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Quadro sintetico del personale

L’IDENTITÀ RELIGIOSA E OPERATIVA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

UNA PRESENZA IN ESPANSIONE

3. Quadro sintetico del personale

I dati dell’archivio generale delle FMA attestano che nel primo cin-quantennio di vita dell’Istituto, e dunque tra il 5 agosto 1872 e il 31 di-cembre 1922, emisero la professione religiosa 5265 FMA; ne uscirono 358, pari al 6,79%, e ne morirono 818, il 15,53%. Al 31 dicembre 1922 le FMA erano dunque 4089, il 76,52% del totale delle professe, molte delle quali erano state ammesse alla formazione tra i 18 e i 25 anni. Su queste cifre generali, notevoli a confronto di altri Istituti coevi, vanno situate le 3478 FMA italiane che emisero i voti entro il 1921.

Provenienti da quasi tutte le regioni, più avanti se ne esamineranno le caratteristiche, mentre ora interessano alcuni rilievi generali, concernenti la loro presenza. Di fronte alle numerose richieste di fondazioni, si lamen-ta spesso l’impossibilità di annuire, non potendo improvvisare com-petenze, abilità, esperienza, richieste nell’impianto di un’opera.

Uno sguardo alla realtà femminile, esteso al territorio nazionale, aiuta a situare le cifre nel contesto di intime e complesse correlazioni.

3.1. Donne nel contesto nazionale

Dopo aver quantificato alcuni dati relativi alle coordinate visibili della presenza delle FMA, si può lumeggiare qualche aspetto qualitativo di ri-levanza sociale. Prima di concentrare l’attenzione direttamente sulle reli-giose, va perciò richiamata la complessa fase di transizione in Italia (in senso diacronico e sincronico) dalla società agricola a quella industriale, all’epoca evidente solo in aree specifiche di alcune regioni, che trovava abbastanza impreparata la Chiesa; dalla prevalente ideologia liberale alla germinazione dei fermenti socialisti e nazionalisti; dallo spirito della Re-rum novaRe-rum ai timori dei fantasmi modernisti, e ancora dal tramonto dell’Opera dei Congressi alla nascita dell’Azione Cattolica e del Partito popolare; dall’analfabetismo dominante a un maggior grado di istruzione;

dallo sfruttamento economico all’esperienza degli scioperi e delle leghe rosse e bianche, fino al biennio rosso, quasi preludio della svolta autorita-ria. In questa mappa complessa, esplorata a più riprese dalla storiografia nazionale,95 e non in una sezione a parte, va individuata la presenza delle religiose e delle donne in generale.

95 Evitando una sequenza bibliografica sullo sviluppo delle acquisizioni storiogra-fiche, relativa ai temi portanti della vita nazionale, non si può oggi prescindere dalla

Cap. I: Una presenza in espansione 97

Presenti di fatto, senza diritto di voto fino al 1946, le donne hanno partecipato a modo proprio alle trasformazioni della società, offrendo contributi diversi secondo i vari ambienti, culture, tradizioni familiari e religiose. Le diversità territoriali (in cui le consuetudini regionali si inter-secano con le subculture di città e campagna) condizionano le opportunità di uscire da uno status quo connotato da diverse stratificazioni mentali, come pure modulano la possibilità di un’elaborazione culturale alternati-va, divergente magari solo in superficie. Soprattutto agli albori del Nove-cento, gruppi più consistenti di donne esprimono un’autocoscienza ora fondata sul credo socialista che mira all’emancipazione soprattutto in campo economico e politico,96 ora ripensata su versetti biblici che ricono-scono la dignità femminile nella subalternità dei ruoli,97 ora

sul-Storia d’Italia pubblicata da Einaudi, sebbene si notino delle carenze e degli squilibri:

a titolo indicativo, manca uno studio sistematico sul tema dell’educazione. Lo studio del movimento cattolico è stato affrontato a più riprese da vari studiosi, come pure i temi specifici della questione sociale che toccano direttamente la storia della Chiesa.

96 Il termine «femminismo», coniato in Francia nel 1870, appare per la prima vol-ta in Ivol-talia nel 1897 con la pubblicazione dell’opera di Luigi Fichert, Femminismo (terzo sesso). Satira morale, di origine francese. Dopo la classica ricostruzione di Gi-nevra CONTI ODORISIO, Storia dell’idea femminista in Italia, Torino, ERI 1980, vari elementi si rinvengono nello studio di Anne-Marie KÄPPELI, Scenari del femminismo, in Storia delle donne in Occidente, IV: L’Ottocento (a cura di Genevieve Fraisse e Michelle Perrot), Roma-Bari, Laterza 1991, pp. 483-523. R. Scramaglia riconosce la lentezza di un’elaborazione innovativa in Italia, a causa dei rigidi schemi del pensiero religioso e politico sulla donna, per cui gli stimoli all’azione offerti dal clima risorgi-mentale soprattutto alle signore dei ceti più elevati, vengono per lo più incanalati in attività sociali e filantropiche, spesso all’interno dell’ambiente religioso. E aggiunge:

«Così, a differenza di altre nazioni dove […] sorgono in quest’epoca movimenti fem-ministi riformisti, in Italia sorgono nuovi ordini religiosi con scopi precisi, come le Marcelline per l’educazione delle giovani, le Figlie di Maria Ausiliatrice che svolgono per le ragazze lo stesso ruolo dei Salesiani, le suore della Carità per l’educazione delle fanciulle povere, le suore del Buon Pastore per l’aiuto alle donne traviate, e molti altri ancora». Rosantonietta SCRAMAGLIA, Femminismo = Storia dei Movimenti e delle Idee 28, Milano, Ed. Bibliografica 1997, pp. 41-42. L’autrice segnala l’impegno di Anna Kuliscioff (Simferopoli [Crimea] 1854- Milano 1925) che stenta a scalfire la ri-gidità dei compagni sui problemi femminili e la corrente parallela che affronta la que-stione femminile in modo trasversale nelle classi sociali e svincolata dalla religione e dalla politica, capeggiata da Anna M. Mozzoni, attiva fra il 1864 e il 1920. A. Bernal affronta il problema dei movimenti femministi accostandoli al magistero ecclesiale e all’apporto delle religiose all’evoluzione del ruolo sociale delle donne, con le loro ca-pacità d’iniziativa, di organizzazione e associazione. Cf Aurora BERNAL, Movimientos feministas y Cristianismo, Madrid, Ed. Rialp, S.A. 1998, pp. 85-86.

97 In tal senso possono essere intesi sia alcuni testi sulla donna cristiana, come

98 Parte I: L’identità religiosa e operativa delle FMA

l’intuizione di rinnovare i consueti punti di riferimento, intesi più come asfittici perimetri che come ampi orizzonti, controllati dall’esterno.

Nella varietà dei modelli femminili in Italia, vanno situate le differenti modalità di rapporto col mondo del lavoro e con l’istruzione, sempre più sottratte al dominio domestico, senza intendere automaticamente un mi-glioramento oggettivo delle condizioni di vita privata o “pubblica”, rela-zionale e sociale.98 Nonostante quasi tutti i pastori della Chiesa restassero fissi sullo stereotipo femminile, facendo poche inevitabili concessioni ma senza cesure sostanziali ancora al momento della diffusione dell’Unione fra le donne cattoliche d’Italia,99 in realtà la questione femminile emerge-va e si evolveemerge-va nel tessuto stesso delle famiglie, pressate da nuovi biso-gni che spinsero le donne a uscire di casa molto più dei convebiso-gni femmi-nisti.100 E ciò ebbe delle implicanze nell’andamento demografico italiano,

quello del Ventura, sia alcuni discorsi di vescovi più aperti, come il Radini Tedeschi, ma anche alcune conferenze di Cristina Giustiniani Bandini (Roma 1866-1959), tese ad illustrare alle Donne Cattoliche il ruolo della donna assegnato da Dio nella Genesi.

In una interpretazione più innovativa, tacciata di modernismo, si pone invece Elisa Salerno (1873-1957), una vicentina sensibile ai problemi lavorativi, che osa criticare l’antifemminismo di S. Paolo e di S. Tommaso, come pure il Magistero. Cf Gianni A.

CISOTTO, Elisa Salerno e la promozione della donna = Religione e società. Storia del-la Chiesa e dei movimenti cattolici, Roma, Ed. Studium 1996. Anche del-la scrittrice An-tonietta Giacomelli ebbe una certa notorietà. Cf C. BREZZI,Giacomelli Antonietta, in DSMCI II, pp. 233-240; Anna SCATTIGNO, L’educazione della donna nella cultura modernista: Antonietta Giacomelli, in SOLDANI (a cura di), L’educazione delle donne, pp. 531-549.

98 Cf lo studio di Michela DE GIORGIO, Donne e professioni, in Storia d’Italia.

Annali 10: I professionisti, Torino, Einaudi 1996, pp. 439-487. L’autrice mostra come la nascita di un’opinione pubblica femminile e soprattutto l’entrata nel mondo pubbli-co attraverso varie strade, tra cui l’associazionismo politipubbli-co e culturale, moltiplica le categorie dell’identificazione sociale femminile, sebbene le donne professioniste re-stino un’eccezione ancora all’inizio del Novecento (224 fino al 1900).

99 Cf C. DAU NOVELLI, Note sulla questione femminile nel Magistero della Chie-sa, da Leone XIII a Pio XI, in «Orientamenti sociali» 35(1980)3, pp. 67-79; EAD., I vescovi e la questione femminile (1900-1917), in «Rivista di storia e letteratura reli-giosa» 20(1984)3, pp. 429-456; EAD.,L’educazione femminile, in Norberto GALLI (a cura di),L’educazione cristiana nell’insegnamento degli ultimi pontefici, Milano, Vita e Pensiero 1992, pp. 219-253; Adriana VALERIO, Pazienza, vigilanza, ritiratezza. La questione femminile nei documenti ufficiali della Chiesa (1848-1914), in «Nuova DWF». In hoc signo…ideologia e politica della Chiesa, (1981) 16, pp. 67-79. Cf an-che Liliana FERRARI,Il laicato cattolico fra Otto e Novecento: dalle associazioni de-vozionali alle organizzazioni militanti di massa, in Storia d’Italia. Annali 9, pp. 929-974.

100 Sui mutamenti della famiglia italiana cf Marzio BARBAGLI, Sotto lo stesso

Cap. I: Una presenza in espansione 99

al di là delle politiche matrimoniali interessate alla maternità.101 Se i ro-manzi rosa della Invernizio erano censurati come il ballo, eppure gli uni erano molto letti e l’altro sempre più praticato,102 va indagata la proposta alternativa offerta alle giovani, sia tramite la buona stampa, che tramite al-tri luoghi di aggregazione e di divertimento.103

L’Ottocento era stato un secolo globalmente diffidente verso la scrit-tura femminile,104 ma ciò non impedì alle maestre di soppiantare gradual-mente i colleghi, sempre meno appagati da una professione faticosa, mal retribuita, e sempre più considerata come un’estensione dell’attitudine femminile alla cura.105 D’altra parte il lavoro a domicilio, persistente

so-to. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo, Bologna, Il Mulino 1984;

Piero MELOGRANI (a cura di), La famiglia italiana dall’Ottocento a oggi, Roma-Bari, Laterza 1988.

101 Cf Marina D’AMELIA, Storia della maternità = Storia delle donne in Italia, Roma-Bari, Ed. Laterza 1997 e nella stessa collana M. DE GIORGIO -C.KLAPISH (a cura di), Storia del matrimonio, Roma-Bari, Ed. Laterza 1997. E sull’andamento de-mografico generale, Massimo LIVI BACCI, Storia minima della popolazione del mon-do, Bologna, Il Mulino 1998.

102 Cf Elisabetta MANTELLI,Percorsi femminili di fine Ottocento. Realtà e rappre-sentazione della donna che lavora nei romanzi di Carolina Invernizio, in PAZZAGLIA

(a cura di), Cattolici, educazione, pp. 269-280; Isabella NARDI,Le regole del gioco:

modelli femminili nei romanzi italiani fra ’800 e ’900, in «Dimensioni e problemi del-la ricerca storica» (1991)2, pp. 119-136.

103 Tra i saggi di storia sociale italiana, uno di tipo generale curato da Mario ISLENGHI,I luoghi della memoria. Strutture ed eventi dell’Italia unita = Storia e socie-tà, Roma-Bari, Laterza 1997, accenna ai vari ambienti aggregativi, senza tuttavia pre-stare attenzione alla componente femminile della società. Nella seconda parte di que-sto lavoro si farà riferimento a una bibliografia più specifica.

104 Su questo e altri aspetti del modello femminile cattolico, si noti la lettura di M.

DE GIORGIO, Il modello cattolico, in Storia delle donne. L’Ottocento, pp. 155-191.

Questo contributo integra il volume ricco di informazioni, un po’ manualistico nel-l’impostazione, della EAD., Le italiane dall’Unità ad oggi. Modelli culturali e com-portamenti sociali, Roma-Bari, Laterza 1992. Un agile libretto, attento ai nodi centrali del Novecento, è quello curato da Elena CAVALCANTI, Donna e modernità, Roma, Dehoniane 1993. Cf anche Gabriella ZARRI, La memoria di lei. Storia delle donne, storia di genere, Torino, Società Editrice Internazionale 1996.

105 Cf Simonetta SOLDANI (a cura di), L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento = Studi e ricerche storiche 116, Milano, Franco Angeli 1989; Ilaria PORCIANI (a cura di), Le donne a scuola. L’educazione femminile nell’Italia dell’Ottocento. Mostra documentaria e iconografica 14 febbraio - 26 aprile 1987, Firenze 1987; Simonetta ULIVIERI, La donna e gli studi universitari nell’Italia postunitaria, in AA.VV.,Cento anni di Università. L’istruzione superiore in Italia dall’Unità ai nostri giorni. Atti del III Convegno nazionale-Padova 9-10

100 Parte I: L’identità religiosa e operativa delle FMA

prattutto al sud e al centro della penisola, basato sull’opera di tessitrici, ricamatrici e sartine (a parte le domestiche), è spesso sostituito al nord dalle lunghe giornate in fabbrica per molte operaie, preadolescenti e ado-lescenti, costrette a protrarre l’età del matrimonio e della maternità per non perdere un posto di lavoro corrisposto con un magro salario. Dinanzi alle famiglie si presentano problemi vecchi e nuovi, da non schematizzare a scapito della complessità delle situazioni.106 Bambini e donne, sfruttati e maltrattati, costituiscono lo zoccolo duro dello sviluppo del capitalismo industriale italiano, quasi per un ricorrente destino che fa dei deboli la pe-dina di lancio dei forti e potenti. Per molte ragazze l’impiego in una fab-brica tessile era una necessità, non raramente occasione di degrado fisico e morale, nonostante la diffusa associazione parrocchiale delle Figlie di Maria, centrata sulla pietà e sulla purezza. Come al controllo familiare, si sfuggiva anche a questa tutela aggregativa, specialmente in occasione del trasferimento imposto dalle esigenze lavorative.

Per altre ragazze il mondo della cultura si apriva lentamente, insieme all’impiego pubblico: non solo maestre, ma telegrafiste e impiegate negli uffici postali. Dopo le assunzioni in massa, tollerate in funzione vicaria nel periodo bellico, nel dopoguerra fu il fascismo a ricacciare le donne nelle mura domestiche, esaltando la robusta figura della massaia, madre

vembre 1984 =Frontiere dell’educazione 1, Napoli, Ed. Scientifiche italiane 1986, pp. 219-228; EAD.(a cura di),Essere donne insegnanti. Storia, professionalità e cultu-ra di genere, Torino, Rosenberg & Sellier 1996; Susanne WILKING, Mutter, Missiona-rin, Meisterin: Der Beruf der Lehrerin in Italien von 1860 bis 1914 = Europäische Hochschulschriften, Frankfurt am Main, Peter Lang1996.

106 Cf Joan W.SCOTT, Donna lavoratrice nel XIX secolo, in Storia delle donne.

L’Ottocento, pp. 355-385. L’autore nota la continuità tra industrializzazione e mondo femminile, che critica l’interpretazione del modello schematico circa il trasferimento della produzione dalla fattoria alla fabbrica, dal lavoro a domicilio all’industria, in un movimento lineare dalla casa al posto di lavoro. Proprio gli studi storici dimostrano che la realtà era molto più complessa, dato che coesistevano abitudini anteriori con esigenze nuove, che determinavano, oltre alla continuità, il mutamento, dovuto parti-colarmente alla classe media di insegnanti, infermiere, ispettrici di fabbrica che in passato non avrebbero intrapreso un’attività salariata. Un riferimento più diretto al contesto italiano si rinviene in Alessandra PESCAROLO, I mestieri femminili. Continui-tà e spostamenti di confine nel corso dell’industrializzazione, in «Memoria». I lavori delle donne (1990)30, pp. 55-68. E nell’ultimo numero della rivista, Chiara S ARACE-NO, Il lavoro femminile. Difficoltà di ricerca, problemi di comunicazione, in «Memo-ria» (1991)33, pp. 37-45 presenta un rapido bilancio storiografico. L’argomento è sta-to ripreso e sviluppasta-to da Angela GROPPI (a cura di), Il lavoro delle donne = Storia delle donne in Italia, Roma-Bari, Ed. Laterza 1996.

Cap. I: Una presenza in espansione 101

di molti figli pronti a combattere per l’onore della patria.107

Nel Novecento donne più alla ribalta, quindi, con motivazioni e scopi diversi. Donne cattoliche e donne socialiste, donne borghesi e figlie del popolo, con qualche scampolo di aristocrazia. Donne dedite alla benefi-cenza festiva e donne impegnate a tempo pieno.108 Donne operaie e im-piegate e donne maestre. Donne sempre più coscienti di una responsabili-tà, davanti a Dio e alla socieresponsabili-tà, o semplicemente davanti alla famiglia e a se stesse.109 Mentre prima le zitelle restavano abitualmente in famiglia, tutt’al più dedite ad opere caritative intese come maternità sublimata, al-l’inizio del secolo molte nubili, in Italia, diventano suore; altre, come Armida Barelli, dal 1918, imparano a transitare anche la penisola in treno da sole, con una motivazione apostolica, contravvenendo alla mentalità di tutela e mettendo così i presupposti dei posteriori e più moderni Istituti secolari. Donne diverse di cui si parla, in bene e in male, sia in ambiente socialista, che in ambiente cattolico, soprattutto a causa della diffusione del termine «femminismo», sulla cui connotazione si dividono trasver-salmente gli schieramenti. Se ne fanno eco le riviste antiche e moderne,110

107 Intorno al tema della famiglia in Italia, tra le due guerre, cf in particolare C.

DAU NOVELLI,Famiglia e modernizzazione in Italia tra le due guerre = La cultura 56, Roma, Studium 1994.

108 Cf un volume del Centro Documentazione Donne di Bologna, teso a cogliere le reti di rapporti femminili, inclusi sottili giochi di potere sottostanti alla stessa bene-ficenza. La lettura è incompleta, ma solleva legittimi interrogativi che solo parzial-mente hanno trovato altre interlocutrici culturali. Cf Lucia FERRANTE,MauraPALAZZI, GiannaPOMATA (a cura di), Ragnatele di rapporti. Patronage e reti di relazione nella storia delle donne, Torino, Rosenberg & Sellier 1988.

109 F. Taricone sta esplorando il filone dell’associazionismo femminile laico per-correndone le motivazioni, le strategie e anche le contraddizioni. L’autrice sfiora tan-genzialmente l’UDCI, ignorando la presenza delle religiose che pure in quei decenni erano un “fenomeno sociale” di cui le associazioni laiche dovettero tener conto. Cf Fiorenza TARICONE, L’associazionismo femminile italiano dall’unità al fascismo, Mi-lano, Unicopli 1996.

110 C. Cotti propone il caso letterario suscitato dalla pubblicazione di Una donna, di Sibilla Aleramo nel 1906. Il romanzo raccoglie i temi contemporanei più discussi:

valore sociale della maternità, il problema della legislazione vigente per una madre

“moderna”, della sessualità nell’identità femminile e nel rapporto con l’uomo, del-l’aspetto economico nella vita coniugale. Cf Carla COTTI, Il femminismo come caso letterario. Un’inchiesta di inizio ’900 su amore e sessualità, in «Memoria» (1981)2, pp. 112-118. Su analoghi argomenti interviene M. DE GIORGIO, Mogli e mariti. Il ro-manzo matrimoniale nella società umbertina, in «Memoria» (1988)23, pp. 7-21, che si sofferma sul nuovo modello culturale del matrimonio nell’Italia liberale.Non si tratta di argomenti chiusi nell’ambito femminile, e prova ne è, ad esempio, l’articolo

102 Parte I: L’identità religiosa e operativa delle FMA

le battaglie giornalistiche, i convegni femminili, i comitati, le associazio-ni,111 le leghe e anche le istituzioni educative.112

di Filippo CRISPOLTI, Il Femminismo,in «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie» 9(1901)27, pp. 519-536, che ammetteva l’utilità di abbandonare giudizi uniformi, per lasciare delle opportunità alle donne più capaci, sostituendo al

«tutti o nessuno» il «qualcuno sì, qualcuno no» nell’accesso alle professioni. Egli ammette la donna eccezionale eleggibile, non quella elettrice. Appoggia decisamente il femminismo educativo, cioè l’elevazione culturale delle donne, affinché possano re-stare compagne dell’uomo nello sviluppo delle qualità dell’intelligenza e della sociali-tà. Qualche anno dopo, nel 1905, anche «Cultura Sociale», la rivista di Romolo Murri, si occupava di questione femminile lanciando un’inchiesta, che però evidenziò soprat-tutto le posizioni retrive degli interlocutori. Cf Italo DE CURTIS, La questione femmini-le agli inizi del secolo: l’approccio di Romolo Murri, in «Civitas» 28(1977)5, pp. 21-31; ID., La questione femminile: il pensiero di Murri in una inchiesta di «Cultura So-ciale» in «Civitas» 28(1977)6, pp. 35- 44. Non va dimenticato che la sensibilità mur-riana si avvicinava, in questi temi, a quella di Adelaide Coari, più che alle intransigen-ti Elena da Persico e Crisintransigen-tina Giusintransigen-tiniani Bandini. Cf GAIOTTI DE BIASE, Le origini del movimento.

111 Dalla prospettiva cattolica va ricordato che le prime assemblee femminili si svolsero a Milano, dove nel 1901 prese vita la rivista «L’azione muliebre», legata alla Lega cattolica femminile e al Fascio femminile democratico, in cui si distinse la gio-vanissima Adelaide Coari. La rivista avrebbe assunto in breve un tono intransigente sotto la guida della più aristocratica Elena da Persico. Il gruppo redazionale si divise nel 1904 di fronte al problema della parità salariale, del suffragio femminile, del-l’accesso della donna alle libere professioni. Gli stessi temi, cioè, dibattuti in quegli anni dalle leghe socialiste capeggiate dalla Kuliscioff. Merry del Val accennava alla diffidenza della gerarchia nei confronti del movimento femminile: «Non si conceda mai la parola alle signore, benché rispettabili e pie. Se alcuna volta i vescovi crede-ranno opportuno di permettere un’adunanza di sole signore, queste parlecrede-ranno sotto la presidenza e la sorveglianza di gravi persone ecclesiastiche». Citazione riportata in GAIOTTI DE BIASE, Le origini del movimento, p. 74, e che riecheggia la mentalità di Pio X sulla donna: «che la piasa, che la tasa, che la staga in casa», citato da DAU N O-VELLI,Società, Chiesa, p. 98. Fallita l’iniziativa de «L’azione muliebre», la Coari fon-da «Pensiero e azione» (di vita breve), appoggiata fon-dal Radini Tedeschi nella battaglia femminista per l’impegno delle donne non solo nel campo caritativo, ma altresì in quello sociale e politico. G. Troisi studia il rapporto tra p. Semeria, amico della Coari, e il movimento cattolico femminile, riscontrando come nelle omelie e conferenze egli sembra rimanere ancorato al piano dell’elevazione morale e della spiritualità. D’altra parte avverte la necessità di una cultura più profonda per le donne, per favorire una

111 Dalla prospettiva cattolica va ricordato che le prime assemblee femminili si svolsero a Milano, dove nel 1901 prese vita la rivista «L’azione muliebre», legata alla Lega cattolica femminile e al Fascio femminile democratico, in cui si distinse la gio-vanissima Adelaide Coari. La rivista avrebbe assunto in breve un tono intransigente sotto la guida della più aristocratica Elena da Persico. Il gruppo redazionale si divise nel 1904 di fronte al problema della parità salariale, del suffragio femminile, del-l’accesso della donna alle libere professioni. Gli stessi temi, cioè, dibattuti in quegli anni dalle leghe socialiste capeggiate dalla Kuliscioff. Merry del Val accennava alla diffidenza della gerarchia nei confronti del movimento femminile: «Non si conceda mai la parola alle signore, benché rispettabili e pie. Se alcuna volta i vescovi crede-ranno opportuno di permettere un’adunanza di sole signore, queste parlecrede-ranno sotto la presidenza e la sorveglianza di gravi persone ecclesiastiche». Citazione riportata in GAIOTTI DE BIASE, Le origini del movimento, p. 74, e che riecheggia la mentalità di Pio X sulla donna: «che la piasa, che la tasa, che la staga in casa», citato da DAU N O-VELLI,Società, Chiesa, p. 98. Fallita l’iniziativa de «L’azione muliebre», la Coari fon-da «Pensiero e azione» (di vita breve), appoggiata fon-dal Radini Tedeschi nella battaglia femminista per l’impegno delle donne non solo nel campo caritativo, ma altresì in quello sociale e politico. G. Troisi studia il rapporto tra p. Semeria, amico della Coari, e il movimento cattolico femminile, riscontrando come nelle omelie e conferenze egli sembra rimanere ancorato al piano dell’elevazione morale e della spiritualità. D’altra parte avverte la necessità di una cultura più profonda per le donne, per favorire una