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4. Terapia a infrarossi lontani (FIR) per aumentare la pervietà: la terapia FIR è

1.3.2 Linee guida in medicina veterinaria

In medicina veterinaria non esistono delle linee guida circa la gestione degli accessi venosi utilizzati per i trattamenti di emodialisi. Nella pratica ci si rifà a quanto riportato precedentemente circa la gestione degli accessi vascolari per emodialisi in medicina umana, nonostante si tratti di fistole artero-venose ed innesti anziché di cateteri venosi centrali.

Il catetere da emodialisi deve essere curato solo da personale qualificato al fine di limitare contaminazioni batteriche ed usi impropri. Ad ogni trattamento dialitico il sito di uscita deve essere controllato e pulito con soluzione antisettica. Quando si accede al catetere all’inizio e alla fine di ogni trattamento o in qualsiasi altro momento, i ports

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del catetere dovrebbero ricevere uno scrub asettico di 3-5 minuti. Il tecnico deve indossare guanti sterili e una mascherina sia durante l’ispezione del catetere che durante la sua apertura e chiusura. Quando non utilizzato, il catetere viene fasciato in situ e viene coperto completamente.

Figura 10 Bendaggio CVC con cotonina e vetrap

Nell’intervallo tra i trattamenti, ciascun lume del catetere viene riempito con una soluzione di chiusura anticoagulante, generalmente composta da eparina non frazionata. Di solito viene utilizzata una concentrazione di 500-1000 UI/mL per i gatti, e una concentrazione da 1000 a 5000 UI/mL, per i cani (Chalhoub, Langston, Poeppel, 2011).

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Si deve comunque considerare che una porzione (15% -20%) dell’eparina instillata diffonde dalla punta del catetere (Sungur et al. 2007). Una soluzione di blocco alternativa è il citrato di sodio, ed è stato osservato che, comparata alla soluzione di eparina a 5000 UI/mL, una soluzione di citrato trisodico al 4% ha tassi simili di trombosi del catetere, disfunzioni, e infezioni, con un minor numero di episodi di sanguinamento sistemico grave (Grudzinski et al. 2007;.. MacRae et al. 2008). Concentrazioni più elevate di citrato (> 30%) hanno anche dimostrato proprietà antimicrobiche (Weijmer et al. 2002;.. Weijmer et al. 2005). Alcuni centri di emodialisi veterinaria incorporano abitualmente anche un antibiotico (ad esempio, cefazolina, 10 mg/ml) insieme alla soluzione di eparina. La soluzione eparinata deve essere rimossa prima dell’uso del catetere; tuttavia, a volte il malfunzionamento del catetere lo rende impossibile. Questa condizione è particolarmente problematica quando si utilizza il citrato, in quanto l’iniezione di una alta concentrazione (46,7%) di soluzione di citrato può causare ipocalcemia sintomatica e morte improvvisa (Chalhoub, Langston, Poeppel, 2011). Generalmente, nei pazienti veterinari, viene somministrata per via orale anche l’aspirina come agente antipiastrinico (0,5-2 mg/kg per via orale ogni 24 ore nei cani, ogni 48 ore nei gatti) per diminuire le eventuali trombosi associate al catetere (Chalhoub, Langston, Poeppel, 2011).

I cateteri devono essere monitorati periodicamente per valutarne la funzionalità: questo tipo di monitoraggio permette di prevenire il malfunzionamento e l’occlusione del catetere venoso centrale. La funzionalità del catetere può diminuire nel tempo se trombosi o stenosi avvengono gradualmente, oppure può declinare bruscamente. Un metodo semplice per monitorare la funzionalità del catetere (detta performance del CVC) ad ogni dialisi è quello di registrare la velocità del flusso sangue massima quando la pressione nella cavità dell’arteria (pre-pompata) è -200 mmHg. Una graduale diminuzione della velocità del sangue ad una pressione standardizzata è sintomo di un calo della performance del catetere. La pressione arteriosa, durante il trattamento emodialitico, deve essere mantenuta al di sotto di -200 mmHg, fino a -250 mmHg, poiché ad un valore più basso, la macchina potrebbe indicare un valore sfalsato della velocità, probabilmente superiore al flusso effettivo (Depner 2001).

Un altro fenomeno che indica un calo della performance del catetere, e può inficiare il trattamento dialitico stesso, è la presenza del ricircolo (Poeppel et al, 2011). L’ingresso

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del ricircolo diminuisce l’efficienza del trattamento “diluendo” il sangue che viene aspirato dal paziente con il sangue che è appena tornato dal dializzatore ed ha una bassa concentrazione di soluti uremici (Carson et al, 2005). Un aumento della quantità di ricircolo indica che l’accesso vascolare inizia ad avere un calo di performance: rilevare presto questo parametro aiuta ad intervenire prontamente (Poeppel et al, 2011).

Con le linee del circuito sanguigno extracorporeo attaccate nella normale configurazione, il ricircolo è solitamente minore del 5%, ma invertendo sulle connessioni in modo che il sangue venga aspirato dalla porta distale (“venosa”) la quota di ricircolo cresce fino al 13-24%. Se il tasso di flusso sanguigno che può essere raggiunto in questa configurazione invertita è maggiore del tasso di flusso sanguigno nella configurazione normale, l’incremento del flusso compensa maggiormente la riduzione dell’efficienza (Carson et al. 2005). Durante il trattamento emodialitico iniziale, quando l’efficienza è volutamente limitata per diminuire le complicazioni, le linee di sangue possono essere invertite per creare il ricircolo (Langston 2011).

L’accesso di ricircolo può essere misurato con varie tecniche, ognuna delle quali cerca in qualche modo di alterare il sangue nella linea venosa e quindi rilevare la presenza di sangue alterato nel sangue della linea arteriosa. Alcune modifiche includono la diluizione con soluzione salina (rilevata dalla trasmissione di luce o di ultrasuoni, con l’ecografia), il cambiamento di temperatura (raffreddamento) o di conduttività (aggiungendo soluzioni saline ipertoniche), ed emoconcentrazione (tramite ultrafiltrazione) (Sherman and Kapoian 2008). La metodica che sfrutta la diluizione è la più accurata per determinare l’accesso di ricircolo (Transonic Systems, Inc., Ithaca, NY). L’iniezione di un bolo di soluzione fisiologica nel canale venoso diluirà il sangue, che sarà rilevato da un sensore ad ultrasuoni situato sul canale venoso. In caso di ricircolo, il sangue entrante nel canale arterioso sarà anch’esso diluito, in misura minore, e misurato da un sensore ad ultrasuoni sulla linea arteriosa. La percentuale di sangue in ricircolo viene poi calcolata dalla macchina. Monitorando l’emoglobina (i.e., Critline III TQA, Hemametrics) si può rilevare l’accesso di ricircolo attraverso iniezioni di soluzione fisiologica prima nella linea venosa, seguita poi da un’iniezione di soluzione fisiologica in quella arteriosa, ma la misura del ricircolo è meno accurata se comparata alla tecnica ad ultrasuoni (Lopot et al. 2003). Alcune macchine da dialisi hanno incorporata

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una tecnologia per la misurazione automatica, che utilizza cambiamenti nel dialisato in sostituzione alle iniezioni di sostanze direttamente nella linee di sangue, ed includono l’utilizzo del cambiamento di temperatura o di conduttività. Queste misurazioni possono esser effettuate ripetutamente durante il trattamento di dialisi (Langston 2011).

1.4 Complicazioni degli accessi venosi per emodialisi