2.1 Il contesto nordico
2.1.10 Prospettive teoretiche e scelte politiche post‐Guerra Fredda
Con lo scongelarsi della Guerra Fredda, i leader politici nordici cominciano a intravedere con più chiarezza “opportunità” piuttosto che “necessità”, ma l’aumento di libertà di manovra risulta essere in gran parte solo come una percezione71. Senza la divisione in blocchi, la tendenza iniziale è quella di
ritrovarsi soprattutto intorno al proprio essere europei. Dal punto di vista concettuale, gli approcci anglofoni che hanno dominato questi decenni mostrano ora i propri limiti interpretativi e l’istituzionalismo liberale non sembra in grado di spiegare i cambiamenti. Per questo, alcuni studiosi nordici si rivolgono allo studio del costruttivismo in modo più approfondito72. In particolare, un gruppo di
studiosi, che comprende, tra i suoi esponenti più noti, Pertti Joenniemi, Iver Neumann e Ole Wæver73, ha un background legato agli studi sulla sicurezza, alla peace research nel contesto nordico74 e ha fatto del costruttivismo il suo cavallo di 70 Sundelius, Bengt, (cur.), Foreign Policies of Northern Europe, Westview Press, Boulder, 1982. 71 Tunander, Ola, “Geopolitics of the North ‐ Geopolitik of the Weak” Cooperation and Conflict, n. 2, vol. 43, 2008, pp. 164‐184.
72 Neumann, Iver B., Uses of the Other – ‘The East’ in European Identità Formation, University of
Minnesota Press, Minneapolis, 1999.
73Pertti L. Joenniemi è Senior Researcher al Danish Institute of International Studies (in cui è confluito il
Centre for Peace and Conflict Research). Iver B. Neumann Research Director al Norsk Utenrikspolitisk Institutt di Oslo. Ole Wæver è professore di relazioni internazionali all’Institute for Political Science, University of Copenhagen.
74 Nella terza parte di questa ricerca si vedrà proprio come gli anni novanta vedranno la peace
research orientarsi in modo particolare all’approfondimento e a un ampio approccio al concetto di sicurezza.
battaglia per ripensare le categorie e le prassi politiche nordiche. Ola Tunander75
sostiene che all’interno di questo processo c’è stata una tendenza degli studiosi nordici verso la geopolitica per spiegare i cambiamenti politici e gli slittamenti concettuali; non però la geopolitica intesa in senso tradizionale anglo‐americano, ma intesa, piuttosto, come fondata sull’identità.
Per compiere questa operazione, Tunander si rifà al pensiero di Rudolf Kjellén76. Riferirsi a questo autore significa andare all’origine del termine stesso
“geopolitica”, in quanto Kjellén fu il primo a coniarlo influenzato dal lavoro del geografo tedesco Friedrich Ratzel del quale è stato anche studente77. Con lui è
stato il fondatore della scuola tedesca di geopolitica e quasi tutte le opere di Kjellén sono state tradotte in tedesco.
Nonostante tutto ciò, nessuna opera di Kjellén è mai stata tradotta in inglese, e questo è certamente un elemento su cui riflettere. Se un pensatore politico ha avuto notevole influenza teorica e politica, ha inaugurato un ambito di studi e non viene tradotto in inglese, si può concordare con Ole Wæver che le teorie delle relazioni internazionali e della geopolitica di stampo anglo‐americano potrebbero essere meno universali, o, se non altro, meno internazionali, di quanto dica il loro nome78. Va però anche ricordato come le opere di Kjellén non hanno inizialmente
75 Ola Tunander, svedese, ma da lungo tempo residente in Norvegia, è Research Professor al Prio. È
esperto di relazioni internazionali, del rapporto di questa disciplina con la peace research e delle relazioni tra i paesi nordici. Questo autore è una figura chiave per sbrogliare la matassa dei cambiamenti teoretici nei paesi nordici negli anni novanta.
76 Rudolf Kjellén è nato nel 1864 a Torsö, Svezia. Negli anni novanta del XIX secolo insegnò Political
Science with Geography a Goteborg. Dal 1901 insegnò Political Science with Statistics. Nel 1916
cominciò a insegnare all’Università di Uppsala Rethoric and Political Science, posizione che manterrà fino alla sua morte nel 1922. Kjellén viene considerato come uno degli scienziati politici scandinavi di sempre. I suoi lavori sono stati stampati in varie lingue europee e diffusi anche in Sud America e in India.
77 Taylor, Peter J., ‘Geopolitische Weltordnung’, WeltTrends, n. 4, 1994, pp. 25–37.
78 Wæver, Ole, “The Sociology of a not so International Discipline: American and European
Developments in International Relations”, International Organizaiton, n. 4, vol. 52, 1998, pp. 687‐ 727.
grande successo in Svezia, anche se la sua influenza in Germania ha fatto tornare molti studiosi svedesi sulle sue tracce79.
Kjellén, da parlamentare conservatore, è più attento ai “grandi poteri” che alle dinamiche parlamentari80, al pari di altri studiosi della geopolitica come
Haushofer e Schmitt. Nonostante ciò, per Tunander, è più facile inserire Kjellén nella tradizione del cosmopolitismo tedesco piuttosto che in quella del nazionalismo romantico81. Il “recupero” di Kjellén può però avvenire soltanto
negli anni novanta, in particolare perché durante la Guerra Fredda la geopolitica è considerata ad appannaggio militare ed è divenuta la ragione principe per ogni tipo di dispiegamento di armi o di operazione strategica. All’interno di questo filone, la geopolitica viene sostenuta da diversi autori anglo‐americani82.
Considerati tutti questi elementi, si può quindi complessivamente parlare di due tradizioni della geopolitica: quella anglofona, che spesso pone l’accento sugli Stati e sul sistema di Stati, e la tradizione tedesca83, rappresentata in primis da
Kjellén, che si basa più sull’identità culturale, sull’etnicità, sullo spazio economico e sul pensiero politico84. La differenza dell’impostazione metodologica che parte
da quest’autore svedese sta proprio nell’accostare all’aspetto geo‐politico quello
etno‐politico e considerarli complementari all’interno di una visione bio‐organica
dello Stato.
79 Il suo successore all’Università di Uppsala, Alex Brusewitz, non considererà il suo approccio
pienamente scientifico.
80 Kjellén, Rudolf, Stormmakerna, Hugo Gebers, Stoccolma, 1911. 81 Tunander, Ola, cit., 2008.
82 Si veda, tra i più importanti: Spykman, Nicholas J., America’s Strategy in World Politics The United
States and the Balance of Power, Harcourt Brace, New York, 1942; Geography of Peace, Harcourt Brace,
New York, 1944. Gray, Colin The Geopolitics of the Nuclear Era – Heartland, Rimlands and the
Technological Revolution, Crane, Rusak, New York, 1977; Maritime Strategy, Geopolitics and Defense of the West, Rambo Press, New York, 1986; Brzezinski, Zbigniew, Game Plan – A Geostrategic Framework for the Conduct of the US–Soviet Contest, The Atlantic Monthly Press Boston & New York,
1986.
83 Forse potremmo definire questa tradizione come “culturalismo” o “contestualismo” svedese‐
tedesco, Tunander, Ola, cit., 2008.
84 Tunander, Ola, “Swedish‐German Geopolitics for a New Century – Rudolf Kjellén’s ‘The State as
Nell’analisi dello Stato di Kjellén si può notare come l’autore consideri che all’inizio del XX secolo l’Europa sta crescendo come entità territoriale e politica troppo piccola. Per questo auspica alleanze regionali politico‐militari, come sarà poi la Nato, che però non sarà sotto guida tedesca come lui desiderava85.
Il gruppo di autori nordici che parte da queste direttive tracciate da Kjellén, come dicevamo, ha un background nella peace research e ritiene che le divisioni culturali di eco huntingtoniano siano esistenti, ma non debbano portare necessariamente a scontri internazionali. Come visto in precedenza, per una serie di ragioni culturali, storiche, sociali, geografiche ed economiche, negli ultimi due secoli il Norden è caratterizzato da scelte politiche che l’hanno resa un’area a conflittualità violenta molto ridotta. A partire anche da impostazioni teoriche del gruppo di autori citato, vi sono varie iniziative politiche. Per esempio, all’interno di un filone social‐democratico, che vuole tenere insieme la libertà democratica e la responsabilità del socialismo, all’inizio degli anni ottanta il primo ministro svedese Olof Palme insieme al tedesco Egon Bahr86 lanciano l’idea di una
“sicurezza comune” che trascenda la divisione della Guerra Fredda.
Oltre a ciò, vanno ricordati alcuni casi di concretizzazioni politiche di idee sulla cooperazione regionale. Il primo riguarda la cooperazione tra gli Stati rivieraschi del Mar Baltico che, nel 1991, per impulso svedese e danese, lavorano all’idea di una “Nuova Lega Anseatica” per rendere i confini nordici come un’interfaccia tra est e ovest87. Allo stesso tempo, un progetto a guida norvegese coinvolge un
gruppo di studiosi detto “Nuova Europa” (Joenniemi, Neumann, Tunander, Wæver) che lavorano proprio sulla costruzione regionale per andare oltre i concetti di Stato‐nazione e di divisione Est‐Ovest. Proprio quest’ultimo, infatti, è un tema che possiamo riscontrare trasversalmente in molti proposte politiche innovative alle quali hanno lavorato gruppi di studiosi come quelli appena citati.
85 Tunander, Ola, cit., 2008.
86 Egon Bahr, giornalista e politico con Spd, è stato tra gli ideatori dell’Ostpolitik.
87 Wæver, Ole, “From Nordism to Baltism”, in Jervell, Joenniemi and Kukk, The Baltic Sea Area – A
Region in the Making, Europaprogrammet, Oslo, 1992, pp. 26‐38; “Nordic Nostalgia: Northern
Nel marzo del 1992 viene stabilito come risultato di questo processo il “Consiglio degli Stati del Mar Baltico”.
Un ulteriore esempio, fondato sulla regionalizzazione come nuovo approccio di cooperazione funzionale e identitaria, riguarda la Regione di Barents, iniziativa lanciata dal ministro degli esteri norvegese Thorvald Stoltenbert nel gennaio 199288. Le ragioni principali che hanno spinto la Norvegia a questa scelta politica
muovono dall’idea di estendere il concetto di sicurezza e stabilità oltre i limiti militari‐territoriali statali89. In particolare, la situazione ecologica nella parte Russa
della regione, per il forte sfruttamento industriale e militare alla quale era sottoposta, rappresenta una minaccia per gli altri paesi90.
Nel complesso, la Regione di Barents si basa su tre pilastri. Il primo è la
normalizzazione dei rapporti tra est e ovest. Il secondo riguarda la stabilizzazione,
ottenuta riducendo le minacce economiche, ambientali e militari dell’area. Infine, la regionalizzazione usata per creare una cornice di collaborazione multilaterale in relazione diretta con gli sviluppi delle politiche europee91. “Unità nella diversità”
può essere uno slogan per questa regione della quale sicuramente sono riscontrabili esternazioni positive di stabilità, cooperazione e sicurezza, ma per capire se questo può davvero diventare un modello riproducibile altrove se le low
policies di sicurezza avranno un influsso rilevante sulla high politics occorrerà
88 L’iniziativa della Regione di Barents si concretizza in due passaggi. La cooperazione formale
comincia a Tromsø nell’aprile 1992, mentre nel gennaio 1993 si uniscono la regione finlandese della Lapponia e la svedese Norbotten. Inoltre, per pressioni da parte finlandese, viene data l’opportunità anche alla Repubblica Autonoma di Karelia di entrare nella rete regionale, cosa che avviene nell’aprile 1993. È interessante notare che nel Consiglio Regionale della Regione di Barents siedono anche rappresentati degli indigeni Sami.
89 Per l’aspetto teorico, il primo riferimento non può che essere Buzan, Berry (cur.), The European
Security Order Recast: Scenarios for the Post‐Cold War Order, Printer, London, 1990. L’evoluzione del
concetto di sicurezza affrontato da Buzan e da altri autori sarà trattata nell’ultima parte di questa ricerca.
90 Roginko, Alexey Y., “Arctic Development, Environment and Northern Natives in Russia”, in
Kaekoenen, J., Politics and Sustainable Growth in the Arctic, Dartmouth Publishing Company Aldershot, England 1993, pp. 25‐35. Käkönen, Jyrki, (cur.), Politics and Sustainable Growth in the
Arctic, Dartmouth Piblishing Company, Dartmouth, pp. 25‐33.
91 Kvistad, John Mikal, The Barents Spirit: A Bridge‐Building Project in the Wake of the Cold War,
analizzare più approfonditamente i processi politici di lungo periodo anche negli anni a venire.
Riportando questi esempi, va citato Iver Neumann quando sostiene che “Regions are defined in terms of speech acts; they are talked and written into existence”92. A questa affermazione replicherà Ola Tunander affermando che però
non tutte le iniziative regionali erano “talked into existence”93.
Riprendendo quindi Ola Tunander, in sintesi, possiamo affermare che le iniziative regionali nordiche, nelle quali a nostro avviso si può sentire un eco di Kjellén, sono un’espressione della “geopolitica della riconciliazione”, una “Geopolitik del debole”, combinata con l’approccio costruttivista94. Con l’uso
dell’espressione “del debole” che, con tutta probabilità, è da intendersi nel senso di forza militare e non di forza complessiva degli Stati nordici (economica, sociale, diplomatica, ecc.). Il Norden è così considerato come una “interfaccia” che superasse la “sola” idea di Stato‐nazione.
In questo contesto, per Tunander il costruttivismo non risulta essere in forte contrasto con l’approccio realista tradizionale e non si ricrea quindi una divisione come quella tra idealismo e realismo95. Alcuni studiosi nordici del gruppo “Nuova
Europa” citato in precedenza, combinarono approcci costruttivisti con il realismo geopolitico di Kjellén e la parte della peace research denominata “Copenhagen School”96 lavorava su costruttivismo e realismo politico97.
Va sottolineato quindi che questi studiosi hanno avuto un potere d’influenza importante sul policy making nordico. Per Joenniemi senza il gruppo “Nuova Europa”, senza nuove concettualità spaziali e politiche, non vi sarebbe stata la
92 Neumann, Iver B., “A Region‐Building Approach to Northern Europe”, Review of International
Studies, n. 20, vol. 19, 1994, p. 59.
93 Tunander, Ola, cit., 2008. 94 Ibidem.
95 Ibidem.
96 Questo aspetto sarà trattato nell’ultima parte di questa ricerca.
97 Guzzini, Stefano, “The Cold War is What we Make of It” – When Peace Research Meets
Regione di Barents98. Per questi autori, l’impostazione metodologica, concettuale e
motivazionale di fondo degli anni novanta è quella di un “ritorno della storia”99,
che aveva rallentato durante la Guerra Fredda100, in contrasto con la famosa
impostazione di Fukuyama101. Il ritorno in prima fila della diplomazia e la
valorizzazione dell’identità danno così un forte nuovo impulso al costruttivismo nordico102. Jervel, Joenniemi, Neumann, Tunander e Wæver cercano di costruire
nuove identità, una nuova politica geografica europea che vada oltre il tradizionale concetto di Stato seguendo il filone delineato da Kjellén all’inizio del novecento103. All’obiettivo di cercare forme nuove di convivenza, sicurezza e
stabilità regionale, se ne uniscono altri due, che rimangono tutt’ora come sfide aperte. Il primo è il sostegno alla dimensione nordica dell’Unione Europea, considerato anche che sembra essere stata data più enfasi al Sud e al Processo di
Barcellona104. Il secondo, più ambizioso, riguarda l’estensione del discorso nordico
di “area a bassa tensione” in termini europei105.
98 Joenniemi, Pertti, “Norden as a Mystery. The Search for the New Roads into the Future”, in:
Oberg, Jan (cur.), Nordic Security in the 1990s. Options in the Changing Europe, Pinter, London, 1992, pp. 35‐85.
99 Tunander, Ola, “Norway’s post‐Cold War Security: The Nordic region between friend and foe, or
between cosmos and chaos”, in The Olof Palme International Center (cur.), Visions of European
Security – Focal point Sweden and Northern Europe. Stockholm: Olof Palme International Center, 1996, pp. 48‐63. 100 Aron, Raymond, On War – Atomic Weapons and Global Diplomacy, Secker and Warburg, London, 1958. 101 Fukuyama, Francis, The End of History and the Last Man, Free Press, New York, 1992. 102 Tunander, Ola, cit., 2008. 103 Si veda, oltre i testi già citati: Wæver, Ole, ‘Imperial Metaphors: Emerging European Analogies
to Pre‐Nation‐State Imperial Systems’, in Tunander, O. (e altri), Geopolitics in Post‐Wall Europe –
Security, Territory and Identity, Sage, London, 1997, pp. 59‐93; Neumann, Iver B., ‘The Geopolitics of
Delineating “Russia” and “Europe”: The Creation of the “Other” in European and Russian Tradition, in Tunander, O. (e altri), ibidem, 1997, pp. 147‐173; Hassner, Pierre, “The Obstinate and the Obsolete – Non‐Territorial Transnational Forces versus the European Territorial State”, in Tunander, O. (e altri), Ibidem, 1997, pp. 45‐58. Si veda anche il contributo alle relazioni internazionali di Wæver in Buzan, Barry & Wæver, Ole, Regions and Power: The Structure of International Relations. Cambridge University Press, Cambridge, 2005.
104 Browning, Christopher, The Construction of Europe in the Northern Dimension Copri Working
Papers, Copenhagen, n. 39, 2001.
2.2 Prio, culla e fucina della peace research
2.2.1 Introduzione
La scelta di dedicare particolare spazio al contesto nordico e all’International
Peace Research Institute, Oslo (Prio) in questa ricostruzione storiografica critica del
pensiero politico della peace research si fondata su varie motivazioni. Il frangente nordico, innanzitutto, è indubbiamente l’ambito dove la peace research si è sviluppata maggiormente in termini concettuali e istituzionali in Europa. All’interno di questa regione, il Prio è l’istituto di ricerca che più di ogni altro ha contribuito dalla fine degli anni cinquanta a questa crescita. Lì, inoltre, sono nate alcune tra le più autorevoli riviste scientifiche del campo106, e tra i suoi fondatori e
sostenitori vi sono studiosi che hanno dato vita alla stessa peace research107. Il
corso del ragionamento non può che approdare a Johan Galtung, studioso emblematico della peace research, a cui è dedicata la seconda parte di questa ricerca. Questo capitolo, quindi, può essere considerato innanzitutto come una ricerca necessaria per esplorare il pensiero socio‐politico del ricercatore norvegese. Andrà poi posto, accanto a una pur necessaria ricostruzione storica, una approccio critico che valuti la peace research scandinava in generale, e il lavoro del Prio in particolare, come un corpo di ricerca, cercando di capire come e se può essere concepita in termini di contenuti di pensiero che esistono come campo di ricerca o come disciplina, anche oltre al pensiero del singolo ricercatore. La comprensione della peace research nel contesto scandinavo, inoltre, include una serie di esperienze che, nella loro interpretazione, svelano quello che Helena Rytövuori definisce come “una forma epocale di preoccupazione per il mondo”108,
mentre, nella comprensione di come il problema è posto, dischiudono “orizzonti
106 Si fa riferimento al Journal of Peace Research, al Bulletin of Peace Proposal, e a Security Dialogue. 107 Si pensi a Johan Galtung o a Nils Petter Gleditsch.