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limitazioni all'attività del tesoriere» Se la ratio della disposizione è chiara evitare che il contenzioso sulla pignorabilità delle somme (in conseguenza

della sua lunga durata) arrechi all' ente lo stesso danno che proprio la previ­ sione dell' impignorabilità delle somme tende a scongiurare (e cioè il ' non poter disporre della necessaria liquidità per l'erogazione dei servizi p ubblici indispensabili) - altrettanto univoca appare anche la sua formulazione let­ terale, pur in presenza di una (soltanto) apparente inconciliabilità con le disposizioni del codice di rito.

È

bene ricordare che la formulazione in esame è quella risultante dalla novella introdotta con il d.lgs. 1 1 giugno 1 996 n. 336; quella originaria aveva già dato luogo, nella prassi giudiziaria, a non poche incertezze su di un punto in particolare, cioè su come operassero i vincoli imposti dall' ente sulle predette somme. Anche prima delle ultime modifiche, invero, dal te­ nore letterale della norma (che non conteneva la comminatoria della nulli­ tà del pignoramento e la previsione della necessità della notifica al tesoriere della deliberazione di vincolo) traspariva piuttosto chiaramente l'intento del legislatore di assicurare al terzo-tesoriere la libertà di erogare le somme pignorate in violazione dell'art. 1 1 3, comma 3. Ciò nonostante, l'esperien­ za pratica aveva dimostrato che, forse correttamente, in mancanza della previsione espressa della nullità assoluta del pignoramento effettuato in vio­ lazione della disposizione dell' art. 1 13, numerosi istituti bancari concessio­ nari dei servizi di tesoreria adottavano un atteggiamento di cautela, non erogando le somme illegittimamente pignorate, ancorché esse fossero vincolate per le finalità di cui all'art. 1 1 3, comma 260.

Il nuovo testo della disposizione, come novellato dal d.lgs. n. 336/96 (recepito ora nell'art. 1 59 t.u.o.ee.ll.), appare, invece, idoneo a fugare ogni dubbio interpretativo. Ciò in quanto esso trova come diretto destinatario, 60 Del resto, tale atteggiamento si giustificava anche in ragione dell'orientamento della giu­ risprudenza e dottrina prevalenti; cfr. ad es. Trib. Avezzano, 14 aprile 1 993, in Banca, borsa e titoli di credito, 1 994, II, 589 ss., con nota di M. CIACCIA, il quale sottolinea che 'per effetto della notifica, la Banca tesoriere, nella sua qllalità di «terzo pignorato», � nssoggcttata agii obbLighi che /11. legge impone al custode giudiziale, per CIti non l'w) dislrtJrre i fondi resi impignombili sotto commimuoria di sanzioni, anche di carattere penale (cfr. ar/.. 546 c.p.c. in re/oz;om agli artt. 334 e 335 c.p.)". Il vecchio testo dell' art. 1 13 era i l seguente: "Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali di cui all'art. l, comma 2 presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto del/a procedura espropriativa. 2. Non sono soggette ad esecuzione forzata le somme di competenza degli enti locali di cui all'art. 1, comma 2 destinate a: a) pagamento delle retribuzioni al persol/ale dipendente e dei conseguenti oneti previdenziali per i tre mesi successivi; b) pagamento delle rate di mutui scadenti

1 96

Capitolo Quarto

tra gli altri, proprio il tesoriere, che è chiamato ad applicarla quando sia stata adottata e notificata da parte dell' ente la deliberazione della Giunta di vincolo semestrale, che produce l'impignorabilità delle somme ivi quantifi­ cate e destinate, tra l'altro, all' espletamento di servizi pubblici indispensa­ bili (di cui si è detto nel paragrafo 7) e la conseguente

« nullità»

del pignora­ mento illegittimamente eseguitoG1•

Ora, se si coordina la disposizione di cui al comma 2 con quella del comma 4 dello stesso art. 1 59 (secondo cui

«le procedure esecutive eventual­

mente intraprese in violazione del comma

2

non determinano vincoli sulle

somme né limitazioni all'attività del tesoriere»)

e del comma 3, per cui la delibera di vincolo va

notificata

al tesoriere, dovrebbe concludersi che l'in­ tenzione del legislatore sia quella di conferire proprio a quest'ultimo sog­ getto il potere di rilevare egli stesso l'impignorabilità delle somme, essendo stata a tal fine disposta la necessità della predetta notificazione. Non può mancarsi di sottolineare, però, che siffatta interpretazione della disposizio­ ne in questione pone problemi di coordinamento con la disciplina del co­ dice di rito, aprendo tutta una serie di questioni. L'ostacolo maggiore alla ricostruzione sopra proposta è rappresentato dalla norma dell'art. 546 del c.p.c., che prevede il prodursi del vincolo tipico del pignoramento (indi­ sponibilità delle somme e loro destinazione al soddisfacimento del credito per cui si procede) fin dal momento della notificazione al terzo dell' atto di pignoramento e contestuale citazione a comparire all'udienza fissata dal creditore per rendere la dichiarazione di quantità.

61 Giova qui sottolineare che in dottrina e giurisprudenza è controversa l'individuazione e classificazione delle figure patologiche dell'atto processuale. Lart. 1 56 del codice di rito stabilisce che "Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme alcun atto del processo. se la

nullità non è commintllil pc/' Legge. Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti

indispensabili per il raggìulIgimento dello scopo». Dal fatto che le disposizioni codicistiche adopera­ no soltanto il rcnninc «nul/irtì», (! non anche quello di annullabilità, senza quindi operare distin­ zioni di sorta, alcuno (cfr. G. VERDE, Profili del processo civile, Napoli, 1 988, 302) ha tratto la conseguenza dell'esistenza, nell'ordinamento processuale, della sola categoria della nullità. Tutta­ via, non v'è dubbio che le categorie elaborate della dottrina civilistica in relazione al negozio giuridico possano rivelarsi di una qualche utilità anche per quel che attiene alle patologie degli atti processuali, come, peraltro, frequentemente sostenuto anche dalla dottrina processualistica. In tal senso, v. ad es. V DENTI, voce Nullità degli atti proeessttali civili, in NovÌJsimo Dig. it., XI, Torino, 1 965, 467 ss. In particolare, per quel che qui interessa, assume importanza la distinzione fra nullità assoluta e relativa, fondata sul dato testuale dell'art. 1 57, primo comma: quella assoluta è rilevabile sempre ed anche di ufficio dal giudice, con conseguente insanabilità, mentre quella relativa è eccepibile dalla parte e può essere sanata a condizione che l'arto abbia raggiunto lo scopo cui è destinato (cfr. art. 1 57, ult. co., c.p.c.). Proprio in una simile prospettiva può essere intesa la nuova formulazione dell'art. 1 1 3, 2 coml1kl, d.lgs. n. 77/95, che rende chiaro l'intento del legisla­ tare di collegare all'impignorabilità di cui si è detto la prima (più grave) sanzione.

Tutela delle risorse finanziarie dell'ente locale 1 97

Una volta effettuato il pignoramento, cioè, sulle stesse somme finisco­ no per gravare due diversi vincoli di destinazione: da un lato quello impo­ sto dall' ente per il pagamento di retribuzioni e mutui e per l'espletamento dei servizi pubblici; dall'altro, quello conseguente al pignoramento esegui­ to - sulle stesse somme - dall'ufficiale giudiziario. Ora, nell'ipotesi qui con-. siderata (che presuppone l'anteriorità della deliberazione di vincolo rispet­ to al pignoramento, perché in caso contrario

nulla quaestio),

nel momento in cui l'ufficiale giudiziario si reca dal terzo tesoriere per pignorare somme di denaro già vincolate dall' ente locale ex art. 1 59 cit., egli dà corso ad un atto che è, secondo la medesima disposizione, nullo in radice ed improdut­ tivo di effetti

ab origine.

E poiché l'effetto tipico del pignoramento è - ai sensi dell'art. 546 c.p.c. - il prodursi del vincolo di destinazione delle som­ me pignorate al soddisfacimento del diritto di credito per il quale si proce­ de, deve ritenersi che, nel caso qui considerato, è proprio questo l'effetto che, stante la sanzione della nullità di cui all' art. 1 5 9 cit., non può determi­ narsi. Le somme, cioè, continuano ad essere vincolate unicamente alla de­ stinazione loro impressa dall' ente locale con la deliberazione di cui al com­ ma 3 dell'art. ult. cit., essendo escluso dal successivo comma 4 della mede­ sima disposizione il prodursi di qualsivoglia vincolo in conseguenza dell' at­ tività esecutiva illegittimamente intrapresa dal creditore. Peraltro, il tesorie­ re è tenuto a considerare le somme come ancora vincolate alle destinazioni indicate nella delibera della Giunta e ad utilizzarle secondo tali finalità, in conformità delle indicazioni e delle richieste dell' ente. Ciò perché la norma presuppone la semplice adozione della deliberazione di vincolo ai fini del prodursi degli effetti previsti (nullità, impignorabilità, ecc.)62. D'altro can-

62

La migliore dottrina dubita dell'autonomia concettuale della categoria (patologica) del­ l'inesistenza o nullità dell'atto amministrativo e la connette all'ipotesi di carenza di potere. Sul punto, cfr. in particolare, M.S. GIANNINI, Diritto, op. cit., 1 , 620 ss., il quale la definisce una

«creazione delfa giurisprudenza della Corte di cassazione». Secondo A. AzZENA, Validità ed invalidi­ tà degli atti amministrativi, in AA.VV., Diritto Amministrativo, op. cit., 1 249 ss., la nullità è circo­ scritta alle sole ipotesi di carenza di attribuzioni e di incompetenza assoluta. Analoga tesi era già sostenuta da E. CAPACCIOLI, Manuale di diritto amministrativo, 2, Padova, 1 983, l, 383-384. Non manca, tuttavia, un orientamento secondo cui, in sintonia con la giurisprudenza della Corte di cassazione, la nullità ricorrerebbe in carenza di elementi essenziali quali il soggetto, la forma o l'oggetto (cfr. Cass., sez. 1, 23 ottobre 1 968, n. 34 1 4, in Giust. civ. , 1 969, 1 , 909) : sicché, in

mancanza di uno degli elementi essenziali dell'atto, esso può essere ritenuto assolutamente nullo; in tal senso, cfr. P. VIRGA, Diritto, op. cit., 2, 4 l .

Per l'individuazione degli elementi essenziali dell'atto amministrativo, cfr. P. VIRGA, lLprov­ vedimento amministrativo, Milano, 1 968, 1 63 ss. Va tuttavia osservato che la tesi proposta dall'A. non è concordemente accettata dalla dottrina, che non è d'accordo né sull'identificazione dei singoli elementi dell'atto, né sul numero di quelli che possono esser considerati essenziali. Sulla

1 98 Capitolo Quarto

to, tale deliberazione, come tutti gli atti amministrativi, è assistita dalla presunzione generale di legittimità, oltre che di efficacia ed esecutività63. Ne discende l'ulteriore corollario che soltanto un atto di sospensione del­ l'efficacia della stessa, adottato eventualmente nella fase di controllo, ovve­ ro in sede di cognizione ordinaria di legittimità, da parte del giudice ammi­ nistràtivo ex art. 2 1 1. 1 034/ 1 97 1 , potrebbe sospenderne l'esecutività, mentre in difetto di tale sospensione, la delibera resta idonea a produrre i suoi effetti, con il conseguente obbligo, a carico del terzo tesoriere, di ignorare del tutto il pignoramento riguardante le somme vincolate.

Tale soluzione sembra la più corretta perché in sintonia con l'esigenza fortemente avvertita dal legislatore (e chiaramente manifestata con le mo­ difiche già apportate con il d.lgs. 336/96) di evitare

ab origine

che i pigno­ ramenti illegittimamente eseguiti portino alla paralisi delle attività istitu­ zionali dell' ente locale.

9. - LE RICADUTE PROCESSUALI.

Ciò posto sul piano sostanziale, occorre ora verificare cosa accade sul piano più strettamente processuale. In sede di udienza ex art. 547 c.p.c., il terzo tesoriere, a meno di imprevisti, rende una dichiarazione di quantità, in cui evidenziando la presenza del vincolo apposto sulle somme dall' ente locale, rileva la mancanza di fondi disponibili e liberamente pignorabili da parte del creditore.

Ora, la difficoltà è costituita dal fatto che le questioni relative alla pi­ gnorabilità dei beni sottoposti ad esecuzione forzata, com'è noto, non pos­ sono esser fatte valere dal terzo in occasione della dichiarazione di quantità resa in udienza, ma devono costituire oggetto di rituale opposizione all' ese­ cuzione proponibile dal debitore ex art. 6 1 5, comma 2 c.p.c., secondo cui

«quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forza­

ta e questa sia iniziata, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che

riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'ese-

tematica conviene rinviare altresì a trattazioni classiche quali quelle di C. ALESSI, Principi di diritto amministrativo, Milano, 1 974, 276; A. M. SANDULLI, Manuale, op. cit., 698; A. BASSI. Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1 99 1 , 79. Per una posizione dubitativa, cfr. G . ACQUARONE, Attività amministrativa e provvedimenti amministrativi, Genova, 1 985, 1 0 1 ; C . MIGNONE, Gli elementi dell'atto amministrativo, i n AA.vv., Diritto amministrativo, op. cit., 1 23 1 .

Ttltela delle risorse finanziarie dell'ente iocale 1 99

cuzione».

La disciplina codicistica prevede cioè uno strumento processuale tipico attraverso la quale il debitore può far valere le sue ragioni di contesta­ zione del diritto della parte creditrice di procedere ad esecuzione forzata e tale strumento è costituito (soltanto) dall'instaurazione di un giudizio di cognizione tipizzato (opposizione all' esecuzione) , volto all' accertamento dell'impignorabilità dei beni oggetto dell'esecuzione. In tale sede cognito­ ria, infatti, la giurisdizione del giudice ordinario a tutela della posizione di diritto soggettivo del creditore non è influenzata dall' eventuale natura pubbli­ ca del debitore esecutato, rilevante sotto il diverso profilo della inespropriabilità di taluni beni, ove vincolati all' esercizio della funzione pubblica64•

Siffatto strumento processuale è, invero, espressione di un principio generale dell' ordinamento, quello della giurisdizionalizzazione delle con­ troversie inerenti a posizioni di diritto soggettivo, per cui anche nell'ambito del processo esecutivo, ogni contestazione tra le parti, che riguardi diritti delle stesse, può essere decisa soltanto da un soggetto che sia in posizione di sufficiente terzietà, cioè dal giudice, chiamato nella specie ad accertare la sussistenza dei presupposti legali dell'impignorabilità, cioè della delibera­ zione diretta a vincolare le somme impignorabili.

Lapplicabilità di tale principio è stata recentemente affermata dalla giu­ risprudenza, con specifico riferimento all'ipotesi di pignoramento di som­ me vincolate dall' ente locale, operato nella vigenza della precedente disci­ plina, contenuta nell' art. I l d.l. 1 8 gennaio 1 993 n. 8, conv. in 1. 1 9 marzo

1 993 n. 68, norma, che, pur prevedendo l'impignorabilità delle somme destinate dall' ente locale all' espletamento di servizi pubblici essenziali, non disponeva, come si è detto nel precedente paragrafo, la sanzione della nul­ lità assoluta del pignoramento illegittimo. In precedenza la Corte di cassa­ zione aveva precisato che il terzo debitore del debitore esecutato non era legittimato

«a far valere la non pignorabilità del bene - neanche sotto il profilo

(,4 In effetti, anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 68 del 1 993 (su cui v. più avanti nel

testo), la Corte di cassazione, 55.UU. , 24 settembre 1 997 n. 9383, in Foro amm. , op. cit., 1 1 99 (con nota redazionale di R.I.), ha ribadito che la p.a. si trova nella stessa situazione di un qualsiasi debitore privato con conseguente assoggettabilità all'espropriazione forzata anche delle somme già iscritte in bilancio, salvo il caso in cui esse siano da ricomprendere nel patrimonio in disponibile dell'ente pubblico, a seguito di provvedimento amministrativo o nonna di legge che li abbia vincolati ad una concreta funzione pubblica. Ne discende che «la recente l. n. 68 del 1993 si è limitata a disciplinare con maggiore rigore e precisione i limiti di pignorabilità delle somme rientranti nella contabilità degli enti pubblici e da questi destinate a soddisfare esigenze pubblicistiche, e la correlata contestazione, risolvendosi, appunto, in una ragione di impignorabilità, attiene non alla giurisdizione ma al merito, ed è deducibile, da parte della debitrice, con l'opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p. c. ».

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