L’IDENTITÀ RELIGIOSA E OPERATIVA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
UNA PRESENZA IN ESPANSIONE
1. Linee evolutive dal 1872 alla fine del secolo
Manca ancora nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice una rico-struzione storica complessiva condotta con metodi storiografici adeguati, e dunque anche quella relativa al suo primo trentennio, di cui vengono qui richiamati sobriamente alcuni tratti attinenti all’evoluzione e al-l’espansione, senza affrontare la ricca e complessa dimensione missiona-ria.
La presenza delle FMA nella società italiana va studiata nel riscontro concreto delle opzioni e dei fatti, oltre che per i motivi generali, anche in ragione della sua identità di istituto di vita attiva.1 Il progetto primigenio di d. Bosco e di Maria Domenica Mazzarello,2 come anche le prime
espe-1 D. Bosco si rivolge a E. Dominici per una collaborazione nella stesura delle pri-me Costituzioni delle suore, sulla base di quelle dei salesiani e delle Suore di S. Anna.
Egli specifica di voler «fondare un istituto le cui figlie in faccia alla Chiesa siano vere religiose, ma in faccia alla civile società siano altrettanto libere cittadine». Cf lettera di d. Giovanni Bosco a m. Enrichetta Dominici, Torino, 24 aprile 1871, in Archivio generale delle suore di S. Anna 31312, pubblicata in Piera CAVAGLIÀ -AnnaCOSTA (a cura di), Orme di vita tracce di futuro. Fonti e testimonianze sulla prima comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1870-1881) = Orizzonti 8, Roma, LAS 1996, Do-cumento [d’ora in poi: D] 3, e per la prima volta da Pietro STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, I: Vita e opere = Studi storici 3, Roma, LAS 19792, p. 188, nota 3.
2 Per vari decenni è stato sottovalutato, dalla storiografia salesiana, specchio e ar-tefice di una mentalità, il contributo attivo di Maria Mazzarello alla fondazione del-l’Istituto. L. Fiora ha ricostruito la storia del titolo di confondatrice caldeggiato dal Promotore della fede, mons. Natucci, nel 1935, nella seconda fase delle discussioni sull’eroicità delle virtù. Cf Luigi FIORA, Storia del titolo di «Confondatrice» conferito dalla Chiesa a S. Maria Domenica Mazzarello, in POSADA (a cura di), Attuale perché vera, pp. 37-51. Ella, primogenita di dieci figli, nata a Mornese, nell’Alto Monferrato,
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rienze e poi le prime Costituzioni, risuonano inequivocabili: «Lo scopo dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice è di attendere alla propria perfezione, e di coadiuvare alla salute del prossimo, specialmente col dare alle fanciulle del popolo una cristiana educazione».3 Così non separavano lo scopo primario della santificazione personale da quello secondario, specifico, dell’apostolato.4 La successiva formulazione manifesta un
ade-il 9 maggio 1837, energica contadina minata nella salute a 23 anni, si consacra total-mente all’apostolato tra le ragazze. Membro attivo del primo nucleo della Pia Unione delle Figlie di Maria Immacolata (ufficiale dal 1855), apre un laboratorio di sartoria con Petronilla Mazzarello. Cf SACRA CONGREGATIO RITUUM,Aquen, Beatificationis et canonizationis Servae Dei Mariae Dominicae Mazzarello, primae Antistitae Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis. Positio super virtutibus, Romae, Guerra et Belli 1934, p. 95; Giselda CAPETTI (a cura di),Cronistoriadell’Istituto delle Figlie di Maria Ausi-liatrice, I, Roma, FMA 1974, pp. 97-99. Nel laboratorio si vive un intreccio indisso-lubile tra la formazione alla fede e la promozione umana integrale, che una testimone, Rosalia Ferrettino, sintetizza in tre verbi: «[Maria] ci faceva pregare, lavorare e diver-tire». SACRA CONGREGATIO RITUUM,[M. D. Mazzarello]. Positio super virtutibus, p.
7. In seguito Maria Mazzarello si rivela collaboratrice creativa nella proposta religiosa educativa di d. Bosco, conosciuto nel 1864. Cf Cronistoria I, p. 150. I cinque volumi della Cronistoria, frutto di una lunga redazione che raccoglie le memorie di varie te-stimoni, rielaborate nel tempo, non costituiscono una documentazione sempre rigoro-samente storica sulle origini, pur restando un’insostituibile memoria interna. Cf la premessa della curatrice della pubblicazione, G. Capetti, in ivi, pp. 7-12. Il centenario della morte di M. Mazzarello, nel 1981, ha favorito una riscoperta della sua figura.
Recentemente è stata lumeggiata l’origine e l’evoluzione della sua scelta educativa, in seno alla Pia Unione delle Figlie di Maria Immacolata, legata all’ambiente genovese e in particolare al Frassinetti. Sulla spiritualità frassinettiana e sulle associazioni fem-minili ad essa collegate cf lo studio di Maria Francesca PORCELLA, La consacrazione secolare femminile. Pensiero e prassi in Giuseppe Frassinetti, Roma, LAS 1999. Sul-la base di documentazione inedita, S. Vrancken mette in rilievo come Sul-la scelta delSul-la vita comunitaria in M. Mazzarello procede dall’impegno educativo, sempre più coin-volgente e originale rispetto all’associazione di appartenenza. Cf Sylvie VRANCKEN,Il tempo della scelta. Maria Domenica Mazzarello sulle vie dell’educazione, Roma, LAS 2000. S. Maria Domenica Mazzarello è stata beatificata il 20 novembre 1938 e canonizzata il 24 giugno 1951.
3 Regole o Costituzioni per l’Istituto delle Figlie di Maria SS. Ausiliatrice aggre-gate alla Società salesiana, Torino, Tip. Salesiana 1878, titolo I, art. 1. L’articolo ri-mane identico nelle Regole del 1885, titolo I, art. 1, attestando così la continuità con anteriori redazioni manoscritte. Cf Giovanni BOSCO, Costituzioni per l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1872-1885). Testi critici a cura di Cecilia Romero FMA
= Fonti, Serie prima 2, Istituto Storico Salesiano, Roma, LAS 1983, pp. 82. 89. 126-127.
4 La distinzione tra scopo primario e scopo secondario dell’Istituto compare nelle Costituzioni del 1906, tit. I, art. 1: «L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice ha per
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guamento al linguaggio religioso comune, più che preoccupazioni o im-plicazioni teologiche del fondatore.5 D’altronde non basta registrare la ti-pologia delle opere intraprese dalle FMA per intenderne a pieno le finali-tà, poiché non sempre esse rispondono agli intenti più reconditi. Per que-sto gli esiti, frutto della possibile (o ritenuta tale) coniugazione dell’ideale col reale, esigono una correlazione con le discussioni previe alle scelte.
Questi processi, in buona parte, non sono facilmente accessibili, in primo luogo perché affidati alla carta con scarni riferimenti, inadeguati a rendere ragione di un discernimento non sempre facile. È verosimile che i verbali e le cronache abbiano evitato di lasciar trapelare veri dissensi, ritenuti contrari alla desiderata unità di spirito, e dunque solo nella corrisponden-za informale si possa rintracciare qualche perplessità o sfogo, sfuggito al-le censure esterne e all’autocensura, più vigial-le nell’oggettivazione della frase scritta, rispetto alla spontaneità delle considerazioni immediate o anche delle biasimate “mormorazioni” che pure contribuiscono al-l’evoluzione della mentalità. La formazione religiosa del passato, e fem-minile in particolare, inculcando la docilità e la sottomissione, ha pur-troppo messo a tacere, spesso, nelle fonti ufficiali le voci divergenti, e forse, talora, le più ardite e intelligenti, consegnando l’immagine di scelte maturate per lo più dalle superiore e partecipate alla base per l’esecuzione, in ossequio alla visione gerarchica dell’obbedienza che in-dicava soprattutto nelle guide la mediazione privilegiata della volontà di Dio. Quando nelle cronache o nei verbali si rinviene qualche accenno
dis-scopo primario la santificazione delle Suore che lo compongono, mediante l’osser-vanza dei tre voti semplici di povertà, castità ed obbedienza e delle proprie Costi-tuzioni». Art. 3: «Scopo secondario e speciale dell’Istituto è di coadiuvare alla salute del prossimo col dare alle fanciulle del popolo una cristiana educazione». Costituzioni dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice fondate dal Ven. D. G. Bosco, Torino, Tip. Salesiana 1906. Per uno studio storico giuridico sui rapporti tra fine generale e fine speciale, cf Angelo CARMINATI, I fini dello Stato religioso e il servizio della Chiesa, Torino, Dir. Nazion. Sacerdoti Adoratori 1964.
5 Secondo le reminiscenze delle prime FMA, d. Bosco avrebbe raccomandato alle Figlie di Maria Immacolata, tramite d. Domenico Pestarino, loro confessore, già nel 1862: «Pregate pure, ma fate del bene più che potete, specialmente alla gioventù, e fa-te il possibile per impedire il peccato, fosse anche un solo peccato veniale». Cronisto-ria I, p. 118. Su d. Domenico Pestarino cf la biografia di Adolfo L’ARCO, Don Dome-nico Pestarino. In orbita tra due astri, Torino 1980, e circa l’influsso formativo su M.
Mazzarello e sulla prima comunità POSADA, Storia e santità. Influsso del teologo Giu-seppe Frassinetti sulla spiritualità di S. Maria Domenica Mazzarello = Il Prisma 11, Roma, LAS 19922.
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sonante, è espresso per lo più col velato rammarico di chi deve registrarlo per esigenza di completezza. Bisogna dire, per la verità, che gli inizi del-l’istituzione sono caratterizzati da una grande spontaneità nel dialogo, mentre la sua progressiva strutturazione comporta inevitabilmente una certa cristallizzazione dei ruoli, nonostante lo spirito di famiglia, auspica-to o talvolta vagheggiaauspica-to e richiamaauspica-to.6
Fino alla richiesta esplicita di documentazione da parte della S. Con-gregazione dei Vescovi e Regolari del 1902, le FMA erano generalmente conosciute come le suore salesiane di d. Bosco, intraprendenti e moderne nell’apostolato, secondo le risonanze di chi le stimava, o della stampa lo-cale, o del «Bollettino Salesiano»7 che in gennaio pubblicava la strenna del rettor maggiore ai cooperatori e alle cooperatrici, con l’indicazione delle nuove fondazioni anche femminili, a riprova dell’evidente benedi-zione di Dio e del ben riposto consenso dei sostenitori. E all’inizio del-l’anno scolastico segnalava le località degli educandati, raccomandandoli per le giovanette. A Roma si sapeva che le religiose erano aggregate alla Pia Società Salesiana:8 su suggerimento dello stesso Pio IX, a detta di d.
Bosco,9 si era voluta estendere l’azione salesiana tra le ragazze mediante
6 Cf verbale 13 agosto 1917, in Verbali adunanze... 1913-1924. La stesura dei verbali era affidata alla segretaria generale, che fu sr. Elisa Roncallo, poi sr. Luisa Va-schetti dal 1908 al 1913 (contemporaneamente consigliera) e sr. Clelia Genghini dal 1913, per oltre 42 anni.
7 Il «Bollettino Salesiano» (intitolato originariamente «Bibliofilo cattolico o Bol-lettino salesiano mensuale») inizia la pubblicazione nel 1877 come organo di col-legamento e propaganda delle opere salesiane, soprattutto tra i numerosi Cooperatori.
Cf il capitolo sui Cooperatori salesiani in STELLA, Don Bosco I, pp. 209-227.
8 Il primo studio critico sull’intenzione di d. Bosco fondatore delle FMA è quello di STELLA, Don Bosco I, nell’ottavo capitolo, pp. 187-208. A parte la ricostruzione documentaria, è illuminante l’interpretazione dell’atteggiamento di d. Bosco di fronte alla Santa Sede: con la mancata richiesta di approvazione dell’Istituto, quasi invoca libertà d’azione per dimostrare l’efficacia della sua formula, e consolidarla in qualità di fondatore. D’altra parte, l’arduo cammino per l’approvazione della Società Sale-siana (1869) e delle sue Costituzioni (1874), gli aveva fatto sperimentare gli intoppi burocratici. Cf, su questo, vari contributi in Mario MIDALI (a cura di), Don Bosco Fondatore della Famiglia Salesiana. Atti del Simposio (22-26 gennaio 1989), Roma, EDB 1989, e lo studio di Francis DESRAMAUT, Don Bosco en son temps (1815-1888), Torino, SEI 1996, in particolare i capitoli XIV-XVII. XXI-XXII.
9 Cf le classiche fonti narrative: MB X, pp. 599-600, Cronistoria I, pp. 245-246; e CAPETTI, Il cammino dell’Istituto I, pp. 19.21. Più direttamente resta la testimonianza di d. Francesco Cerruti, sulla domanda di Pio IX a d. Bosco, circa la cura delle ragaz-ze. Egli rispondeva di aver voluto procedere gradualmente e poi fondare un’associazione religiosa che prendesse il nome da Maria Ausiliatrice, come
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le suore10 e realizzare una dipendenza dal rettor maggiore dei salesiani, sul modello delle Figlie della Carità rispetto al superiore della Congrega-zione della Missione.11 Le Costituzioni riviste fino agli ultimi anni di vita di d. Bosco avevano, così, dato molto risalto all’autorità maschile, tanto che, tra l’altro, l’aspetto economico, nelle modalità in cui era codificato, sollevò ben presto (già dal 1879) forti perplessità nella curia romana.
Nel-mento vivo di riconoscenza. Cf SACRA RITUUM CONGREGATIONE, Taurinen. Beatifica-tionis et canonizaBeatifica-tionis Ven. Servi Dei Sac. Joannis Bosco Fundatoris Piae Societatis Salesianae et Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis. Summarium super dubio, Roma, Tip. Agostiniana [1923], p. 141. Stessa consapevolezza di una missione delle FMA simile a quella maschile è esposta da d. Cagliero, cf ivi, p. 214 e d. Francesia, cf ivi, p.
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10 Nel voto del p. Claudio Benedetti, consultore della S. Congregazione dei Ve-scovi e Regolari, richiesto di esprimersi sull’Istituto delle FMA e sulle loro Costitu-zioni, si trova sintetizzata una versione dell’origine dell’Istituto trasmessa da d. G.
Marenco (1853-1921), procuratore generale dei salesiani (1899-1909). Secondo la re-lazione d. Bosco nel 1868 aveva pensato a un aiuto per il guardaroba, e nel 1870 Pio IX benedisse l’idea ed aggiunse: “Queste buone figliuole prestano la loro opera di ca-rità verso i fanciulli, e sta bene; ma io vorrei che volgessero la loro attività anche verso le fanciulle, e facessero per esse ciò che i Salesiani fanno per i fanciulli”». Fi-glie di Maria Ausiliatrice. Voto, ms del consultore Claudio Benedetti del SS. Redento-re, Roma, 17 febbraio 1904, n. 17358/15 [ma, in realtà, la data deve essere posterioRedento-re, come risulta da riferimenti interni al dicembre 1904. A matita è aggiunto: 1905], in ACIVCSVA, T 41, « Figlie di Maria Ausiliatrice», b. 1. Se ne trova copia parziale au-tentica, attinente agli emendamenti richiesti: IV Quali siano le correzioni da farsi nel-le Costituzioni, Roma, 17 febbraio 1904, in ASC C 594. Le informazioni sono tratte dalla relazione di d. Giovanni Marenco sull’andamento dell’Istituto: Istituto delle Fi-glie di Maria Ausiliatrice. Relazione alla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, Roma, 15 novembre 1904, 7 pp. Dattiloscritte, con firma autografa. Se ne trova copia originale in ACIVCSVA, T 41, b.1, in ASC C 593 e in AGFMA. Anche la testimo-nianza di d. Rua prende le mosse, per la fondazione, dalla necessità pratica avvertita da d. Bosco di provvedere alla biancheria della numerosa famiglia. Quando però esplicita lo scopo, è univoco: «Esercitare in favore del sesso femminile, a un dipresso le stesse opere, che i Salesiani esercitano verso i fanciulli». Summarium super dubio [G. Bosco], p. 280. Come si nota, emerge una certa oscillazione nella presentazione della genesi delle FMA, dettata da criteri pratici.
11 In una lettera al sig. Stella, superiore lazzarista, d. Bosco esprime una richiesta:
«Nella nostra Congregazione abbiamo la categoria delle Suore dette Figlie di Maria Ausiliatrice e vorrei che avesse presso a poco dal Superiore de’ Salesiani la medesima dipendenza che hanno le Figlie della carità dal Superiore dei Lazzaristi. La S. V. po-trebbe rendermi un importante servizio coll’imprestarmi una copia dell’Opuscolo, che mi dicono ella ha fatto stampare». Lettera di d. Bosco al sig. Stella, Torino, 13 giugno 1885, in CERIA Eugenio (ed.),Epistolario di S. Giovanni Bosco, IV, Torino, SEI 1959, pp. 325-326.
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la prassi, il governo interno era affidato alla superiora generale, affiancata dal direttore12 che, con l’espansione delle case, si distinse in direttore ge-nerale (membro del capitolo superiore, ossia consiglio gege-nerale, dei sale-siani) e direttore locale (che coincideva col direttore della vicina casa dei salesiani). D. Bosco e poi d. Rua, rettori maggiori, restavano il termine ul-timo di confronto nell’elaborazione della fisionomia delle religiose. Nel 1887 si affacciò tra i superiori l’ipotesi di lasciare loro maggiore autono-mia, ma i rischi paventati fecero optare per la scelta del direttore generale che fosse il direttore spirituale dei salesiani e condividesse la responsabi-lità col rettor maggiore.13 Così come è vero che nei primi decenni le nu-merose richieste di fondazione di case erano rivolte al superiore, i Capito-li generaCapito-li da lui presieduti, i confessori da lui scelti, l’ammissione ai voti e la dispensa, la nomina delle direttrici e maestre di novizie e visitatrici per lo meno concordate, è altrettanto vero che d. Bosco si fidò della for-mazione e della capacità educativa e di governo della Mazzarello, prima, e di m. Caterina Daghero poi: questa divenne superiora generale a 25 anni e lo fu fino alla morte (1924), per 43 anni consecutivi. Nei cosiddetti
«tempi difficili» le suore, animate dallo zelo educativo, avvertirono che la stima tributata a d. Bosco, a d. Rua e ai salesiani in genere, apriva la stra-da a nuove fonstra-dazioni, proposte per le istanze di una società che cambia-va e riconoscecambia-va nella donna, contemporaneamente, l’anello debole e for-te della modernità e del riferimento ai valori cristiani.14 Non a caso il
gio-12 Il primo direttore era stato d. Domenico Pestarino, già confessore e direttore lo-cale delle Figlie di Maria Immacolata. Egli si era ascritto alla Società Salesiana, ma d.
Bosco aveva voluto che restasse a Mornese, da salesiano esterno, a guidare il gruppo che sarebbe stato delle FMA. Alla sua morte, nel 1874, d. Bosco mandò d. Giuseppe Cagliero, che morì dopo pochi mesi (1874) e dopo di lui gli altri, d. Giovanni Cagliero (1874-75), d. Giacomo Costamagna (1875-1877), d. Giovanni Battista Lemoyne (1877-83), poi d. Giovanni Bonetti, d. Giovanni Marenco e d. Clemente Bretto, fino all’autonomia giuridica.
13 In una seduta che lascia trasparire una visione salesiana sulle donne religiose, dopo un confronto sulla modalità di dirigere le FMA, si opta per la dipendenza da d.
Rua, vicario di d. Bosco, e da d. Bonetti, catechista (direttore spirituale) della Con-gregazione salesiana. Verbale 14 febbraio 1887, in Verbali Riunioni Capitolari I/A (14/12/1883-31/01/1888), in ASC D 869. Nel 1899 si avverte traccia di qualche in-comprensione tra d. Bretto, neo direttore, e qualche superiora FMA, circa la sottomis-sione. Cf lettera di m. Caterina Daghero a d. Clemente Bretto, Nizza, 20-11-1899, in ASC C 613.
14 A chiusura del IV Capitolo generale, nel 1899, è messo in scena un testo sugli elementi dello spirito dell’Istituto. Le giovani autrici FMA coniugano l’immaginario comune sul ruolo delle donne cristiane con l’esigenza di audace conquista delle
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vane Istituto si imbarca nell’oceano Atlantico nel 1877,15 cioè dopo appe-na cinque anni dalla fondazione in Mornese, un piccolo paese dell’Alto Monferrato,16 nello stesso anno della prima fondazione in Francia, a Saint Cyr, e avendo appena varcato la soglia del Piemonte per estendersi in al-tre regioni italiane.17 Maria Mazzarello, prima superiora generale, che sa-peva leggere ma apprese a scrivere solo da suora, con le compagne lasciò il dialetto per l’italiano appena la sua iniziativa educativa prese forma più consistente, attirando le burle dei paesani, e dopo qualche anno già di-chiarava di studiare lo spagnolo, con le altre, nel desiderio comune di re-carsi missionarie in America.18
La Mazzarello, come d. Bosco, era di origine contadina, soda e
reali-me, mediante, sì, la modestia e umiltà, ma finalizzate alla simpatia, non al tradizionale nascondimento, come canale comunicativo adatto ai tempi. Cf Dialogo intorno alle virtù che debbono informare la vita della Figlia di Maria Ausiliatrice, ms, 54 pp., in AGFMA 11.4/116.
15 La precoce apertura missionaria va colta nella sintonia con le accorte strategie missionarie adottate da d. Bosco, in una temperie ecclesiale favorevole alle missioni, anche grazie ai contatti presi da vari vescovi d’oltre oceano, venuti in Italia per il Concilio Vaticano I. Per questo si veda il riferimento fondamentale in STELLA, Don Bosco I, pp. 167-186, che tuttavia accenna solo fugacemente alle FMA, richiamando un sogno di d. Bosco (p. 184). Gli studiosi impegnati successivamente sull’argomento missionario attestano l’efficace collaborazione delle suore, che talora giungevano alla gente e alle famiglie attraverso vie precluse ai sacerdoti, preparando il terreno alla di-retta evangelizzazione. Qualche accenno si rintraccia anche nei processi su d. Bosco, dalla testimonianza di d. Francesia, che dopo il riferimento alle solite opere educative, afferma: «L’opera loro specialmente negli ospedali è veramente salutare, come mi at-testarono vari confratelli, tra cui Monsignor Cagliero, Monsignor Fagnano, dicendo che sovente essi possono riuscire nelle loro missioni per la preparazione fatta dalle Suore». Summarium super dubio [G. Bosco], p. 260. Di fatto le opere missionarie FMA affiancavano quelle dei salesiani.
16 Il processo di fondazione dell’Istituto, documentato direttamente dalle testimo-nianze ai processi di d. Bosco e m. Mazzarello e dalle fonti anche edite, in CAVAGLIÀ -COSTA, Orme di vita, culmina nella prima professione di 11 religiose, il 5 agosto 1872, presieduta dal vescovo di Acqui, mons. Giuseppe Maria Sciandra (1808-1888).
Cf Verbale di fondazione dell’Istituto FMA, in ivi, D 9. P. Cavaglià esplicita le diffe-renze riscontrabili nelle varie stesure del verbale (pp. 38-41). Il 23 gennaio 1876 lo stesso vescovo firma il decreto di approvazione delle Costituzioni, raccomandando l’«utilissimo» Istituto agli altri vescovi. Cf ivi, D 64.
17 Nel 1876 le FMA erano andate in Liguria, a Bordighera-Vallecrosia, poco dopo i salesiani, per contrastare il capillare proselitismo dei Valdesi. Secondo le statistiche riportate da G. Rocca, il decennio 1870-79, insieme al successivo, è il più ricco di fondazioni religiose in Italia: 38. Cf ROCCA, Donne religiose, p. 47.
18 Cf ad es. L 4,2.14; 5,14; 12.
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sta, ma non gretta: la collaborazione nella missione produsse dei frutti sorprendenti sin dall’inizio, lanciando le religiose in un contesto universa-le, alieno da provincialismo. I confini geografici e culturali della nuova Italia vennero ben presto superati nel desiderio di abbracciare il mondo per illuminarlo col Vangelo, e prova ne era la costanza nelle spedizioni
sta, ma non gretta: la collaborazione nella missione produsse dei frutti sorprendenti sin dall’inizio, lanciando le religiose in un contesto universa-le, alieno da provincialismo. I confini geografici e culturali della nuova Italia vennero ben presto superati nel desiderio di abbracciare il mondo per illuminarlo col Vangelo, e prova ne era la costanza nelle spedizioni