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Lo scoppio della bolla immobiliare: dinamiche comportamentali

Capitolo 4 – Analisi di due bolle speculative

4.2 Lo scoppio della bolla immobiliare: dinamiche comportamentali

Come già detto, dagli ultimi anni del secolo scorso e soprattuto dagli anni duemila, si è verificato un aumento spropositato dei prezzi delle case negli USA. I prezzi delle case sono aumentati così tanto perché la domanda era nettamente superiore all’offerta. Ma perché la richiesta di immobili è cresciuta in modo così ampio?

Uno dei motivi, oltre ai tassi bassi mantenuti dalla Fed perché l’inflazione in quel periodo era bassa e alla deregolamentazione in campo finanziario che ha incentivano le banche ad assumersi più rischio e ad aumentare la quota dei mutui subprime, è l’irrational exuberance87 (euforia irrazionale, espressione di R. J. Shiller, premio Nobel per l’economia nel 2013, ripresa da Alan Greenspan, chairman della Fed tra il 1987 e il 2006).

A causa di questa euforia irrazionale tutti credevano che i prezzi delle case avrebbero continuato a salire senza sosta e tutti pensavano di guadagnare da questa situazione. Dunque, animati da questa euforia, molti entrarono nel mercato esponendosi da un punto vista finanziario. Ma, quando la bolla scoppiò e i prezzi cominciarono a scendere, iniziarono le difficoltà.

Le persone videro il valore della loro casa diminuire esponenzialmente, e ritennero non più conveniente pagare le rate del mutuo, in quanto ormai il valore della casa era molto al di sotto del capitale prestatogli. Questo ovviamente comportò l’abbandono dell’abitazione da parte di molte famiglie. Ma non fu solo questo a causare la “fuga” dalle case: molti se ne andarono infatti perché non erano più in grado di far fronte agli impegni di pagamento assunti.

Dunque si attribuisce il boom immobiliare con un certo peso ai comportamenti irrazionali degli agenti e degli stessi policymaker.

Anche Akerlof e Shiller, nel loro libro “Animal Spirits” del 2009, sostengono che gli animal spirits descritti da Keynes siano alla base del boom del mercato immobiliare. Il boom non è

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stato unicamente il risultato di una politica monetaria troppo espansiva, ma un fenomeno di euforia irrazionale.

Anche la stessa politica monetaria era soggetta ad unʹeuforia irrazionale e si può notare dal fatto che le banche centrali (americana e europea), una volta giunte le difficoltà, hanno inondato il mercato di liquidità. Ma il problema riguardava più che altro la fiducia, che era venuta meno a livello sistemico e il cui crollo aveva fatto tremare gli intermediari finanziari e quindi gli interi mercati. Forse sarebbero state più efficaci politiche volte a stabilizzare la psicologia degli operatori e ad evitare il panico esuberante.

Lʹelemento chiave per comprendere la bolla è il “contagio sociale” della psicosi del boom, per cui gli investitori hanno iniziato a basare le proprie decisioni su quelle altrui, ignorando lʹinformazione privata, poiché ritenevano impossibile che tutti gli altri agenti si sbagliassero88. L’idea che le crisi economiche siano causate da mutamenti negli schemi mentali va contro il pensiero economico corrente. Ma la crisi immobiliare del 2007 testimonia il ruolo dei mutamenti mentali perché è stata provocata dalla sfiducia, dalle tentazioni, dall’invidia, dal risentimento e dalle illusioni e dalle diverse narrazioni sulla natura dell’economia ovvero dagli animal spirits. Ma analizziamoli nel dettaglio89.

Quando le persone prendono decisioni importanti sugli investimenti devono basarsi sulla fiducia, ma la teoria economica standard suggerisce un processo formale per prendere decisioni razionali. In questo processo si considerano tutte le opzioni disponibili, considerando gli esiti di tutte quelle opzioni e quanto sarebbe vantaggioso ciascun esito, e successivamente si soppesano le probabilità di ciascuna opzione; solo a quel punto si prende una decisione. Ma siamo davvero capaci di fare tutto ciò? Oppure le decisioni economiche sono prese molto più sulla base del fatto che ci fidiamo oppure no? Molte nostre decisioni sono prese “direttamente

88 Presbitero AF, 2009, p. 5.

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con la pancia”. A livello macroeconomico infatti la fiducia va e viene ed è il primo e il più cruciale dei nostri spiriti animali.

L’elemento basilare della teoria economica keynesiana è la nozione di “moltiplicatore”. Il motiplicatore keynesiano funziona come segue. Uno stimolo iniziale del governo, come ad esempio un programma di aumento della spesa pubblica, porta del denaro nelle mani delle persone, le quali poi spendono quel denaro. Dunque ogni dollaro speso dal governo finisce per diventare reddito per qualcuno, e quel qualcuno ne spenderà una percentuale, che è chiamata propensione marginale al consumo (pmc). Ma si ha anche una seconda fase di spesa, nella quale sono le singole persone che, spendendo il denaro ricevuto, traducono quel denaro in reddito per altre persone ossia in un ammontare pari alla pmc per la variazione di reddito. Quindi queste persone spendono una percentuale della pmc, cioè pmc al quadrato. Da qui seguono altre fasi. Secondo la logica del moltiplicatore keynesiano si ha anche un moltiplicatore di fiducia, che rappresenta il mutamento nel reddito che si verifica quando la fiducia aumenta o diminuisce di un’unità. Ma anche altri moltiplicatori sono fortemente dipendenti dal livello di fiducia. Un esempio può essere fatto sulla crisi del 2007, nella quale la sfiducia ha provocato un congelamento dei mercati del credito poiché i finanziatori temevano di non essere rimborsati. In questi casi pertanto chi vuole spendere ha difficoltà a ottenere il credito di cui ha bisogno e chi fornisce i beni ha difficoltà a ottenere il capitale circolante necessario.

Nella crisi del 2007 si sono avuti anche degli scandali di corruzione, che hanno contribuito a determinare la gravità della recessione. Nel nostro caso si fa riferimento ai finanziamenti subprime, un settore non regolamentato a sufficienza. Molti finanziatori subprime offrivano mutui inadatti ai loro debitori, pubblicizzando in modo chiaro e vistoso le basse rate mensili iniziali senza specificare che in seguito le rate sarebbero aumentate molto. Pertanto i creditori riuscivano facilmente a piazzare questi prestiti tra i membri della società più vulnerabili, meno istruiti e meno informati. Questi comportamenti, anche se non illegali, possono essere definiti

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fraudolenti. I soggetti emittenti di mutui infatti non si fidavano dei propri prodotti e volevano disfarsene più in fretta possibile.

Se prima, i soggetti che finanziavano i mutui, come le Savings & Loans, li gestivano anche, oggi raramente chi emette mutui continua a gestirli. I mutui, infatti, vengono venduti e gli utili che se ne traggono vengono spesso rimpacchettati in molti modi diversi ossia le diverse frazioni dei rendimenti di un mutuo sono spesso raccolte in “pacchetti” e rivendute in configurazioni molto diverse. Pertanto, chi detiene di fatto questi mutui è ben lontano da chi li ha emessi, e di solito non è incentivato ad analizzare ciascun mutuo presente nel proprio portafoglio, perché condivide guadagni e perdite con un gran numero di altri compratori.

Accadeva infatti un miracolo finanziario, una volta che i mutui erano inseriti in pacchetti, perché se i mutui avessero presentato un rischio molto elevato nessuno li avrebbe comprati. Quindi questi pacchetti, che venivano presentati alle agenzie di rating le quali ponevano un sigillo di approvazione, avevano dei rating molto alti (l’80% erano AAA, il 95% A o superiori). Un rating molto alto spingeva holding bancarie, fondi monetari e compagnie di assicurazione all’acquisto, acquisti che non avrebbero neppure considerato se i mutui fossero stati presi individualmente.

Nessuno avrebbe messo in dubbio i rating assegnati, al contrario se un’agenzia avesse assegnato rating meno favorevoli gli impacchettatori di mutui avrebbero spostato altrove gli affari. Si era creata quindi una catena dagli acquirenti di immobili ai finanziatori di mutui, fino ai rivenditori dei mutui, alle agenzie di rating, e infine agli acquirenti dei titoli garantiti dai mutui stessi. Ma i soggetti che erano all’inizio della catena, ossia gli acquirenti degli immobili che si accollavano mutui e case che non si potevano permettere, stavano comprando i rimedi dei ciarlatani.

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La mente umana è progettata per pensare in termini narrativi ossia sequenze di eventi con una logica e una dinamica interna e spesso agiamo in conformità a motivazioni che dipendono dal modo in cui narriamo la nostra vita a noi stessi. Lo stesso vale per la fiducia che riponiamo in una nazione, in un’azienda o in un istituto: i grandi leader sono prima di tutto creatori di storie. I politici infatti sono grandi narratori, soprattutto di temi economici e, passando molto tempo a parlare in pubblico, raccontano storie che riguardano l’opinione pubblica e a sua volta l’economia. Gli economisti non dovrebbero basare le proprie analisi su narrazioni ma dovrebbero attenersi solo ai dati quantitativi e alla teoria. Bisognerebbe solo limitarsi ai fatti e fare attenzione quando si utilizzano narrazioni perché i mass media inventano le storie che la gente vuol sentire. C’è dunque la tendenza a enfatizzare la rilevanza degli eventi economici. Ma se le narrazioni muovono i mercati? E se ciò ha effetti reali sul funzionamento dell’economia? A quel punto gli economisti perdono la testa e le storie non si limitano a spiegare i fatti ma diventano i fatti.

La fiducia di una nazione tende a basarsi su narrazioni. La fiducia non è solo lo stato emotivo di un individuo, è un’opinione sulla fiducia altrui, è una visione del mondo, è il modo in cui l’opinione pubblica rielabora le notizie e i meccanismi economici. Ma diamo più fiducia alle narrazioni che ci ispirano ossia imprenditori di successo o persone che diventano ricche. Le narrazioni inoltre si diffondono come virus e proprio come le malattie si diffondono mediante il contagio. Così fa la fiducia ed anche la sfiducia ovvero queste possono essere contagiose e possono scoppiare in qualsiasi momento senza preavviso.

Anche la behavioral finance fornisce due concetti interessanti per farci capire la grande ascesa dei prezzi delle case nel periodo 2000-2007. Questi due concetti sono l’overconfidence e l’iperottimismo, entrambi due bias cognitivo-emozionali.

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Il primo si riferisce ad un’eccessiva valutazione delle proprie capacità. Il mercato, composto sia da investitori professionali che da piccoli risparmiatori, ha sofferto di tale bias in quanto durante il periodo di crescita dei prezzi delle case tutti hanno investito, fidandosi del proprio fiuto per gli affari, in titoli garantiti da subprime o in banche che possedevano tali titoli. Ma, chi è riuscito ad aprire posizioni al momento giusto, e soprattuto ad uscire dal mercato quando le cose si mettevano male, non ha subito perdite particolari. Questo comportamento si avvicina molto al modello di comportamento basato su teorie razionali.

Invece chi non ha disinvestito al momento giusto ha registrato ingenti perdite quando la bolla è scoppiata. Il problema è stato fidarsi troppo di sé stessi e non pensare, razionalmente, che il mercato ormai era cresciuto troppo e i prezzi erano semplicemente in sella ad una bolla senza essere supportati da concreti dati economici che ne giustificassero l’incremento.

Il secondo, l’iperottimismo, si riferisce invece ad una percezione dell’ambiente esterno ossia quando l’agente ripone un’eccessiva fiducia nel futuro e ritiene che gli eventi futuri gli siano favorevoli. Questo è il caso degli outsiders (investitori non professionali) che sono entrati tardi nel mercato, a prezzi altissimi, perché mossi da un’eccessiva euforia.

4.3 Un cenno allo scoppio della bolla cinese del 2015