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1.4 Lingue e linguagg
Attraverso quale lingua si esprimono i musulmani europei? I fattori che determinano la scelta della lingua e del linguaggio, che può essere obbligata o consapevole, sono la lingua madre, le competenze linguistiche degli attori e il luogo in cui essi vivono. Ma anche lo stesso internet, e in generale la
electronically mediated communication, ha un proprio impatto sulla lingua e
sul linguaggio97.
Il panorama linguistico dei musulmani europei è molto variegato: si considerino infatti le lingue dei paesi europei e dei paesi di provenienza dei migranti, senza contare la conoscenza di più lingue da parte di uno stesso individuo. Nel contesto dell’immigrazione la pluralità delle lingue usate risponde a diverse necessità espressive, come a diversi target di riferimento. L’assimilazione con il gruppo linguistico di accoglienza, il radicamento nella propria lingua d’origine, il bilinguismo, l’interlingua e la differenza tra generazioni nell’approccio linguistico, la differenziazione linguistica a seconda di luogo, contesto e destinatario, sono tutti fenomeni che rispondono a strategie di adattamento sociale, oltre che ad abilità e predilezioni personali. La sopravvivenza della lingua di origine, con il passare del tempo rimane generalmente limitata a contesti privati o ad usi religiosi, mentre la lingua del paese di arrivo è di certo la lingua prevalente e veicolare per ogni comunicazione, fino ad arrivare a fenomeni di shift totale a favore della nuova lingua. Ciò porta con sé considerazioni relative ai fattori di svantaggio sociale e alle competenze di comunicazione orale nella lingua europea non pari a quelle scritte.
Oltre alla pluralità di lingue di provenienza dei musulmani immigrati in Europa, è inoltre fondamentale considerare la diversa conoscenza dell’arabo, come madrelingua o come lingua della preghiera, che a volte si riduce ad alcuni versetti coranici e formule mandate a memoria.
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Cfr. Baron N. S., Assessing the Internet’s Impact on Language, in Burnett R., Consalvo M.e Ess C., The
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Molte delle esperienze prese in analisi in questo studio si esprimono quasi esclusivamente nella lingua del paese in cui nascono, segno di un forte radicamento e della necessità di rivolgersi ed esprimersi a livello nazionale per approfondire tematiche locali, oltre che di respiro internazionale. Per la comunicazione universale la maggior parte di questi media si rivolge alla rete e alla lingua inglese. L’uso delle lingue nazionali europee nei media islamici ha cominciato a diffondersi a causa del ruolo preponderante che in alcuni paesi hanno i musulmani autoctoni, o convertiti, come in Spagna e in Italia. In questi paesi ora il monopolio della produzione culturale islamica si sta allentando con l’avvento sulla scena delle nuove generazioni, figli di migranti, la cosiddetta seconda generazione e l’uso della lingua di questi nuovi attori sarà determinato dai loro obiettivi comunicativi. Tanto più la volontà di comunicazione sarà ampia e il pubblico di riferimento individuato in coloro che vivono nel paese in cui i creatori/autori scrivono, indipendentemente da quale sia la loro lingua madre, tanto più la lingua veicolare sarà quella nazionale europea. L’uso della lingua nazionale è segno anche di una volontà di rivendicazione di un’identità nazionale europea spesso negata delle leggi di cittadinanza dei paesi in cui questi giovani sono cresciuti, hanno studiato e in molti casi sono anche nati. Questo uso della lingua riflette un islam di identità nazionali inserito nel contesto di un islam europeo e/o occidentale, e come si ricordava in precedenza.
Oltre alle lingue nazionali, bisogna considerare il ruolo dell’inglese come lingua veicolare internazionale e interrogarsi sull’uso dell’arabo in ambito europeo.
L’arabo, con il valore di lingua sacra, è usato poco e prevalentemente dai siti esclusivamente confessionali, quelli di riferimento di una moschea o di un centro islamico, fatto salvo che la maggior parte dei siti si hanno link a testi coranici e |adīÅ in arabo. In generale, e ove l’arabo non sia per nulla presente, è frequente il ricorso a termini islamici traslitterati, da quelli che sono ormai entrati a far parte del patrimonio linguistico delle lingue europee, come fatwa ad esempio, a quelli che compaiono affiancati a traduzioni e/o spiegazioni. Di questo si troverà approfondita traccia nel glossario finale.
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In particolare nell’ambito del caso-studio di riferimento l’uso esclusivo dell’arabo è quasi in disuso, e se presente è accompagnato all’inglese, che in altri sporadici casi gioca il ruolo di unica lingua veicolare internazionale. I principali termini islamici in uso appaiono in trascrizione semplificata in caratteri occidentali. Come è difficile trovare siti esclusivamente in arabo, tanto più lo è trovarne in altre lingue nazionali d’origine.
L’utilizzo dell’inglese risponde sia alla localizzazione che alla scelta di internazionalizzazione, e i siti che si esprimono in questa lingua sono conseguentemente quelli che hanno maggiore seguito e sono più “linkati” dagli altri.
Le lingue usate sono dunque sempre più spesso quelle del paese in cui si vive, l’inglese ha sostituito l’arabo come lingua veicolare, e all’arabo è rimasto quasi esclusivamente il ruolo di lingua sacra. Non pare esserci una forte attenzione alle traduzioni: la maggior parte dei siti si affidano alla possibilità di usare strumenti di traduzione offerti dal web da parte di chi voglia fruire dei contenuti in un’altra lingua.
Come si è già osservato nei paragrafi precedenti, il contesto europeo e quello virtuale soprattutto, non influiscono solo sul cambiamento della lingua usata per esprimersi, ma anche sul linguaggio. Infatti, come osservato a proposito dei contenuti, internet favorisce semplificazione e immediatezza del linguaggio, per facilitare la comprensione e favorire l’accessibilità. La forte caratterizzazione informativo - divulgativa dell’islam online favorisce l’uso di un linguaggio lontano dalle dissertazioni teologiche. Un linguaggio fatto di slogan, riconducibile alla sfera del giornalismo non professionale. Internet ha un suo linguaggio che segue la netiquette, un galateo informatico non dissimile dal senso comune di buona educazione che non ha regole vere e proprie ma che si basa su convenzioni condivise. In alcuni stiti, in particolare forum, social network e siti con un alto grado di interazione tra utenti, si può assistere alla creazione di una islamic netiquette, un concetto che va oltre al linguaggio, poiché è determinato anche da un buon comportamento tradizionale, l’adab98.
98 Bunt G., iMuslim, cit., p. 107.
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Interessanti sono lingue e linguaggi usati dagli utenti nel lasciare commenti o porre domande, ove i siti propongano strumenti di interazione. Rispecchiano la libertà e la varietà della rete, ma anche un certo modo uniformato di volersi esprimere. Nelle chat in particolare, ove non si usi la lingua europea, si ricorre a lingue o dialetti dei paesi d’origine spesso scritti in maniera semplificata e traslitterata in caratteri latini, come si usa per i sms. L’uso della lingua del sito, e quindi quella nazionale del paese “ospitante”, rimane quello preponderante, dando testimonianza delle competenze linguistiche più o meno avanzate degli utenti di diversa madrelingua. Danno più spazio al plurilinguismo i social network, a cui si farà cenno più avanti, ove ognuno è libero di decidere la lingua in cui esprimersi anche se il sito non la contempla, la rete comunicativa può rispondere a scelte esclusivamente personali, e lingue e linguaggi più facilmente si sovrappongono e si mescolano a seconda del target e dello scopo comunicativo.
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