• Non ci sono risultati.

1. INTRODUZIONE

1.1 PLANT MOLECULAR FARMING: LE PIANTE E LE MICROALGHE

1.1.4 LA PRODUZIONE DI VACCINI IN SISTEMI VEGETALI

1.1.4.3 Le piante come biofabbrica e sorgente di molecole immunomostimolanti

1.1.4.3.1 Le ―Ribosome Inactivating Proteins‖ (RIP)

Nell‘ambito di questa tesi di dottorato sono proposte nuove molecole proteiche provenienti dal mondo vegetale a funzione immunostimolatoria da impiegare in fusione con l‘antigene vaccinale di interesse, il cui razionale sarà spiegato nello scopo della tesi. Queste molecole appartengono alla famiglia delle ―Ribosome inactivating proteins‖ (RIP), enzimi in grado di inattivare cataliticamente i ribosomi, poichè depurinano gli RNA ribosomali 23/25/28 S, con conseguente arresto della sintesi proteica e morte cellulare.

Le RIP si trovano nella maggior parte delle piante, anche in specie edibili come spinaci e pomodoro, e possono essere presenti in uno o più tessuti della stessa pianta, in più di una forma. Le RIP sono prodotte anche dai calli e dalle cellule vegetali in coltura. Inoltre esse sono state riscontrate in batterio (tossine Shiga e simili), nell‘alga Laminaria japonica e nei funghi. Infine, la presenza di proteine con attività delle RIP sono state riscontrate anche in cellule in coltura e tessuti di mammifero (Stirpe & Battelli, 2006). Tuttavia, il nostro interesse è focalizzato solo alle RIP del mondo vegetale.

Le RIP sono classificate in tre gruppi in base alle loro proprietà fisiche (figura 13) (Mundy et al., 1994; Nielsen & Boston, 2001).

Le RIP di tipo 1, come la proteina antivirale delle piante erbacee apparteneneti al genere

Phytolacca, la saporina presente nella saponaria (Saponaria officinalis) e l‘inibitore della

traduzione presente in orzo (Hordeum vulgare), sono enzimi monomerici di circa 30 KDa, che presentano solo la catena polipeptidica ad attività enzimatica. Esse presentano al sito attivo residui amminoacidici e struttura secondaria altamente conservati (Barbieri et al., 1993). Tuttavia, l‘omologia di sequenza complessiva è bassa all‘interno di questa classe ed esistono differenze nelle modificazioni post-traduzionali (Hartley & Lord, 1993). Le RIP di tipo 2, come la ricina presente nei semi di ricino (Ricinus communis) e l‘abrina presente nei semi della pianta dei rosari (Abrus precatorius), sono eterodimeri altamente tossici, che oltre alla catena ad attività enzimatica (catena A), presentano una catena lectinica (catena B), ognuna di circa 30 KDa. Le due catene sono legate da ponti disolfuro. La catena B è in grado di legare le molecole di galattosio delle glicoproteine e/o glicolipidi che si trovano sulla superificie cellulare delle cellule eucariotiche (Lehar et al., 1994).

Le RIP di tipo 3 sono sintetizzate come un precursore inattivo (proRIP) che richiede eventi di processamento proteolitico per rimuovere una regione compresa tra gli amminoacidi che costituiscono il sito catalitico (Mundy et al., 1994). Questa classe è meno rappresentata delle altre due e ad oggi RIP di tipo 3 sono state caratterizzate solo in

mais e orzo.

Figura 13. Classificazione delle RIP e comparazione delle strutture primarie (Fonte: Nielsen & Boston,

2001). Solo le regioni rappresentate dai rettangoli in bianco sono presenti nelle forme enzimatiche attive.

L‘attività N-glicosidasica delle RIP è dovuta alla capacità di rimuovere una specifica adenina contenuta all‘interno di una regione di 14 nucleotidi dell‘rRNA (nota come ―loop α-sarcinico‖, conservata dai batteri all‘uomo), che porta a un blocco dei fattori di elongazione al ribosoma e quindi a un blocco della traduzione (Nilsson et al., 1986). Il confronto della struttura primaria di RIP di tipo 1 e 2 ha evidenziato che molti sono i residui aminoacidici invarianti e altamente conservati. In particolare, quattro sono i residui invarianti presenti nel sito catalitico di tutte le RIP: Tyr 80, Tyr 123, Glu 177, Arg 180 (le posizioni si riferiscono alla catena A di ricina). Un ruolo comune a questi residui è quello delle tirosine, che tramite i loro anelli aromatici consentono di presentare al sito catalitico il substrato (l‘adenina) in una conformazione energeticamente favorevole. Alcune RIP sono molto attive sia contro i ribosomi animali che vegetali, mentre alcuni mostrano scarsa reattività contro i ribosomi di pianta (Hartley et al., 1996). Inoltre, poche RIP presentano attività contro i ribosomi procariotici (Chaddock et al., 1994).

che non coivolge il sito catalitico per l‘attività N-glicosidasica (Wang & Tumer, 2000; Parikh & Tumer, 2004). In aggiunta, è stato dimostrato che la produzione delle RIP viene indotta a causa di stress abiotici (Nielsen & Boston, 2001). Oltre alla principale attività di depurinazione dell‘rRNA, le RIP sono in grado di depurinare il DNA e l‘RNA in altri siti rispetto a quello descritto per gli rRNA (Barbieri et al., 1997; Nicolas et al., 1998). La maggior parte delle RIP possiede una sequenza segnale all‘estremità N-terminale, che le indirizza al sistema endomembranoso (Hartley & Lord, 1993). Infatti, le RIP sono generalmente localizzate nell‘apoplasto o in compartimenti sub-cellulari come il vacuolo. Questa compartimentalizzazione ha il ruolo di proteggere i ribosomi ortologhi della pianta dall‘attacco delle RIP endogene. Tuttavia, esistono eccezioni, rappresentate ad esempio dalle RIP provenienti dai cereali, in cui le RIP risiedono nel citosol, ma non sono attive contro i ribosomi ortologhi alle normali concentrazioni cellulari.

Sebbene la conoscenza della tossicità delle specie vegetali che producono le RIP ed il loro utilizzo da parte dell‘uomo abbiano radici antichissime, è degli ultimi anni il forte interesse scientifico sviluppatosi intorno a questo gruppo di enzimi, in particolare per il loro potenziale utilizzo in medicina, nella realizzazione di tossine mirate (Stirpe, 2004; Hartley & Lord 2004; Zarovni et al., 2007, 2009; Ng, et al. 2010).

L'efficacia citotossica delle RIP può essere infatti sfruttata per l‘eliminazione di cellule tumorali o del sistema immunitario o nervoso, generalmente mediante l‘ottenimento di immunotossine, molecole ibride in cui le RIP sono coniugate a ligandi specifici (generalmente anticorpi monoclonali) capaci di veicolarle sui bersagli cellulari. In particolare, un‘isoforma da seme della saporina (denominata S06) è stata largamente utilizzata per la preparazione di immunotossine sfruttando l‘attività citotossica indirizzata su specifiche cellule bersaglio, tramite ligandi tumore-spefici. La saporina presenta infatti una buona resistenza ai processi di derivatizzazione e coniugazione (Santanchè et al., 1997), una scarsa tossicità aspecifica e un‘alta attività catalitica una volta penetrata nel citoplasma (Ferreras, et al. 1993).Tuttavia, queste tossine chimeriche non sono strumenti clinici perfetti in quanto è stato verificato che prolungate terapie basate su somministrazioni ripetute di immunotossine inducono una forte risposta immunitaria di tipo umorale diretta contro le RIP (che ne riduce la vita media ed inibisce la citotossicità) o soprattutto contro l‘anticorpo terapeutico al quale sono legate, vanificando l‘efficacia terapica (Frankel, 2004, Szalai et al., 2005).

Oltre alla tossicità dovuta all‘attività catalitica, alcune RIP (come la viscumina, la tricosantina e i peptidi dell‘abrina) sono state identificate per la loro abilità di modulare risposte immunitarie aspecifiche, come l‘incremento del numero e dell‘attività delle

cellule NK e l‘induzione della produzione di citochine (TNF-α, IFN-γ, IL-1, IL -2, IL -6, IL-10, IL-12) (Hajto et al., 1990, 1998; Bhutia et al., 2009). E‘ stato dimostrato in modelli murini che peptidi derivanti dall‘abrina sono coinvolti nella regressione dei tumori mediante incremento del numero delle cellule CD4+ e CD8+, dei marcatori di co- stimolazione delle cellule T (CD80, CD86) e dei marcatori dell‘attivazione dei linfociti (CD25, CD71) negli splenociti, mediante l‘attivazione di macrofagi associati a tumori e la presentazione di antigeni associati a tumori (Bhutia et al., 2009).

Molte RIP (in particolare la viscumina, la proteina antivirale di Momordica charrantia, la saporina, la tricosantina e i peptidi dell‘abrina) sono potenti induttori dell‘apoptosi attraverso diverse vie che coinvolgono la caspasi 3, l‘ossido nitrico ed il fattore di necrosi tumorale, TNF (Battelli, 2004; Narayanan et al., 2005; Li et al., 2009; Ng et al., 2010), con implicazioni terapeutiche importanti in quanto molte cellule tumorali sono resistenti all‘uccisione attraverso l‘azione delle caspasi e delle serine proteasi, ma potrebbero essere più suscettibili attraverso la via del TNF. In aggiunta, le RIP come la tricosantina creano un ambiente pro-infiammatorio attraverso la chemotassi dei leucociti (Zhao et al., 1999). Queste attività delle RIP concernenti la modulazione aspecifica delle risposte immunitarie con effetti anti-tumorali, le proprietà pro-infiammatorie, l‘antigenicità, l‘induzione dell‘apoptosi, sono considerate indipendenti dalla tossicità dovuta all‘attività catalitica (Stirpe, 2004).

1.2 CASO DI STUDIO 1. L’AGENTE EZIOLOGICO DELLA