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Le quattro fasi del ciclo economico e andamento dei fattori macroeconomici

Capitolo 2 – Ciclo Economico e Animal Spirits

2.1 Le fluttuazioni cicliche

2.1.2. Le quattro fasi del ciclo economico e andamento dei fattori macroeconomici

Il ciclo economico è rappresentato da quattro fasi: ripresa, espansione, recessione, depressione come si può vedere dalla Figura 2.1.28

Una fase ciclica è delimitata dai punti di svolta, che si distinguono in punti di svolta superiore e inferiore. La fase compresa tra il punto di svolta inferiore e quello superiore è la fase ciclica favorevole (ascendente o espansiva); viceversa la fase compresa tra il punto di svolta superiore e quello inferiore è la fase ciclica sfavorevole (discendente o recessiva).

All’interno delle fasi cicliche si possono distinguere due andamenti: la ripresa e l’espansione nella fase favorevole; la recessione e la depressione nella fase sfavorevole.

La prima fase è quella della depressione nella quale inizialmente l’attività economica è ridotta al minimo, le preoccupazioni dei consumatori sono molto elevate e tante persone temono per il posto di lavoro29. Le aziende vedono diminuite le vendite, i fatturati scendono, molte volte gli utili diventano negativi e i corsi azionari vanno al minimo. L'inflazione scende rapidamente perché l'offerta dei prodotti è superiore alla domanda e per mantenere le quote di mercato inizia la guerra dei prezzi. Le autorità monetarie, percependo questi rischi, iniziano un drastico taglio

28 Chirichiello G. (2014). pp. 55-57.

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dei tassi di interesse in modo da rendere più agevole il finanziamento degli investimenti alle aziende e più semplice il credito ai consumatori.

La situazione è questa: ciclo economico al minimo; i tassi di interesse al minimo; le borse, che anticipano di sei mesi il futuro del ciclo, cominciano a dare segnali che l’economia potrebbe cambiare direzione e sta costruendo l'inversione.

Successivamente inizia la ripresa e i primi ad accorgersene sono i consumatori, la cui fiducia è in aumento e hanno meno preoccupazioni. Si accede facilmente ai finanziamenti. Le aziende iniziano ad avvertire il cambiamento e ritornano all’utile. Le azioni in borsa si trovano molto più su dei minimi ma sono soggette ad improvvisi ribassi e gli investitori hanno ancora paura e non sono convinti che il peggio sia passato.

In questa fase notiamo che: i tassi cominciano a risalire; l'inflazione inizia a dare i primi segnali di rialzo richiamando il rialzo dei tassi; gli utili aziendali crescono notevolmente e le società fanno grosse riserve di liquidità ma sono ancora restie ad investire.

Alla fine della fase di ripresa le banche centrali percepiscono che il rialzo dei tassi avviato all’inizio della fase può trovare un periodo di stasi perché fra poco si vedranno gli effetti con un rallentamento della crescita, le aziende hanno liquidità e iniziano a guardarsi in giro per poterla impiegare rendendosi conto che tutta quella liquidità rende molto meno dell'attività, l'inflazione comincia a fermarsi avvertendo la stasi del ciclo di crescita e l'immobiliare inizia a soffrire della difficoltà di raggiungere il credito a causa dell'aumento dei tassi. Dunque questa è la situazione dopo la ripresa: il rialzo dei tassi si è fermato, le obbligazioni si riprendono ma solo momentaneamente, i mercati azionari sono cresciuti moltissimo ed hanno correzioni profonde ma sempre entro i ritracciamenti di Fibonacci, l’inflazione ha una stasi, la fiducia dei consumatori ha rilevazione inferiori al periodo precedente risentendo di una diminuzione dell'espansione come conseguenza del rialzo dei tassi, la liquidità delle società è a livelli elevati e deve essere spesa.

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Dalla fase di ripresa quindi, attraverso una lenta ripresa economica, si giunge alla fase di espansione, nella quale il motore della crescita non sarà il consumatore bensì l'investimento delle società.

Nella fase di espansione il ciclo è al suo massimo livello di sviluppo spinto da entrambi i fattori di crescita, gli investimenti aziendali e la spesa dei consumatori. La quantità di liquidità in circolazione è enorme e l'inflazione riprendere a crescere. Le autorità monetarie ritengono opportuno riprendere il rialzo dei tassi per cercare di bloccare l'inflazione. I mercati azionari al contrario conoscono momenti di pura irrazionalità. In questa fase di massima espansione troviamo la fase più irrazionale dei mercati con rapidi cambiamenti di direzione.

Successivamente nella fase di recessione l'azione del rialzo dei tassi sta facendo il suo lavoro e tutte le componenti di traino della crescita segnalano rallentamento. I consumatori stanno spendendo meno, le aziende hanno terminato la liquidità e il tasso di crescita degli utili sta rallentando. Questa fase è dunque caratterizzata da un rallentamento economico.

Infine l’ultima fase, quella della depressione, è la fase più nera e che conclude il ciclo riportandolo alla fase di ripresa. La depressione mostra a pieno la sua forza e tutti i comparti stanno soffrendo. Pochissime aziende riescono a non soffrire. Le banche avvertono il pericolo e la loro azione di taglio dei tassi è pesante.

Bisogna però sottolineare che sia la fase favorevole che quella sfavorevole sono rilevanti: la crescita è molto importante perché misura le risorse disponibili per la collettività; mentre nella decrescita le imprese non assumono e si hanno elevati tassi di disoccupazione con conseguenti problemi sociali. Se l'economia cresce e ci troviamo in una fase di ripresa si può osservare alta inflazione e le spese che ne derivano. L'inflazione, infatti, riduce il potere d’acquisto della collettività e ha effetti negativi sulla distribuzione. Situazioni invece connesse all’instabilità delle economie di mercato, come la disoccupazione, l'inflazione, il sottosviluppo, rappresentano

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il fallimento del mercato macroeconomico, a causa della presenza di inefficienze e possono essere spiegate dalla teoria macroeconomica30.

In sintesi l'obiettivo della politica economica consiste, dunque, nel risolvere tali problemi, raggruppabili in due obiettivi principali: il tasso medio di crescita nel periodo deve essere elevato; e la variabilità del ciclo economico deve essere ridotta o si devono ridurre le oscillazioni intorno al trend per ridurre i costi associati alle fasi di espansione e di recessione. In generale possiamo definire le politiche macroeconomiche strutturali come quelle a lungo termine ossia politiche che hanno effetti sulla crescita, mentre come politiche di breve periodo quelle politiche che hanno effetti sul corso del ciclo economico. Le prime incidono sul trend, cioè sull’innovazione, sulla crescita, ed in generale sull'efficienza e riguardano, ad esempio, la composizione e la gestione della spesa e la regolazione dei mercati. Le politiche a breve termine sono invece le politiche monetarie e le politiche fiscali. Tuttavia, ci sono teorie molto diverse sul ciclo economico e sul ruolo che le politiche economiche esercitano su queste.

2.1.3 Teorie del ciclo economico: teorie esogene e teorie endogene

Il fenomeno delle fluttuazioni economiche, pur essendo stato oggetto di analisi già dai primi anni dell’Ottocento, viene trascurato dalla gran parte degli economisti classici, che tendono ad attribuire i fenomeni di crisi ad eventi esogeni al sistema economico, e comunque ad interpretarli come disturbi transitori nel processo di aggiustamento verso l’equilibrio di un sistema intrinsecamente stabile31. Gli economisti classici infatti non avevano elaborato una teoria del ciclo economico perché ritenevano che il sistema avrebbe trovato spontaneamente un suo equilibrio. Pertanto, fino alla fine del secolo, l’analisi delle fluttuazioni economiche viene affrontata soprattutto da personaggi al di fuori della tradizione classica.

30 Lopreite – Scarpino, (2011), p. 3. 31 Stanca, (Aprile 2001), p. 30.

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La seconda metà dell’Ottocento è oggetto di importanti dibattiti, che hanno lo scopo di comprendere i meccanismi che agiscono nelle fluttuazioni e di intervenire per attenuare gli aspetti dolorosi delle fasi di crisi. Questi dibattiti, tuttavia, si riferiscono generalmente al verificarsi delle crisi e non costituiscono ancora una vera e propria teoria del ciclo economico. Solo nei primi decenni del Novecento un crescente numero di economisti si dedica allo studio delle fluttuazioni economiche, ricercando i meccanismi alla base dell’andamento ciclico economico. E’ in questo periodo, dunque, che nasce la teoria del ciclo economico.

In una prima fase, le teorie del ciclo miravano soprattutto ad individuare strumenti monetari in grado di contenere le ampie oscillazioni dei prezzi o almeno di mitigare i loro effetti. Il principale indicatore del ciclo infatti era il livello dei prezzi32, che aveva un andamento oscillante e dal quale si poteva dedurre l’esistenza di fasi alterne di sviluppo e di regresso. Successivamente, l'obiettivo è diventato quello di prolungare il più possibile le fasi di espansione e ridurre quelle di contrazione, sostenendo la produzione e l'occupazione.

Generalmente le teorie del ciclo vengono suddivise in teorie esogene e teorie endogene33, a seconda che il fattore ritenuto responsabile sia esterno o interno al sistema economico.

Le teorie esogene nascono dalla convinzione che le fluttuazioni economiche siano dovute a fattori esterni dell’economia (i cosiddetti shocks), fattori extra-economici come fattori climatici, i quali determinano un buono o un cattivo raccolto agricolo, generando un aumento o una diminuzione della produzione agricola e quindi del prodotto nazionale; guerre o terremoti, che generano diminuzione del prodotto nazionale.

Invece le teorie endogene attribuiscono le fluttuazioni cicliche a cause interne al sistema economico. Fra queste bisogna ricordare brevemente la teoria di Marx e quella di Schumpeter34.

32 http://huriel.oneminutesite.it/ 33 Palmerio, (2005), p.562.

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Secondo la teoria di Marx in una situazione in cui vi è disoccupazione, dove sono molti gli individui che cercano lavoro, i salari sono bassi ed i profitti alti. Gli imprenditori investono i profitti nell’acquisto di impianti e macchinari e assumono i disoccupati. Si ha così un’espansione della produzione (del reddito nazionale) e dell’occupazione. Il processo espansivo dura fintanto non si raggiunge la piena occupazione, dove gli individui sono tutti occupati e la domanda di lavoro degli imprenditori è maggiore dell’offerta di lavoro degli operai. I salari quindi crescono ma ciò determina una diminuzione dei profitti, che porta gli imprenditori a diminuire gli investimenti, la produzione e a licenziare alcuni lavoratori. Si ricrea così la disoccupazione. Quindi, dopo una fase di ascesa, si ha una fase di discesa e nel momento in cui si ricrea la disoccupazione i salari diminuiscono e i profitti aumentano. Ciò porta nuovamente ad un aumento degli investimenti, del reddito e dell’occupazione, iniziando così una nuova fase di ascesa.

La teoria di Marx dà una spiegazione del fenomeno delle fluttuazioni cicliche, attribuendolo a cause interne al sistema economico come la distribuzione del reddito nazionale tra profitti e salari.

Schumpeter invece attribuiva le fluttuazioni al progresso tecnico ossia sosteneva che quando vi è un’invenzione vi è un forte aumento degli investimenti perché le imprese producono in grande quantità questi nuovi beni e quindi ci sarà un aumento del reddito e dell’occupazione. Pertanto, quando un imprenditore riesce ad innovare la tecnologia produttiva, egli riesce a contrarre i costi di produzione e inizia una fase di raccolta di profitti; tutto ciò accresce la propensione ad investire e porta in avanti lo sviluppo economico. Ma quando la tecnologia si è diffusa e non c’è più vantaggio comparato (ossia il vantaggio di un imprenditore o di un settore produttivo rispetto agli altri) allora i profitti diminuiscono e diminuisce anche la propensione ad investire. Il sistema così entra in una fase di crisi, dalla quale si esce attraverso un’ondata di innovazioni che porti nuovi profitti, e così via in modo ciclico.

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Dunque per Marx e per Schumpeter la ragione di queste continue fluttuazioni non risiedeva in qualcosa di esterno che turbava l’equilibrio economico, ma negli stessi meccanismi di funzionamento dello sviluppo del sistema economico.

Alcuni autori più recenti, come Hicks e Samuelson, hanno fornito una teoria del ciclo secondo la quale il ciclo dipende dall’azione combinata di due fenomeni: il motiplicatore keynesiano e l’acceleratore.

Il motiplicatore keynesiano comporta che un aumento degli investimenti generi un incremento di occupazione e un incremento di reddito35; e una più alta spesa per investimenti, oltre ad accrescere direttamente la domanda aggregata, fa salire indirettamente la domanda per consumi grazie all’aumento dei redditi36. L’acceleratore invece è il fenomeno per cui un aumento della domanda globale genera investimento ovvero, ogni volta che si ha un aumento di domanda, le imprese effettuano investimenti (qualora ritengano che l’aumento di domanda abbia carattere permanente) volti ad accrescere l’offerta di beni che esse producono, accrescendo dunque i propri impianti e macchinari ossia la propria capacità produttiva37.

Se ci troviamo in una situazione di disoccupazione della manodopera, un aumento degli investimenti genera aumento della domanda di beni e quindi del reddito nazionale; ciò avviene per l’azione del moltiplicatore keynesiano. Le imprese quindi, di fronte a questo incremento di domanda, espandono la propria capacità produttiva per il principio dell’acceleratore. In questa situazione ci troviamo in una fase ascendente del ciclo economico dove crescono il reddito nazionale, l’occupazione e tutte le principali grandezze macroeconomiche come i consumi e gli investimenti. Questa fase durerà finchè non si raggiunge la piena occupazione.

Si avrà poi un aumento dei salari, che determina una diminuzione dei profitti delle imprese e quindi una diminuzione degli investimenti., la quale genera una diminuzione del reddito

35 Palmerio, (2005), p. 225.

36 Begg, Vernasca, Fischer, Dornbusch, (2011), par 27.8. 37 Palmerio, (2005), p. 242.

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nazionale e dell’occupazione attraverso il moltiplicatore. La diminuzione del reddito, ossia della domanda, spinge le imprese a ridurre gli investimenti per il principio dell’acceleratore. In questa situazione ci troviamo in una fase discendente del ciclo economico. Questa fase però non può fermarsi da sola in modo da ricominciare una fase di ascesa, ma è necessario un intervento di politica economica di tipo keynesiano affinchè si effettuino investimenti pubblici e si espanda così la domanda globale. Così facendo ricomincia una fase di ascesa.