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I limiti del concetto di territorialità nella Direttiva IVA

Capitolo II – Imposizione IVA sul commercio elettronico

4. La direttiva 2002/38/CE, il regime applicabile alle operazioni di servizi resi tramite

4.2. I limiti del concetto di territorialità nella Direttiva IVA

Un’operazione è soggetta ad IVA quando, oltre al presupposto oggettivo e soggettivo, sussiste anche il presupposto territoriale, il quale viene verificato secondo criteri differenti a seconda che si tratti di cessione di beni o prestazione di servizi.

Il commercio elettronico porta ad un continuo sforzo d’adattamento e di attenta analisi delle normative vigenti soprattutto a causa di problemi di territorialità.

Il luogo della fornitura di beni e servizi forniti è stato sempre un argomento di grande importanza e complessità nell’ambito IVA.

Le regole disciplinanti il luogo della prestazione svolgono un ruolo fondamentale nel rispondere alla prima preliminare questione concernente il sistema IVA, ovvero, in relazione al mercato internazionale, quale Stato abbia o meno giurisdizione nel tassare. Tali regole, quindi, cercano di assicurare un’equa ripartizione dei redditi d’ imposta ed i limiti imposti svolgono un ruolo cruciale nel garantire una concorrenza leale nel mercato interno. Il percorso seguito in tale direzione dalle istituzioni europee è stato lungo e ancora è passibile a modifiche, garantire un regime neutrale è sicuramente lo scopo fondamentale del legislatore comunitario.

La Sesta Direttiva, ha completamente alterato le regole generali delle prestazione di servizi contenute nella Seconda Direttiva, con la finalità di eliminare le disparità normative esistenti nelle legislazioni degli Stati membri.

La Seconda Direttiva aveva un criterio generale per la tassazione delle prestazioni di servizio nel paese di destinazione corrispondente al luogo in cui erano consumati, indipendentemente dalla sede del prestatore e dalla natura di chi riceveva, conteneva un approccio sul luogo di utilizzazione, in sintonia con la qualificazione dell’ IVA come imposta sui consumi71.

Questo criterio era previsto dal Art.6 , terzo comma, della Seconda Direttiva: “in

linea di principio, si considera come luogo di prestazione di servizi il luogo in cui il servizio reso, il diritto ceduto o concesso il bene locato sono utilizzati o sfruttatti.”

Questo criterio era previsto soltanto per alcune prestazioni e in altri casi l’individuazione era rimessa alla discrezionalità degli Stati 72.

La Sesta Direttiva non contempla, tra le varie categorie di servizi in essa disciplinate, quella delle prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici. È necessario attendere la direttiva 2002/38/CE prima che tale categoria venga considerata come a sé stante e con un proprio specifico regime di applicazione.

Partendo da tale presupposto, si è conseguentemente fatto rientrare tali prestazioni di servizi nel generico regime individuato dall’art. 9 della Sesta Direttiva.

L’ art. 9 paragrafo 1, stabilisce la regola generale secondo cui “ Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile , a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o,in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile , il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale”. Tale è il cosiddetto “principio di tassazione all’origine”.

Tale regola generale, basata sul principio di tassazione all’origine, è designata al fine di contenere le prestazioni fornite a privati consumatori, o a soggetti passivi d’imposta nazionali. Essa è basata sulla presunzione che, a causa di limiti tecnici, le prestazioni di servizi a privati consumatori generalmente avvengono nello stesso paese, quindi il prestatore, il consumatore ed il luogo della prestazione, ricadono tendenzialmente sotto la stessa giurisdizione.

71 Logozzo M., La territorialità ai fini IVA delle prestazionu di servizi generiche, in Corriere Tributario,

12/2010, p.919

72 Logozzo M., La territorialità ai fini IVA delle prestazionu di servizi generiche, in Corriere Tributario,

Tuttavia, l’art. 9 paragrafo 2, poi, prevede una serie di regimi speciali. In particolare quello sicuramente più affine alle prestazione di servizi rese tramite mezzi elettronici, è la deroga individuata alla lettera e).

Difatti, tale paragrafo disciplina il regime applicabile a servizi che potrebbero definirsi intangibili, quali consulenze, pubblicità o data processing. Per loro natura, tendenzialmente tali servizi sono servizi forniti a soggetti passivi d’imposta, e sono reputati dalla stessa direttiva come più tendenti ad un tipo di commercio cross-border. Di conseguenza l’ art. 9, paragrafo 2, lettera e), così statuisce: “il luogo delle seguenti prestazioni di servizi , rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità , ma fuori del paese del prestatore,

è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o , in mancanza di tale sede o di tale centro d ' attività stabile , il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale “. Tale regola, deroga al “principio di tassazione all’origine” e, al contrario, si pone in linea con il “principio di tassazione nel Paese di consumo”. La regola, quindi, vale solo qualora la prestazione dovesse essere effettuata da un prestatore comunitario nei confronti di destinatari al di fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella comunità in uno Stato diverso da quello del prestatore. Nel caso in cui, di conseguenza, il destinatario fosse un privato consumatore, il regime del paragrafo 1 sarebbe applicabile.

Il regime della Sesta direttiva dunque applicabile alle prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici è quello di cui al paragrafo 1 dell’ art. 9. Questo comporta due indesiderate conseguenze. La prima potrebbe verificarsi all’interno della Comunità: la tassazione al’origine potrebbe condurre ad un’errata allocazione dei redditi IVA tra gli Stati Membri sotto un dato schema di consumo. Difatti esso comporterebbe una distorsione degli schemi di consumo della concorrenza intra comunitaria offrendo l’opportunità al consumatore di indirizzare i suoi acquisti verso gli Stati Membri con i tassi IVA più bassi.

La seconda conseguenza indesiderata di tale regime, avrebbe, invece, delle ripercussioni a livello globale. Da un lato, in caso di servizi effettuati da prestatori extra- comunitari nella Comunità, sia verso soggetti passivi d’imposta che privati consumatori, il luogo della prestazione sarà individuato al di fuori della Comunità e, di conseguenza,

non saranno sottoposti all’imposizione dell’ IVA comunitaria. Perciò, se il paese del prestatore non ha un regime IVA , tale prestazione resterà non tassata del tutto.

Dall’altro lato, prestazioni da parte di soggetti comunitari verso destinatari al di fuori della comunità, saranno tassati in entrambi i casi.

Di conseguenza, in pratica, i prestatori comunitari applicheranno l’IVA sulle loro prestazioni sia nei confronti di consumatori comunitari che extracomunitari; mentre i prestatori extra-comunitari, potrebbero fornire servizi senza tassarli né all’interno della Comunità, né al di fuori. Questo altererebbe gli schemi delle transazioni in quanto indurrebbe i prestatori comunitari a fornire servizi tramite siti web situati nei Paesi terzi al fine di limitarne la concorrenza. Per di più, a causa della differenza di prezzo, questo porterebbe i consumatori finali a rivolgersi a mercati terzi. Il tutto genererebbe una seria e grave distorsione della concorrenza.