, l‟albanese è composta da due sottogruppi: la lingua albanese ghega, e la lingua albanese tosca. Le varietà gheghe sono parlate nella parte nord e nord-est dell‟Albania e le varietà tosche sono parlate nel sud. Il confine geografico tra le due parlate è stato idealmente fissato dal fiume
Shkumbini.
In molte località del centro e del sud Italia, vivono dal xv secolo comunità albanesi chiamate arbëreshë e costituiscono una minoranza etno-linguistica, la lingua da loro parlata è denominata arbërisht che è un‟antica variante del tosco, tutelata dalla legge italiana 482.22
L‟albanese non risulta essere imparentata con nessun altra lingua indoeuropea e costituisce pertanto un gruppo a sé.
Il termine “Albania” in lingua albanese si dice Shqipëri che significa aquila, questo animale infatti appare anche sulla bandiera stessa e pare che fosse una divinità di questi antichi popoli.
Il Tagalog appartiene alla famiglia delle lingue austronesiane che comprendono oltre 1.200 lingueparlate in una vasta area geografica compresa fra il Madagascar, il Sud-est asiatico, Taiwan e l'Oceania, i cui parlanti si raggruppano in una serie di etnie imparentate tra loro e note come popoli austronesiani. Il termine "Austronesia" deriva dalla lingua greca e significa "isole meridionali".
Le lingue austronesiane si dividono in 10 rami, di cui nove si parlano a Taiwan e alcune isole vicine. Il primo ramo comprende le Lingue Formosane (di Taiwan), che non hanno alcuna parentela con la lingua cinese.
Il secondo ramo è chiamato Maleo-Polinesiaco ed ingloba tutte le altre lingue della famiglia. Questo ramo si suddivide in due sottogruppi: il gruppo
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occidentale (parlato da circa 300 milioni di persone) e quello orientale (parlato da circa un milione di persone).
Suddivisione della famiglia austronesiana:
- Lingue formosane (lingue non imparentate col cinese).
- Lingue maleo-polinesiache occidentali (tra le quali il Tagalog) e centro- orientali (tra le quali Lingue maleo-polinesiache orientali, Lingue oceaniche della Nuova Guinea settentrionale e occidentale e Lingue meso- melanesiane e le Lingue oceaniche orientali ecc…).23
2. L‟ITALIANO.
24L'italiano è una delle ventiquattro lingue ufficiali dell'Unione europea ed è lingua ufficiale dell'Italia (con circa 55 milioni di abitanti), di San Marino, della Svizzera, della Città del Vaticano e del Sovrano Militare Ordine di Malta. L‟italiano ha generalmente L‟ORDINE TESTA-MODIFICATORE, dove la testa precede l‟elemento dipendente, cioè il modificatore, come nei seguenti casi: verbo-oggetto (mangio la pizza)
preposizione nome (al bar) nome-genitivo (l‟auto di Cristina) nome-aggettivo (il vestito elegante)
L‟ORDINE NOME-AGGETTIVO, presenta in italiano (come in altre lingue) variabili complesse, ma la posizione post-nominale dell‟aggettivo è normalmente assunta come quella basica, perché è consentita per tutti gli aggettivi (una casa
bella, una bella casa, ma una casa colonica e non *una colonica casa).
Gli avverbi modificatori di sintagmi aggettivali e avverbiali seguono invece l‟ordine opposto modificatore-testa (molto grande, piuttosto velocemente).
Anche LA NEGAZIONE DEL VERBO segue l‟ordine modificatore-testa (non
parto) dove il predicato verbale costituisce lo scope della negazione e si trova a
destra (scope a destra)
23 Blust, . (2009), The Austronesian Languages. Canberra: Pacific Linguistics, Research School of
Pacific and Asian Studies, Australian National University
24 Giacalone Ramat A. (2003), Verso l‟italiano. Percorsi di strategie ed acquisizione, Roma,
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Gli AVVERBI TEMPORALI si collocano in genere dopo il primo verbo flesso (sempre, ancora, già, mai più).
L‟ORDINE SINTATTICO dei costituenti principali soggetto, verbo e oggetto è generalmente molto variabile in particolar modo nell‟italiano orale, dove specifiche intonazioni e dislocazioni dei costituenti sono strategie comunemente sfruttate per soddisfare particolari esigenze comunicative.
L‟italiano è una lingua PRO-DROP, cioè tale che non è necessario specificare il soggetto che è normalmente preverbale (Elisa ascolta la musica): Nel caso in cui il soggetto segue il verbo, ciò può essere dovuto ad un focus informativo (parlo
io, tu ascolta).
In italiano sono quindi possibili due strutture, la prima s + v (topic + comment)
tua sorella ha telefonato, dove l‟elemento intorno a cui ruota la predicazione è in
posizione iniziale, o al contrario v + s (comment + topic) ha telefonato tua sorella, dove la predicazione precede il topic.
Quanto all‟oggetto spesso viene collocato in posizione esterna (iniziale o finale) e ripreso poi dal verbo, loro l‟hanno visto il film; il film, loro l‟hanno visto. Anche altri costituenti possono essere spostati esternamente e ripresi dal verbo.
LA FRASE INTERROGATIVA in italiano non ha una struttura particolare ma è espressa a attraverso un‟intonazione crescente.
Nell‟analisi sintattica degli enunciati prodotti dai soggetti intervistati mi sono avvalsa della seguente classificazione per distinguere i vari tipi di congiunzioni coordinanti e subordinanti.25
Tra le CONGIUNZIONI COORDINANTI troviamo in italiano i seguenti tipi:
- Copulative Positive: collegano due elementi (e, anche, pure, inoltre,
ancora, perfino, altresì...)
- Copulative Negative: (né, neanche, neppure, nemmeno)
- Disgiuntive: introducono un'alternativa (o, oppure, altrimenti, ovvero,
ossia...). Un‟altra congiunzione disgiuntiva è ossia, che può usarsi per
indicare una scelta equipollente o una correzione.
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- Avversative: introducono un'opposizione, un contrasto (ma, tuttavia, però,
pure, eppure, anzi, sì, nonostante, nondimeno, bensì, piuttosto, invece, mentre, se non che, al contrario, per altro, ciò nonostante...).
- Conclusive: introducono una conclusione (dunque, perciò, quindi,
pertanto, allora, per cui, cosicché, inoltre, eppure, insomma, così...).
Esistono inoltre le congiunzioni conclusive onde e sicché che si possono trovare spesso nell‟uso parlato.
- Dichiarative (o esplicative): introducono una spiegazione collegata a un'affermazione che li precede (infatti, difatti, invero, cioè, ossia, ovvero,
vale a dire, in effetti, in realtà...).
- Correlative: si usano in coppia tra due proposizioni e mettono in corrispondenza due elementi (e... e, o... o, né... né, sia... sia, non solo... ma
anche, ora... ora, tanto... quanto, tale... quale, così... come, come... così, sia che... sia che...).
- Esplicative: forniscono ulteriori informazioni, infatti, cioè, ossia Le CONGIUNZIONI SUBORDINANTI si distinguono in:
- Causali: indicano la causa per la quale avviene o non avviene ciò che è espresso nella proposizione reggente (siccome, poiché, perché, in quanto
che, giacché, dacché, dal momento che, per via che, visto che, dato che...).
- Finali: indicano il fine per cui si compie l'azione della proposizione reggente (affinché, perché ...).
- Consecutive: introducono una conseguenza (cosicché, tanto che, in modo
che, così...che, tanto… che ...).
- Temporali: introducono un riferimento temporale rispetto a quanto è enunciato nella reggente (quando, finché, fin quando, fintantoché, da
che, da quando, dopo che, prima che, intanto che, (non) appena, ogni qual volta, ogni volta che, ora che, mentre...).
- Concessive: indicano una condizione (vera o supposta) in contrasto con
quanto si afferma nella reggente (anche se, anche,
quando, qualora, nonostante, benché, sebbene…).
- Dichiarative: Le proposizioni subordinate dichiarative,
o esplicative precisano il significato di un elemento contenuto nella proposizione principale, e sono introdotte dalle congiunzioni: che, come...
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- Condizionali: esprimono la condizione necessaria perché si verifichi quanto viene detto nella reggente (se, qualora, purché, a condizione che, a
patto che, laddove...).
- Modali: indicano il modo in cui avviene ciò che è detto nella reggente (come, come se, nel modo che..)..
- Avversative: indicano un fatto o una situazione che risultano contrapposti a quello che viene detto nella reggente mentre, quando...
- Eccettuative Esclusive Limitative: indicano i limiti di ciò che viene detto nella reggente, tranne che, fuorché, eccetto che, salvo che, a meno che,
senza che, per quello che,...
- Comparative: stabiliscono un paragone con quanto viene detto nella proposizione reggente (come, così...come, più/meno...di come, più/meno...di quanto, più/meno/meglio/peggio...di quello [che], piuttosto che...).
- Le COMPLETIVE costituiscono un gruppo a parte in quanto svolgono la funzione di soggetto, oggetto diretto o complemento indiretto del verbo della frase reggente, esse saturano le valenze sintattico-semantiche della reggente e sono dette pertanto argomentali.
Le Completive Soggettive che realizzano la funzione di soggetto della proposizione che la regge infatti, ricorrono spesso dopo la reggente.
Le Completive Oggettive fungono da oggetto diretto della proposizione che le regge.
Le Interrogative Dirette che sono le completive di una proposizione il cui predicato assume la modalità enunciativa interrogativa, introdotte da se, come,
quando, quanto, perché...
Infine le RELATIVE che sono introdotte dai pronomi relativi ( il quale, la quale, i
quali, le quali, cui, che, chi...) che hanno la peculiarità di modificare un elemento
della reggente attribuendogli delle caratteristiche.
Le relative possono occupare tre diverse posizioni: anteposta, posposta (la più comune) o incassata alla reggente.
A livello di analisi semantica, le relative si distinguono relative Non–Restrittive che apportano un‟informazione supplementare sull‟antecedente a cui si riferiscono e le Restrittive che limitano la portata dell‟antecedente a cui fanno riferimento.
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3. L‟ALBANESE.
26La lingua albanese appartiene alle lingue Indoeuropee e la maggior parte degli studiosi sono d'accordo nell'affermare che questa lingua costituisca un gruppo a sé senza legami con altre lingue.
L'albanese attualmente parlato da circa 7,6 milioni di persone tra Albania, Kosovo, Macedonia, Montenegro e varie altre zone d'Europa, dove risiedono per motivi migratori numerose comunità albanesi, tra le quali l'Italia.
La lingua albanese è composta da due sottogruppi, il Tosco e il Ghego (non completamente intelligibili fra loro), due varietà parlate rispettivamente nel sud e nel nord dell'Albania.
Il Ghego è parlato nell'Albania settentrionale e dagli albanesi di Serbia, Montenegro, Kosovo e della Repubblica di Macedonia; il Tosco è parlato nell'Albania meridionale, Grecia e Turchia includendo in esso anche gli albanesi d'Italia (Arbëreshë) e gli albanesi della Grecia (Arvanìtes).
Dal XVI secolo l‟albanese viene scritto nelle sue due principali varietà, quella ghega e quella tosca, basate sulle rispettive varietà dialettali. Dal 1923 a 1945, il ghego è stata dichiarata la lingua ufficiale in Albania ma dopo la seconda guerra mondiale i cambiamenti politici hanno portato ad assumere la varietà tosca come quella standard.
Il confine geografico tra le parlate di tipo tosco e ghego è idealmente fissato dal fiume Shkumbini. Dal punto di vista linguistico invece, questo confine ovviamente è meno delineato, infatti la zona di contatto fra le due varietà presenta caratteristiche sia del ghego che del tosco.
La stesura di una completa grammatica scientifica della lingua albanese d'Albania e stata realizzata solo dopo la seconda guerra mondiale, con la pubblicazione nel 1949 della Grammatica albanese di Kostaq Cipo, esperto e docente di tale lingua, seguita dal primo dizionario albanese nel 1954. Negli anni '70 del '900 venne istituito un congresso con lo scopo di riconoscere e fissare ufficialmente le norme della grammatica del 1949 con la pubblicazione di due ulteriori lavori i merito. Dal punto di vista sintattico, la differenza maggiore fra tosco e ghego riguarda la complementazione e in particolare nelle strutture infinitive, per esempio nelle
26 Sotiri M. (2008), Un confronto fra i sistemi di complementazione in albanese, italiano e inglese
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varietà tosche, in corrispondenza dell‟infinito di altre lingue, è usato il congiuntivo, mentre in ghego è molto diffuso l‟uso della forma me “con”+ participio, che nelle grammatiche tradizionali viene chiamata „infinito ghego‟.
La sintassi della frase segue l'ordine SVO (Soggetto, Verbo, Oggetto), anche se, data la presenza dei casi, è molto frequente nella lingua parlata la modifica dell'ordine delle parole per esigenze pragmatiche, provocando così un cambiamento di enfasi. L'albanese possiede un complesso sistema di declinazione e coniugazione con alcuni aspetti assai peculiari rispetto ad altre lingue indoeuropee (latino, russo, tedesco ecc.), con casi distinti quando il nome è determinato o indeterminato, avendo così 20 possibili forme.
L‟albanese è una lingua a SOGGETTO NULLO, il soggetto sintattico può precedere o seguire il verbo e porta il caso nominativo:
Artani bleu një roman
Artan-nom.def comprò un romanzo-acc.def
Një roman bleu Artani
uno romanzo-acc.def comprò Artan-nom.def “Artan comprò un romanzo.”
I NOMI sono marcati per caso, definitezza, genere e numero, queste informazioni vengono realizzate in un unico suffisso. In modo simile al rumeno e diversamente dalle altre lingue romanze come l‟italiano, L‟ARTICOLO è enclitico al nome. L‟oggetto diretto è marcato per il caso causativo, l‟oggetto indiretto dativo.
L‟OGGETTO DIRETTO è marcato per il caso causativo, L‟OGGETTO INDIRETTO dativo. In presenza di un dativo, la ripresa clitica è obbligatoria, ci sono contesti in cui anche il clitico accusativo è obbligatorio:
Ema *(i) shkroi një letër presidentit.
Emma gli scrisse una lettera-acc.ind presidente-dat.def “Emma scrisse una lettera al presidente.”
Ema (e) percolli presidentin.
Emma lo accompagnò presidente-acc.def “Emma accompagnò il presidente.”
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L‟albanese possiede un SISTEMA VERBALE con una ricca morfologia di tempo, aspetto e accordo.
Le forme verbali si distinguono in forme finite e forme non finite. Le forme verbali finite sono marcate per diatesi, modo, persona e numero. Le forme non finite, ad eccezione del participio, sono marcate per diatesi.
- Diatesi
La diatesi può essere attiva, passiva, riflessiva, media e medio riflessiva. Dal punto di vista morfologico, il verbo è marcato ala forma attiva e alla forma non- attiva. Quest‟ultima può avere il valore di un passivo, riflessivo, medio o medio riflessivo
- Modo
Il verbo finito è marcato per sei modi, oltre all‟indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo e l‟ottativo che si trovano anche in altre lingue indoeuropee, una peculiarità dell‟albanese è l‟ammirativo, un modo che esprime sorpresa o ironia viene usato in contesti esclamativi.
I modi si classificano in base a quelli che indicano realtà (indicativo, ammirativo) e quattro che indicano la non-realtà (condizionale, il congiuntivo4, l‟ottativo e l‟imperativo).
L‟indicativo è principalmente realizzato tramite morfologia flessiva dove si verificano processi fonologici come la metafonia che possono marcare accordo e tempo. L‟indicativo ha due tempi semplici: il presente e il passato
Le forme analitiche dell‟indicativo sono il perfetto, il piuccheperfetto e il futuro L‟ammirativo è usato per esprimere sorpresa, ironia o sarcasmo il quale si forma tramite l‟incorporazione dell‟ausiliare kam “avere” sul tema del participio ed ha quattro tempi, il presente, l‟imperfetto, il perfetto e il piuccheperfetto.
L‟uso più comune dell‟ammirativo è nelle frasi esclamative
L‟ottativo è caratterizzato dalla presenza del morfema –sh quando il tema del verbo finisce in consonante oppure -fsh quando il tema del verbo è in vocale, a questo morfema viene aggiunto la marca di accordo. Fa eccezione la terza persona singolare il cui morfema caratterizzante è f se il verbo finisce in vocale oppure –të se è in consonante. Il tema formante dell‟ottativo è generalmente quello del perfetto indicativo.
L‟imperativo ha due forme una per la seconda persona singolare e plurale. La seconda forma singolare si distingue da quella dall‟indicativo con morfologia propria:
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del/ dil
esci (Ind)/ esci (Imp)
je/ ji
sei (Ind)/ sii (Imp)
flet/ fol
parli (Ind)/ parla (Imp)
- L'aspetto
Il passato indicativo può essere di aspetto imperfettivo o perfettivo ed è realizzato tramite la flessione:
i punonte me mua.
lui lavorava con me “Lui lavorava con me.”
Ai punoi me mua.
lui lavorò con me “Lui lavorò con me.”
- Le forme verbali non finite
Il participio è una forma verbale sintetica, non marcata per tempo, numero, persona, diatesi. Non c‟è un participio presente in Albanese. Il participio può essere usato con gli ausiliari kam „avere‟ e jam „essere‟ per formare i tempi verbali composti e in questo caso non mostra mai accordo.
Vajza ka ardhur dje
ragazza-nom.def ha arrivato ieri “La ragazza è arrivata ieri”
Fëmijët janë larë.
bambini-nom.def sono lavato “I bambini si sono lavati.”
Il participio usato in contesti predicativi, con l‟ausiliare jam “essere” il participio si comporta come un aggettivo, viene preceduto da un articolo che realizza l'accordo di genere e numero con il soggetto. Oltre alla marca di accordo
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realizzata sull‟articolo, l‟accordo viene realizzato anche sul participio solo per il plurale femminile.
Për +të+ participio
Nelle grammatiche tradizionali albanesi la forma për“ per”+ të + participio viene chiamato infinito. Tuttavia lo si trova solo in pochi contesti infinitivi, principalmente nelle frasi finali e nelle frasi complemento di un nome. Si trova nello standard e principalmente nelle varietà tosche.
Dal punto di vista diacronico questa forma è la grammaticalizzazione di un participio nominalizzato preceduto da una preposizione.
Për al di fuori di questo costrutto ha ancora la funzione della preposizione, Të in
origine era un articolo preposto marcato per il caso accusativo.
Nessuno degli elementi può cadere, l‟unico elemento che può intromettersi tra për e të èil marcatore negativo modale mos che può sia precedere che seguire të.
për të mos hapur/ për mos të hapur derën
PËR TË non aperto/ PËR non TË aperto porta “Per non aprire la porta.”
Për ta hapur/ *për e të hapur derën
PËR TË +la aperta/ PËR la TË aperto porta “Per non aprire la porta.”
La forma për +të+ participio può essere usata nelle finali:
Ajo erdhi për të më ndihmuar
lei venne PËR TË mi aiutato “Lei venne per aiutarmi.”
Ata ndaluan për të pirë diçka
loro fermarono PËR TË bevuto qualcosa “Loro si fermarono per bere qualcosa.”
I marcatori della NEGAZIONE in albanese sono: nuk, s, mos e tutti e tre precedono il verbo e generalmente sono in distribuzione complementare.
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Nuk e s‟ possono precedere un verbo all‟indicativo, condizionale e ammirativo,
non possono precedere una forma verbale non finita. Sembra non ci sia differenza fra i due né per quanto riguarda la distribuzione sintattica né per il significato, l‟unica differenza è che nuk è preferibile nello stile formale.
Artani nuk/s‟ erdhi.
Artan-nom.def non venne “Artan non venne.”
La negazione in un contesto modale:
Mos viene usato con il congiuntivo, l‟ottativo, l‟imperativo e tutte le forme non
finite.
Nuk e s‟ non vengono usati in questo contesti.
Dua mos/nuk të shkojë atje.
voglio non TË vada (Subj) lì “Voglio che non vada lì.”
In albanese ci sono due COMPLEMENTATORI che introducono frasi finite e sono:
që e se e tutti e due possono essere tradotti con che in italiano
Se è generalmente usato per introdurre frasi indicative mentre që può introdurre
frasi indicative, congiuntive, ammirative e ottative. Quando il verbo della frase matrice è un cosiddetto verbo ponte, si possono usare tutti e due i complementatori senza che ci sia alcuna differenza di significato:
I thashë se/që e dua
gli dissi se/qëlo amo “Gli dissi che lo amo.”
- Distribuzione sintattica di që
Come detto anche sopra, që può introdurre una frase indicativa, congiuntiva, ammirativa
Shpresoj që/*se Ana të vijë
spero QË/SEAna TË venga “Spero che Anna venga.”
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non lo sapevo QË SE città è (Amm) così lontano “Non lo sapevo che la città fosse così lontana.”
Që è l‟unico complementatore che si usa per introdurre le frasi relative, lo troviamo in relative sul soggetto e sull‟oggetto, sia restrittive sia oppositive: Djali që/*se pashë ishte Arbeni.
ragazzo QË//*SEvidiera Arben “Il ragazzo (che) vidi era Arben.
- La distribuzione di se
Se è il complementatore delle interrogative indirette wh- e in questo contesto precede il complementatore. La sequenza elemento wh- complementatore non è ammessa. Il complementatore può essere realizzato lessicalmente oppure no:
E pyeta se/*që ku/*ku se jeton
lo chiesi SE/*QËdove/ dove se abita “Gli chiesi dove abita.”
A e di se/*që kë/*kë se takoi Arjani?
op lo sai SE/*QËchi.acc incontro Arjan-nom “Sai chi incontrò Arjan?”
Nuk më tha se/*që çfarë /*çfarë se kishte ndodhur.
non mi disse SE/*QËcosa aveva successo “Non mi disse cosa era successo.”
Se non viene usato nelle interrogative polari, in questo casa viene usato nëse
Më pyeti nëse/*se /*që/ kam shokë.
mi chiese se SE/*QË ho amici “Mi chiese se ho amici.”
Se può introdurre le frasi negative. Il marcatore negativo usato è mos. Il verbo che segue è all‟indicativo. Se quando precede mos esprime dubbio, ironia, disapprovazione:
Se mos më thirre ti mua.
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“Non mi hai mica chiamato”
Se mos shkon atje!
SEnon vai li “Non andare lì?”
Nga frika se mos humbte trenin...
da paura SE non perdeva treno “Dalla paura di perdere il treno
C‟è un unico contesto in cui le due negazioni possono coocorrere e solo nella sequenza se mos:
Kam frikë se mos nuk vjen.
ho paura SE non non viene “Temo che non venga.”.”