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criteri di riferimento o modelli operativi nascenti dalla comune esperienza e razionalizzati nelle conoscenze tecnico-scientifiche delle discipline economiche,

aziendalistiche e statistiche» .

Il tutto per garantire che ogni settore della pub­

blica amministrazione risponda effettivamente al mpdello ideale delineato dall' art. 97 della Costituzione, cioè quello di un

«apparato pubblico real­

mente operante sulla

base

dei principi di legalità, imparzialità ed efficienza» .

Vi è poi la dell'estensione soggettiva del controllo successivo sulla ge rione. sorto il dubbio, alfindomani dell' emanazione della legge

n . 20/94 , e le disposiz.ioni che inr roducevano tale forma di valutazione

dovessero trovare applicazione anche nei confronti delle Regioni e degli enti locali. La prassi sviluppatasi fin da subito tendeva a ricomprendere - sulla scorta di una formulazione letterale della norma invero inequivocabi­ lelOI - le Regioni nell' ambito soggettivo di applicazione del controllo, susci­ tando non a caso la reazione di alcune di esse102. Invero, la questione della compatibilità di una simile forma di controllo con il principio autonomi-

1 00 La detta

p

ronuncia è stata per alcuni profili già analizzata al capitolo II, al par. 1 , laddove

si è affrontato, per l'appunto, il tema della ricostruzione concettuale del principio di buon anda­ mento dell'azione amministrativa. Si è perciò descritto l'iter argomentativo attraverso il quale la Consulta è giunta ad una organica rivisitazione del ruolo di controllo e della posizione istituziona­

le della Corte dei conti, nel mutato quadro di ricerca del tendenziale equilibrio economico-finan­

ziario del settore pubblico e di nccessità di corretta gestione delle risor e col lettive. proprio <<sotto

il profilo dell'efficacia, dell'efficienw e dell'economicità ••.

1 01 E di ratti , sc il reno comma dell'art. 3, l. n. 20/94 opera riferimento alle ..amministrazioni pubbliclJe>., geneticameme ime c, il quinto comma specifica che le •• amministrazioni regionalù S0110 pure sonoposte al con crollo successivo suJlH gestione, sia pure con alcune differenze rispetto al modello tipico di tale valutazione, poiczhé non si tratta nei loro confronti di giudicare la legitti­ mità c/o la regolarità della gestion • ma solrallCO di verificare la rispondenza dei risultati conseguiti

rispetto agli obiettivi prefissatj dalla legge.

102 I l ricorso, che ha porrato poi alla pronuncia della Corte costituzionale n. 2 9 del 1 995, già

numerose volte citata nel testo ed in nota, è stato proposto, per la precisione, dalla Regione Valle d'Aosta, dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dalla Regione Veneto e dalla Regione Emilia Romagna.

1 46 Capitolo Terzo

stico pure riconosciuto in Costituzione ed anzi esaltato dalla riforma della pubblica amministrazione e dalla ricostruzione del modello di decentra­

men to, nei term ini che si sono ampi amente illustrati nel primo capitolo di

questo lav ro, rappresenta una problematica di non poco momento; sic­

ché, ai fini di Wla corretta impostazione conviene mantenere distinte le

conclusioni, a seconda che si voglia focalizzare il discorso sulle Regioni o

piuttosto su Comuni e Province.

Per la posizione delle prime, come si è già accennato, è intervenuta la Corte costituzionale ad affermare la legittimità dell'articolo 3, commi 4 e

5, della I. n. 20/94, nella parre in cui ricomprende le Regioni nell'ambito

applicativo dci controllo sulla gestione, all'esito di un

iter

argomentativo assai ampio, che non è possibil né utile ripercorrere in questa sede103, ma

che appare pienamente condivi ibile.

Per ciò che attiene agli enti locali, invece, il settimo comma della disposizio­ ne in parola 104 tiene ferma la vigenza delle disposizioni della legge n. 5 1 /82, la quale già prevedeva che le Province ed i Comuni dovessero trasm nere i propri consuntivi alla Corte dei conti, che, in una sezione speciale all'uopo costiruira

avrebbe poi riferito i risultati dell' esame compiuto sulla gestione finanziaria e sul buon andamento dell' azione amministrativa degli entiJOs.

Volendo rifarsi ancora una volta alla citata pronuncia della Corte costi­ tuzionale, questa opportunamente chiarisce che, pur restando ferme tali

103 La Corte costituzionale, chiamata a pronunciar i ci rca la leginimit� dell'esercizio da parre della Corte dei conti del controllo successivo ulla gestione agli atti regionali, con la già più volre richiamata s nrellZa n. 29 dci 27 gennaio 1 995, ha risoltO negal-Ì vamcmc la qucsrione, c pressa­

mente ratucndo: «Non sono fondate le ql/./:stioni di If!gitrimitlt costituziond/� solm/au dalle Regioni Valle d'Aosta, Frinu-\té1l(�Ziil Giulitl l!d Emilill-Romagna, "igumdo II- I/arie disposizioni contf!ntue nell'tm.

3 l. 14 gennaio 1994 II. 20 dlllle ql�fdi si dmml{! L'estensiD1J� altè AmministraziDni l:egiDl/aii del

controllo mccessi vo mila. gestiDne operato dalla Corte dei comi per p/'cteSft lIioiaziDm dell'lm. 125

Cost., il qualI! stllbilirebbe in modo taSSfttivD sia i tipi di comrotlo ammissibili rigum-d{} agli atti regio­ naLi, sia i casi di controllo di m,'rito ai fini d-cl riesame. ntteso che l'insieme dei cDntrotliprevisti negli

"rit. 1 00 secondo comma, 125 primo comma e 130 Costo nOli preclude aL Legislatore ordinario di

di cDntrollo dilJerse e ulteriori, pUl'cM pc/' esse sia /'int/'llcciabile mila Cos&itllziolle '1m

adeguato normativo o un nJlcol'fIggio tt interessi costituzionalmente tutelatill. La massima

si può leggere in Sett. gitlr., 1 995 p. sp., 1 3 SS.

11M E cioè l'articolo 3 della leggc Il. 20/94.

In� Peraltro, è imporcantc sonolincarc cilC le disposizioni della legge n. 5 1 /82, applicabili

solranro a Comuni e Province con più di oltornila abitanti, sono s[are giudicare co owzionalmen­

te I gittime dal giudice delle leggi in due occasioni (sent. n. 422 del 23 dicembre 1 988 e n. 961 del 1 3 otrob,rc: L 988, rjsperrivamemc in Setto giuy., sp. I, 1 998, 227 -solo massima - e in Giur. cost.,

1 988, 1, 4543), sul duplice prcsuppqSto del limite soggettivo di applicazione e del limite oggettivo

L'evol1lzione del sistema verso il federalismo fiscale 1 47

disposizioni per espressa previsione del settimo comma dell' art. 3 L. n. 20/ 94, il controllo successivo sulla gestione si estende oggi anche agli enti loca­ li, senza alcuna limitazione relativa alla dimensione della popolazione. Tut­ tavia, è da ritenere che, nel chiaro intento di non comprimerne eccessivamente 1'autonomia, il successivo ottavo comma dell' articolo 3 escluda gli

«enti territo­

riali»

dal novero dei soggetti nei confronti dei quali la Corte dei conti può chiedere il riesame di atti non ritenuti conformi a legge. Ma ciò che appare di grande rilevanza - con specifico riferimento agli enti locali -è la previsione di

una stretta connessione tra il controllo successivo sulla gestione ed il controllo interno di gestione, nel triplice senso che: a) le verifiche della Corte dei conti vanno svolte

«anche in base all'esito di altri controlli»

106; b) le relazioni della Corte

dei conti in merito alla gestione di Comuni e Province contengono anche valu­ tazioni sul funzionamento dei controlli interni 107; c) nell' esercizio del controllo sulla gestione, la Corte può chiedere agli organi di controllo interno qualsiasi atto o notizialO8• Simili forme di collegamento interorganico - che rappresenta­ no una novità per il nostro ordinamentol09 - imposte dalle innovazioni norma­ tive che si sono susseguite in tema di controlli negli ultimi anni, stanti l'intreccio di competenze e le nuove finalità assegnate alI'attività di verifica dell' azione amministrativa, consigliano, con maggiore evidenza che in passato, una struttu­ razione dei controlli tutti come funzioni ed organizzazioni collegate in un siste­ ma. Ciò consente sicuramente di utilizzare al meglio le dotazioni di personale e di mezzi che appartengono agli apparati titolari di poteri di controllo nelle varie strutture pubbliche, poiché costituirebbe davvero un paradosso che gli organismi deputati alla verifica di efficienza, di efficacia e di econo­ micità dell' azione amministrativa operassero poi in un contesto organizza­ tivo irrazionale e contraddittorio con quegli stessi canonil lo.

106 Cfr. articolo 3, comma 4, l. n. 20/94. 107 Cfr. articolo 3, comma 7, l. n. 20/94. 1 08 Cfr. articolo 3, comma 8, l. n. 20/94. 1 09

Va qui segnalato, invero, che il nostro ordinamento ha sempre ignorato - in tema di controlli amministrativi - le complesse problematiche dei rapporti tra gli organi che compiono, a vario titolo e con vari effetti, verifiche d'atti e d'attività delle strutture pubbliche ed è, quindi, avaro di norme in materia. Sul punto v. F. GARRI, I rapporti tra gli organi di controllo interni e gli altri organi di controLlo interni ed esterni, in Enti pubblici, 1 996, 34.

1 1 0 Basri pensare a quale spreco di efficienza può portare la duplicazione di strutture (interne

ed esterne) aventi le medesime funzioni. In particolare può qui dirsi che un primo raccordo è

I1ccess�Hio aUorché i tratti di eliminare di verifiche. Un secondo tipo di collegamen­

tò è richicsw quando l'attività di un di conrrollo possa essere finalizzata alla selezione di

farri rilevanri per l'esplicazione dell'attivita'di un secondo organo di controllo. In terzo luogo, può

esservi conncss.ione qualora un org:'lnismo di cOJ1[mllo divenga strumentale ad un altro, che lo utilizza per raccogliere dati, informazioni, notizie, ecc.

1 48 Capitolo Terzo

È

intuitivo che all'introduzione del controllo successivo sulla gestione in maniera generalizzata per gli enti locali, dovesse necessariamente corri­ spondere una consistente riduzione dell' area di applicabilità del controllo preventivo di legittimità sugli atti amministrativi di tali soggetti. La ten­ denza, che fu inaugurata già dalla legge n . 142/90, è rara poi portata avanti

(in relazione agli atti del Governo) dalla legge 20/94 e -con riguardo spe­

cifico agli enti locali - dalla legge Bassanini-bis, che ha Lllteriormente circo­ scritto tale funzione di verifica, riferendola soltanto agli aqi fondamentali della vita dell' ente locale!!!. Si tratta di disposizioni che esibiscono un ele­ vato grado di coerenza con il duplice fronte di principi cui si ispira la rifor­

ma, poiché da un lato e e completano il disegno autonomistico (allentan­

do la mor a di urlattività di valutazione che spesso assumeva i caratteri di un riesame), dall'altro dimostrano che il legislatore ha ulteriormente preso atto della necessità di impostare secondo logiche nuove la questione della valutazione del buon andamento dell'azione amministrativa. Queste logiche,

dedotte dali' esperienza e dalla scienza economico-aziendalisTIca, mal si prestano ad essere interpretate secondo categorie di amministrazione artiva e attivil:à eli

secondo grado (controllo) ancorate alla cultura della legittimità del singolo atto; esse impongono piuttosto che la gestione vada valutata nel suo com­ plesso, addirittura in una prospettiva pluriennale e programmatica 1 12.

I I I Attualmente, il sistema dei controlli di lcg.itrimità sugli atri dell 'eme locale assoggetta a

tale tipologia di verifica unicamente gli atti fondamenrali nella vita dell'cnr ' e cioè, nel derragl io:

a) lo statuto; b) i regolamenti di competenza consiliare, esclusi però q\lelli arrinenri all'autonomia

organizzativa e contabile dello stes o c0,n iglio; c) Il bilancio annuale e quello pluriennalc, con

relative vari3Ziioni; cl) il rendiconto della gesti01lc (cfr. :m. 1 26 dci t.u.o.ce. I ! .) , Per quanto riguarda

la sottrazione all'ambi to del controllo dei regolamenri che ono espressione di 3uronomia

organiu.atjva e comabile dell'ente, il Consiglio di raro ha precisato, con parere della sezionc l, n .

2 1 9 del 1 4. 1 0. 1 998 (in Giol'll. dù: flmm., 1 999, 385, con commento d i P. MORBIOLO), che tali regolamenti sono quelli «interni dei Consigli, I!spressione dell'alllonomia di trlli orgfl7Ji», V'è poi il.

controllo evel1t1J.ale di legittimirà, che si esercita - quando lo ridliedano IIn quarro dei consiglieri

-sulle deliberazioni riguardami: a) appalti e atfldall1.enro di servizi o forniture di importo superio­

re alla soglia dj rilievo comunitario; b) dotazioni organiche e reJ�tive variazioni; c) assunzioni del

personale (cfr. art. 1 27 dci r.u.o.ce.!!.). Ne risulta un quadro per cui oggi il controllo di legittimità

- co ì ridolt quali-quantirativamenre - rivcste ruolo del tutto marginale rispetto al ben più

esteso cd incisivo controllo di gesl'ione, tanto che se ne può parlare ormai nei termini di un istituto

residuale, come peralrro , i diceva mpm n I t to. Cfr. in tema A. CORPACI, Il controllo sugli atti

regionali e degli enti locali. in Giom. dù: amm. , 1 998, 273; 1. MELIS, Normativa di riordino in tema di

controllo sugli atti degli enti locali, in Nuova rass. , 1 998, 773; E. MELE, Il controllo degli atti negli enti locali dopo la legge n. 127 de! 1997, in Nuova m,rs., 1998, 763; C. ROME!, T. ROMEI, Il controllo preventivo di legittimità tra dubbi e incertezze, in Nuova rass. , 1 998, 1 667; A.R. TASSONE, I controlli sugli atti degli enti locali nelle leggi n. 59 e n. '127 del 1997, in Dir. amm., 1998, 57.

1 1 2

L'evoluzione del sistema verso ilfoderalismo focale 149

7. - IL DISSESTO ECONOMICO-FINANZIARIO E I CONSEGUENTI LIMITI ALL' AUTONO­ MIA FINANZIARIA E CONTABILE DELL'ENTE LOCALE.

La disciplina relativa al dissesto economico-finanziario degli enti locali - contenuta oggi nel t.u. n. 267/2000, come si vedrà in appresso - costitu­ isce l'ennesima riprova di quanto sia stata pressante la spinta

«efficientista»'

nella strutturazione normativa della riforma del sistema degli enti locali, anche a discapito della esigenza autonomistica, pure riconosciuta come ten­ denza altrettanto fondamentale delle innovazioni portate avanti nell'ulti­ mo decennio.

È

stato così introdotto nel nostro ordinamento un istituto che, nei momenti patologici della gestione economico-finanziaria dell' ente locale, persegue il dichiarato obiettivo di procedere al riequilibrio della si­ tuazione finanziaria dell' ente medesimo.

Non pare azzardato parlare in proposito, di

«carenza di autonomia nella

patologia»,

con ciò facendo riferimento ad una procedura che, ampliando notevolmente le possibilità d'intervento statale nei momenti di difficoltà finanziaria dell'ente locale, riduce il ruolo di quest'ultimo a quello di sog­ getto quasi

minus habens

o sotto tutela. Diversa soluzione - e forse più coerente con le tendenze dell' ordinamento - poteva essere quella di respon­ sabilizzare i soggetti titolari dei poteri di gestione e l'ente locale stesso com­ plessivamente considerato come soggetto a�tonomo dell' ordinamento isti­ tuzionale e del sistema di decentramf�nto. E prevalsa, invece, quasi prepo­ tentemente, l'esigenza - della quale, come si è evidenziato, è ormai

«impre­

gnata»

tutta la disciplina relativa alla finanza ed alla contabilità dell' ente

locale - di adottare criteri e canoni di gestione ispirati a principi di matrice aziendalistica, dal momento che il dissesto dell' ente locale presenta molte analogie con il fallimento di un' azienda privata.

In realtà, la necessità della dichiarazione di dissesto consegue all'impos­ sibilità di fare fronte alle obbligazioni assunte e costituisce un momento critico nella vita finanziaria del Comune e della Provincia, che trova la pro-

spi nge sempre più in avanti, nella ricerca di tipologie di valutazione che siano maggiormente

rispondenti alla necc,�sirà di guidare quasi con quoridianirà l'indirizzo della gestione in maniera

che sia coerente ed armonica con il ciclo di bilancio. Una nuova forma di controllo di cui si dibatte di recente in dottrina è quella dell'auditing (proprio dei paesi anglossassoni), definito da

G. LADU, li sistema dei controlli, in AA.VV., Contabilità di Stato e degli enti pubblici, Torino, 1999, 259, come «valutazione indipendente, obiettiva e rigorosa di una certa posizione finanziaria, sulla base di elementi validi di giudizio, in vista di un rapporto scritto che esprime una documentata e motivata opinione sulle vicende finanziarie dell'ente assoggettato a controllo e sulla correttezza della loro esposizione, in riferimento a principi contabili consolidati». Sull'istituto v. anche A. POMERANZ,

1 50 Capi/olo Terzo

pria ragione d'essere in un sistema compiuto, producendo una serie di rilevanti effetti, sia nella sfera dell' ente che in quella dei creditori dell' ente dissestato 1 13 •

Listituto, data la sua rilevanza, dopo diversi frammentari interventi legisiativi J J4 è (aro rganicamente inserito nell'ambiro della disciplina ge­ nerale della .finanza locale emanata col ricordaro decreto legislativo n. 77 del 25, febbraio 1 995, in virtù della delega omenUl:a nell'art. 4 della 1. n.

42 1 / 1992 ed oggi, come si è avuto modo di anticipare, è stato recepito nel

testo unico delle leggi sull' ordinamento degli enti locali, agli artt. 242-269.

Più specificatamente, il dissesto era disciplinato nel capo VII del decre­ to, intitolato « rùanamtmto

finanziario»,

con numerosi collegamenti organi­ ci alla disciplina della comabilità degli enti locali (oggi capo VIII della se­ conda parre del cou . cit., in titolato

«Enti locali deficitari o dissestatù) .

Non è senza rilievo sottolineare qui che la normativa di riferimento è il frutto di numerosi

«aggiustamenti»

del legislatore, anche successivi al d.lgs. n. 77/95 , che dimostrano la difficoltà di giungere ad una disciplina compiuta, che non lasci margine di ambiguità ermeneutiche 1 15 • Giova in proposito ricor-

I l.l Sul dissesto in generale possono vedersi G. RO.MANO, F. SARRACINO, M. ZEOLI, P. IN.

GLESE, Il dissesto finanziario degli enti locali, Milano, 1 998; F. PALAZZOLO, Il dissesto finanziario degli enti locali, in Nuova rass" 1 996, 646 ss; A. M. SANDULLI, Il «completo risanamento» dei debiti degli enti locali in dissesto, in Riv, dir, proc. , 1 996, 7.

1 14 Il problema del risanamento degli enti locali

dissestaci si è posto all' attenzione del legisla­ tore sin dal 1 986, con l'emanazione del d.l. 3 1 8, convertiro nella legge 488 del 1 986, contenente l'art. 1 bis che prevedeva l'obbligo del riequilibrio di compctcl11.a c dci residui. Le insufficienze della norma in parola, -manifestatesi col tempo, sp.iJlsero il legislatOre ad introdurre nell'ordina­

mento, con la legge 1 44 del 1 989, l'istituto del dissesto per gli emi che non essendo in grado di

garantire «l'assolvimento delle funzioni e dei serllizi prim(//'; fono tt:lwti all'adozione eli un pial10

finanziario volto a risanare le passività esistenti e ad ItSsiclI/Y//'e 11110 stnbile eql/ilibrio ec01/01lli,0 dei

bilancio». Tale disposizione non riuscì a sopperire ai comportamenti omissivi di molti ammini­

stratori locali, che spesso hanno camuffato le condizioni precarie delI:ente determinate da una non corretta gestione. In virtù di ciò il legislatore interveniva ancora in'tema con l'art. 21 del d.1. 8/93, convertito in legge 68/93, che ha modificaro III. norma rrecedenrc sorro il profìlo della

obbligatorietà della dichiarazione del dissesto e della rilevanza dc ruolo dci Commissario liquida­

tore, i cui poteri venivano ampliati. Il d.lgs. 336/97, poi. modificò significativamente la disciplina dettata.dal d.Igs. 77/95 in materia di dissesto e di ris3n:lnlcnro oprarrucro 'otto il profilo dell'ac­

celerazione della procedura di risanamento, di separazione rra la gesrione ordinaria e quella d I pregresso, della maggiore autonomia dell'organo liquidatOre. Ancora. un ulteriore i nrervento in materia si rinviene nel d.lgs. 342/97 che ha previsto un meccanismo semplificato per l'estinzione dei debiti e sanzioni per gli amministratori che hanno .determinato la crisi finanziaria. Per un commento organico sulla richiamata ricostruzione normativa cfr. S. SESSA, L'istituto del dissesto degli enti locali, in Riv. trib. loc., 1 999, 5 1 5 ss.

1 1 5

Si vedano in dottrina L. MERCATI, L'ente locale in dissesto: le nuove norme, in Giorn. dir, amm. , 1 998, 282 ss.; D. GIORGI, Le nuove disposizioni in materia di equilibrio e dissesto finanziario degli enti locali, in Comuni d'Italia, 1 997, 1 635 S5,

L'evoluzione del sùtema verso il fèderalùmo fiscale 1 5 1

dare che una prima modificazione si è avuta in virtù del d.lgs. I l giugno 1 996 n. 336 - che assume qui particolare rilievo - emanato in virtù della

delega contenuta nel d.l. n. 444/95, convertito con la l. n. 539/95, di pro­ roga del termine per l'adozione delle disposizioni correttive del decreto sul­ la finanza degli ee.ll. Successivamente, è intervenuta la modificazione di cui al d.lgs. n. 342 del 1 5 settembre 1 997 - emanato in virtù della delega recata

dall'art. 9, co. 1 , l. 1 27/97 -ed ancora quella contenuta nel d.lgs. 23 otto­

bre 1 998 n. 4 1 0, conseguente alla proroga introdotta dall' art. 2, comma 22, della 1. 1 6 giugno 1 998 n. 1 9 1 , che aggiungeva, in coda al citato artico­ lo 9, il comma 7 bis, il quale consentiva che le disposizioni integrative e correttive del citato d.lgs. n. 342/97, pur nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e delle medesime procedure, potessero essere emanate entro un anno dalla data della sua entrata in vigore1 1G•

Qui giova sottolineare che pure nell'ultima configurazione legislativa trattasi di un istituto volto ad ovviare al disavanzo finanziario strutturale degli enti locali, consentendo, da un lato, di riconoscere e soddisfare (cfr. art. 256 del nuovo t.u.) le obbligazioni assunte (formazione della massa passiva: cfr. art. 254), anche attivando risorse proprie (formazione della massa attiva: cfr. art. 255); dall'altro, di salvaguardare la gestione ordinaria dell' ente.

La delibera di dichiarazione del dissesto viene adottatal l7 sulla base di due concorrenti circostanze, e cioè l'impossibilità per l'ente di garantire 1'erogazione dei servizi pubblici essenziali e, al contempo, l'insolvenza dell' en­ te medesimo, che non riesce a far fronte alla propria situazione debitorial 18• S'insedia quindi, presso l'ente dissestato, un organo straordinario nomina­ to dal Ministero dell'Interno, e cioè la Commissione straordinaria di liqui­

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