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Libertà di navigazione, giurisdizione esclusiva dello Stato della bandiera e contrasto al traffico illecito di migranti clandestini

La normativa della UNCLOS è integrata, con riferimento al traffico illecito di migranti, dal Protocollo di Palermo del 2000 sul contrasto allo smuggling di migranti via mare, terra e aria, che contiene un ob-bligo generale di cooperazione tra gli Stati nella prevenzione e repres-sione di questo traffico.

L’obbligo di cooperazione è descritto dettagliatamente nell’articolo 8 che, comunque, conferma il principio della giurisdizione esclusiva dello Stato della bandiera cosicché, se il mezzo nautico impegnato nel traffico di migranti clandestini batte una bandiera straniera, allo Stato terzo non resterà che cercare di ottenere dallo Stato della bandiera l’au-torizzazione ad intervenire nei confronti della sua nave in alto mare.

In primo luogo, gli Stati parte devono assistere, per quanto pos-sibile, tenuto conto dei mezzi a disposizione, quello Stato parte che abbia motivo di sospettare che una nave battente la sua bandiera o iscritta nei suoi registri navali sia priva di nazionalità o per contro, pur battendo una bandiera straniera o rifiutandosi di mostrare la propria bandiera, abbia la sua nazionalità e che la stessa sia impegnata nel traf-fico illecito di migranti clandestini, al fine di contrastare tale utilizzo.

In secondo luogo, ogni Stato parte può chiedere allo Stato di nazio-nalità della nave di autorizzarlo ad assumere le misure necessarie nei confronti della nave che sia impegnata nel traffico illecito di migranti.

La disposizione esemplifica anche le misure assumibili: abbordaggio e ispezione della nave e, se l’ispezione fornisce le prove che la nave sia effettivamente impiegata nel trasporto di migranti clandestini, adozione di appropriate misure nei confronti della nave, del carico e delle persone a bordo, nei limiti di quanto autorizzato dallo Stato della bandiera. Dunque, la norma in esame predetermina il contenuto dell’autorizzazione e in questo si diversifica da quanto previsto in altri

2010, p. 128 ss. Cfr. anche I. Papanicolopulu, op. cit., p. 19.

accordi internazionali13.

Sarebbe stata auspicabile una certa flessibilità nella manifestazione del consenso; ad esempio, si sarebbe potuta includere la possibilità di un consenso tacito una volta trascorso un determinato periodo di tempo in modo da favorire una reazione più rapida contro il traffico illecito di migranti. Per contro, il Protocollo si limita a prevedere sul punto solo la designazione da parte degli Stati contraenti di una o più autorità competenti a ricevere le richieste di assistenza, a confermare l’immatricolazione della nave nei registri nazionali o il diritto della nave a issare la bandiera e ad autorizzare le misure appropriate. Ciò con l’intento, più modesto, di facilitare i contatti istituzionali tra Stato richiedente e Stato richiesto.

Nel caso di nave priva di bandiera, l’articolo 8 colma il silenzio della UNCLOS circa le misure adottabili una volta effettuata la visita. Esso infatti stabilisce che lo Stato parte, dopo avere verificato la mancanza della bandiera, possa abbordare e perquisire la nave per raccogliere prove che confermino i suoi sospetti e poi adottare le misure appro-priate in conformità al diritto nazionale e a quello internazionale (art.

8, 7). La norma sembra presentare un contenuto ampio, tanto da per-mettere allo Stato cattore una certa discrezionalità nella scelta di ulte-riori misure anche se questa discrezionalità è comunque condizionata dai poteri che il diritto interno gli conferisce e dal rispetto del diritto internazionale. Sul punto è importante ricordare che il Protocollo con-tiene alcune clausole di salvataggio che subordinano l’adozione delle misure nei confronti della nave non solo al rispetto degli obblighi di sicurezza e protezione delle persone a bordo, della nave e del suo ca-rico, ma anche dell’ambiente (art. 9, 1).

É evidente che le chances per lo Stato terzo di intervenire sulla nave impegnata nel traffico illecito di migranti in alto mare sono molto ri-dotte alla luce delle limitate e accuratamente circoscritte eccezioni al principio della giurisdizione esclusiva dello Stato della bandiera. Per superare questo limite sono necessari o la conclusione di accordi ad hoc di cooperazione in mare, secondo il modello utilizzato per la lotta al traffico di droga, oppure l’intervento del Consiglio di sicurezza del-le Nazioni Unite che permetta la deroga al principio della giurisdizio-ne esclusiva dello Stato della bandiera.

Al riguardo è significativa la risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 2240 del 9 ottobre 2015 che ha autorizzato gli Stati membri dell’ONU a esercitare poteri di polizia sulle navi adibite al traffico di migranti

13  Si pensi, ad es., all’Accordo sulla conservazione e gestione delle specie transnazionali e altamente migratorie del 1995 (UN Doc. A/CONF.164/37, 8 settembre 1995), o al Protocol-lo del 2005 alla Convenzione per la soppressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima (IMO DOC. LEG/CONF.15/21 dell’1 novembre 2005).

che partono dalle coste della Libia indipendentemente dalla loro ban-diera. Successive risoluzioni, dal contenuto analogo alla prima, nello specifico le Risoluzioni n. 2312 del 6 ottobre 2016, n. 2380 del 5 ottobre 2017 e n. 2437 del 3 ottobre 2018, hanno esteso anno dopo anno questa autorizzazione.

Come avvenuto in precedenza per il traffico di droga dall’Afghani-stan14, per la pirateria al largo della Somalia15 e per il traffico illecito di beni culturali da parte dell’ISIS16, la criminalità organizzata che lucra sul traffico illecito di migranti viene considerata dal Consiglio di sicu-rezza come un rischio indiretto per la pace e la sicusicu-rezza internazio-nale poiché favorisce l’instabilità a livello internaziointernazio-nale o regiointernazio-nale e concorre al verificarsi di gravi crisi interne.

Nello specifico, le risoluzioni del Consiglio di sicurezza richiedo-no agli Stati membri di ispezionare, in alto mare al largo delle co-ste libiche, le navi prive di bandiera e le navi con bandiera straniera, con il consenso dello Stato della bandiera, se essi ragionevolmente le ritengono impegnate nello smuggling di migranti. Ma per il Consi-glio di sicurezza la lotta ai trafficanti giustifica anche la possibilità di ispezionare le navi indipendentemente dal consenso dello Stato della bandiera17.

Questa eccezione al consenso dello Stato della bandiera è piuttosto circoscritta. Non solo il Consiglio di sicurezza ribadisce che essa non pregiudica i diritti e gli obblighi degli Stati membri ai sensi del diritto internazionale e della UNCLOS, incluso il principio della giurisdizio-ne esclusiva dello Stato della bandiera, ma giurisdizio-ne limita la portata dal punto di vista temporale, dal punto di vista spaziale e dal punto di vista della diligenza richiesta allo Stato cattore. Nello specifico, l’auto-rizzazione ha una durata di un anno e riguarda solo quella porzione di alto mare che si estende al largo delle coste della Libia, un’area dunque definita anche se non precisa. Inoltre, le risoluzioni richiedo-no un alto standard di precauzione agli Stati membri. Essi possorichiedo-no esercitare questi eccezionali poteri ispettivi sulla base di ragionevoli sospetti che le navi siano usate dai trafficanti e dopo essersi in buona fede sforzati di ottenere il consenso da parte dello Stato della bandie-ra. Infine, le risoluzioni permettono non solo l’ispezione della nave ma anche il suo sequestro, tenendo però in debita considerazione gli interessi dei terzi in buona fede

14  Ad es., Risoluzione n. 1817 (2008).

15  Ad es., Risoluzione n. 733 (1992).

16  Ad es., Risoluzione n. 1483 (2003) e Risoluzione n. 2199 (2015).

17  Risoluzioni n. 2240 (2015), par. 8, n. 2312 (2016), par. 8, n. 2380 (2017), par. 8 e n. 2437 (2018) par. 2.

Di fatto, la Risoluzione n. 2240 e le altre posteriori hanno introdot-to, sia pure soltanto relativamente alla situazione di emergenza per i numerosi migranti in partenza dalla Libia, una sorta di controllo ter-ritoriale extra ordinem in alto mare.