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L'acquisizione della coordinazione e della subordinazione nell'italiano L2 di immigrati filippini e albanesi

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Academic year: 2021

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INDICE GENERALE

0.INTRODUZIONE………...4

I. QUESTIONI TEORICHE……….6

1. Introduzione………...6

2. Lingue materna e lingua seconda………...6

3. Apprendimento guidato e spontaneo………...7

4. Metodi di analisi degli errori………..7

5. Interlingua………..9

6. Teorie sul processo di apprendimento………..11

7. Fattori di variabilità………..13

7.1 Fattori esterni……….13

7.2 Fattori individuali………...14

8. Interferenza ed il ruolo della prima lingua………...15

9. Interferenza ed il concetto di marcatezza……….16

10. Contesto migratorio e fattori sociali………18

11 la semplificazione linguistica ………..21

II. INFORMANTI E METODOLOGIE DI LAVORO…………...22

1. Studio trasversale………22

2. L‟informante ideale……….23

3. L‟informante reale………...23

4. Raccolta e classificazione dati………27

5. Le tecniche di elicitazione dati usate nelle interviste………..28

5.1 Conversazione spontanea………...28

5.2 Narrazione di vignette………....29

5.3 Descrizione foto……….30

6. Codifica dati………31

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8. Traduzione/Interpretazione………..36

III. L‟ITALIANO, L‟ALBANESE E IL TAGALOG……….38

1. Le famiglie linguistiche……….38

2. L‟italiano………..39

3. L‟albanese………43

4 Il tagalog………52

IV. GIUSTAPPOSIZIONE, COORDINAZIONE E

SUBORDINAZIONE DA UN PUNTO DI VISTA TIPOLOGICO..58

1.Analisi funzionale……….58

2. Scuole di pensiero a confronto……….60

3.Giustapposizione, coordinazione e subordinazione: definizioni tradizionali..61

4. Analizzare la connessione tra le frasi………...61

5. Dalla giustapposizione alla coordinazione………...62

5.1 tipi e posizioni delle congiunzioni coordinanti………...64

5.2 coordinazione e semantica………..65

6. Dalla coordinazione alla subordinazione………66

V. ANALISI DEL CORPUS………...68

1. Interlingue pre-basiche………...68 1.1 Corpus filippino………..7O 1.2 Corpus albanese………..97 1.3 Corpora a confronto………..108 2. Interlingue iniziali……….112 2.1 Corpus filippino………...112 2.2 Corpus albanese………...128 2.3 Corpora a confronto……….142 3. Interlingue intermedie……….150 3.1 Corpus filippino………150

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3 3.2 Corpus albanese………169 3.3 Corpora a confronto………..189 4. Interlingue avanzate………193 4.1 Corpus filippino………193 4.2 Corpus albanese………213 4.3 Corpora a confronto………..228

5. Interlingue molto avanzare………..234

5.1 Corpus albanese………234

VI. CONCLUSIONE………247

1. Presentazione dei risultati………247

2. le sequenze di acquisizione……….258

2.1 La coordinazione………...258

2.2 La subordinazione………...260

3. La conclusione………..262

VII. APPENDICE ………264

1.Simboli usati per la trascrizione del corpus………264

2.Scheda incontri : informanti albanesi………..265

3.Scheda incontri : informanti filippini………..266

4.Immagini usate per la narrazione………269

5.Immagini usate per la descrizione………...277

VIII. SCHEDE PERSONALI………...284

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0 INTRODUZIONE

Il presente studio ha l‟obiettivo di analizzare lo sviluppo sintattico della coordinazione e della subordinazione nelle interlingue di italiano L2 di immigrati filippini e albanesi in Italia. La ricerca si colloca perciò nel quadro degli studi sull‟acquisizione spontanea di lingue seconde (Second Language Acquisition, SLA).

Per analizzare tali strutture sintattiche, verranno studiati gli enunciati prodotti all‟interno del corpus preventivamente raccolto e saranno esaminati i meccanismi di coordinazione e subordinazione in relazione ai connettori usati. Nei casi in cui tali connettori siano assenti o sostituiti da altri meno appropriati, si analizzeranno le strategie messe in atto dagli apprendenti per riconoscere le intenzioni comunicative sottostanti, tenendo conto del contesto complessivo dell‟interazione. In aggiunta, verranno presentati i risultati ottenuti da studi cross-linguistici in merito all‟evoluzione della coordinazione e della subordinazione.

Pertanto, oggetto complessivo di questo studio è l‟analisi dei mezzi (impliciti ed espliciti) con i quali vengono espresse relazioni sintattiche da parte di 12 apprendenti filippini e di 10 albanesi in relazione allo stadio evolutivo dell‟interlingua.

Si tratta di uno studio di natura trasversale, dove i dati raccolti rappresentano un determinato momento dello sviluppo linguistico dell‟intervistato, basato su elicitazioni ottenute attraverso conversazioni spontanee e semistrutturate con l‟intervistatrice.

In base ai risultati ottenuti e alle caratteristiche dei sistemi linguistici, saranno determinati gli stadi evolutivi dell‟interlingua presenti nel corpus secondo una ripartizione complessiva a cinque livelli: pre-basico, basico, intermedio, avanzato e molto avanzato.

I dati esaminati provengono da un ciclo di incontri avvenuti tra ottobre e dicembre 2012 per quanto riguarda i soggetti di nazionalità albanese e tra marzo e aprile 2013 nel caso degli informanti filippini.

I soggetti sono di età compresa tra i 17 e i 60 anni in parte autodidatti, in parte invece con un bagaglio di corsi di lingua e cultura italiana nei comuni di residenza.

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Il primo capitolo introduce le principali teorie linguistiche fornendo un quadro generale dei vari elementi che entrano in gioco nel processo di acquisizione di una seconda lingua (SLA).

Il secondo capitolo passa in rassegna le metodologie di lavoro adottate, a partire dalla progettazione delle tecniche per l‟elicitazione dei dati, alla raccolta e classificazione di questi, presentando al tempo stesso un profilo linguistico e biografico dei soggetti coinvolti.

Il terzo capitolo costituisce un‟esposizione generale delle caratteristiche della lingua italiana, albanese e di quella filippina, mentre il quarto capitolo presenta i concetti di giustapposizione, coordinazione e subordinazione intorno ai quali ruota l‟analisi di questo studio, .

Il quinto capitolo analizza in dettaglio dati del corpus suddivisi in base alla nazionalità e alle diverse caratteristiche di ogni stadio dell‟interlingua, riportando a conclusione di ogni livello, un confronto dei risultati ottenuti con quelli di altri studi.

Il sesto capitolo fornisce un quadro complessivo della ricerca, dove tramite il supporto di tabelle, che riassumono schematicamente l‟evoluzione della coordinazione e della subordinazione dell‟interlingua, è possibile valutare nel dettaglio i dati per presentare la conclusione finale dello studio.

Il settimo capitolo costituisce l‟appendice del progetto con le immagini usate nelle interviste, nel capitolo ottavo sono contenute le schede personali dei soggetti intervistati ed infine il nono capitolo presenta i riferimenti bibliografici.

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1. QUESTIONI TEORICHE

1. INTRODUZIONE

Questa ricerca rientra nell‟ambito della Linguistica Acquisizionale e si pone come obiettivo lo studio della coordinazione e della subordinazione dell‟italiano L2 parlato da immigrati filippini e albanesi. La linguistica acquisizionale studia il processo di formazione della competenza in una L2 prevalentemente in contesto spontaneo, cioè attraverso l‟interazione con parlanti nativi, da parte di un apprendente di un‟altra lingua materna. Proprio questo tipo di contesto rappresenta il processo più naturale dell‟apprendimento perché si origina da una comunicazione il più possibile libera e naturale senza influenze di tipo scolastico formale.

Gli apprendenti adulti, inoltre consentono di controllare se l‟acquisizione di L2 sia possibile (e in quale misura) anche ad un‟età superiore rispetto a quella canonicamente ritenuta sensibile al processo riconosciuto per l‟acquisizione della L1 e della L2.

La linguistica acquisizionale, grazie alla descrizione del processo di apprendimento, pone basi teoriche oggettive per la glottodidattica, cioè l‟applicazione pratica dei modelli in metodi di insegnamento il cui scopo è quello di ottimizzare tale processo di apprendimento.

2. LINGUA MATERNA (L1) E LINGUA SECONDA (L2)

Prima di affrontare i problemi della raccolta dati e l‟analisi del corpus, è necessario chiarire i rapporti tra L1 e L2.

Fin dai primi anni di vita l‟uomo impara a sviluppare la capacità di usare il linguaggio venendo a contatto con la lingua dei genitori, o più in generale con l‟input esterno della prima lingua (L1). Con prima lingua o lingua materna si intende infatti la lingua attraverso la quale un individuo acquisisce il linguaggio stesso. Nel caso del bilinguismo, il bambino è esposto fin dall‟infanzia a più lingue e sviluppa quindi la capacità del linguaggio attraverso più lingue contemporaneamente (lingue altre).

Al contrario le lingue seconde (per esempio l‟italiano parlato da uno straniero in Italia) o le lingue straniere (lingua appresa in un contesto dove non è usata come

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lingua di interazione quotidiana) sono quelle apprese dopo aver già sviluppato la capacità di linguaggio cioè la prima lingua.

3. APPRENDIMENTO GUIDATO E SPONTANEO

Un altro concetto da precisare è la differenza tra quello che è considerato un apprendimento guidato della L2, cioè in ambito scolastico con insegnamento esplicito della lingua, e l‟apprendimento spontaneo in cui la lingua viene appresa grazie al diretto contatto quotidiano con i parlanti nativi.

Questa ricerca, finalizzata allo studio del processo di apprendimento dell‟italiano L2 spontaneamente appreso in Italia, da parte di immigrati filippini e albanesi, si sviluppa attraverso l‟analisi condotta su un corpus opportunatamente raccolto. In base a tale corpus, l‟analisi cercherà di individuare le caratteristiche comuni e divergenti nelle varietà linguistiche prodotte dai parlanti nelle diverse fasi dello sviluppo complessivo.

Tutto ciò implica ovviamente un‟analisi degli enunciati, che permetta di ricostruire i diversi aspetti coinvolti nel processo di apprendimento, come per esempio il ruolo dell‟input linguistico ricevuto nel contatto con madrelingua italiani e i fattori di variabilità personale, per arrivare ad identificare i meccanismi soggiacenti all‟elaborazione del linguaggio.

4. METODI DI ANALISI DEGLI ERRORI

Dopo aver definito questi concetti di base, tratteremo ora alcune teorie linguistiche che si occupano del processo di apprendimento di una L2.

I primi studi sull‟apprendimento delle seconde lingue risalgono agli anni Quaranta-Sessanta del 1900 da parte degli americani Fries e Lado fondatori dell‟analisi contrastiva. Si deve infatti al primo, il confronto fra le strutture linguistiche e fra L1 e L2 mentre Lado operava infatti l‟analisi contrastiva fra lingua di partenza e lingua di arrivo sviluppata attraverso l‟indagine sulle produzioni dei soggetti reali.

La spiegazione di tali errori prodotti dagli apprendenti, era fatta risalire all‟interferenza della prima lingua: quando le strutture delle due lingue presentano differenze sostanziali si parla di interferenza negativa, se invece la

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lingua di partenza e di arrivo presentano somiglianze strutturali si ritiene che ciò faciliti il processo di apprendimento con una interferenza positiva.1

Questo metodo però non è riuscito a render conto del fatto che non tutti gli errori attestati fossero dovuti alla L1. Attualmente si ritiene infatti che l‟impatto della L1 sulla L2 sia evidente in ambito fonetico.

Successivamente si è passati all‟analisi degli errori allo scopo di individuare le difficoltà che influiscono negativamente sul processo di apprendimento per poi contribuire con tali conoscenze ad un miglioramento nell‟ambito glottodidattico. Negli studi di Dulay, Burt e Krashen, in particolare, sono stati individuati quattro diversi tipi di errori, quelli di omissione (mancata realizzazione di strutture della lingua di arrivo), quelli di inserzione (aggiunta di elementi non richiesti nella lingua di arrivo), quelli di disposizione (riguarda la posizione degli elementi all‟interno degli enunciati) e infine quelli di sostituzione (come l‟uso di una forma al posto di un‟altra).

Da notare come in questo tipo di approccio l‟errore non assuma una valenza negativa, ma al contrario, rappresenta l‟emergere di stadi dell‟interlingua e dei processi soggiacenti che conducono all‟apprendimento.2

La causa degli errori non risiede più, o soltanto, nell‟interferenza della lingua di partenza (si tratta allora di errori interlinguali che generalmente si riscontrano come abbiamo detto soprattutto a livello fonetico) perché molti errori sono sistematici ed indipendenti dalla L1 del soggetto.

Di conseguenza individuare errori evolutivi, cioè connaturati al processo di apprendimento stesso, come quelli commessi dai bambini nell‟apprendimento della lingua madre (per esempio per quanto riguarda l‟italiano a livello morfologico frequente è l‟omissione della copula o dell‟articolo o la così detta sovrestensione della terza persona singolare) apre una possibilità di analisi parallela fra acquisizione di L1 e acquisizione di L2 in termini non comportamentistici ma cognitivistici.

1 Adorno C. e Giacalone Ramat A. (2012), L‟acquisizione dell‟italiano come lingua seconda:

problemi e metodi, ICON Master, Italian Culture on the Net.

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5. L‟INTERLINGUA (IL)

Dopo aver brevemente passato in rassegna alcuni concetti base della linguistica vorrei passare ora a definire tutto quello che ruota intorno al concetto centrale di INTERLINGUA.

Questo concetto si sviluppa in merito a studi condotti negli anni Sessanta e Settanta del novecento in riferimento alla lingua, caratterizzata da errori e parlata dagli apprendenti di una L2.

Il termine INTERLINGUA si deve ad uno scritto di Larry Selinker del 1972 che la definisce: “a separate linguistic system based on the observable output which

relult from learner‟s attempted production of the target language norm” cioè un

sistema linguistico a sé stante che risulta dal tentativo di produzione da parte dell'apprendente di una norma della lingua target.3

Secondo Selinker l‟interlingua è il prodotto di cinque principali processi cognitivi che entrano in azione durante l‟acquisizione di una seconda lingua.

Questi sono:

1transfer (interferenza della L1): quando gli elementi linguistici fossilizzati della IL sono il risultato di un trasferimento dalla L1 del parlante

2 transfer of training (trasferimento dall‟addestramento): quando il soggetto fa un uso inappropriato di elementi linguistici per eccesso di esercitazione

(overlearning).

3 strategies of second language training (strategie dell‟apprendimento della L2):

le strategie individuali che influiscono nel processo di apprendimento come l‟età, l‟esposizione alla lingua ecc…

4 strategies of second language communication (strategia di comunicazione nella L2): l‟insieme delle strategie messe in atto nella comunicazione con nativi per raggiungere scopi immediati, una di queste è la semplificazione strutturale degli enunciati.

5 overgeneralization of the target language linguistic material

(ipergeneralizzazione di material linguistico nella lingua bersaglio): tendenza a stabilire false analogie tra elementi della L2.

3 Selinker L. (1972), Interlanguage, IRAL, International Review of Applied Linguistics in

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Selinker riteneva che l‟acquisizione di una seconda lingua fosse radicalmente diverso da quello della L1 a causa del fenomeno della fossilizzazione (presente solo nell‟apprendimento della L2) definito come l‟insieme di quei tratti linguistici, “errori” che entrano a far parte dell‟interlingua indipendentemente dall‟età o dal periodo di esposizione all‟input ricevuto. Sempre secondo Selinker tutti questi tipi di fenomeni riemergono ogni qual volta il parlante si trova a parlare di argomenti nuovi e impegnativi o sotto particolari stati psicologici, quali ansia o al contrario in pieno rilassamento.

Questa nuova concezione teorica di base modifica profondamente la prospettiva di osservazione nei confronti dell‟analisi degli errori prodotti dagli apprendenti. Come abbiamo detto, proprio grazie al concetto di interlingua gli errori non sono più concepiti come riproduzioni errate della lingua di arrivo ma come sistemi indipendenti con regole e caratteristiche proprie, tipiche della fase di acquisizione in cui si trova l‟apprendente nel corso del proprio percorso evolutivo.

Secondo questo nuovo approccio, lo studio delle riproduzioni degli apprendenti mira alla ricostruzione del sistema linguistico transitorio soggiacente e all‟individuazione delle caratteristiche linguistiche per ogni stadio. Il fine ultimo è anche quello di elaborare i processi che regolano l‟evoluzione stessa di questo sistema in continuo movimento.

L‟idea secondo la quale l‟interlingua sia un sistema a metà tra la lingua d‟arrivo e quella di partenza è stata superata a favore di una concezione che la concepisce come una varietà della lingua di arrivo che si sviluppa attraverso stadi in gran parte comuni a tutti gli apprendenti.

Nelle prime fasi, essa presenta numerosi fattori di instabilità come per esempio errori, esitazioni, false partenze, pause immotivate con ricorso alla lingua madre e poi gradualmente, essa si arricchisce e si stabilizza rendendosi sempre più vicino alla lingua di arrivo.

Il prodotto finale continua ad essere soggetto ai fattori di variabilità individuale come la L1, l‟età, la motivazione, la personalità, il grado di istruzione e le condizioni socioculturali del soggetto.

Per capire il concetto di interlingua, la si può paragonare ad altre varietà quali i

pidgin, i baby talk ed i foreign talk poiché tutte queste varietà sono accomunate da

strategie di semplificazione.

Per concludere questa parte dedicata al concetto di interlingua vorrei sottolineare la centralità della nozione di sequenza di acquisizione che prevede un‟evoluzione

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della competenza linguistica per stadi e dove il passaggio avviene con la comparsa di una nuova struttura che arricchisce il sistema. I mezzi espressivi che vengono aggiunti seguono l‟ordine di una scala gerarchica dove la presenza di un elemento implica necessariamente la presenza di quelli che lo precedono ma non di quelli che lo seguono.

6. TEORIE SUL PROCESSO DI APPRENDIMENTO

Dopo aver approfondito le varie dinamiche che ruotano intorno al concetto di interlingua, possiamo affermare che l‟apprendente si trova quindi di fronte ad un vero e proprio paradosso (Klein 1986):

adult immigrants find themselves in the paradoxical situation of having to communicate in the target language (TL) in order to learn it, and to learn the target language in order to communicate in it.

Egli deve apprendere la lingua per comunicare con i parlanti competenti e allo stesso tempo, egli deve comunicare con i parlanti per apprendere la lingua. Il processo comunicativo e quello dell‟apprendimento risultano infatti stimolarsi costantemente l‟un l‟altro.

La semplice memorizzazione e riproduzione di input linguistici non favoriscono l‟apprendimento, al contrario le conoscenze si integrano continuamente una con l‟altra attraverso processi di rianalisi e riorganizzazione del materiale linguistico. Al momento della ricezione il soggetto attua una selezione delle produzioni dei parlanti in base alla maggiore salienza percettiva, a livello fonico, e alla facilità di identificazione del significato in base al contesto. Il contorno prosodico e la situazione comunicativa aiutano il soggetto a riconoscere i nuclei di significato organizzati intorno a sequenze foniche.

Il nuovo materiale analizzato denominato intake costituisce un nuovo criterio in base al quale riorganizzare, in modo più o meno consapevole, il vecchio materiale della seconda lingua con il nuovo costruendo una nuova grammatica.4

Il problema successivo è quello della vera e propria produzione di enunciati nella forma più appropriata, tra quello che vuole dire e quello che sa dire, si tratta

dell‟embedding problem (problema dell‟integrazione) così denominato da Klein.5

4 Selinker L. (1972), Interlanguage, IRAL, International Review of Applied Linguistics in

Language Teaching, 10:3, pp 209-231.

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Sempre secondo Klein, un ulteriore fattore da tenere in considerazione durante il processo di apprendimento, è quello dell‟adeguamento o matching problem cioè il fatto che il continuo scambio interazionale tra parlante competente e apprendente stimola non solo l‟avanzamento ma anche la motivazione.

Tra gli approcci di tipo di mentalista emerge la teoria cheomskiana del LAD (1965, Language Acquisition Device6), concepita per spiegare i principi organizzativi che governano l‟acquisizione della prima lingua. Egli considera la mente come un sistema, il cui meccanismo di acquisizione linguistica è innato e che passa attraverso varie fasi. In un primo momento l‟apprendente osserva l‟input ricevuto e sulla base di questo la mente elabora successivamente delle ipotesi, su una determinata struttura, che poi cerca di verificare di nuovo. Se l‟ipotesi viene confermata, essa deve solo essere automatizzata e fissata, in caso contrario il soggetto ricomincia con la formulazione di una nuova ipotesi. Un‟ulteriore riflessione metalinguistica affianca l‟acquisizione implicita e permette di completare il quadro sistematizzando il nuovo elemento nel sistema che si arricchisce.

Proseguendo nello studio delle varie teorie sull‟acquisizione non possiamo non imbatterci in quella sull‟acquisizione della seconda lingua di Krashen, che negli anni Settanta-Ottanta ha elaborato la SLAT (Second Language Acquisition

Theory7).

Secondo tale teoria, quando si impara una lingua operano tre fattori interni di cui due sono subcoscienti il filtro e l‟organizzatore mentre uno è cosciente, il monitor. Il filtro seleziona l‟ingresso degli elementi della L2 che saranno presi in considerazione. Esso è fortemente influenzato dalle esigenze, le attitudini e gli stati emozionali del soggetto (come rilassamento e ansia). Tra questi gioca un ruolo fondamentale la motivazione che può influenzare positivamente o no il processo dell‟apprendimento. Si distingue tra motivazione integrativa (dettata dall‟interesse generale verso la lingua e la cultura che questa rappresenta) e strumentale (per necessità lavorative).

L‟organizzatore è responsabile dell‟organizzazione graduale da parte dell‟apprendente del sistema della nuova lingua. La sua funzione è subconscia e lo studio di alcune costruzioni transitorie degli apprendenti, che si sviluppano in

6 Balboni P. (2013), Fare educazione linguistica. Insegnare italiano, lingue straniere e lingue

classiche, Torino, Utet università.

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modo sistematico, ha messo in evidenza come esitano delle vere e proprie tappe fisse che controllano il processo di apprendimento della lingua.

Il monitor infine è quella parte del sistema interno dell‟apprendente che è responsabile dell‟elaborazione linguistica consapevole. Il monitor si attiva ogni qual volta c‟è un riferimento esplicito all‟apprendimento della lingua per esempio in classe o nell‟autocorrezione degli errori. Il grado di utilizzazione del monitor dipende da quattro fattori quale l‟età, l‟istruzione, l‟attenzione e la personalità dell‟individuo.

7. FATTORI DI VARIABILITA‟

Come abbiamo visto nella spiegazione del concetto di interlingua, l‟apprendimento si sviluppa essenzialmente per stadi comuni a tutti i discenti. Oltre a questi è stato dimostrato come anche altri fattori entrino in gioco ad influenzare la rapidità e la qualità finale dell‟acquisizione, cioè i fattori esterni al soggetto stesso e le variabili individuali.

7.1 FATTORI ESTERNI:

In primo luogo abbiamo l‟input linguistico, cioè tutto quel materiale a cui l‟apprendente è direttamente esposto in contesto naturale (con parlanti natici in situazioni quotidiane) o formale, caratterizzato quindi da specifiche registri linguistici.

In secondo luogo troviamo la quantità dell‟input con cui il soggetto entra in contatto che, unito alla motivazione, favorisce l‟apprendimento. Da ricordare che contrariamente a quanto si possa pensare, oltre una certa soglia, una quantità eccessiva può essere negativa e stressante.

Inoltre più l‟input è frequente, più ci sono probabilità di un buon miglioramento e affinché tale input venga completamente assimilato, esso deve essere comprensibile. Nel processo di apprendimento linguistico, il punto di partenza è infatti una percezione corretta che permetta di proiettare un significato al flusso dei suoni della lingua.

Infine un ultimo fattore esterno che influenza il risultato dell‟apprendimento è l‟interazione perché è questa la situazione dove il parlante si trova a gestire tutte le risorse linguistiche e non (gesti) che ha a disposizione nel suo bagaglio conoscitivo, e che gli permettono di diventare un soggetto attivo nello scambio comunicativo.

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7.2 FATTORI INDIVIDUALI:

Tra i fattori individuali si annoverano l‟età, l‟attitudine linguistica, lo stile cognitivo, la motivazione, stili e strategie di apprendimento, strategie cognitive, comunicative, metacognitive, sociali e affettive.

L‟età sembra giocare un ruolo molto importante, Lenneberg8

aveva infatti individuato il cosi detto periodo critico (prima della pubertà) definendolo come il migliore per l‟apprendimento linguistico. Le ricerche in merito hanno però dimostrato che i bambini riescono ad acquisire una pronuncia migliore degli adulti perché essi non hanno coscienza del loro apprendimento, e che una manipolazione inconsapevole favorisce lo sviluppo della capacità della pronuncia. Gli adulti al contrario, sono più veloci grazie alle superiori capacità cognitive perché fanno leva sull‟apprendimento esplicito, adottando strategie di tipo logico-deduttivo. Per attitudine linguistica si intende una particolare predisposizione ad acquisire le lingue straniere, riguardo ad uno o più piani: quello fonetico (abilità nell‟identificare e memorizzare nuovi suoni), lessicale (memorizzazione di nuove parole e capacità di associarle ad un significato), grammaticale (abilità nel capire il ruolo delle parole nell‟enunciato) e stilistico (contesto, registro…).

Lo stile cognitivo, che caratterizza ciascuno di noi, influenza fortemente l‟acquisizione di una seconda lingua. Esistono infatti vari tipi di intelligenze (linguistica, logico matematica, spaziale , musicale, personale) che regolano le differenze tra gli stili di apprendimento (analitico/globale, ideativo/esecutivo, in/dipendenza dal campo ecc.)

La motivazione è notoriamente riconosciuta come una delle caratteristiche più importanti per il suo ruolo all‟interno del processo di apprendimento. Essa si compone di aspetti affettivi e cognitivi e si costituisce dal desiderio di raggiungere un obiettivo. Si distingue spesso tra motivazione integrativa cioè quella che nasce dal desiderio di integrarsi in una comunità a livello socioculturale mentre la motivazione strumentale è quella che spinge ad imparare una lingua per fini utilitaristici quali esigenze di lavoro studio ecc.

Altri fattori personali che influenzano l‟apprendimento sono i tipi di strategie cognitive messe in atto dal soggetto come la capacità di compiere inferenze, la capacità di fare collegamenti, classificazione di concetti ecc…

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Le strategie comunicative regolano il successo di uno scambio, il parlante infatti può optare per determinate strategie per evitare alcuni temi o strutture linguistiche nella paura di commettere errori o al contrario mantenere la comunicazione cercando procedimenti alternatici per esprimere lo scopo del messaggio.

Un altro tipo di strategie sono quelle metacognitive che comprendono tutti quei mezzi che aiutano l‟apprendente a misurare il proprio progresso nella consapevolezza dei proprio obiettivi e delle caratteristiche personali proprie. Da non sottovalutare è l‟insieme di tutte quelle strategie sociali e affettive che riguardano il contatto con la lingua straniera (per esempio il superamento di inibizioni) ed i parlanti nativi (creare occasioni di incontri, aprirsi ad una cultura diversa). Il livello di istruzione infine può avere un suo peso, pensiamo per esempio a quanto possa facilitare la conoscenza di una lingua europea ad un immigrato che si trasferisce nel nostro paese.

8. INTERFERENZA E IL RUOLO DELLA PRIMA LINGUA

Il ruolo della prima lingua nell‟apprendimento della L2 è stata una delle questioni più dibattute nell‟ambito della linguistica acquisizionale riguardo al grado di influenza esercitata nel processo di apprendimento. Per esempio, abbiamo già affrontato precedentemente in cosa consista il metodo contrastivo di analisi degli errori, spiegandone la concezione di interferenza positiva e negativa della L1. Basandoci ancora una volta su quanto dimostrato da Krashen nell‟opera “La

seconda lingua” è importante ribadire quanto in realtà gli apprendenti di L2

diffidano dell‟applicare le regole grammaticali della loro lingua alla L2 perché solo pochi errori sono riconducibili a questo tipo di spiegazione, ancora una volta una prova a favore dell‟interlingua.

Un altro modo per esplorare il ruolo della L1 nell‟acquisizione della L2 è quello di riuscire a capire se esso può influire sui giudizi di correttezza grammaticale espressi dell‟apprendente riguardo a certe costruzioni mal formate in L2 appositamente costruite dai ricercatori. Anche questa volta gli esperimenti condotti hanno dimostrato che il background linguistico non è in relazione con questo ulteriore aspetto.

Un altro fenomeno che rientra in questa sfera di interesse riguarda le strategie per evitare certe strutture da parte degli apprendenti di L2 tra i quali spesso, ci sono alcuni che preferiscono usare certi elementi o strutture della L2 solo quando hanno poche probabilità di commettere errori, mentre altri al contrario rischiano in

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aree di possibile insuccesso. Gli studi hanno dimostrato che questo atteggiamento si basa sulle caratteristiche della personalità individuale e non tanto sulla somiglianza o differenza dalla L1.

Le fonti degli errori interlinguali sono dovuti ad un uso prematuro della L2, quando per esempio si tenta di usare delle espressioni che vanno oltre la propria conoscenza.

Una seconda causa dipende dalle condizioni ed i contesti di apprendimento anomali e comunque non adatti a fornire l‟input necessario, come un approccio alla lingua di poche ore settimanali in contesti scolastici artificiali o ambienti dove la L2 non è usata come lingua di comunicazione.

In terzo luogo ci sono casi in cui il tipo di compito influenza l‟esecuzione del soggetto, un esempio per tutti è la traduzione, compito che sembra aumentare il ricorso alle strutture della L1.

La L1 influenza in modo significativo la riuscita a livello fonetico delle realizzazione nella lingua di arrivo soprattutto negli adulti i quali partono dal repertorio di suoni della L1 per accedere al sistema della L2 e possono anche mantenere questa tendenza senza compromettere la comunicazione.

Una ulteriore considerazione riguarda l‟uso del monitor riguardo al ruolo della L1 che avviene quando gli apprendenti usano le strutture della L1 nell‟esecuzione della L2. Questa abilità consente a molte persone di cominciare a produrre enunciati nella lingua di arrivo abbastanza precocemente ma allo stesso tempo questa modalità richiede una costante attenzione che comunque non garantisce un controllo adeguato a livello sintattico nell‟ordine delle parole.

Infine la distanza tipologica tra la L1 e la L2 può incidere sull‟interferenza tra le due lingue. Studiare il processo di acquisizione delle lingue, su soggetti che hanno lingue tipologicamente diverse, ci fornisce utili suggerimenti per analizzare la modalità del percorso di apprendimento, prevedendone gli sviluppi.

Per esempio nell‟apprendere una lingua flessiva come l‟italiano, i discenti di madrelingua isolante dovranno prima capire la necessità di esprimere le desinenze dei nomi e dei verbi rendendo il processo di studio un po‟ più difficoltoso rispetto a soggetti di madrelingua più vicini alla L2 in questione.

9. INTERFERENZA E IL CONCETTO DI MARCATEZZA

La marcatezza è un concetto linguistico basato sul confronto tra due o più forme linguistiche in base al quale una forma risulta essere marcata se è una forma non

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basilare cioè più complessa in termini logici, al contrario la forma non marcata, è quella basilare, neutrale.

Ne consegue che un elemento non marcato sia anche più frequente e diffuso rispetto a quello marcato.

Il concetto di marcatezza nasce con Troubetzkoy, in seno agli studi sui tratti distintivi e le opposizioni fonologiche: ad esempio, l'opposizione tra [t] e [d] si fonda sul fatto che il primo suono è prodotto senza vibrazione delle corde vocali (è cioè [-sonoro]), mentre il secondo è [+sonoro]. La presenza di un tratto indica che quella forma è marcata, l'assenza che è non-marcata quindi per descrivere un elemento marcato è necessario un tratto in più.

La nozione di marcatezza è applicabile anche nell‟analisi di altri livelli linguistici, nella morfologia per esempio l‟aggiunta di un morfema per la formazione del plurale (ing. book, books) evidenzia una maggiore marcatezza. A livello sintattico Keenan e Comrie hanno stabilito una gerarchia di accessibilità per i ruoli sintattici che un elemento relativizzato può ricoprire e che vedremo in dettaglio nel capitolo quattro9. Per esempio il soggetto è il ruolo più accessibile nella relativizzazione. La nozione di marcatezza applicata allo studio delle L2 ha condotto gli studiosi a supporre che le forme non marcate siano quelle più facili da apprendere e che precedono quelle marcate negli stadi dell‟interlingua.

Gli apprendenti seguirebbero quindi questo ordine: non marcato > marcato Eckmann10 propone infatti l‟ipotesi di marcatezza differenziale secondo la quale le aree di L2 più diverse da L1 e più marcate saranno più difficili da apprendere mentre le aree diverse ma meno marcate non saranno particolarmente difficili. La fonetica è senza dubbio la parte della lingua che più risente dell‟interferenza della L1, l‟accetto straniero è infatti quello più difficile da nascondere, rara l‟interferenza nella morfologia e nella sintassi perché strettamente legate alla tipologia di una sola lingua, diffusa è invece l‟interferenza a livello lessicale e pragmatico.

Nei primi stadi dell‟interlingua infatti la L1 influenza in particolar modo la fonetica ed il lessico, successivamente quando l‟apprendente acquista una certa consapevolezza linguistica della L2, si fa più frequente il trasferimento di strutture

9

Edward L. Keenan e Bernard Comrie, (1977), Noun Phrase Accessibility and Universal

Grammar, Linguistic Inquiry Volume 8 Numero 1, pp 63-99.

10 Eckman F.R (1977), Markedness And The Contrastive Analysis Hypothesis ,in Language

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18

grammaticali dalla L1 alla L2, a livello avanzato infine il ruolo della L1 diminuisce progressivamente con l‟avvicinamento alla lingua d‟arrivo.

10. IL CONTESTO MIGRATORIO E FATTORI SOCIALI

La necessità di concepire un documento linguistico omogeneo a livello europeo (Framework, Quadro Comune Europeo Per Le Lingue) scaturisce anche dall‟accrescersi del fenomeno migratorio non solo all‟interno della stessa Europa ma anche per l‟arrivo nel tessuto sociale di persone provenienti da paesi extraeuropei.

A partire dalla metà degli anni Settanta, infatti anche l‟Italia è divenuta meta di immigrazione di stranieri provenienti in soprattutto da paesi a basso sviluppo economico quali il Nord Africa, l‟America Latina ed Europa dell‟est.

La presenza di immigrati è ormai un fatto acquisito della società italiana anche se risulta sempre difficoltoso stimare l‟esatta dimensione del fenomeno a causa della presenza di clandestini e del continuo arrivo e abbandono da parte di queste persone del nostro paese.

Anche nel caso della lingua italiana abbiamo assistito ad un progressivo aumento del numero di apprendenti della nostra lingua ed il nascere di classi di italiano L2 per la prima volta nella storia e ciò ha inevitabilmente comportato la necessità di aprire la società a questi nuovi fenomeni riorganizzando tutto il tessuto sociale. Si tratta per la maggior parte di questi casi, di un apprendimento spontaneo, non guidato da corsi specifici di lingua condotti da docenti in istituti scolastici, solo in certi casi avvenuto in presso istituzioni comunali o religiose11.

Il rapporto che gli immigrati hanno nei confronti dell‟apprendimento della nostra lingua è fortemente condizionato da variabili culturali del paese di origine, per esempio la comunità cinese o filippina sono in genere molto chiuse rispetto ad altre più disposte all‟apertura e all‟integrazione culturale e linguistica.

Non bisogna dimenticare che molte di queste persone provengono da ex colonie europee conoscono pertanto l‟inglese (Filippine, India, Sri Lanka) o il francese ( nord africa) e se ne servono come tramite per avvicinarsi all‟italiano12

.

In questo tipo di situazioni, il processo di acquisizione non è mai lineare ma frammentato e dove le diverse parti del sistema che sono di volta in volta apprese,

11 Vedovelli M. (2010), Guida all‟italiano per stranieri. Dal quadro comune europeo per le lingue

alla sfida salutare, Roma, Carocci Editore.

12 Banfi E. (1993), L‟altra Europa linguistica. Varietà di apprendimento e interlingue nell‟Europa

(19)

19

vengono integrate una all‟altra senza un ordine preciso ma in una sequenza la cui logica è lasciata al caso.

Una delle conseguenze derivanti da questo tipo di contesto di apprendimento è la fossilizzazione di strutture estremamente semplificate adatte ad una comunicazione il cui scopo è il raggiungimento di fini immediati legati ai medesimi contesti e situazioni del vivere quotidiano tipiche di un immigrato. L‟uso della lingua italiana in ambito lavorativo per esempio rappresenta una sfera di interesse linguistico e pratico per molti immigrati ma anche il linguaggio burocratico o quello legato a contesti sanitari e scolastici.

Pertanto, si ha in genere un avanzamento iniziale dell‟interlingua che una volta raggiunto lo stadio medio basso, il soggetto tende ad arrestare tale sviluppo, perdendo la motivazione nei confronti di un ulteriore approfondimento della lingua in quanto riesce a soddisfare i proprio bisogni comunicativi quotidiani anche con un elementare livello di sviluppo linguistico.13

Il profilo dell‟immigrato presenta dunque delle specifiche peculiarità nei confronti del processo di apprendimento dove molti fattori extralinguistici giocano un ruolo preponderante, si parla infatti di fattori macrosociali e microsociali che influenzano l‟acquisizione di una L2.

Secondo il modello dell‟acculturazione di Schumann (1978), i fattori macrosociali riguardano il livello di integrazione sociale che per esempio, influisce sulla motivazione ad imparare e sulla necessità si sviluppare le capacità atte a soddisfare bisogni linguistici di natura più o meno basilare, ma anche il rispetto e l‟accettazione nei confronti dei valori culturali del paese ospitante determinano fortemente la spinta all‟approfondimento della lingua che ne è veicolo di espressione.

Molto spesso infatti il soggetto straniero tende a mantenere ben distinta la propria identità da quella della comunità ospitante che lo porta ad accontentarsi di parlare una varietà semplificata della L2, egli si limita a contatti con i propri connazionali senza sentire alcuna necessità di imparare l‟italiano.

Altro caso ancora riguarda i figli degli immigrati stranieri nati in Italia o arrivati nel nostro paese molto giovani per i quali l‟italiano è la lingua dominante solo in ambito sociale mentre con i genitori o in casa parlano la lingua del paese

13 Banfi E. (2003), Osservazioni sulla sintassi dell‟italiano spontaneamente acquisito dai parlanti

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d‟origine, il bambino si trova quindi a gestire una duplice identità in un complesso di scambi e situazione impegnative a livello linguistico, culturale e cognitivo. Anche dal punto di vista linguistico è importante comprendere il ruolo che l‟immigrazione straniera rivestirà in futuro, (se si tratta di progetti di breve o lunga durata) essa infatti risulta essere in costante aumento e proprio per questo si può ipotizzare che l‟italiano diventerà una lingua di contatto, non pienamente l1 ne semplicemente l2 e la configurazione idiomatica dell‟italiano subirà un probabilmente un certo cambiamento.

A livello di fattori microsociali, si parla al contrario del fattori microsociali gli ambiti di utilizzo della L2 più o meno formali (scuola, lavoro, famiglia…).

Tornando alle dinamiche odierne, è importante non sottovalutare il fatto che nella maggior parte dei casi i contesti di comunicazione interetnica prevedono una situazione di svantaggio per il parlante non nativo rispetto al madrelingua, quest‟ultimo infatti assume il ruolo di regista dello scambio comunicativo portando l‟altro a assumere un atteggiamento di subordinazione nello scambio. La conseguenza sul piano linguistico è quella che, dopo aver discusso i punti precedenti, vede l‟affermazione di una varietà semplificata di italiano, fenomeno conosciuto sotto il nome di pidginizzazione linguistica. Cerchiamo di capire meglio cosa si intende per semplificazione nel paragrafo seguente.

11. LA SEMPLIFICAZIONE LINGUISTICA

Le caratteristiche delle lingue immigrate si ritrovano in altre varietà semplificate quali il baby talk (parlato dai genitori nei confronti dei figli), il foreign talk (parlato dal madrelingua nativo nei confronti di uno straniero), i registri informali e le prime fasi del linguaggio infantile.

La presenza di tutte queste situazioni in cui si ricorre a varietà semplificate può far pensare che in queste semplificazioni emergano strategie linguistiche e cognitive di carattere universale.

Secondo l‟ipotesi formulata da Schumann nel 1978, esiste infatti una correlazione tra distanza sociale e culturale dell‟apprendente immigrato nei confronti dello sviluppo della competenza linguistica in L2. Più il grado di integrazione è debole,

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21

più la varietà di lingua sarà semplificata, più il soggetto è integrato più lo sviluppo della competenza linguistica ne risentirà positivamente.14

Givòn si spinge ancora oltre15 nella sua analisi facendo un parallelo tra tali varietà semplificate e lo sviluppo diacronico dell‟evoluzione delle lingue dove identifica due fasi comunicative: una pre-sintattica o paratattica ( la lingua presenta limiti strutturali ma ricchezza a livello di espressività pragmatica) ed una sintattica. Infine a seguito verranno elencati i Tratti della semplificazione che si ritrovano nell‟analisi dei vari corpus tra cui quello oggetto di studio in questa ricerca e che verranno poi analizzati più nel dettaglio con particolare riguardo alla coordinazione e alla subordinazione:

1 preferenza strutture fonologiche meno complesse

2 livello morfologico, mancanza di concordanza, forme invariabili 3 struttura tema/rema delle frasi e assenza di copula e verbo principale 4 eliminazione parole funzionali (articoli, preposizioni, ausiliari) 5 riduzione del lessico, preferenza strutture analitiche

6 dipendenza dal contesto

7 necessità di stabilire un rapporto di empatia tra gli interlocutori 8 ambiguità che richiedono sforzo interpretativo.16

14 Schumann, John H (1978), The Pidginization Process: A Model for Second Language

Acquisition. Rowley: Newbury House Publishers. p. 367-79.

15

Givòn T. (1984), Syntax: A functional-typological introduction, 1. Amsterdam: John Benjamins.

16 Orletti F. (2003), L‟italiano dei filippini a Roma, in, in Verso l‟italiano. Percorsi di strategie ed

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2. INFORMANTI E METODOLOGIE DI LAVORO

1. STUDIO TRASVERSALE

Il presente lavoro costituisce uno studio trasversale sull‟acquisizione dell‟italiano L2 da parte di immigrati di origine filippina e albanese.

Per studio trasversale si intende l‟analisi di un determinato corpus di interviste (registrate durante uno o due incontri con un singolo soggetto) condotte su un numero relativamente ampio di apprendenti e analizza la loro interlingua in uno specifico momento.

Oggetto di studio sono le realizzazioni in lingua italiana di 12 filippini e 10 albanesi di diverso livello di competenza linguistica analizzate dal punto di vista sintattico in merito al grado di sviluppo della coordinazione e della subordinazione.

In base alle caratteristiche degli enunciati prodotti da ogni singolo informante, questi sono stati classificati in una scala ordinata che parte dalle varietà di interlingua pre-basiche, basiche e intermedie fino ad arrivare a quelle avanzate. In aggiunta sono state prese in considerazione le variabili individuali dalle quali dipende l‟acquisizione di una L2.

Gli studi longitudinali al contrario si sviluppano su più incontri avvenuti durante un periodo di tempo variabile a seconda della ricerca ed hanno lo scopo di descrivere e valutare l‟evoluzione della competenza dei soggetti.

Il primo problema che il ricercatore si trova di fronte è quello di individuare i soggetti da prendere in esame in base al tipo di ricerca da fare.

Gran parte di questo contributo si basa sull‟impostazione data da Perdue in Adult

second language acquisition17 . Egli parte dalla definizione dei criteri che

caratterizzano il modello dell‟ informante ideale a cui fare riferimento per la scelta dei soggetti da intervistare.

17 Perdue C. (1993), Adult language Acquisition: cross-linguistic perspectives, 1, Field Methods,

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2. L‟INFORMANTE IDEALE

Perdue individua tre fattori determinanti: l‟età, la motivazione e la quantità di input linguistico.

Come è ormai noto da tempo l‟età è uno dei fattori che hanno una forte incidenza riguardo alla velocità e al successo nell‟apprendere lingue straniere. Si parla infatti di periodo critico che secondo gli studiosi non supera l‟adolescenza e durante il quale la struttura cerebrale sembra essere facilitata nello studio delle lingue rispetto ad un adulto.18

Per questo motivo, l‟età degli informanti è racchiusa nella fascia da 18 a 60 anni, vi è solo un caso di una ragazza filippina di 17, si tratta quindi di adulti che hanno appreso l‟italiano spontaneamente. In alcuni casi gli apprendenti dimostrano di avere una competenza limitata, ed una consapevolezza metalinguistica scarsa della L1 (con un grado di istruzione quindi non troppo alto).

Un ulteriore fattore che riveste un peso determinante per l‟apprendimento è la motivazione che influisce sulla spinta ad imparare. E‟ importante che l‟attitudine del soggetto sia favorevole a sviluppare una certa partecipazione alle interviste perché richiedono un notevole impegno e sforzo collaborativo.

Per quanto riguarda il grado di esposizione alla lingua, questi tipi di indagine escludono da una parte, quei casi dove i soggetti non hanno alcun tipo di contatto con nativi dall‟altro coloro che frequentano regolarmente corsi di lingua.

Atri fattori individuati da Perdue che aumenterebbero considerevolmente il contatto con la lingua d‟arrivo sono per esempio il fatto di avere bambini che frequentano le scuole del paese ospitante o quello di essere sposati con nativi. Tutti questi criteri appena elencati sono utili a creare un corpus di dati in conformità a quello che è considerato un apprendimento naturale della lingua, in condizioni spontanee e quotidiane senza influenze didattiche.

3. L‟INFORMANTE REALE

Dopo aver presentato le caratteristiche dell‟ informante ideale, è facile rendersi conto di come sia difficile trovare dei soggetti che riescano a coniugarle tutte insieme.

18

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Le persone intervistate infatti rispecchiano solo in parte quello che è il profilo dell‟informante ideale delineato da Perdue in quanto, sia i filippini che gli albanesi hanno un livello medio di istruzione. Come è possibile vedere dalle seguenti tabelle, gli apprendenti filippini conoscono un‟altra lingua oltre alla loro L1, cioè l‟inglese che è infatti una delle lingue ufficiali insieme a quella filippina denominata Tagalog, da non dimenticare infine le numerose altre varietà dialettali del territorio.

Le tabelle successive presentano schematicamente il profilo degli informanti filippini e albanesi seguiti da un commento generale .

LE FILIPPINE SOGGE TTO E T À ARRIVO IN ITALIA IMPIEGO IN ITALIA APPREND IMENTO DI L2 CONOSCENZA DI ALTRE LINGUE CONTAT TI CON PARLAN TI L1 CONTATTI CON PARLANTI L2

Abby 26 2010 Graphic designer

in casa Misto Inglese Saltuari Giornalieri

Alan

35 2007 Magazziniere Misto Inglese Giornalieri Giornalieri

Alavin

31 2005 Badante Misto Inglese Giornalieri Giornalieri

Chaira

17 2012 Studentessa Misto Inglese Giornalieri Giornalieri

Edgardo

46 1999 Badante Misto Inglese Giornalieri Giornalieri

Ines 31 2007 Domestica Misto Inglese

Arabo (poco) Giornalieri Giornalieri

Jennielyn 25 2013 Disoccupata Misto Inglese

giapponese (poco) Giornalieri Saltuari

Jonino 26 2008 Cameriere/cuoco Misto Inglese Giornalieri Giornalieri

Maria

Grace 37 2006 Disoccupata Misto Inglese Saltuari Saltuari

Rafael

29 2009 Cuoco Misto Inglese Giornalieri Giornalieri

Rakael

50 2000 Badante Misto Inglese Giornalieri Giornalieri

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Analizziamo più da vicino il gruppo filippino.

Tutti i filippini frequentano saltuariamente corsi di italiano presso i centri Cif o

Alif di Pisa, si tratta infatti di casi di apprendimento misto, non del tutto

spontaneo, in parte guidato da queste sedi didattiche.

Chaira non è ancora diplomata ma frequenta il liceo scientifico di Pisa, Rochelle, Ines, Rakael, Alan, Jonino sono diplomati mentre Abby e Jennielyn sono laureate in ingegneria, Maria Grace in legge, Alvin in scienze della comunicazione mentre Rafael ha fatto la scuola della marina militare.

Abby e Ines sono sposate con italiani (con i quali parlano in inglese), gli altri sono tutti fidanzati o sposati con connazionali, ad eccezione della giovane Chaira, e abitano in Italia con la famiglia o parte di essa.

Dal punto di vista lavorativo, solo due persone sono disoccupate, Chaira che è una studentessa e Abby che lavora in proprio a casa, le altre persone sono più o meno autonome economicamente anche se non pienamente soddisfatte delle loro condizioni di vita che vorrebbero migliorare.

La maggior parte ha incontri e scambi saltuari con italiani anche se il livello di integrazione con la comunità ospitante è ridotto perlopiù all‟ambito lavorativo, Rafael è l‟unico ad avere degli amici italiani e coetanei con cui esce regolarmente. Passiamo adesso al gruppo albanese.

L’ALBANIA SOGGETT O ETÀ ARRIVO IN ITALIA IMPIEGO IN ITALIA APPRENDIMENTO DI L2 CONOSCENZA DI ALTRE LINGUE CONTATTI CON PARLANTI L1 CONTATTI CON PARLANTI L2 Alketa

29 2007 Disoccupata Non giudato No Giornalieri Saltuari

Chiara 21 12 agosto

2010 Disoccupata Guidato

Inglese, Francese

(poco) Giornalieri Saltuari

Denisa

22 2011 Disoccupata Non guidato No Giornalieri Saltuari

Uka Vera

65 1992 Pensionata Non guidato No Giornalieri Giornalieri

Mira

43 1998 Domestica Non guidato No Giornalieri Giornalieri

Raimonda

31 1998 Cameriera Non guidato No Saltuari Giornalieri

Spahiu

Ahmet 69 Marzo

1991

Muratore,

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26

Ida Iaho 18 Agosto

2012 Disoccupata Guidato Inglese (poco) Giornalieri Saltuari

Matilde 22 Aprile

2012 Disoccupata Guidato Inglese (poco) Giornalieri Saltuari

Ormira

40 2007 Badante Guidato No Giornalieri Giornalieri

Analizziamo più da vicino il gruppo albanese.

Il livello di istruzione del corpus albanese è abbastanza alto: Raimonda, Alketa e Spahiu hanno finito la scuola media; Chiara, Matilde, Ida, Ormira e Uka hanno conseguito il diploma alla scuola superiore; Mira, è l‟unica fra le intervistate ad aver frequentato l'università di Economia.

La maggior parte degli informanti non ha frequentato alcun corso di lingua; fanno eccezione Chiara, Ida, Matilde e Ormira che tutt'ora frequentano un corso di italiano per immigrati a Pistoia, rispettivamente livello A le prime tre e livello C2 l'ultima. Mira ha studiato italiano in Albania da autodidatta, anche attraverso l'ausilio della televisione che trasmetteva canali italiani, proprio in vista di una prossima emigrazione nel nostro paese.

Tutti gli intervistati, ad eccezione di Ida, sono sposati e ciascuno ha lasciato parte della propria famiglia in patria, eccezion fatta per Spahiu e Uka che al contrario sono arrivati in Italia per ricongiungersi con i figli.

Nel resto dei casi si trovano tutti qua alla ricerca di lavoro e di condizioni economiche migliori. Ormira inoltre ha lasciato l'Albania per offrire alle sue bambine la possibilità di un'istruzione migliore. Matilde invece e arrivata per raggiungere il marito che già risiedeva a Pistoia.

La maggior parte degli informanti è senza lavoro, o ha occupazioni saltuarie: Raimonda lavora come cameriera, Mira fa la colf, Ormira fa la badante ad una bambina disabile mentre Spahiu si mantiene facendo vari lavoretti, dal muratore al giardiniere. Uka e l'unica ad essere in pensione.

Esclusi coloro che hanno un'occupazione, per gli altri l'esposizione all'italiano rimane piuttosto bassa, o quantomeno circoscritta a poche occasioni, tra cui il corso stesso di italiano.

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4. RACCOLTA E CLASSIFICAZIONE DATI

Il primo problema che ho incontrato, è stato quello di rintracciare gli immigrati stessi. Per quanto riguarda quelli di origine filippina (che ho intervistato personalmente), sono stati individuati grazie al centro Cif di Pisa (Centro italiano

femminile), per quelli di origine albanese invece c‟è stato il contributo di una

parrocchia di Lucca, che settimanalmente distribuisce cibo alle persone bisognose, e il Centro Interculturale di Pistoia, che in collaborazione con la Cooperativa sociale Pantagruel, impartisce lezioni di italiano.

Ad ogni intervistato è stata spiegata la struttura dell‟intervista (la conversazione spontanea, la narrazione di vignette e la descrizione di una foto) e gli scopi della ricerca. Prima di cominciare, ho sempre cercato di mettere a proprio agio gli informanti. Dopo essermi presentata, chiedevo loro qualche dato personale preliminare per rompere il ghiaccio ed entrare in sintonia con l‟altra persona. Durante gli incontri con gli immigrati è fondamentale cercare di mettersi sullo stesso piano evitando il più possibile i ruoli stereotipati dell‟intervistatore/intervistato, in modo da favorire l‟interazione e la collaborazione.

La seconda difficoltà è stata quella di trovare un luogo abbastanza silenzioso dove poter registrare, nella maggior parte dei casi, le scuole ci hanno gentilmente offerto i loro locali quando possibile altrimenti, ci siamo recati in bar, giardinetti o luoghi pubblici.

Le interviste con i filippini si sono svolte nell‟arco di un unico incontro e tutti hanno mostrato molta educazione, e disponibilità nel prestarsi ad essere registrati. Ho cercato di motivarli e suscitare il loro interesse a cooperare ponendo l‟accento sul fatto che si trattasse di una ricerca per l‟università e che questa fosse basata proprio sulla loro comunità di appartenenza.

Ho rilevato i dati sulla comunità albanese da un corpus di interviste di altre laureande, con le quali le informanti albanesi si sono dimostrate da subito molto disponibili, e interessate al progetto.

La struttura di questa ricerca infatti, riprende in parte altri lavori, precedentemente effettuati da altre studentesse e va ad integrarli approfondendo l‟aspetto sintattico della coordinazione e della subordinazione.

Nella scelta delle vignette da descrivere durante gli incontri, ho ripreso alcune immagini utilizzate dalle colleghe, alle quali ne ho aggiunte altre in quanto ho ritenuto che fossero più adatte all‟elicitazione.

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5. LE TECNICHE DI ELICITAZIONE DATI USATE NELLE

INTERVISTE

Gran parte di questa ricerca ha preso spunto dallo studio longitudinale denominato ESF (European Science Foundation), un‟associazione composta da vari consigli di ricerca e accademie europee che opera in vari ambiti, da quello medico a quello umanistico, al fine di promuovere la cooperazione internazionale con progetti e conferenze a livello europeo19.

Le tecniche usate nell‟intervista sono volte ad elicitare un linguaggio quotidiano che rifletta le situazioni in cui gli immigrati hanno spontaneamente acquisito l‟italiano e nelle quali essi stessi sono abituati a parlare.

Durante le interviste si è cercato di ridurre al minimo gli interventi dell‟intervistatore, che si sono limitati a semplici feedback allo scopo di incoraggiare, chiarire o fornire eventuali suggerimenti.

Accanto alla conversazione spontanea, che è sempre stata usata come prima tecnica per elicitare i dati, gli intervistati sono stati sottoposti anche a svolgere compiti più specifici come la narrazione di vignette o la descrizione di immagini. Queste ultime due tecniche hanno garantito una maggiore comparabilità dei risultati ottenuti ed hanno indotto i soggetti ad elicitare forme linguistiche di specifico interesse per l‟analisi della coordinazione e della subordinazione.

5.1 A - CONVERSAZIONE SPONTANEA

In tutte le interviste, la conversazione spontanea è stata la prima tecnica di elicitazione utilizzata perché ha permesso al ricercatore di osservare i soggetti in un contesto naturale di interazione, cercando di limitare al massimo le inibizioni dovute al fatto di essere registrati.

Ogni intervista cominciava con una presentazione personale e poi veniva chiesto loro di raccontare un aspetto della loro vita, dal lavoro, alla famiglia, all‟infanzia… Altri argomenti che sono stati comunemente affrontati riguardano il confronto tra l‟Italia ed il paese di origine degli immigrati come le usanze, le

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tradizioni, la religione, le ricette, spesso si è parlato dei loro progetti futuri o di particolari episodi di cui il soggetto ha spontaneamente affrontato.

Questo tipo di approccio ha permesso di analizzare alcune peculiarità tipiche dell‟oralità come lo scambio ed il rispetto dei turni nella comunicazione ma anche la capacità di parlare di determinate aree tematiche con il relativo lessico, di fare paragoni e di esprimere opinioni motivandole.

Grazie alla conversazione spontanea è stato possibile capire con rapidità il livello linguistico di partenza degli apprendenti. Nonostante l‟imprevedibilità della situazione, la conversazione libera ha messo in evidenza gli aspetti pragmatici della comunicazione come l‟interazione tra nativo e non-nativo, la gestione dei turni e la capacità di gestire una conversazione.

Maggiore successo si è verificato con gli apprendenti di livello medio-alto, i quali padroneggiando meglio la lingua, si sentivano più sicuri di se stessi e delle proprie capacità e di conseguenza meno imbarazzati di fronte al ricercatore.

Ricordo in particolare soggetti filippini come Alvin, Alan, Rafael, Jonino e Rakael che hanno gestito il dialogo in modo eccellente e dinamico dimenticando il fatto di essere registrati.

Al contrario maggiori difficoltà si sono presentati con gli apprendenti di competenza pre-basica o basica che hanno dimostrato un minore spirito di iniziativa che hanno obbligato l‟intervistatore ad intervenire con domande o spunti conversazionali.

Probabilmente a causa di una mancata comprensione, o vista la loro incapacità ad esprimersi, domande e tematiche troppo private hanno talvolta demotivato i soggetti, anche se, nella maggior parte dei casi, proprio la libertà di questa tecnica ci ha fornito la maggior parte dei dati che sono stati poi analizzati.

5.2 B – NARRAZIONE DI VIGNETTE

Anche la narrazione è una tecnica frequentemente usata in questo tipo di studi acquisizionali in quanto permette di elicitare un buon numero di enunciati ricchi di riferimenti spaziali, temporali che attraverso la narrazione di una storia si combinano in relazioni causa effetto.

Da ricordare che la narrazione di eventi era già presente nelle conversazione spontanea nel momento in cui l‟informatore raccontava della propria infanzia o ci spiegava episodi particolari.

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Rispetto alla conversazione spontanea, la narrazione di vignette presenta delle difficoltà aggiuntive perché il soggetto si trova di fronte una serie di immagini (da 4 a 6) che non conosce, in base alle quali deve cercare di improvvisare la narrazione di una storia. Gli informanti avevano la possibilità di scegliere le vignette che preferivano, in alcuni casi è stato l‟intervistatore stesso a proporre la sequenza di cui parlare. Essi avevano a disposizione qualche minuto per comprendere le immagini prima di procedere con la registrazione.

Come si può vedere nell‟appendice (capitolo 7), si tratta di immagini semplici che rappresentano situazioni facilmente intuibili. Quando si sono verificate delle difficoltà di comprensione, è stato chiesto loro di immaginare o seguire la fantasia a patto di parlare il più possibile, e di utilizzare il lessico a loro disposizione. Per favorire la narrazione ho spesso chiesto alle/agli informanti con figli di far finta di raccontare una storia ai propri bambini come se loro non vedessero le immagini e dovessero capire cosa succede.

Parlare creando relazioni tra gli enunciati obbliga infatti il soggetto a disporre le sequenze in un ordine logico per farsi capire, introducendo per ogni immagine nuovi elementi in un contesto con coerenza e coesione.

5.3 C – DESCRIZIONE IMMAGINE

La tecnica della descrizione permette di elicitare enunciati relativi soprattutto a riferimenti spaziali, dalle espressioni più semplici come “qui” e “lì” a quelle più complesse, cercando di fornire il maggior numero di dettagli possibili, dal luogo della scena, ai soggetti coinvolti e alle loro espressioni ai colori ecc..

Anche in questo caso, gli informanti potevano scegliere da soli le foto e osservarle qualche minuto prima di procedere alla descrizione stessa. La strutturazione della frasi era quindi affidata al parlante con la totale libertà di esprimersi.

Molte delle foto rappresentano una coppia di immagini raffiguranti la stessa situazione ma con qualche piccola differenza, che i soggetti dovevano cercare di individuare e quindi poi esprimere. Per gli apprendenti con conoscenze limitate dell‟italiano, sono state proposte immagini semplici da descrivere in modo che il compito loro assegnatogli risultasse più facile e non li scoraggiasse. Nei casi di apprendenti con competenze più avanzate, sono state proposte più foto da descrivere, in modo da avere più dati da analizzare.

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6. CODIFICA DATI

Dopo aver registrato tutti gli incontri con gli informanti si è reso necessario catalogare il materiale secondo dei criteri ben precisi. Per la classificazione del corpus filippino e di quello albanese, mi sono attenuta pertanto al metodo già sperimentato in precedenza nelle ricerche delle colleghe laureande, in modo da evidenziare la continuità tra questi progetti.

Ogni registrazione è stata denominata da sigle brevi e di facile lettura per una rapida individuazione. La prima parte è costituita dalle iniziali del nome, per esempio “ab” per “Abby” seguite da una lettera che identifica il tipo di tecnica usata nella registrazione: a per conversazione spontanea, b per narrazione e c per descrizione ed infine un numero progressivo che indica l‟incontro:

ab-a_1

Questo codice significa che la registrazione identifica l‟informante di nome Abby, nella conversazione spontanea, durante il primo incontro.

Il codice successivo si riferisce ad Abby per quanto riguarda la narrazione di immagini, in particolare l‟immagine numero uno del corpus, durante il secondo incontro:

ab-b1_2

Infine l‟ultimo codice identifica Abby nella descrizione dell‟immagine numero due, avvenuta durante il secondo incontro:

ab-c3_2

7. TRASCRIZIONE DATI

Dopo la registrazione degli incontri, la trascrizione delle conversazioni costituisce un momento di fondamentale importanza per la ricerca stessa in quanto l‟analisi degli enunciati si baserà proprio sulla trascrizione scritta e non sull‟ascolto dei dialoghi20.

Trascrivere significa in qualche modo manipolare il testo originale, costituito da

files audio e cambiare il canale di trasmissione del messaggio. Questo

procedimento comporta non poche conseguenze, per esempio la scrittura elimina tutte quelle componenti extralinguistiche tipiche del linguaggio orale, dalla prosodia, alle pause al ritmo all‟intonazione. Gli incontri faccia a faccia inoltre

20 Orletti F, Testa R, (2009), La trascrizione di un corpus di interlingua: aspetti teorici e

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