Retroterra culturale e metodologia di Johan Galtung
3.1 Leggere Galtung
“Ci sono alcune persone come Picasso con una produzione così ampia e così variegata che è difficile credere che provenga da una sola persona. Johan Galtung ricade in questa categoria”1. Così Kenneth Boulding2 ‐ che abbiamo già incontrato
nella prima parte di questa ricerca ‐ apre un suo articolo, e c’introduce a come Johan Galtung sia un autore complesso da leggere e interpretare per diversi motivi. Avvertimenti arrivano anche da altre fonti, come l’incipit di un saggio di un altro critico, Hans‐Henrik Holm: “Le scuse sono necessarie: ogni tentativo di presentare elementi dell’Odissea intellettuale di Johan Galtung deve essere pericoloso”3.
Fondatore della peace research, Galtung ha un background soprattutto come sociologo e matematico, ma si è formato e ha lavorato anche su altre discipline che portano a spaziare notevolmente, a uscire da schemi e da paradigmi classici e
mainstream. Inoltre, non si muove soltanto dentro le concettualità della tradizione
occidentale. Certamente è quella di riferimento principale, sia perché è comunque nato in Occidente, sia perché tale tradizione è imprescindibile. Spazia però con riferimenti in termini‐concetto di altre culture, come quella nipponica, indiana o cinese, come avremo modo di mostrare in diversi passaggi di questo capitolo.
Galtung, poi, non è soltanto un intellettuale e un accademico, ma anche un attivista che scrive, interviene, partecipa su tutti i livelli, non sottraendosi neanche alle arene pubbliche e mediatiche4. È effettivamente un ottimo comunicatore, per platee anche diverse, e ha un modo di scrivere che tiene in considerazione proprio l’arte di comunicare e che prova ad applicare già nel testo la stessa metodologia di 1 Boulding, Kenneth, “Twelve Friendly Quarrels with Johan Galtung”, in Journal of Peace research, n. 1, vol. 14, 1977, p. 75. 2 Su Boulding si veda anche § 1.3.4. 3 Holm, Hans‐Henrik, “Johan Galtung and the Science of Human Fulfilment: from Petal‐Picking to
Mega Research”, in Gleditsch, Nils Petter, Leidne, Odvar, Holm, Hans‐Henrik, Høivik, Tord, Klausen, Arne Martin, Rudeng, Erik, Wiberg, Håkan, Johan Galtung, A Bibliography of his Scholarly
and Popular Writings 1951‐80, Prio, Oslo, 1980.
4 Gli esempi potrebbero essere molti. Si pensi, per esempio, che dal 1981 al 1985 ha fatto
ricerca che descrive. Una metodologia che, per essere innovativa, deve forzare le categorie. Per quanto il suo pensiero possa essere innovativo e originale, però, Galtung ovviamente non cresce in un vuoto intellettuale.
L’attività di ricerca volta a ricostruire le origini del pensiero di Galtung, la sua formazione, come altri autori l’hanno influenzato, in modo diretto o indiretto, è quindi un lavoro di estremo interesse, ma è difficile per due ragioni interconnesse. Innanzitutto, nell’elaborazione di idee e nell’esposizione delle teorie Galtung sviluppa un metodo improntato all’inclusione di approcci differenti e ricco di complessità. Per fare questo, tende quasi sempre a smarcarsi dall’abbracciare una teorizzazione di qualche autore nella sua totalità. Accanto a ciò, e a partire probabilmente proprio da questo primo aspetto, Galtung non fa molti riferimenti bibliografici e le eco degli autori vanno interpretati, ricostruiti o letti tra le righe.
A queste difficoltà sulle fonti primarie, se ne aggiungono alcune sulle fonti secondarie. Vi sono poche analisi critiche del pensiero di Galtung (nessuna in italiano) e pochissime in chiave disciplinare, come, per esempio, l’analisi del “Galtung sociologo”, se così possiamo dire, di fine anni cinquanta.
Nel complesso, se dovessimo descrivere l’impalcatura metodologica galtuniana con un aggettivo, forse il più adeguato sarebbe olistico5. Un modello flessibile, nel
senso di inclusivo, non monolitico, che utilizza modelli diversi, che compara approcci differenti derivanti da diverse (usando una sua espressione) civiltà e sub‐ civiltà, che si muove tra varie discipline, incrociandole e interrogandole fra loro. Un approccio, o meglio, degli approcci, che si fondano sul duro lavoro nelle scienze sociali classiche di ricerca, raccolta dati e verifica di teorie, ma che vogliono anche includere percorsi paralleli, in particolare per mantenere, usando ancora un’espressione galtuniana, la dimensione “sociale” accanto alla “scienza”. Un approccio, infine, che non si spaventa nell’includere un certo grado di contraddizioni e riesce, nel suo work in progress, ad arrivare a una coesistenza
5 Galtung Johan, Methodology and Development, Vol. III, Christian Ejlers, Copenhagen, 1988, pp. 233‐
attiva tra una linea dura di chiusura delle ambiguità e una linea morbida di tolleranza verso le ambiguità6.
“Johan Galtung è certamente un incubo dei bibliotecari”7. Un’altra
affermazione lapidaria che rende senza mezzi termini l’idea della complessità di occuparsi del pensiero, e, più in particolare, degli scritti di questo autore. Se ad affermare ciò è robabilmente il più autorevole conoscitore degli scritti galtuniani, nonché curatore del suo primo libro bibliografico, è difficile smentirlo. Ed è difficile smentirlo anche dopo avere conosciuto i bibliotecari del Prio e dopo aver passato molto tempo su tanti dei suoi scritti. Per chi avesse dei dubbi, Gleditsch fornisce presto un esempio, che ci sembra effettivamente esemplificativo. I tre testi metodologici, ampiamente utilizzati in questa ricerca, si intitolano “Methodology and Ideology” i primi due (1977) e “Papers on Methodology” il terzo. Nel primi due, poi, Gleditsch ci suggerisce che troviamo il sottotitolo “ Theory and Methods of Social Research”, mentre, in realtà, questo titolo è un volume già pubblicato da Galtung alcuni anni prima e allora denominato “Basic Social Science Monographs”. Inoltre, all’interno dei primi due volumi come titolo troviamo “Essays in Mehodology”, ma il titolo nella pagina opposta ci mostra anche che i due volumi sono “Basic Social Science Monographs”
p
8. Niente da dire, un esempio
azzeccato che mostra la complessità (e confusione) della struttura del galtunismo.
Caos a cui Gleditsch ha lavorato con determinazione, aiutato dai colleghi del Prio,
per arrivare al volume bibliografico del 1980 in cui ritroviamo citati 676 saggi9.
Volume che include anche i popular writing in quanto, Gleditsch, interpretando lo spirito di Galtung e della peace research, ritiene che siano parte rilevante della sua opera anche per finalità accademiche10. Va poi menzionato che molti articoli sono
6 Ibidem, p. 171.
7 Gleditsch, Nils Petter, “The Structure of Galtungism”, in Gleditsch, Nils Petter, Leidne, Odvar,
Holm, Hans‐Henrik, Høivik, Tord, Klausen, Arne Martin, Rudeng, Erik, Wiberg, Håkan, op. cit.
8 Ibidem.
9 Non sono però inclusi le centinaia di articoli pubblicati su giornali. Anche la mole di materiale
grigio è enorme e in questa ricerca è stata presa in considerazione direttamente soltanto
occasionalmente e in linea con il materiale trovato presso la biblioteca e l’archivio del Prio.
stati pubblicati per più riviste, alcuni prima in norvegese, poi in inglese, oppure in inglese e poi tradotti e pubblicati in riviste di diversi paesi11.
La rilevanza del galtunismo è stata sicuramente determinante per l’intera peace research, della quale Galtung può essere considerato il padre fondatore. L’impatto del Galtung, però, non è certamente ascrivibile soltanto alla peace research. Uno degli scopi che questa ricerca si prefigge, infatti, è anche quello di comprendere sia l’impatto scientifico ed epistemologico del galtunismo nelle singole discipline alle quali si è dedicato, sia l’impatto complessivo interdisciplinare che possiamo rilevare nei suoi scritti principali, sia il peso specifico che la sua elaborazione di nuovi concetti, le impostazioni metodologiche che ha delineato hanno avuto sulle Istituzioni politiche a livello statale, regionale e internazionale.
Per quanto riguarda l’impatto scientifico, va considerato che Galtung è stato per molti anni lo scienziato sociale norvegese più citato in assoluto. Guardando ancora un momento i dati riferiti alle citazioni di Galtung, è possibile notare un netto aumento a partire dal 1964, anno in cui comincia a essere pubblicato il Journal of
Peace Research12 e con esso la peace research comincia a consolidarsi
scientificamente.
In accordo con Pekka Korhonen13, gli scritti galtuniani possono essere divisi in
tre macro‐categorie. La prima raccoglie gli scritti teoretici, la seconda gli studi applicati e la terza gli scritti divulgativi. Korhonen sostiene inoltre a queste andrebbe aggiunta una quarta categoria contenente i miscellaneous, laddove Galtung incrocia elementi delle categorie precedenti. Questa ricerca, come già presentato nell’introduzione, prende in considerazione soprattutto la prima categoria, anche se, per completezza dei ragionamenti, sono presenti riferimenti e aperture anche sulle altre due.
11 In questa ricerca si fa riferimento generalmente soltanto alla versione direttamente consultata e
all’eventuale opera originaria è citata solamente quando è utile per le finalità della ricerca stessa ricostruire la genesi di quello scritto.
12 Gleditsch, Nils Peter, “The Structure of Galtungism”, cit. p. 75.
13 Korhonen, Pekka, The Geometry of Power: John Galtungʹs Conception of Power, Tampere Peace
Alcuni autori critici del pensiero di Galtung hanno diviso il suo lavoro in fasi precise14. In questa ricerca abbiamo preferito utilizzare una periodizzazione
solamente nella parte bibliografica, in quanto è lo stesso Galtung a impostarla, mentre, nelle altre parti, sono presentati riferimenti a diverse fasi del pensiero di Galtung solo quando si sono notate divergenze o evoluzioni nell’elaborazione teorica, ma senza cesure nette. Inoltre, una periodizzazione troppo rigida può creare cesure incongrue. Per esempio, Korhonen sostiene che soltanto le opere di Galtung dagli anni sessanta in poi sono organizzate intellettualmente con il concetto di struttura15, in quanto ritiene che tale concetto sia utilizzato da un
Galtung di una seconda fase più contaminato da elementi marxisti. Se questo significa che nei primissimi testi con peso teorico di Galtung non è presente questa idea ciò può essere considerato veritiero16. Già nella seconda parte degli anni
cinquanta, però, il concetto di struttura, come vedremo, viene ampiamente utilizzato, non per forza nella sua accezione marxista, ma a partire, come vedremo, da diverse impostazioni sociologiche applicate anche al contesto internazionale.
14 Si veda, per esempio, Holm, Hans‐Henrik, Johan Galtung: ʺSuperstarʺ eller ʺvækkelsesprædikantʺ,
Aarhus Universitet, Institut for Statskundskab, 1975, o Ferdowsi, Mir, Der Positive Frieden. Johan
Galtung’s Ansätze und Theorien des Friedens, Minerva, München, 1981.
15 Korhonen, Pekka, op. cit., p. 8.
3.2 Introduzione biografica Nel 1954 la cella 716 del carcere di Oslo ospita per sei mesi il giovane di nobili origini Johan Vincent Galtung17. I suoi compagni di cella non accettano facilmente che il nuovo collega sia lì per aver rifiutato di prestare i sei mesi in più di servizio alternativo rispetto alla durata di quello militare. Da questo vissuto, Galtung trae insegnamenti per i suoi studi18 e nuova forza interiore, così come in tanti altri casi
della sua storia. La vita di Galtung, infatti, è stata costellata di esperienze molto diverse tra loro e tracciarne i principali filoni può essere molto utile per comprendere anche il retroterra del suo pensiero.
Quinto di cinque fratelli, impara una profondità umana, un forte senso di responsabilità e matura dal padre, August Andreas Galtung, medico (come il nonno), l’idea che la maggior parte dei problemi e dei conflitti possano essere risolti. La madre, Helga Holmboe, infermiera, completa un quadro di professioni familiari legate alla medicina, e da qui è ben comprensibile dove Galtung abbia interiorizzato la conoscenza e la profonda stima valoriale di questa disciplina19. La
madre è anche debitamente cristiana, ma il giovane Johan non prende in questo da lei. Quella di Galtung è una delle più antiche famiglie aristocratiche norvegesi. Benché il valore dei titoli aristocratici siano stati aboliti dal 1821, resistono nella tradizione nazionale20.
Nato il 24 ottobre 1930, già nel 1944 vive in modo diretto il senso d’ingiustizia della guerra: mentre le sorelle erano in Svezia come rifugiate, suo padre una notte viene prelevato in casa da agenti durante l’occupazione nazista della Norvegia e
17 Le informazioni di questo paragrafo sono tratte principalmente da Galtung, Johan, Johan Uten
Land. På Fredsveien Gjennom Verden, Aschehoug, Oslo, 2000, trad. ingl. Johan Lackland. On the Peace Path through the World, traduzione non pubblicata.
18 Dall’esperienza in carcere e come obiettore di coscienza Galtung scrive diversi testi, si veda:
“Hva er pasifisme”, (Cos’è il pacifismo?), Kontackt, n. 9, vol. 8, 1954, pp. 15‐17; Kontackt, n. 10, vol. 8, 1954, pp. 18‐19; “Vernepliktige eller bare sivilarbeidere” (Servizio civile alternativo o solo obiettore di coscienza), Kontackt, n. 8, vol. 8, 1954, pp. 18‐19; “De soner for oss alle” (Loro servono per tutti noi), Dagbladet, 1955; “Fengselssamfunnet og straffens formål” (La società‐prigione e lo scopo della punizione), Nøkkelen, n. 5, vol. 5, 1956, pp. 7‐12; “Skjønn er sjelenes pilgrimssang!” (Celebrando il Natale in prigione), Magasinet, 50, 1956.
19 Per un’analisi comparata di Galtung con la medicina, si veda il cap. 3.2. 20 Korhonen, Pekka, op. cit.