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Le radici culturali e giuridiche della sussidiarietà.

Nel documento Profili costituzionali del Terzo settore (pagine 82-93)

“L‟IDENTITÀ COSTITUZIONALE DEL TERZO SETTORE”

3. Principio di sussidiarietà orizzontale e Terzo settore.

3.1 Le radici culturali e giuridiche della sussidiarietà.

La sussidiarietà rappresenta indubbiamente un principio di difficile interpretazione e i cui contorni giuridici non sono sempre apparsi nitidi a livello esegetico, di ciò costituendo testimonianza la pluralità di significati e accezioni che a vario titolo nel tempo le sono stati attribuiti.

Difatti la dottrina che ne ha indagato la portata, è addivenuta talvolta a interrogarsi in merito alla stessa essenza di tale concetto, in quanto caratterizzato da un non marginale tasso di “ambiguità”264

.

Eppure la sussidiarietà, ancor prima di assurgere a principio giuridico dell‟ordinamento europeo ed interno, ha assistito a una lunga e progressiva evoluzione nel quadro di una tradizione più propriamente “politico-filosofica”265

, che è venuta ad articolarsi a partire da periodi storici e culturali anche molto risalenti nel tempo.

Per questa ragione, prima di addentrarci nell‟analisi dei suoi contenuti266

e della sua rilevanza per il Terzo settore, giova richiamarne le più significative ascendenze teoriche, che costituiscono innegabilmente il substrato culturale sulla cui base ha potuto acquisire “dignità” di principio giuridico.

Il richiamo alle sue più profonde radici, in altre parole, risulta essenziale per la comprensione di molte delle interpretazioni che ancora oggi le vengono attribuite e che rappresentano un passaggio imprescindibile per apprezzare l‟intima connessione fra tale principio e il variegato fenomeno del “privato sociale”.

264 Evocative a questo proposito sono le parole di S. C

ASSESE, L‟aquila e le mosche. Principio di sussidiarietà e diritti amministrativi nell‟area europea, in Foro it., V, 1995, p. 373, per il quale la sussidiarietà si atteggia come un “[p]rincipio ambiguo, con almeno trenta diversi significati, programma, formula magica, alibi, mito, epitome della confusione, foglia di fico [...]”.

265 In tal senso, chiaramente, T. E. F

ROSINI, Sussidiarietà (principio di) (diritto costituzionale), in Enc. dir., Annali, II, 2, Milano, 2008, p. 1134.

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È con un simile proposito che, pur senza volersi dilungare su elaborazioni dogmatiche troppo lontane, sembra il caso di rammentare come questo concetto venga solitamente ricondotto, nelle sue origini, alla riflessione aristotelica267.

Per siffatta teorica, in specie, la società si articola in plurime aggregazioni sociali cui l‟individuo partecipa - quali la famiglia, il villaggio e la polis - e ciascuna di esse, nonostante provveda alle proprie necessità, è chiamata a garantire il soddisfacimento di tutte quelle esigenze cui i livelli sociali inferiori non sono in grado di far fronte, in quanto non completamente autonomi268.

Difatti, poiché i gruppi più piccoli non possono sopravvivere in totale “autarchia”, la loro appartenenza a gruppi più grandi risulta essenziale per il soddisfacimento di quelle necessità cui da sé soli non sono in grado di far fronte e che in ultima analisi possono essere garantite dalla polis, quale potere unicamente dotato del carattere dell‟autosufficienza269

.

Il pensiero aristotelico, in realtà, ha trovato in epoca medioevale una rielaborazione nelle intuizioni di Tommaso d‟Aquino270 che partendo dalla concezione cristiana di “persona”, quale entità dotata di una propria autonomia, ne ha valorizzato l‟attitudine a collocarsi in un tessuto sociale organico e formato da gruppi tra loro interconnessi.

Proprio all‟interno di questo assetto, invero, la persona è ritenuta capace di trovare il “sussidio” che quei gruppi sociali, e solo in subordine il potere politico, sono in condizione di assicurargli, nell‟ottica del soddisfacimento del bene collettivo271.

Non può sottacersi, tuttavia, come oltre all‟apporto del pensiero aristotelico- tomista, un contributo decisivo all‟elaborazione teorica del concetto di sussidiarietà sia stato indubbiamente offerto dalle riflessioni di Johannes Althusius.

267 Ricordano in particolare questo aspetto M.M

USELLA,M.SANTORO, L‟economia sociale nell‟era della sussidiarietà orizzontale, Torino, 2012, p. 21.

268

Richiama in questi termini il pensiero aristotelico P. DURET, La sussidiarietà “orizzontale”: le radici e le suggestioni di un concetto, in Jus, 2000, p. 97 s..

269 C.M

ILLON-DELSOL, Lo Stato della sussidiarietà, Gorle, 1995, p. 18 s..

270 Sul punto si vedano anche le riflessioni di A. L

AZZARO, Volontariato e pubblica amministrazione. Stato attuale e nuove prospettive, cit., p. 16 s..

271 A questo proposito L.G

AETA, Sussidiarietà e sicurezza sociale: una prospettiva storica dell‟approccio “a più livelli”, in Working papers C.S.D.L.E. “Massimo D‟Antona”.INT, 32/2005, reperibile su Lex.unict.it, p. 3.

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Per il pensatore tedesco in effetti la società si atteggia quale complesso di comunità tra loro compenetrate272 in cui il gruppo superiore è legittimato a intervenire per la soddisfazione delle necessità dell‟istanza inferiore solo allorquando per questa risulti indispensabile273.

Ciascuna comunità infatti è ritenuta in grado di perseguire le proprie esigenze, ricercando così l‟autosufficienza: tuttavia, poiché per sua vocazione ognuna di esse tende alla realizzazione di finalità maggiori di quelle che può raggiungere, vede soddisfatte le proprie necessità solo attraverso il sostegno di comunità più ampie274.

Per questa ragione, la società viene complessivamente ad articolarsi in base a “patti successivi”, in virtù dei quali ciascuna istanza, oltre a comporre insieme alle altre un‟istanza dotata di maggiore ampiezza, difende al contempo la sua sfera di autonomia275.

Difatti il riconoscimento di un potere di interferenza da parte del gruppo superiore è ritenuto giustificabile solo entro limiti circoscritti276, vista l‟inevitabile limitazione di libertà che un simile processo comporta nei riguardi delle comunità sottostanti277.

272 Per un‟efficace descrizione del contesto sociale secondo il pensiero di Althusius si vedano

le considerazioni di C.MILLON-DELSOL, Lo Stato della sussidiarietà, cit., p. 50 s., per la quale “[l]a famiglia costituisce la più piccola delle comunità. Vengono poi la corporazione, la città e la provincia. Ci troviamo ancora all‟interno di uno schema aristotelico. Tutti questi cerchi si sovrappongono senza confondersi. Il più grande incorpora il più piccolo senza farlo venir meno”.

273

In tal senso, sempre L.GAETA, Sussidiarietà e sicurezza sociale: una prospettiva storica dell‟approccio “a più livelli”, cit., p. 3.

274 Così C.M

ILLON-DELSOL, Lo Stato della sussidiarietà, cit., p. 51 s., che rileva come ciascun gruppo per far fronte alle proprie mancanze debba “rifarsi” a un gruppo di istanza superiore.

275

Ivi, p. 53. L‟Autrice peraltro marca con nettezza la distinzione tra il pensiero di Althusius rispetto a quello di Hobbes evidenziando come le “comunità successive non si alienano le une nelle altre come l‟individuo di Hobbes si alienava nello Stato”, poiché “concedono solo una parte della loro libertà, conservando l‟essenziale dei loro poteri”.

276

Coerentemente a simili considerazioni la teorica althusiana ha evidenziato altresì il rischio per cui “se gli attori sociali si sottraggono al compito della solidarietà, si privano essi stessi di una parte della loro capacità di azione, lasciando spazio ad uno sviluppo abusivo dell‟autorità superiore”. In questo senso si esprime J.ALTHUSIUS nell‟opera Politica Metodice Digesta atque Exemplis Sacris et Profani Illustrata del 1603, così come richiamata anche da M.BERGO, Il diritto sociale frammentato. Principio di sussidiarietà e assistenza sociale, Padova, 2013, p. 209.

277 In questo senso D.D‟A

LESSANDRO, Sussidiarietà, solidarietà e azione amministrativa, Milano, 2004, p. 7 s.. Sul punto si vedano anche le considerazioni di L.ANTONINI, Il principio di sussidiarietà orizzontale: da welfare state a welfare society, in Riv. dir. fin. e sc. fin., LIX, 1, I, 2000, p. 104 che ha evidenziato come, secondo il pensiero di Althusius, il potere della politica sia necessario “non perché la società non potrebbe far nulla senza di esso, ma solo perché non potrebbe fare tutto”.

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È il caso di ricordare, fatte queste debite premesse, come malgrado la sussidiarietà sia stata interessata da ulteriori elaborazioni di indubbia rilevanza dogmatica278, una sua più moderna definizione abbia trovato il proprio sviluppo nel novero delle acquisizioni teoriche del pensiero liberale e, soprattutto, della dottrina sociale della Chiesa.

La riflessione liberale, in specie, si contraddistingue per aver accolto una logica di carattere per lo più “bipolare” in cui l‟individuo e lo Stato rappresentano due entità tra loro contrapposte279.

Secondo tale impostazione, infatti, la necessità di preservare il pieno esplicarsi della libertà degli individui rende assai ridotto il margine di intervento dello Stato, che residua nei soli casi in cui non vi siano le condizioni, per il singolo, di far fronte autonomamente alle proprie esigenze280.

Per questa ragione la dottrina liberale sembra aver accolto una visione, per così dire, “negativa” della sussidiarietà - e cioè di astensione dall‟intervento dello Stato - in virtù della quale ogni ingerenza pubblica può ritenersi giustificata solo allorquando le libertà e le facoltà degli individui risultino da sé sole manchevoli281.

278 Tra cui possono ricordarsi, tra le altre, quelle di L.

VON HALLER, di A. DE TOQUEVILLE,di J.PROUDHON e di L.TAPPARELLI.Per un‟ampia ricostruzione delle origini filosofiche del principio nelle varie correnti di pensiero, in particolare, si veda il contributo di I.MASSA PINTO, Il principio di sussidiarietà. Profili storici e costituzionali, Napoli, 2003, pp. 171 ss., nonché quelli di L. GAETA, Sussidiarietà e sicurezza sociale: una prospettiva storica dell‟approccio “a più livelli”, cit., p. 4 ss., e di P. DURET, La sussidiarietà “orizzontale”: le radici e le suggestioni di un concetto, cit., pp. 99 ss..

279 Sul punto A.A

LBANESE, Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, in Dir. pubbl., 1/2002, pp.57 ss..

280

Ibidem.

281 Ibidem. L‟Autrice peraltro evidenzia come, al di là delle origini culturali più lontane della

sussidiarietà, possano apprezzarsi le “componenti ancora oggi più significative” di tale principio proprio muovendo dall‟impostazione liberale e da quella cattolica. Con riguardo alla riflessione liberale, in specie, essa richiama l‟attenzione sulla circostanza per cui l‟intervento in sussidiarietà dello Stato secondo alcuni teorici dell‟epoca, quali VON HUMBOLDT e STUART MILL, dovesse intendersi riservato a quei settori in cui vi fosse una competenza spettante in via esclusiva allo Stato, come competenza “posta” una volta per tutte e, in quanto tale, sottratta ai singoli. Per questo, l‟intervento pubblico, pur risultando eccezionale, sarebbe stato in grado di svilupparsi in realtà all‟interno di settori tra loro eterogenei, per assumere così un portato nel complesso “non trascurabile”. Sulla medesima falsariga, si pone peraltro l‟osservazione secondo cui, sempre nel novero del pensiero liberale, un “ridimensionamento” del connotato “astensionista” del principio potesse attribuirsi alle riflessioni di coloro che come VON MOHLS avevano teorizzato la sussistenza di una competenza generale dello Stato, il cui intervento sussidiario si giustificava sulla base dei presupposti dell‟inadeguatezza delle “forze proprie” dei singoli, nonché della necessaria tutela della loro libertà per l‟ipotesi in cui questa risultasse pregiudicata da atti per lo più violenti.

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Al di là dell‟impostazione liberale, un contributo determinante ai fini dell‟elaborazione del concetto di sussidiarietà - che possiede una peculiare rilevanza concettuale nell‟economia della presente riflessione - è da attribuirsi, come anticipato, alla dottrina sociale della Chiesa282.

A tal proposito possono ricordarsi anzitutto le riflessioni di W. E. von Kettler, che per primo ha teorizzato l‟esistenza di un “diritto sussidiario”. Secondo tale concezione, in particolare, ogni componente di un‟organizzazione complessa, nel caso in cui non si dimostri in grado di raggiungere autonomamente i propri scopi, assiste all‟intervento in suo aiuto di un‟istanza superiore, identificabile solo in ultima analisi nel potere pubblico283.

Peraltro, nonostante ulteriori influenze possano trovarsi nell‟Enciclica Rerum

Novarum di Papa Leone XIII (che si soffermò, specificamente, sui rapporti tra

l‟intervento dello Stato e l‟istituzione familiare)284

, il nucleo della nozione di sussidiarietà è da ricondurre senza ombra di dubbio all‟Enciclica Quadragesimo

anno di Papa Pio XI.

In quest‟ultima, invero, è contenuta l‟importante argomentazione secondo cui “siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a

282 Aspetto, questo, valorizzato fra gli altri anche da A.D‟A

TENA, Costituzione e principio di sussidiarietà, in Quad. cost., n.1/2001, p. 14 s.. In merito, approfonditamente, G.FELICIANI, Il principio di sussidiarietà nella dottrina sociale della Chiesa, in G.CIMBALO,J.I.ALONSO PÉREZ

(a cura di), Federalismo, Regionalismo e principio di sussidiarietà orizzontale. Le azioni, le strutture, le regole della collaborazione con enti confessionali, Torino, 2005, p. 307 ss., nonché I. MASSA PINTO, Sussidiarietà (principio di): Origini nel diritto della Chiesa cattolica, in Dircost.unito.it, 2008, pp. 1 ss..

283 Richiama questa posizione D. D

ONATI, Il paradigma sussidiario. Interpretazioni, estensione, garanzie, Bologna, 2013, p. 30 s., che nel citare le parole del Vescovo di Magonza afferma che “solamente „quando il membro inferiore di questo organismo non è più in grado di raggiungere da solo i propri fini o di far fronte da solo al pericolo che minaccia il suo sviluppo, entra in azioni in suo favore il membro superiore‟, e quindi anche, ma solo in ultima istanza, l‟apparato statale”. Un riferimento al pensatore tedesco è contenuto anche in S.CASSESE, L‟aquila e le mosche. Principio di sussidiarietà e diritti amministrativi nell‟area europea, cit., p. 373.

284 Si veda in proposito il punto 11 di tale importante Enciclica, reperibile su

Vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-

novarum.html, a mente del quale: “è dunque un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel santuario della famiglia. Certo, se qualche famiglia si trova per avventura in sì gravi strettezze che da se stessa non le è affatto possibile uscirne, è giusto in tali frangenti l‟intervento dei pubblici poteri, giacché ciascuna famiglia è parte del corpo sociale. Similmente in caso di gravi discordie nelle relazioni scambievoli tra i membri di una famiglia intervenga lo Stato e renda a ciascuno il suo, poiché questo non è usurpare i diritti dei cittadini, ma assicurarli e tutelarli secondo la retta giustizia. Qui però deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli consente di andare oltre. La patria potestà non può lo Stato né annientarla né assorbirla, poiché nasce dalla sorgente stessa della vita umana”.

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una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare”285.

All‟interno del documento, quindi, si rileva come da ciò possa conseguire “un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle”286.

La rilevanza del messaggio papale può cogliersi a pieno se si tiene in considerazione che la sua elaborazione risale a un‟epoca storica segnata dalle tendenze totalizzanti del regime fascista287, proteso in quell‟opera di progressiva assimilazione dell‟individuo e delle aggregazioni sociali spontanee nel novero dell‟apparato statale.

Per questa ragione l‟Enciclica evidenzia la necessità “che l‟autorità suprema dello Stato rimetta ad associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento”, potendo in tal modo “eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei solo spettano”, consistenti specificamente in attività “di direzione [...], di vigilanza, di incitamento, di repressione a seconda dei casi e delle necessità”288

.

Sulla scorta di simili premesse la dottrina ha ragionevolmente osservato come l‟esigenza cui intendeva far fronte la suddetta Enciclica fosse quella di tutelare, in un‟ottica antiliberale289

e contraria alle derive statalistiche290, “tutta la tradizione

285 P

IO XI, Enciclica Quadragesimo Anno, Roma, 1931, punto 80, reperibile su Vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19310515_quadragesimo- anno.html.

286

Ibidem.

287 Si ricorda che l‟Enciclica in analisi reca la data del 15 maggio 1931. 288 P

IO XI, Enciclica Quadragesimo Anno, punto 80, cit., che soggiunge l‟ulteriore rilievo per cui debbano persuadersi “fermamente gli uomini di governo, che quanto più perfettamente sarà mantenuto l'ordine gerarchico tra le diverse associazioni, conforme al principio della funzione suppletiva dell'attività sociale, tanto più forte riuscirà l‟autorità e la potenza sociale, e perciò anche più felice e più prospera la condizione dello Stato stesso”.

289

G. ARENA, La sussidiarietà nella Caritas in veritate. Un “nuova” sussidiarietà nell‟enciclica di Benedetto XVI?, in Astrid-online.it, 2009, p. 1, che nel sottolineare come il principio di sussidiarietà avesse fatto la sua prima apparizione nella dottrina sociale della Chiesa sul principiare del XX secolo, evidenzia al contempo come l‟obiettivo ad esso sotteso fosse quello di “polemizzare contro lo Stato liberale che, attuando i principi ereditati dalla rivoluzione francese e sopravvissuti alla restaurazione, aveva distrutto l‟antico e ricco pluralismo dell‟organizzazione sociale precedente la rivoluzione”.

290 Sul punto si vedano le riflessioni di T.E.F

ROSINI, Sussidiarietà (principio di) (diritto costituzionale), cit., p. 1135, che osserva come i contenuti dell‟Enciclica si pongano “in aperta

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di privato sociale”291

che aveva assicurato alle fasce più deboli un aiuto e un sostegno molto tempo prima che lo Stato vi provvedesse.

Risulta evidente, così, la necessità palesata dalla dottrina della Chiesa di valorizzare quel complesso di aggregazioni sociali intermedie che, lungi dal dover cedere ad altri compiti in grado di svolgere in proprio, avrebbero potuto in questo modo, da un lato, evitare di vedersi indebitamente assorbite ad apparati gerarchicamente superiori e, dall‟altro, mantenere una propria autonomia e responsabilità292.

Alla luce di queste considerazioni293 è possibile altresì apprezzare la rilevanza dell‟Enciclica, ai fini del discorso in analisi, sotto un ulteriore e fondamentale aspetto.

Il documento infatti non si limita a segnalare l‟esigenza di circoscrivere il contributo sussidiario dello Stato con l‟intento di evitare uno svilimento delle libere aggregazioni sociali ma, in realtà, pare promuovere al contempo una declinazione “positiva” della sussidiarietà.

In quest‟ottica l‟apporto del potere pubblico assume una significato del tutto peculiare in quanto chiamato - in una logica di “subsidium afferre”294 - ad intervenire nelle situazioni di bisogno, se non addirittura a fungere da stimolo per i singoli e per le componenti sociali, che in tal modo vengono a trovare in esso un supporto e un impulso295.

polemica antiliberale, oltreché in opposizione al regime fascista. Da un lato, cioè, contro la condanna liberale dei cosiddetti „corpi intermedi‟; dall‟altro, contro l‟esaltazione dello Stato fatta dal regime. Da qui la necessità storica, avvertita dal Magistero della Chiesa, di sostenere la superiorità assiologia delle società naturali fondate sulla persona rispetto alle organizzazioni artificiali, quali lo Stato per primo”.

291

In questi termini L.ANTONINI, Il principio di sussidiarietà orizzontale: da welfare state a welfare society, cit., p. 107. Per l‟Autore, invero, “[a]ssistenza sociale, sanità, educazione, ma anche la grande vivacità della piccola imprenditoria, erano stati settori in cui la „genialità creatrice dei singoli‟ e delle associazioni avevano fornito risposte sociali valide (per quei tempi) ben prima che lo Stato si preoccupasse di intervenire”.

292 Sulla medesima falsariga P

ONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Roma, 2004, p. 101.

293

Che ci consentono peraltro di cogliere un profilo di intima connessione con quanto osservato nel precedente capitolo.

294 Espressione contenuta nell‟Enciclica e richiamata, tra gli altri, anche da P.D

URET, La sussidiarietà “orizzontale”: le radici e le suggestioni di un concetto, cit., p. 110.

295 Così A.A

LBANESE, Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, cit., p. 64, che a tal proposito pone con chiarezza in rilievo la “funzione servente delle istanze superiori, sopraordinate, rispetto a quelle inferiori, sotto ordinate”, valorizzando al contempo il dato per cui “anche se l‟ordine sociale è organizzato gerarchicamente, esso è ordinato partendo dal basso, in senso ascendente dall‟individuo fino allo Stato”. La duplice accezione,

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V‟è da dire che l‟innovativa accezione della sussidiarietà contenuta nella

Quadragesimo anno, non più quindi meramente “negativa” ma anche “positiva”,

ha trovato un proprio consolidamento nelle successive elaborazioni296 della dottrina sociale della Chiesa.

In questo senso, venendo a tempi più recenti, è estremamente significativa l‟Enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, che con chiarezza sembra tracciare il segno di tale evoluzione.

Il pensiero del Pontefice, invero, muove dalla circostanza per cui le “disfunzioni e [i] difetti dello Stato assistenziale derivano da un‟inadeguata comprensione dei compiti propri dello Stato”297.

Per questo motivo in tale ambito è necessario che sia “rispettato il principio di sussidiarietà”, a mente del quale “una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze”, dovendo al contrario “sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quelle delle altre componenti sociali, in vista del bene comune”298

.

Nondimeno, come precisato da ultimo nell‟Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, la sussidiarietà, oltre a rappresentare una “manifestazione

Nel documento Profili costituzionali del Terzo settore (pagine 82-93)

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