• Non ci sono risultati.

6.4. Studio Pilota: i risultati

6.4.2. Le interviste

A inizio 2019, qualche mese dopo il termine dell’erogazione del corso, i docenti partecipanti allo Studio Pilota sono stati ricontattati per una inter- vista al fine di rilevare le ricadute del corso a medio termine: 5 di loro hanno accettato di essere intervistati nell’arco della stessa mattinata.

Le interviste hanno rilevato che le ricadute non sono state omogenee, e non hanno riguardato in maniera armonica l’aspetto metodologico e di applicazione di specifici strumenti.

Le ricadute a medio termine si sostanziano prevalentemente nel tenta- tivo dei docenti di applicare le metodologie di didattica collaborativa pre- sentata, come il Role Taking e il Jigsaw, coinvolgendo i ragazzi in attività collaborative più pratiche che i docenti riconoscono come veicolanti un apprendimento più significativo e, in qualche caso, di una nuova coesione del gruppo classe:

«c’è stata una maggiore attenzione, mi è servito a rafforzare la convinzione che con i ragazzi bisogna usare metodologie diverse. Devono essere più interattive e riuscire a met- terli di fronte a una situazione per la quale si devono interrogare.» P1, docente di reli- gione

«Ho riscontrato che questo tipo di didattica poteva aiutarmi a impostare delle lezioni che fossero un po’ più legate alla classe in quanto tale. E infatti quest’anno ho preso una prima numerosa e con alunni che provengono da diverse esperienze e quindi il problema era che la metodologia utilizzata dagli insegnanti era molto diversificata. All’inizio è stato un po’ difficoltoso e invece poi ho visto che utilizzare una didattica più specifica partendo dalla realtà della classe mi ha aiutato tantissimo.… Ho fatto fare una specie di gioco, dovevo spiegare le frazioni e mi sono inventata che cinque-sei ragazzi raccontavano cosa avevano fatto durante le vacanze e ho quindi rapportato le loro giornate rispetto al totale delle giornate, i regali rispetto al numero dei regali e così via e ognuno di loro ha relazio- nato su questa cosa trasformando parole in frazioni. È stato divertente, quando ho fatto fare il compito in classe loro sono andati tranquilli perché avevano capito.» P3, docente di matematica ed economia aziendale

«Quando facciamo dei gruppi di lavoro ho cercato di accendere quelle funzioni che ci hai fatto vedere, scambiarsi i lavori. Ho proposto di fare un confronto e da quel costrutto tirare fuori il lavoro personale. Per esempio, il discorso dell’educazione alimentare ha fatto sì che nei lavori di gruppo molti ragazzi, che sono di diverse etnie, hanno scoperto che gli indiani mangiano le proteine, è una conoscenza che non gli "preparavo" io, ma lo scopri- vano dai loro lavori personali. È stato un incontro di culture, uno scoprire delle cose, un

incrocio fra pari. Nel momento in cui io facevo una piccola valutazione, loro tiravano fuori tutta una serie di conoscenze che venivano fuori da un loro aprirsi.… Oltre a un cambiamento, è successo che tutti hanno appreso per esempio che un musulmano non mangia il maiale per un determinato motivo. È diventata una lezione di vita, di storia. Un apprendimento significativo... se lo ricordavano. … Ho notato una ricaduta sul la- voro tra noi docenti e la possibilità tra gli alunni di imparare, di scoprire. Se loro scoprono una cosa gli rimane in testa. In modo tradizionale se la imparano poi se la dimenticano. Io li devo valutare alla fine e le cose che hanno scoperto dai musulmani non gliele ho spiegato io ma lo hanno scoperto dai loro stessi compagni. Diventava poi anche un senti- mento di accettazione, come se X venisse riconosciuto in modo più pieno.» P6, docente di scienze motorie

Tuttavia, l’uso delle tecnologie appare ancora limitato.

I motivi sono diversi, riconducibili principalmente a una ancora scarsa autoefficacia percepita, nonostante la forte connotazione pratica del corso, nell’uso autonomo in classe delle tecnologie, che può essere mitigato dall’aiuto, quando il docente lo consente, dei ragazzi:

«… non mi sento ancora sicura dell’utilizzo di queste nuove tecnologie. Presumo di aver bisogno di ulteriori approfondimenti, dovrei avere un tutor a disposizione dove po- trebbero sorgere dei problemi. Non ho le competenze informatiche per utilizzare per esem- pio una Google Classroom … a livello informatico io personalmente mi sento carente. C’è l’idea e durante il corso molti spunti sono stati dati. Anche la collaborazione tra colleghi. Da qui a metterlo in pratica può diventare difficile nel mio piccolo.» P2, docente di italiano

«… il problema è che sono timorosa degli strumenti e ho sempre paura che qualcosa non funziona e mi affido ai ragazzi.» P1, docente di religione

In altri casi il non utilizzare queste metodologie e questi strumenti di- pende da specifiche esigenze e caratteristiche del gruppo classe, percepito come non ancora pronto, o impossibilitato ad esercitarsi ulteriormente una volta uscito da scuola, per mancanza di device:

«Sono ancora bambini, è vero che sono abbastanza predisposti però ancora si devono scolarizzare, hanno altri problemi.» P7, docente di diritto

«ho utilizzato le tecnologie Poco, perché i ragazzi ancora non hanno queste cono- scenze specifiche. A livello teorico queste cose le ho potute fare, ma a livello pratico no.

Un sacco di loro… non hanno nemmeno il computer. … ho pensato di far utilizzare lo smartphone però in maniera limitata, perché con lo smartphone loro ancora ci gio- cano molto quindi non capiscono. Non riesco a fargli capire che può essere utilizzato per altri fini utili perché sono piccoli.» P3, docente di matematica e economia aziendale

Un uso limitato non si traduce però in una assenza dello strumento tec- nologico fra i banchi delle classi in cui insegnano questi docenti. Alcuni di loro dichiarano di utilizzare diverse tecnologie, in modo non massiccio, ma comunque presente e contestualizzato.

Ad esempio, uno di loro ha introdotto l’uso della Suite Office in classe, utilizzando i device dei laboratori informatici, per creare delle presenta- zioni in Power Point sugli argomenti delle lezioni:

«… in quinto lavoro anche con il Power Point quindi il corso mi è stato utile … li ho divisi in gruppi e il ragazzo più bravo con Power Point riesce a far presente la situa- zione anche a quelli che lavorano di meno. Ho assegnato dei ruoli» P7, docente di diritto

Altri tre docenti utilizzano la LIM, in modi diversi: per la ricerca di ma- teriali e spunti in rete, ma guidata dall’insegnante che è colui che agisce in prevalenza utilizzando lo strumento, oppure per la creazione di arte- fatti, accanto ad app di messaggistica per consolidare il sentimento di ap- partenenza al gruppo classe:

«quest’anno ho usato di più la LIM … l’ho usata per fare anche mappe concettuali o per trovare su internet qualcosa che prima ne avevo un po’ paura. Però questo l’ho fatto in terzo. E loro che sono più bravi di me si sono interessati di più. O anche solo visitare un luogo, vedere come è fatta una moschea… anche delle canzoni» P1, docente di reli- gione

«Tutte le mie classi hanno la lavagna Lim. L’abbiamo usata per quel che si può usare per il nostro lavoro. La uso anche attraverso il loro computer, uso Whatsapp. Molte volte WhatsApp è usato anche in modo non didattico, però serve anche quello perché crea un clima psicologico. Poi dipende dalle classi» P6, docente di scienze motorie

Rispetto allo scenario pedagogico progettato dai due gruppi, i docenti riportano degli ostacoli all’applicazione in aula dello scenario così come era stato progettato: la scuola ha vissuto dei momenti delicati per via di un possibile accorpamento con un altro istituto e il cambio del dirigente

scolastico; i docenti di uno dei due gruppi sono stati divisi, e insegnano quindi in classi diverse; i docenti dell’altro gruppo hanno avuto delle dif- ficoltà a trovare momenti al di fuori dei tempi scolastici per organizzare al meglio l’implementazione del loro scenario.

Tuttavia, alcune docenti hanno coinvolto i loro ragazzi in alcune delle attività inserite nel progetto collaborativo, nell’ambito della loro disci- plina:

«L’ho fatto però nella fase di accoglienza, quindi quando mi è stata affidata questa classe prima, ho fatto qualcosa sull’autostima perché era proprio l’accoglienza. Questi ragazzi per una settimana sono venuti in classe solo per essere accolti quindi era importante mo- tivarli» P1, docente di religione

«Ho iniziato a introdurre il progetto e la cosa positiva è stata di poter indicare al mio consiglio di classe la scelta della cittadinanza attiva. A livello psico-pedagogico il rapporto della figura del tutor o il coinvolgimento delle parti ricordo di averlo già presentato così ai ragazzi ma abbiamo appunto solo presentato. Durante le ore dedicate alla programma- zione ho cercato di dare delle indicazioni, a livello informatico però ancora no, non me la sento ancora.» P2, docente di italiano

Due docenti evidenziano come un aiuto nell’applicazione più sistema- tica delle tecnologie potrebbe derivare dalla presenza di un tutor anche nelle attività in aula, in modo tale da sentirsi sicuri come durante il corso di formazione, avendo la possibilità di confrontarsi con un esperto che possa anche monitorare l’andamento delle attività:

«la proposta anche da parte tua di situazioni non tanto di corso ma di situazioni in cui tu passi e informi. Nel senso vedere se si può nell’arco di un anno trovare dei momenti in cui tu vieni e dici “adesso noi in questo quadrimestre facciamo una parte del programma, chi ci sta?”» P6, docente di scienze motorie

«La cosa che ritengo importante è la funzione di tutoraggio, se si fa un corso sarebbe importante questo monitoraggio. Se non c’è questo le cose non funzionano.» P3, docente di matematica e economia aziendale