• Non ci sono risultati.

Localizzazione di aree a rischio di povertà urbana 1 Metodi per la formazione di cluster territorial

HOT SPOT DI POVERTÁ URBANA: ALCUNE REALTÁ A CONFRONTO

3. Localizzazione di aree a rischio di povertà urbana 1 Metodi per la formazione di cluster territorial

La maggior parte dei metodi attualmente disponibili per l’individuazione di cluster territoriali si basa sull’uso di una finestra mobile che si sposta sul territorio oggetto di studio e all’interno della quale un test opportuno di clustering viene condotto localmente. Il precursore di questi metodi può essere individuato nell’algoritmo GAM (Geographical Analysis Machine, Openshaw et al., 1987), il quale considera una griglia di punti all’interno della regione studiata: in corrispondenza di ognuno di questi punti, assunti come centri, viene disegnata una regione circolare di raggio fissato, scelto di solito in base ad una determinata percentuale di soglia del numero di eventi attesi all’interno del cerchio stesso. Il test viene effettuato confrontando all’interno di ciascuna finestra il numero di casi osservati con il numero di casi attesi, per decidere se il primo sia significativamente più alto: qualora la significatività statistica sia raggiunta, la finestra circolare corrispondente viene riportata sulla mappa.

Kulldorff e Nagarwalla (1995) hanno in seguito proposto una nuova metodologia nella quale viene preso in considerazione solo il cluster più verosimile di una data regione (evitando così di condurre a una molteplicità di tests): tale approccio è disponibile dal punto di vista computazionale attraverso il software SaTScan (http://www.satscan.org), la cui ultima versione 8.0 include una nutrita serie di miglioramenti rispetto al software originale. Naturalmente, molte modifiche sono possibili e sono state proposte in letteratura, come ad esempio alcuni metodi che si differenziano leggermente sulla forma della finestra da far scorrere sulla regione oggetto di analisi: il metodo FlexScan (Takahashi e altri,

Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica 141

2004), il metodo ULS (Upper Level Scan Statistic, Patil e Taillie, 2004) e il metodo AMOEBA (Aldstadt e Getis, 2006).

Per quanto riguarda la forma distributiva della variabile di risposta, dobbiamo citare la possibilità di considerare in alternativa al modello poissoniano il modello bernoulliano, che richiede un insieme di casi e di controlli sui quali è stata misurata la presenza/assenza di un certa caratteristica (ad esempio presenza/assenza di malattia). Per misure continue, come quella utilizzata nel seguente lavoro per la formazione di zone di disagio socio-abitativo, SaTScan mette a disposizione un modello gaussiano (Montrone, Bilancia, Perchinunno, Torre, 2008)

3.2 Individuazione di hot spot di disagio socio abitativo

Attraverso l’utilizzo del modello SaTScan, precedentemente illustrato, si perviene alla identificazione di differenti cluster, composti da un diverso numero di sezioni in ogni città (Bologna, Napoli e Cagliari). Il livello di povertà o disagio individuato è definito dal valore della media interna: a livelli elevati della media interna corrispondono livelli elevati di disagio. Un ulteriore aspetto da considerare è dato dal p-value, il quale rappresenta il livello di probabilità della regione critica del test e che, come abbiamo detto, viene calcolato prima di tutto con riferimento al cluster principale che massimizza il rapporto di verosimiglianze, e successivamente sui cluster che non si sovrappongono con quello principale e che si riferiscono a valori presi in ordine successivamente decrescente della statistica test.

Dall’analisi dei dati emerge come i valori delle medie interne sono molto elevati (essendo compresi tra un minimo di zero nel caso di assenza di povertà e un massimo di uno nel caso di massima povertà), ad eccezione della città di Bologna che presenta valori compresi tra un minimo di 0,23 ad un massimo di 0,44, significativi di situazioni di disagio non evidente. Ottimali risultano, per la maggior parte, i p-value, pur evidenziando la presenza di alcuni cluster altamente discriminanti e altri meno (con p-value elevati) a causa della presenza di pochi casi localizzati in una area o di una forte variabilità.

I diversi cluster individuati, sono rappresentati su cartografia con un diverso gradiente di colori; passando dalle condizioni di massimo disagio sociale, tonalità più scure, a quelle di minor disagio, tonalità più chiare (Figure 1, 2, 3).

La situazione più critica è quella della città di Napoli, a causa della presenza di una vasta area di disagio con valori elevati della media interna (da un minimo di 0,6 ad un massimo di 0,7). In particolare, le zone di massimo degrado sociale e abitativo sono localizzate in quartieri come Scampia, Piscinola, Pianura e Bagnoli, dove sono ben note le situazioni di criticità sociale e di decadenza urbana delle

abitazioni. Inoltre, si evidenzia una ulteriore vasta area rappresentata dai quartieri di Secondigliano, Miano, S. Pietro Paterno, Poggioreale, Barra, S. Giovanni a Teduccio, Ponticelli, S. Carlo Arena e S. Lorenzo.

Figura 1 – Rappresentazione grafica degli hot spot nel comune di Napoli.

A Cagliari si evidenziano due aree di forte disagio sociale (come media interna superiore a 0,8). In primo luogo si identifica una area di degrado evidente, il quartiere Barracca Manna, il cui nome risale al ‘400 a causa della presenza di baracche per controllare i campi; tale quartiere è nato abusivamente e poi è stato risanato dal comune attraverso la costruzione di strade e di una rete fognaria. Nella zona Ovest della città, Sant’Avendrace, invece, emerge una ampia area di lieve disagio i cui dati possono presentare delle anomalie, dovute alla presenza di abitazioni ad uso turistico residenziale.

Figura 2 – Rappresentazione grafica degli hot spot nel comune di Cagliari.

Differente appare la situazione della città di Bologna, dove i valori osservati per la media interna sono molto bassi (da un minimo di 0,23 ad un massimo di 0,44).

Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica 143

Le aree di disagio, se pur di minima entità, sono localizzate al Nord della città in particolare nei quartieri Borgo Panigale, quartiere ricostruito con notevoli ampliamenti negli anni del secondo dopoguerra, e San Donato, dove una gran parte del territorio ha conservato la destinazione agricola impostata su una struttura storicamente consolidata.

Partendo dalla identificazione dei cluster di disagio sociale e abitativo è possibile, quindi, ottenere utili informazioni per le politiche di rigenerazione urbana e da supporto ai processi decisionali (Montrone, Perchinunno, Torre, Di Giuro, Rotondo, 2009).

Figura 3 – Rappresentazione grafica degli hot spot nel comune di Bologna.

4. Conclusioni

Un primo spunto emergente dal presente lavoro è relativo alla capacità di descrizione di fenomeni territoriali attraverso un modello integrato, che parte dalla costruzione di indicatori socio economici, di natura multidimensionale, per poi adottare modelli capaci di identificare zone a rischio di disagio socio-abitativo. La verifica effettuata con la realtà economica mostra una capacità elevata di “geografizzare” le aree di disagio attraverso gli hot spot, con una corrispondenza evidente tra accessibilita/inaccessibilità del patrimonio abitativo disponibile sul mercato e i suoi caratteri interni, disagio abitativo, ed esterni, disagio sociale (Fusco Girard, 2006).

La profilatura, degli ambiti urbani evidenzia come eventuali politiche generali a sostegno del bene casa debbano tenere conto delle diversità esistenti tra città come Bologna e Napoli, e come la povertà urbana non possa essere considerata in tutte le aree metropolitane nelle stesse modalità. La questione preliminare della identificazione delle soluzioni urbanistiche al problema dei quartieri degradati da rigenerare, in un momento storico caratterizzato da scarsità di risorse pubbliche da

investire, attiene l’individuazione delle aree caratterizzate da un maggior livello di povertà urbana, in modo da orientare la scelta del decisore pubblico in modo trasparente, argomentato ed oggettivo. I metodi utilizzati possono costituire, quindi, un utile supporto alle politiche abitative, evidenziando differenze territoriali altrimenti non emergenti con la stessa chiarezza. In conclusione, il modello qui sperimentato appare utile alla individuazione di quelle che l’Unione Europea definisce nell’ambito delle politiche regionali le aree bersaglio della rigenerazione urbana oggetto di appositi piani urbanistici e da sostenere con risorse economiche e finanziarie pubbliche e private.

Riferimenti bibliografici

Aldstadt J., Getis A. 2006. Using AMOEBA to create spatial weights matrix and identify spatial clusters. Geographical Analysis, 38, pagg. 327-343.

Cerioli A., Zani S. 1990. A Fuzzy Approach to the Measurement of Poverty, Income and Wealth Distribution, inequality and Poverty (a cura di Dugum C., Zenga M.), Springer Verlag, Berlino.

Cheli B., Lemmi A. 1995. A "Totally" Fuzzy and Relative Approach to the Multidimensional Analysis of Poverty, Economic Notes.

Fusco Girard L. (2006) The city between conflicts, contradictions and projects, Architecture City and environment, n.1 vol.1 pagg. 46-59.

Kulldorff M. 1997. A spatial scan statistic. In: Statistics: Theory and Methods, n.26, pagg. 1481-1496.

Kulldorff, M., Nagarwalla, N. 1995. Spatial disease clusters: detection and inference. Statistics in Medicine, n.14, pagg. 799-810.

Lemmi A., Pannuzi N. (1995) Fattori demografici della povertà, Continuità e discontinuità nei processi demografici. L’Italia nella transizione demografica,4 Rubettino, Arcavacata di Rende, pagg. 211-228.

Montrone S., Perchinunno P., Rotondo F., Torre C. M., Di Giuro A. 2009. Identification of Hot Spots of Social and Housing Difficulty in Urban Areas: Scan Statistic for Housing Market and Urban Planning Policies. In: Murgante B., Borruso G., and Lapucci A. (eds.) Geocomputation and Urban Planning, Studies in Computational Intelligence, Vol. 176, pp. 57–78, Springer Verlag Berlin Heidelberg.

Montrone S., Bilancia M., Perchinunno P., Torre C.M. 2008. Scan Statistics for the localization of hot spots of urban poverty. Conference Proceedings of the Regional Studies Association - Winter Conference, Londra, pp. 74-77.

Montrone S., Perchinunno P., Torre C. M. 2008. Zonizzazione di dati territoriali con una metodologia Scan statistics. In: Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche “Carlo Cecchi”, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Bari, Cleup, Padova, vol. VII, pp. 303-330.

Openshaw S, Charlton M., Wymer C., Craft A.W. 1987. A mark I geographical analysis machine for the automated analysis of point data. International Journal of Geographical Information System, n.1, pagg. 335-358.

Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica 145

Patil G. P., Taillie C. 2004. Upper level set scan statistic for detecting arbitrarily shaped hotspots. Environmental and Ecological Statistics, n. 11, pagg. 183-197.

Takahashi K., Yokoyama T., Tango T. 2004. FleXScan: Software for the flexible spatial scan statistic. National Institute of Public Health, Japan.

SUMMARY

Hot spot of poverty: some comparison among several urban areas Poverty clusters have high concentration of poor people, but that does not mean that everyone living in them is poor. While poverty is widely accepted to be an inherently multi-dimensional concept, it has proved very difficult to develop measures that both capture this multidimensionality and make comparisons over time and space easy: for example, in poverty areas earnings are lower and unemployment is higher, as well as adverse housing and neighbourhood conditions are more frequent. The fuzzy set approach to multidimensional poverty measurement is enjoying increasing popularity A different but strongly related issue concerns the geoinformatic surveillance for poverty hot-spot detection: hot- spot means a local “outbreak” of persistent poverty typologies. Circle-based spatial-scan statistics (Kulldorff, 1997, Patil and Taille, 2004, Aldstat and Getis, 2006) is a popular approach, and is now widely used by many governments and academic researchers.

In this paper we define a [0-1]-valued fuzzy poverty measure for the census sections in the urban area of Bologna, Cagliari and Naples, in Italy: data were drawn from the 2001 Italian General Census. The upper level set scan statistics applied to a continuous response variable (Patil et al., 2006, Patil et al., 2007) was used to successfully identifying poverty clusters. The implications and possibilities for applications to digital governance are also discussed.

___________________________

Silvestro MONTRONE, Professore Ordinario di Statistica, Facoltà di Economia, Università di Bari.

Massimo BILANCIA, Professore Associato di Statistica, Facoltà di Economia, Università di Bari.

Paola PERCHINUNNO, Ricercatore di Statistica, Facoltà di Economia, Università di Bari.

Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica Volume LXIII nn. 3-4 – Luglio-Dicembre 2009