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Capitolo 2. Oltre i confini nazionali: uno sguardo al mercato del lavoro danese

2.7 Lotta alla precarietà

Fino a questo momento si è trattato il tema della flessibilità come uno dei pilastri su cui si fonda il modello del mercato del lavoro danese. È però importante sottolineare, in modo da non creare confusione, che questa caratteristica non incide sulla forma e sulla sicurezza dei contratti di lavoro: se la qualità della vita in Danimarca è alta, e anche il livello del benessere, questo è correlato soprattutto ad una positiva situazione del mercato del lavoro.

29https://www.dst.dk/en

48 Considerando i numeri offerti ancora una volta dall’OCSE, la percentuale di lavoratori assunti con contratto part-time nel 2016 era pari al 21.7%31, tipologia utilizzata soprattutto dalle donne, in modo da rispondere sia alle esigenze familiari sia a quelle lavorative.

In ogni caso, c’è da dire che il concetto di precarietà in Danimarca non assume una connotazione totalmente negativa, proprio grazie ai consistenti interventi da parte dello Stato a supporto delle persone in difficoltà: il sistema di sicurezza danese che è stato ampiamente descritto in precedenza, viene infatti applicato a tutti i lavoratori, anche a coloro assunti con un contratto la cui forma non è standard, in riferimento quindi ai contratti a tempo determinato o part-time, senza distinzioni in merito al grado di fruizione e protezione.

Bisogna inoltre tenere in considerazione la particolare attenzione che viene posta al tema del diversity: nel proseguo dell’elaborato sarà infatti possibile riscontrare il livello di interesse delle aziende danesi alle esigenze sociali, e quindi anche della popolazione con ridotte capacità lavorative; si trova quindi giustificazione all’utilizzo di contratti quali flexi-time, indirizzarti a offrire una risposta a questo tipo di necessità.

Il mercato del lavoro danese si connota inoltre per una consistente presenza di studenti-lavoratori, grazie ai numerosi accordi tra le Università e le aziende del territorio, oltre alla possibilità di usufruire di una tipologia di contrattazione flessibile a ciò dedicata.

A tal proposito, una ricerca condotta da Infodata de Il Sole 24 Ore utilizzando due rapporti rilasciati da Eurostat32, ha indagato sia l’età media dei giovani che lasciano la casa di famiglia, sia la percentuale di lavoratori nella fascia d’età 15-29, assunti con un contratto di lavoro temporaneo, all’interno del quale sono comprese sia le occupazioni a tempo determinato e le sostituzioni per maternità, sia i rapporti legati all’esecuzione di un singolo progetto, realizzato il quale il contratto si interrompe. Questa analisi è stata condotta a livello europeo, ma qui si porrà un focus specialmente tra i risultati ottenuti in Danimarca, confrontandoli con quelli ottenuti in Italia.

A tal proposito, la situazione migliore analizzando queste tematiche si riscontra proprio in Danimarca, dove l’età media dei giovani che si trasferiscono dalla casa genitoriale è pari a 20 anni, e solo un quinto di questi è assunto con un contratto precario – molto spesso dettato dalle esigenze di studio universitario – con la conseguenza di trovare un mercato del lavoro particolarmente giovane, dinamico, e con le competenze richieste dalle esigenze del mercato.

La situazione in Italia si avvicina maggiormente a quella di Francia e Germania sul piano dell’andamento, ma a livello di numeri si registra un innalzamento dell’età media del primo trasloco

31https://read.oecd-ilibrary.org/employment/oecd-labour-force-statistics-2017/denmark_oecd_lfs-2017-9-en#page1

49 e purtroppo anche del livello di precariato; almeno nel periodo di indagine, ovvero dal 2000 al 2015, l’età media del primo trasferimento è pari a 30 anni nel nostro Paese (era di 29.5 nel 2004 e 30.1 nel 2015). La causa di questo profondo gap è riscontrabile nelle condizioni economiche di ogni singolo Paese, ma è molto probabile che alla base di questo vi sia anche l’influenza degli aspetti culturali, di cui è complesso misurarne l’impatto su questo argomento, così come elementi legati al potere di acquisto degli stipendi e al supporto statale.

Figura 10, Rapporto età media di abbandono della casa genitoriale e % di giovani con un lavoro temporaneo in Danimarca. Infodata Il Sole 24 Ore, 13.05.2017

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Figura 11, Rapporto età media di abbandono della casa genitoriale e % di giovani assunti con un lavoro temporaneo in Italia. Infodata Il Sole 24 Ore, 13.05.2017

2.8 Conclusioni

In questo capitolo si è posta l’attenzione al contesto entro cui si sviluppa l’economia danese; ciò che è emerso è un mercato florido, con una qualità della vita e un livello di benessere molto elevati, e con un mercato del lavoro attivo e dinamico.

Anche se le dimensioni di questo territorio sono ridotte, esso risulta particolarmente attrattivo grazie alle agevoli condizioni previste nel momento in cui si vuole instaurare una nuova attività di business, ai molteplici settori entro cui poter implementare una nuova realtà imprenditoriale, assieme alla considerevole presenza di forza lavoro giovane e qualificata.

A fare da sfondo a questo contesto particolarmente florido, vi sono ingenti interventi pubblici che si concretizzano in un sistema di supporto alla disoccupazione, che si articola a sua volta in una serie di contributi monetari, ma anche in efficienti percorsi di formazione e riqualificazione. Ciò che si ottiene è un perfetto equilibrio tra la flessibilità e sicurezza occupazionali, e un elevato livello di mobilità sociale; questi tre concetti vengono racchiusi e sintetizzati nel modello della flexicurity.

Lo scenario che si presenta quindi alle aziende che operano in Danimarca è costituito dalla presenza di personale con competenze mai obsolete in quanto, i programmi di formazione, assieme alla

51 mobilità sia interna che esterna, consentono una continua rivisitazione e condivisione di conoscenze in grado di rispondere alle sfide dell’ambiente competitivo.

Un altro elemento caratterizzante il mercato del lavoro danese è la regolazione decentralizzata delle materie occupazionali: in questo modo, il ruolo dello Stato risulta marginale, in quanto è la contrattazione collettiva che funge da punto di riferimento in ambito di regolazione del lavoro. Sono infatti le parti sociali rappresentate dalle unioni sindacali e dalle rappresentanze datoriali a fissare i principali termini entro cui deve avvenire il rapporto di lavoro; determinati questi, viene lasciato ampio margine di negoziazione all’interno delle singole realtà aziendali, dove prima dell’assunzione di un dipendente, o almeno una volta l’anno, vengono riviste alcune clausole contrattuali, lasciando spazio al lavoratore per contrattare direttamente con il suo datore di lavoro o responsabile. La regolazione decentralizzata dei rapporti di lavoro, permette quindi un adattamento non indifferente alle mutevoli condizioni del mercato, così da far fronte alle esigenze emergenti in termini di flessibilità e innovazione.

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Capitolo 3. Le implicazioni delle caratteristiche del modello danese