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Possibili cause dello scoppio delle bolla e lettura comportamentale

Capitolo 4 – Analisi di due bolle speculative

4.3 Un cenno allo scoppio della bolla cinese del 2015

4.3.2 Possibili cause dello scoppio delle bolla e lettura comportamentale

È interessante ricercare e studiare le dinamiche comportamentali presenti nello scoppio della bolla cinese nel Giugno 2015, facendo riferimento ad articoli di quotidiani, per lo più italiani. Partiamo dall’inizio. Prima di tutto un elemento che bisogna tenere d’occhio è l’andamento della valuta cinese, lo yuan, che è stata progressivamente svalutata dopo il crollo dei prezzi in Borsa97 e il motivo della svalutazione è legato alla crescita economica, che sembra non ripartire. Non è sicuramente una situazione grave che minaccia un crollo, data la grandezza della Cina, ma le riforme procedono lentamente e il governo ha deciso di coprirsi le spalle, svalutando la moneta, per aumentare la competitività dei prodotti cinesi e dare quindi una spinta alle esportazioni.

La Cina dal 2008, approfittando della situazione americana, ha cercato di trasformare la sua economia ossia, se fino ad allora la crescita era trainata dalle esporazioni, ha deciso di basarsi su un sistema sostenuto dalla domanda interna. Ma in questi 7 anni si è resa conto che i risultati non sono stati tanto positivi per vari motivi: le esportazioni hanno rallentano più del previsto, i cinesi hanno continuato a risparmiare sempre più, le tasse sono rimaste alte e quindi tanti beni non erano alla portata di tutti e il tasso di disoccupazione è aumentato. Pertanto alla Cina non rimaneva altro che la carta delle esportazioni per favorire la ripresa ed è per questo che ha deciso di svalutare più volte, e in un tempo ridotto, lo yuan.

Il crollo dei prezzi, la successiva svalutazione dello yuan e il rallentamento dell’economia cinese ha creato una situazione di incertezza nel paese, ma soprattutto sui mercati finanziari inducendo quindi gli investitori a vendere.

Tutte vendite che hanno riguardato anche il resto del mondo, aumentando così la volatilità delle borse e innescando vendite a catena che a loro volta hanno fatto oscillare le borse asiatiche e spaventato il resto del mondo.

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Inoltre, altro aspetto da tenere presente è il fatto che la Cina aveva deciso di attuare il cosiddetto circuit banking ossia un meccanismo che blocca le transazioni in caso di pericolo perché aveva previsto dei ribassi o dei rialzi eccessivi dei titoli nelle singole sedute. In questo modo da una parte ha potuto regolare meglio il mercato, ma dall’altra ha fatto aumentare il panico degli investitori, i quali hanno iniziato a vendere di più e prima del tempo nell’ansia che il governo impedisse loro di vendere.

Cosa succederà col trascorrere del tempo nessuno lo può sapere con certezza però è certo che bisogna abituarsi a questa volatilità dei mercati e bisogna imparare ad avere più fiducia perché, lasciarsi prendere dal panico e vendere tutto, non fa bene né al singolo investitore né ai mercati finanziari.

Si possono individuare alcune cause di questa “tempesta” su Pechino98:

- Una riguarda il trading delle famiglie cinesi (circa 90 milioni di trader), le quali, incoraggiate dal governo grazie alle agevolazioni sui prestiti, hanno iniziato ad investire in borsa. Questa mossa è stata attuata dal governo anche per distogliere l’attenzione dal rallentamento economico e dagli squilibri socio-economici che caratterizzavano il paese.

- Il “panic selling” che si è avuto a luglio è l’indizio di un altro squilibrio economico finanziario ossia l’enorme debito privato. L’indebitamento pubblico è basso, è il 19% del PIL, ma l’indebitamento delle imprese è passato dal 98% del PIL nel 2007 al 155% del PIL nel 2014. Questo indebitamento è rappresentato da prestiti che non arrivano dal canale tradizionale ma dal cosiddetto “shadow banking”.

- Un esempio di operazione dello “shadow banking” è il cosiddetto “Commodity based financing” tramite il quale una società99 sottoscrive un contratto per l’acquisto delle materie prime. Questo contratto gli permette di presentarsi ad una banca per farsi

98 Carlini V., 28 Luglio 2015, in Il Sole 24 Ore.

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prestare il denaro necessario al pagamento di queste materie prime. Inoltre la società può chiedere ad un silos un documento che attesti l’occupazione dello spazio. In questo modo la società torna dalla banca e si fa anticipare il prestito previsto per l’acquisto. Ma il denaro che riceverà verrà utilizzato per finanziare società ad alta crescita, e cioè aziende rischiose che non avrebbero potuto chiedere denaro alla banca tradizionale perché troppo rischiose.

- Il mercato immobiliare, un mercato preoccupante. Infatti in Cina le differenze tra aree più industrializzate e agricole sono notevoli. Inoltre l’avvio di nuove costruzioni, secondo Credit Suisse, supera del 12% le vendite e il tasso di invenduto è tra il 15 e il 23%.

- Infine la scommessa del governo di trasformare la Cina in un’economia dove i consumi interni facciano da traino. Ma questo, come abbiamo già detto all’inizio del paragrafo non ha prodotto risultati positivi.

Viste brevemente le possibili cause dello scoppio della bolla cinese, l’elemento che ha influenzato di gran lunga l’andamento dei mercati finanziari è stato il panico creatosi tra gli investitori. Leggendo i quotidiani di questi ultimi mesi è possibile leggere parole che portano ad un ambiente negativo ossia “paura”, “crollo della fiducia”, “panico”, “pericolo”. L’emotività è dunque al centro del mercato. La mente dell’uomo non è una mente razionale ma sicuramente è razionalizzatrice ossia si prendono decisioni emotive e impulsive per poi razionalizzare ex post.

Matteo Motterlini, filosofo ed economista specializzato in filosofia della scienza all’Università San Raffaele a Milano, in riferimento alla bolla cinese, afferma, a Online Sim Blog100, che “Il panico ha lasciato il posto alla speranza e il copione come in ogni crisi di Borsa che si rispetti si ripete sempre uguale”. Motterlini afferma che crisi economica e incertezza del mercato

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condizionano gli investimenti ma che le emozioni giocano un ruolo significante. Le emozioni infatti sono potenti detonatori delle trappole che la finanza comportamentale ci ha abituato a conoscere ossia l’avversione alle perdite o il cosiddetto “effetto incorniciamento”.

Secondo lui ci sono tre trappole più comuni per chi investe. In primo luogo, il “morso del serpente”, secondo il quale si ha la tendenza a lasciarsi condizionare nelle scelte future dagli eventi negativi del passato e questo di solito interessa le persone più sensibili e caratterizzate da una maggiore propensione al rimpianto e/o con una minore educazione finanziaria. In secondo luogo, l’Effetto Disposizione ossia la tendenza a vendere troppo presto gli investimenti in guadagno e a tenere troppo a lungo quelli in perdita, che si accentua generalmente durante periodi di crisi e di mancanza di fiducia a livello macroeconomico. Infine, l’Home Bias ossia la predisposizione a investire nei titoli noti perché percepiti come meno rischiosi.