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possono «stabilire ed applicare» tributi p rop r i , purché in arm n ia con la

Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Ma, l'utilizzo del termine

«stabilire»,

per descrivere il contenuto dell'autonomia tributaria degli enti locali, sembrerebbe voler sottintendere la possibilità - per i medesimi enti (e, naturalmente, per le Regioni) - di incidere con propria potestà normativa sugli elementi fonda­ mentali della fattispecie impositiva, specie se si considera che la norma ri­ conosce la facoltà di

«stabilire ed

applicare» , con cjò dimo tren o di far

riferimento a due nozioni ben preci e, l una eli carattere presccirrivo, l'altra

di carattere esecutivo. E se per le Regioni tale previsi . ne può appari re ri­

spettosa della riserva di legge di cui ali articolo 23 (ché tale riserva può

essere riferita anche alla legge regionale com e detto sopra), non si vede come le due disposizioni possano conciliarsi, laddove si voglia riferire tale potestà normativa anche agli enti locali. A meno di considerare il termine

«stabilire»

come riferito esclusivamente alle Regioni e quello

«applicare»

come

riferito invece agli enti locali, con ciò legittimando

ex past

quanto avvenuto sul piano della legislazione ordinaria, che, come si è ricordato sopra, ha già riconosciuto a Comuni e Province una qualche autonomia regolamentare in materia di applicazione e riscossione dei tributi locali.

4. -FEDERALISMO FISCALE, SOLIDARIETÀ E PEREQUAZIONE.

Diviene interessante, a questo punto, valutare in quale direzione il legi­ slatore ordinario (indipendentemente dalla revisione costituzionale) abbia indirizzato il limitato spazio di autonomia che è riuscito a riconoscere agli

enti territoriali diversi dallo Stato, essendo obbligato a muoversi nelle

«strette»

dei vincoli di cui da ultimo si è detto, che derivano direttamente dalla scelta di un preciso sistema politico-istituzionale e che, pertanto, vanno assunti a dati non modificabili del quadro di riferimento. In altri termini, appare

utile analizzare il descrino proces o di evoluzione legislativa in tema di fi­

nanza locale sotto la luce di giudizio di due diverse coppie dicotomiche,

runa costituita dalla relazione enti locali - Regioni e l'altra dal rapporto conflittuale solidarietà - competitività.

Quanto al primo aspetto, deve ribadirsi quanto già accennato poco SODra e cioè che b c1 i rezinnf' i ntr:1 n rpl,:1 rl :l ! !PCTid'Hr\rp n r. n " .... .... ,, �o " .... :"�r�

L'evoluzione del sistema verso il federalismo fiscale 1 2 7

essendo stata anzi l'evoluzione normativa caratterizzata da una oscillazione non indifferente e collegabile al corrispondente

«zigzagare»

che ha conno­ tato la riforma complessiva della pubblica amministrazione.

In effetti, è chiaramente decodificabile una prima fase - illustrata im­ mediatamente sopra - nella quale l'accento è stato posto più sugli enti loca­ li che sulle Regioni: si pensi all'istituzione dell'ici, all'introduzione del po­ tere regolamentare per gli enti locali in materia di tributi locali, alle com­ partecipazioni comunali e provinciali all'irap, all'addizionale comunale al­ l'irpef (l. n 360/98) . Pare evidente che il descritto processo rifletta quel momento della riforma istituzionale che più di altri sembrava volto alla realizzazione di un vero e proprio

«federalismo amministrativo»,

in cui i Comuni e le Province assumevano un ruolo centrale, in armonia con il principio di sussidiarietà, vero canone ispiratore di tale

«tranche»

della ri­ forma. Non è un caso se proprio nella norma-cardine della 1. 59/97 (e cioè della legge che rappresenta il

«manifesto»

del

federalismo amministrativo) ,

vale a dire all'articolo 4, comma 3, fra i principi alla stregua dei quali deve essere realizzato il conferimento delle funzioni agli enti territoriali si trova quello

«di copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle

funzioni e dei compiti amministrativi conferiti».

Così come non è un caso se - nel periodo 1 990- 1 996 - mentre il reperimento delle risorse finanziarie per i Comuni è giunto ad una percentuale del 40% di tributi propri, la medesima percentuale per le Regioni è rimasta al 6%61 .

Negli ultimi interventi, tuttavia, il legislatore sembra aver invertito la rotta, per puntare decisamente al riconoscimento di un ruolo centrale al­ l'autonomia tributaria delle Regioni62• Sintomi di un simile ripensamento possono essere individuati abbastanza agevolmente nella disciplina intro­ dotta con la legge n. 1 33/99 e con il relativo decreto legislativo di attuazio­ ne n. 5 6 del 2000. Accanto all'introduzione della fondamentale compar­ tecipazione regionale all'iva (con la contestuale soppressione dei trasferimenti erariali in favore delle Regioni medesime), si è proceduto all'abrogazione delle compartecipazioni comunale e provinciale all'irap, con ciò dando chiara dimo­ strazione della direzione che si vuoI seguire. Anche per questa fase l'evoluzione legislativa in tema di finanza pubblica pare riflettere - nel proprio ambito d'in­ cidenza - ciò che accade sul piano degli assetti istituzionali, ove la riforma del

61

Secondo quanto opportunamence rilevato da R. BIFULCO, Le relazioni, op. cit., 22.

62

Tale invcrsione di tendcnza viene colta anche da R. BIFULCO, Le relazioni, op. cit. , 22, il quale tuttavia conrinua a ritenere che gli sviluppi normativi degli anni più recenti sono {(chiara­ mente diretti a mJforZflre la posiziolll! t il molo del livello comunale».

1 28 Capitolo Terzo

Titolo V della Costituzione riporta le Regioni ad un ruolo centrale e ridimen­ siona in qualche mi ura la forza dirompente che pareva dovesse assumere 1'ap­

plicazione del principio di slIssidiarietà, nel quadro del

«federalismo ammi­

nistrativo»

implementaro con il

\<progetto Bassanini».

Ciò determina, come

acutamente rilevato in dottrina63, l'attuale compresenza nel nostro ordina­ mento della tendenza municipalista e di quella (neo)regionalista, con una inconciliabilità di fondo tra i due modelli che permane a suscitare perplessità e dubbi circa l'effettiva e concreta realizzazione di qualsiasi sistema di

«federalismo

fiscale)),

dal momento che si rischia di rendere ancora una volta lo Stato arbitro

della partita o del conflitto tra i due livelli sub-statali, vanificando l'autonomia dei medesimi64• Come già si è detto a conclusione dell' analisi del nuovo sistema di decentramento, anche per ciò che attiene alI'assetto finanziario dei diversi livelli di governo, il giudizio non può che rimanere sospeso, in attesa di ulteriori indicazioni che vengano dalla Costituzione materiale. Ciò che appare certo è che il lungo e complesso cammino intrapreso da molti anni verso la costruzione di un sistema

«sussidiario»

di ripartizione delle competenze (e delle risorse) fra Stato, Regioni e Comuni, con la conseguente valorizzazione del ruolo del livello più basso più vicino ai cittadini (quello comunale, naturalmente), non può essere cancellato, se non a prezzo della rinuncia pressoché definitiva a qualsiasi coerenza interna del sistema.

Quanto alla permanente potenzialità del conflitto tra le esigenze di so­ lidarietà del sistema e le spinte verso una maggiore competitività anche istituzionale, a fronte del riconoscimento di una sempre maggiore autono­ mia impositiva agli enti territoriali diversi dallo Stato, appare irrinunciabile la predisposizione di strumenti perequativi che consentano il riequilibrio della distribuzione della ricchezza fra aree ricche e povere del paese. Lo richiede, come si è visto, l'articolo 53 della Costituzione, nel momento in cui pone a base del prelievo fiscale la capacità contributiva del cittadino. Ma lo impongono, ancor prima, l'articolo 2 della Carta fondamentale (che contiene l'enunciazione del principio di solidarietà)65e l'impianto stesso del nostro sistema, che ha fra i propri riferimenti di principio quello della giu­ stizia sociale, la quale deve essere garantita - almeno tendenzialmente e ancorché per un livello minimo di servizi - in maniera uniforme su tutto il

(lj Cfr. ancora R. BIFULCO. Le rl!inzioJli, op. cit., 30.

G. R. BIFULCO, Le relazioni. op. cit., 33 parla in proposi [O di «gioco a somma zero tra livelli regionali e livelli comuJ/ali ... proponendo. come possibile soluzione, l'estensione del modello coo­ perarivo dal piano Sraro-Regioni a quell o Regioni-Comuni.

G) Per l'inAue112a esercitaca dal principio solidaristico sul nostro sistema istituzionale V amplius mpm cap. 1 al par. l nel cesro e alle noce 9 cd 11 ed ivi ampi riferimenti bibliografici.

L'evoluzione del sistema verso il federalismo fiscale 1 29

territorio dello Stato. Pure, senza scendere qui nel dettaglio, gli strumenti di perequazione verticale ed orizzontale approntati con la legge n. 1 33/99 e con il d.lgs. n. 56/2000 consentono di affermare che un buon punto di composizione fra le due esigenze pare essere stato trovato, soprattutto se si considera che per la prima volta si supera la logica della perequazione im­ posta dall' alto con trasferimenti erariali e ci si incammina invece verso un sistema improntato alla collaborazione diretta (trasversale, o, come detto, orizzontale) tra le diverse entità territoriali che insistono sul territorio dello Stat066• Anche in questa materia, tuttavia, permangono incertezze e ambi­ guità della disciplina, che rischiano di compromettere l'integrità del siste­ ma verso il quale ci si intende incamminare; si pensi, a titolo esemplificati­ vo, al fondo perequativo nazionale istituito dall' articolo 7 del d.lgs. n. 56/ 2000, che, pur rimandando all'idea di uno strumento che agisce vertical­ mente (dallo Stato verso le autonomie territoriali), si alimenta in realtà con le compartecipazioni sull'iva e con l'accisa sulla benzina, i cui importi sono commisurati a variabili regionali67 così riportando alla mente strumenti di perequazione orizzontalé8• Ma si rifletta anche sull' esperienza degli altri paesi - come per esempio la Germania - nei quali gli strumenti di perequa­ zione orizzontale sono già operanti da anni e nei quali il meccanismo di redistribuzione del gettito fiscale alimenta tensioni, specie per il malcon­ tento dei Uinder eiù ricchi, costretti a versare un'ingente quota di risorse a quelli più poveri. E per questa ragione che diventa importante costruire un rapporto fra strumenti orizzontali e verticali di perequazione, tale da con­ sentire di distinguere con limpidezza le diverse fasi della redistribuzione e la misura del concorso di ciascuna Regione alla perequazione. Lattuale disci­ plina del nostro ordinamento, invece, accomuna le due fasi in un medesi­ mo meccanismo, che certamente non agevola una lettura trasparente di quanto concretamente avviene. Ed in effetti, come dimostra l'attenta lettu­ ra dell'allegato A al d.lgs. n. 56/2000 e delle formule matematiche utilizza­ te per determinare la quota finale da erogarsi annualmente a ciascuna Re­ gione, il calcolo è unico per entrambi gli strumenti di perequazione e, dun-

66

La disciplina degli strumenti di perequazione orizzontale e verticale è contenuta, come già si è detto alla nota 45 del paragrafo 2 di questo capitolo, all'articolo 7 del d.l.gs. n. 56/2000, sicché pare opportuno rinviare il lettore alle considerazioni ivi svolte.

67 Come opportunamente sottolinea M. ESPOSITO, Lombardia «generosa» con iL Sud, sul quotidiano IL Mattino del giorno 7 giugno 200 l .

GB

I l punto è colto con felice intuizione d a F. COVINO, La Costituzione, op. cit. , 166- 167, secondo cui, in definitiva, il legislatore si è ispirato a «modeLLi perequativi presenti in ordinamenti stranieri» per poi utilizzarli solo parzialmente.

1 30 Capitolo, Terzo

que, il fondo nazionale di perequazione

«non costituisce un apposito stanziamento

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