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IL SISTEMA DI MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NEGLI ENTI LOCAL

1. Lo sviluppo dell’analisi della performance organizzativa

1.1 Il passaggio dalla cultura del risultato individuale alla performance organizzativa

L’affermarsi della separazione tra la funzione di indirizzo e la funzione di direzione nelle pubbliche amministrazioni è il punto di partenza per introdurre l’analisi gestionale. Il riconoscimento dell’autonomia gestionale negli enti locali e della responsabilità dei dirigenti ha avvicinato, per molto versi, la figura del dirigente pubblico ad un manager del settore privato. I Dirigenti e i Responsabili di Servizio si sono necessariamente avvicinati allo stile e alle logiche manageriali con l’obiettivo di organizzare e gestire in modo efficiente ed economico le risorse (Savazzi, et al., 2017 : 46). Tali figure devono essere in grado di supportare l’implementazione delle politiche attraverso una efficace analisi del contesto, gestire in maniera adeguata le relazioni con gli stakeholders, attuare i programmi e raggiungere gli obiettivi prestabiliti e, infine, sviluppare e valorizzare il capitale umano (Botti, et al., 2016 : 432). In tal senso il vertice strategico dell’ente locale è rappresentato dal Consiglio comunale, dalla Giunta e dal Sindaco, i quali definiscono il programma e il piano strategico da seguire. I Dirigenti e/o i Responsabili di Servizio costituiscono la linea di direzione, la quale deve orientarsi al raggiungimento degli obiettivi nel breve termine, improntando la gestione ai criteri di efficienza, efficacia ed

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economicità. Infine, si individua il nucleo operativo di base, rappresentato dai soggetti che sono preposti alla produzione diretta dei servizi e/o prodotti.

Il principio dell’autonomia gestionale è riferito all’ente locale quale ente di governo, nello specifico spetta ai dirigenti la microorganizzazione sulla base dei programmi formulati dagli organi di indirizzo politico e la gestione del personale nei limiti delle dotazioni organiche. Il dirigente non si immedesima più organicamente nel suo ruolo, discostandosi così dalla cultura burocratica (Bonazzi, 2008 : 213). Egli ha la libertà di sviluppare la propria personalità, creatività, capacità organizzativa delle attività e delle risorse umane e, infine, la propria leadership, tutte caratteristiche ascrivibili al termine

performance manageriale (Savazzi, et al., 2017 : 48). Un leader forte che si impegna

realmente nel miglioramento della performance è la base di partenza per la diffusione della cultura del performance management (Ruffini, et al., 2011 : 11). Un’impostazione vincente del processo di performance management può rappresentare a tutti gli effetti un’autentica fonte di vantaggio competitivo per un’organizzazione (Grote, 1996 : XIV). L’introduzione di un sistema premiante per incentivare la capacità gestionale della dirigenza mira, poi, a stimolare un comportamento virtuoso basato sulla sana gestione e la ricerca dell’efficienza (Anselmi, 2014 : 218). Infatti, si prevede il collegamento tra la corresponsione della parte accessoria dello stipendio sulla base gli obbiettivi conseguiti, valutati in relazioni a quelli assegnati (Morigi, 2016 : 64).

Sulla base di tali premesse è stato rimodulato il sistema dei controlli da parte delle amministrazioni centrali sull’operato dei dirigenti e, più in generale, sul perseguimento dei programmi da parte degli enti locali, anche in virtù della collaborazione all’implementazioni delle politiche europee da parte di questi ultimi (Morigi, 2016 : 89). Le amministrazioni locali, vista la vicinanza fisica con i cittadini e le innumerevoli occasioni di contatto con un numero considerevole di utenti, sono coinvolti in prima linea alla soddisfazione delle attese dei cittadini e dei propri stakeholders (ibid. : 84). Gli enti locali hanno dovuto innovare il proprio modello di governance e adattare, soprattutto, la propria struttura organizzativa e gli strumenti di pianificazione e controllo alla ricerca della massima performance possibile (Fici, 2004).

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La formulazione esplicita in un testo normativo del concetto della performance della pubblica amministrazione si ha nel d. lgs. 150/200913, allontanandosi in maniera

più forte dalla logica che caratterizzava i tradizionali interventi legislativi che si focalizzavano principalmente sul controllo. Non era più determinante ciò che si era fatto, la prestazione in sé, ma l’utilità che si era generata in seguito ad un’azione ossia il valore pubblico prodotto (Savazzi, et al., 2017 : 57). Il termine performance racchiude in sé richiami al potenziale, all’azione e al risultato ottenuto da un soggetto o da un insieme di soggetti (FORMEZPA, 2012 : 5). Per tali motivi la performance è un concetto complesso e multidimensionale, in quanto spesso un risultato si raggiunge per effetto congiunto di diverse attività e singole operazioni tra loro collegate e coordinate. Nell’ambito del contesto organizzativo degli enti pubblici, la definizione di performance può essere la seguente: «La performance è il contributo (risultato e modalità di organizzazione del risultato) che un soggetto (organizzazione, unità organizzativa, gruppo di individui, singolo individuo) apporta attraverso la propria azione al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi e, in ultima istanza, alla soddisfazione dei bisogni per i quali l’organizzazione è stata costituita» (Ruffini, et al., 2011 : 8).

Seppur il legislatore avesse distinto tra la nozione della performance individuale, quella riferibile ad un singolo soggetto e la performance organizzativa, relativa all’amministrazione considerata nel suo complesso, le due nozioni non avevano ottenuto la stessa attenzione. Forse il clima di generale scontento in cui versava la pubblica amministrazione e l’aspetto mediatico del provvedimento legislativo, quale rimedio per sradicare i cd. “fannulloni” dalle pubbliche amministrazioni, avevano portato ad un pressoché totale oscuramento della performance organizzativa a favore di quella individuale. Infatti, la riforma aveva lo scopo di riorganizzare le amministrazioni pubbliche in tre differenti settori tra cui il settore del lavoro alle dipendenze pubbliche e mirava ad introdurre un sistema di valutazione della performance teso a promuovere e valorizzare il miglioramento dei risultati da parte delle pubbliche amministrazioni (Panizza, 2016 : 81). Si aspirava a ridurre i privilegi esistenti nel settore pubblico, avvicinando le logiche retributive all’impianto del settore privato: meritocrazia e compensi differenziati, inesistenza di automatismi nelle progressioni di carriera e flessibilità nella gestione delle

13Noto anche come “decreto Brunetta” dal nome del ministro della Funzione pubblica allora in

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risorse umane (Ongaro, Vallotti, 2008 :186). A livello locale sono stati introdotti, infatti, elementi di contrattazione privata e uno schema retributivo orientato maggiormente alla

performance (ibid. : 186). La gestione del personale, in alcuni enti locali, ha conosciuto

sin da subito strumenti quali il piano strategico del personale, il data base delle competenze degli impiegati, il piano per la formazione del personale. Altre amministrazioni locali non sono state in grado di introdurre tali strumenti manageriali nell’attività inerenti all’assunzione, valutazione, formazione e avanzamento di carriera del personale. In queste realtà la gestione delle risorse umane ha seguito ancora per alcuni anni un’impostazione formalistica e, generalmente, negoziale (ibid. : 186).

Tuttavia, la misurazione della performance individuale non è in grado di fornire informazioni utili al dirigente circa l’organizzazione e il benessere organizzativo nell’ottica di miglioramento degli stessi. Affinché l’ente locale sia in grado di perseguire la soddisfazione dei bisogni della collettività, le azioni dei singoli dipendenti devono essere messe a sistema ossia coordinate e gestite in maniera unitaria (Savazzi, et al., 2017 : 58). Infatti, un’importanza maggiore è da attribuire alle analisi della performance organizzativa da effettuare a cadenze periodiche, le quali permettono di riorganizzare le attività e i processi all’interno dell’organizzazione. In questo senso, le informazioni raccolte attraverso una corretta misurazione consentono di apprezzare i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi e costituiscono, di conseguenza, il punto di partenza per il

feedback correttivo (Del Bene, 2009 : 287). L’aspetto delle analisi gestionali, le quali si

dovrebbero riferire all’intero fenomeno organizzativo con l’obiettivo di individuare i parametri critici della struttura organizzativa (Lucianetti, 2004 : 16), assume un’importanza cruciale all’interno della burocrazia. Infatti, secondo il pensiero del celebre M. Crozier, l’organizzazione burocratica è incapace di imparare dai propri errori non disponendo del feedback del mercato. Per tale motivo, una corretta raccolta di informazioni critiche circa l’adattamento dell’organizzazione alle esigenze ambientali e alle attese dei cittadini ovvero informazioni circa le attività, l’efficienza, l’efficacia sia interna che esterna dei processi dell’organizzazione dell’ente locale sono in grado di colmare l’assenza del mercato. Il d.lgs. 150/2009 ha rappresentato il punto di partenza per lo sviluppo e l’evoluzione del sistema di misurazione e di valutazione della

performance complessiva degli enti locali. Tuttavia, le procedure ideate dal legislatore

erano caratterizzate da un elevato grado di rigidità e complessità ed erano del tutto sconnesse rispetto ai sistemi di pianificazione e controllo dei risultati, già implementati in alcune organizzazioni (Savazzi, et al., 2017 : 8).

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Successivamente, infatti, il legislatore, con la legge delega 124/2015 e, in particolare, il d. lgs. 74/201714, ha avviato un vasto programma di riforma nelle aree

correlate alla gestione della performance. Gli elementi principali di riforma si sostanziano, innanzitutto, nel rafforzamento dell’effettiva indipendenza degli organismi di valutazione (OIV/Nuclei di valutazione prima). Tale organismo, designato al monitoraggio della performance e alla segnalazione all’organo di indirizzo politico- amministrativo della necessità degli interventi correttivi, è composto oggi da soggetti esterni alla pubblica amministrazione (Savazzi, et al., 2017 : 12). Si è provveduto, infatti, all’istituzione di un apposito elenco nazionale dei componenti degli organismi di valutazione, composto da soggetti dotati di specifici requisiti, competenze ed esperienza nel campo della gestione della performance. Importanti novità si individuano anche nel campo delle facoltà dell’OIV, prima fra tutte, l’illimitato accesso a tutti i sistemi informatici degli enti locali. È previsto, inoltre, l’obbligo per tutti gli OIV di aprire un canale diretto di comunicazione con i cittadini e con gli utenti dell’amministrazione, i quali avranno la possibilità di esprimere in prima persona il proprio livello di gradimento circa il funzionamento e i servizi offerti dalla pubblica amministrazione.

Con la legge di riforma si pone, poi, una maggiore enfasi sulla performance organizzativa rispetto a quella individuale. Nelle Linee guida del Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) – organo a cui sono state attribuite le competenze spettanti in precedenza alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT/ANAC), in materia di misurazione e valutazione della

performance nelle pubbliche amministrazioni – si legge che il nuovo Piano della performance deve acquisire la valenza dello strumento di programmazione e di accountability esterna (Dipartimento della Funzione Pubblica, Giugno 2017). Sulla base

di tale premessa la performance organizzativa è regolata oggi quale parte integrante e inscindibile della performance individuale ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato (Cellesi, 2018 : 417). Le performance individuali, in base alla nuova impostazione della disciplina, saranno individuate e formulate sulla base della

performance organizzativa e non viceversa (Morigi, 2018 : 43). La performance

14 Tale decreto si inserisce nella più ampia “riforma Madia” dal nome della ministra per la

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organizzativa non può essere definita quale «mera sommatoria delle performance individuali» (Savazzi, et al., 2017 : 19).

La rinnovata importanza della performance organizzativa si rinviene, inoltre, nella previsione dell’obbligo di tenere in considerazione, in sede di valutazione, i giudizi emersi dalle consultazioni cittadine e degli utenti. Da questa breve premessa si intuisce che lo scopo principale della riforma è quello di far perdere al ciclo della gestione della

performance quella valenza, fortemente criticata in precedenza, di un mero

adempimento burocratico (Dipartimento della Funzione Pubblica, Giugno 2017).

1.2 Il ciclo di gestione della performance

Il legislatore ha cercato di fornire agli enti pubblici uno schema per applicare il

performance management con l’obiettivo di guidare lo sviluppo delle capacità gestionali

in tema di performance. Innanzitutto, gli enti locali, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, devono intervenire nella predisposizione di una struttura organizzativa degli uffici e dei servizi che sia in linea con le loro specificità e caratteristiche, al fine di gestire al meglio le attività (Ruffini, et al., 2011 : 26). Tenendo contro delle norme generali di indirizzo e della normativa relativa ai contratti pubblici, essi devono elaborare procedure di lavoro e routines organizzative capaci di promuovere una cultura organizzativa orientata alla performance, discostandosi dalle pratiche meramente adempimentali (ibid. : 31). Secondo una delibera della CIVIT (CIVIT, 2010 : 9) diversi livelli organizzativi devono essere strettamente connessi tra loro: il collegamento effettivo e coerente tra il livello strategico, quello operativo e, infine, quello individuale permette la corretta predisposizione del ciclo della gestione della performance. Tale impostazione segue un fondamento dell’economia aziendale ossia il principio di unitarietà della gestione nel tempo e nello spazio, il quale esige un collegamento e un’analisi di tutte le operazioni, attività e dinamiche all’interno dell’organizzazione in un’ottica olistica (Lucianetti, 2004 : 33).

È importante innovare tutte le variabili che incidono sull’assetto organizzativo, a partire innanzitutto, dal modello organizzativo, il quale dovrebbe essere riformulato ponendo il cittadino al centro dell’azione amministrativa. L’assetto organizzativo si dovrebbe fondare su una struttura organizzativa capace di assicurare un’azione coordinata al fine di garantire la migliore attuazione delle politiche, realizzazione dei programmi, il conseguimento degli obiettivi e l’efficientamento dell’azione programmata.

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Cosi, si veda il Comune di Arezzo, il quale ha riammodernato la propria struttura organizzativa articolando la struttura in due livelli: un primo livello dirigenziale che assicura il coordinamento e un’azione unitaria e un secondo livello di articolazioni organizzative gerarchicamente subordinate15. L’articolazione delle strutture si basa sulla

definizione di funzioni omogenee, distinguendo tra strutture permanenti e strutture temporanee (per progetti), nonché di strutture di line e strutture di staff (Delibera di Giunta n. 537 del 04/11/2015 Approvazione macroorganizzazione, 04/11/2015). La struttura organizzativa, cosi delineata, assicura il presidio dei processi orizzontali che necessitano di azioni interdisciplinari e intersettoriali. La previsione di sistemi di integrazione dei processi decisionali, nonché lo sviluppo dei sistemi informativi orientano l’organizzazione al miglioramento continuo dei processi.

In particolare, si è provveduto all’accorpamento di funzioni omogenee nell’ambito di strutture di massima dimensione denominate Direzioni, funzionali al perseguimento dei principali programmi e politiche dell’ente. Le strutture di secondo livello sono state configurate quali strutture complesse preposte a svolgere funzioni operative rivolte all’esterno (strutture organizzative di line) e/o a fornire supporti strumentali interni (strutture di staff). La struttura organizzativa è stata semplificata, razionalizzata ed ottimizzata allo scopo di rendere l’organizzazione più efficiente ed efficace e favorire l’integrazione dei processi orizzontali e il lavoro in team.

Si veda la Figura 1 in cui è rappresentato uno spaccato parziale del nuovo organigramma del Comune di Arezzo.

15 Tutte le informazioni relative al Comune di Arezzo sono reperibili nella sezione Amministrazione

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Processo che unisce più unità operative

Legenda: Le unità gialle: Direzione Le unità azzurre: Servizi Le unità bianche: line operativa

Figure 1 Sezione parziale organigramma Comune di Arezzo

Nella parziale struttura dell’organigramma, le unità di colore giallo rappresentano le Direzioni ossia strutture organizzative di primo livello. Le unità di colore azzurro sono i Servizi, unità organizzative di secondo livello organizzate a loro volta in line operative. Si prevede, inoltre, la possibilità per ciascun dirigente di istituire, nell’ambito della propria struttura di competenza, team di processo per la realizzazione di specifiche attività tecnico-operative per la realizzazione di prodotti/servizi.

Figure 2 Rappresentazione nel processo che unisce più unità organizzative all'interno di un organigramma

Una volta delineata la struttura organizzativa, si devono individuare i sistemi operativi di gestione del personale e del controllo, sviluppando metodologie per la gestione del ciclo di performance basati sul meccanismo di feedback (Ruffini, et al., 2011 : 26). L’elaborazione di meccanismi operativi basati su una sinergia tra il sistema di programmazione, il sistema informativo e la gestione delle risorse umane è essenziale.

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In tale ottica, il ciclo di gestione della performance per gli enti locali è stato formulato in diverse fasi concatenate tra loro. Prima di tutto, si definiscono e si assegnano gli obiettivi, corredati di valori attesi e indicatori progettati per la loro corretta misurazione. Si prosegue, collegando gli obiettivi alle risorse umane, finanziarie e strumentali a disposizione. Durante l’anno di riferimento si monitora in itinere il grado di realizzazione degli obiettivi e si adottano i necessari interventi correttivi con lo scopo di raggiungere la piena realizzazione dei suddetti obiettivi. La fase successiva consiste nella misurazione dei risultati e delle performance conseguiti, anche attraverso la rendicontazione degli indicatori. Quest’ultima fase è il presupposto per l’utilizzo, attraverso la valutazione del personale, dei sistemi premianti volti a valorizzare il merito. Infine, il ciclo così delineato si conclude con la rendicontazione dei risultati agli organi politici, tecnico-amministrativi, di controllo esterno nonché agli stakeholders (Morigi, 2018 : 111). La fase della rendicontazione dei risultati, dunque, non si limita soltanto ad un’ottica del controllo interno ed esterno, ma persegue finalità di accountability nei confronti dei cittadini, degli utenti dei servizi e portatori di interesse a qualsiasi titolo.

In seguito alle modifiche apportate al d.lgs. 150/2009, da ultimo con la riforma Madia, il ciclo di gestione della performance, ora, è raccordato con i diversi documenti fondamentali dell’ente locale (ibid. : 18). Soprattutto, per esigenze di trasparenza, di non duplicazione degli adempimenti e di armonizzazione contabile, la predisposizione del Piano della performance e del Bilancio sono stati strettamente connessi. Il d. lgs. 74/2017 ha allineato, infatti, dal punto di vista temporale la programmazione strategica e quella economico-finanziaria con il ciclo della performance per migliorare l’allocazione delle risorse pubbliche (Savazzi, et al., 2017 : 21). Gli obiettivi specifici del Piano della

performance sono tradotti, poi, negli obiettivi espressi nella Nota integrativa al bilancio

(Morigi, 2018 : 44).

Il Piano della performance è strettamente connesso, dunque, agli atti di livello politico-strategico, quali il programma di mandato (PdM) e il Documento unico di programmazione (DUP), entrambi a valenza pluriennale. La corretta implementazione del Piano richiede che all’interno dell’organizzazione vi sia una visione strategica sufficientemente definita e strutturata (Ruffini, et al., 2011 : 13).

A livello economico-finanziario, gli atti di programmazione alla base del Piano della performance sono composti dal documento unico di programmazione (DUP), dal Bilancio di previsione, dal Piano degli indicatori di bilancio (pdi) e dagli altri documenti

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collegati al bilancio, in particolare il Programma triennale delle opere pubbliche e il Piano triennale degli investimenti. A livello operativo-gestionale, invece, si individuano gli atti quali il Piano esecutivo di gestione (PEG) e il Piano dettagliato degli obiettivi (PdO), sempre a valenza pluriennale. Il sistema così delineato, al centro del quale si colloca proprio il Piano della performance, ha la capacità di descrivere e di comunicare le strategie, di allineare le risorse disponibili, favorire un clima organizzativo collaborativo, promuovendo, altresì, una corretta gestione delle risorse umane, ed infine, generare valore per la comunità di riferimento dell’ente locale (Morigi, 2018 : 112).

In ultima analisi, il decreto Madia dedica una maggiore attenzione alla soddisfazione dei cittadini e di tutti gli utenti finali, i quali partecipano alla misurazione e valutazione della performance dell’amministrazione, in rapporto alla qualità dei servizi resi da parte di quest’ultima (Savazzi, et al., 2017 : 28).

1.3 Gli strumenti di programmazione degli enti locali

In relazione alla corretta predisposizione del Piano della performance, come evidenziato nel paragrafo precedente, sono essenziali alcuni documenti programmatici. Si rende necessario chiarire quali sono e definire brevemente il loro contenuto.

Innanzitutto, è essenziale predisporre il Documento unico di programmazione ovvero il documento di riferimento per il programma di governo dell’ente, il quale «consente di fronteggiare in modo permanente, sistemico e unitario le discontinuità ambientali e organizzative» (Morigi, 2018 : 105). Tale atto deve essere presentato dalla Giunta al Consiglio Comunale entro il 31 luglio e rappresenta, sia temporalmente che sostanzialmente, il presupposto necessario di tutti gli altri strumenti di programmazione (Morigi, 2016 : 155). Gli enti locali con popolazione non superiore a 5.000 abitanti predispongono una versione semplificata del DUP.

Il DUP è suddiviso internamente in sezione strategica (SeS), la quale ha un orizzonte temporale pari a quello del mandato amministrativo, e sezione operativa (SeO), temporalmente coincidente con il Bilancio di previsione. La SeS sviluppa e concretizza le linee programmatiche, le azioni e i progetti che si intendono realizzare nel corso del mandato stesso. Essa si articola in missioni e programmi in linea con i dettami del nuovo sistema di contabilità (Morigi, 2018 : 102). La SeO è quella sezione del DUP in cui vengono definiti gli strumenti operativi che si intendono utilizzare per conseguire

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gli obiettivi strategici definiti a loro volta nella SeS. In relazione al DUP è prevista l’eventuale Nota di aggiornamento.

Il livello di pianificazione strategica assume un rilievo fondamentale all’interno del ciclo della performance, in quanto gli enti territoriali devono comprendere i reali bisogni della collettività in cui operano e, di conseguenza, distribuire al meglio le risorse, talvolta scarse, di cui dispongono (Savazzi, et al., 2017 : 58). A tal proposito, può rivelarsi utile l’utilizzo delle analisi SWOT16 o PESTEL17 per studiare le dinamiche ambientali ed

economiche del proprio contesto di riferimento e specifiche metodologie per la definizione delle strategie (Ruffini, et al., 2011 : 58). Inoltre, una chiara definizione delle strategie consente la giusta costruzione degli indici di outcome, idonei ad impostare il controllo strategico e la valutazione della soddisfazione degli stakeholders (Savazzi, et al., 2017 : 59).

Il secondo documento importante per la predisposizione del Piano della