In località Pian dei Buoi, nel gruppo delle Marmarole, erano presenti in passato nume-rosi piccoli siti umidi, documentati da toponi-mi tuttora in uso quali “Lago Morto”, “Palù Tòndo”, “Palù Negro”. Alcuni presentano an-cora oggi carattere di torbiera (la Palù Gran, il Lago delle Sepolture, la piana sotto il colle di Fontanabona); altri sono scomparsi o pros-simi ad esserlo per effetto del rimboschimento (come la “Busa dele Ciare” sul versante verso Auronzo, divenuta una pozza fangosa in om-bra perenne) e soprattutto per occlusione ad opera della vegetazione. In particolare lungo il sentiero delle Sepolture, che dal Bivio dei Pellegrini porta alla strada per Col Vidal, era presente negli anni Settanta una sequenza di piccole pozze che precedevano l’omonimo la-ghetto (la principale, nei ricordi di persone del luogo, aveva anche un nome, Lago de Pòrse) e che proseguivano poco oltre col Lago Valda-porte. Queste presenze non trovano riscontro altrove nel complesso montuoso, e possono essere spiegate per la morfologia ondulata dell’area associata alla natura geologica com-prensiva di marne (formazioni di San Cassia-no) che riducono localmente gli effetti drenan-ti del carsismo.
Oggi la testimonianza di quelle pozze, che ne-gli anni Settanta erano ribordate da Vaccinium uliginosum e regolarmente sorvolate da Aeshna juncea, si riconosce solo per le discontinuità nella vegetazione, mentre il Lago Valdaporte, ancora segnato nella cartellonistica e nella car-ta dei sentieri al 10.000 recentemente realizza-ta dal CAI di Lozzo, è riconoscibile solo per
tracce d’acqua ancora presenti alla base dei cespi. Sopravvive ancora, come ultima riserva genetica, un minuscolo laghetto lungo il Sen-tiero delle Sepolture.
Il Lago delle Sepolture, a 1825 m., si presen-ta con un invaso di acque libere di circa 20 x 10 metri al centro di una piccola conca con re-sidui caratteri di torbiera, circondato da una vegetazione cespitosa che lo sta occludendo.
Nel suo complesso la conca offre un esempio didascalico di successioni ambientali, indice di un ordine naturale ancora ben conservato:
ambiente acqueo con tipica vegetazione domi-nata da Eleocharis emergente in estate; bordo del laghetto armato da cespi di carici; superfici prative di transizione con più specie di grami-nacee cespitose; una fascia discontinua a Pino mugo; un bosco rado a prevalenza di abete rosso e larice. L’eccezionalità del laghetto sta nel fatto che, in tutto il complesso montuoso formato da Antelao, Marmarole e Sorapìss, rappresenta l’unica area palustre in cui è an-cora presente un’estensione di acque libere, risultando tra l’altro l’ultimo sito riproduttivo accertato per il tritone alpino (il Lago D’Aosto a Domegge è oggi occluso; la stazione di Pro-vazei ad Auronzo, più avanti ricordata, è or-mai priva delle sorprendenti valenze presenti negli anni Settanta; il più esteso e noto inva-so del complesinva-so montuoinva-so, il Lago Sorapìss, non ha carattere palustre presentandosi nono-stante la quota relativamente bassa come lago glaciale. Occorre arrivare all’estremo nord del sistema montuoso per incontrare nei pressi di Cortina, sotto il Faloria, il piccolo prezioso lago del Vènce e pozza vicina, oltre agli altri siti di quel versante oggi compromessi). Fino al 2017 Gli Odonata erano rappresentati nel la-ghetto da esigue popolazioni di Aeshna juncea e Coenagrion puella; in una occasione la conca è stata sorvolata da un maschio di Libellula de-pressa, e nell’estate 2018 da un esemplare di So-matochlora artica verosimilmente proveniente dalla vicina Palù Gran. Significativa la presen-za di Coenagrion puella, molto comune a quote collinari e di pianura, il cui volo non consente grandi spostamenti e rapide ricolonizzazioni tanto da indicare una probabile continuità nel tempo della popolazione e quindi delle condi-zioni di sommersione.
Il particolare valore del sito è risultato minac-ciato nel 2018, con grave rischio di degrada-zione in pozza di alpeggio e successivo rapi-do interrimento. Un sopralluogo effettuato in luglio aveva evidenziato una scarsità d’acqua,
lamentata anche dai gestori di vicini rifugi, mai riscontrata in precedenza. Rispetto agli anni precedenti la superficie allagata appa-riva ulteriormente ristretta ma soprattutto, nonostante la piovosità primaverile, l’acqua
Fig. 104, 105 La torbiera di Palù Gran nel Pian dei Buoi (Mar-marole) rappresenta la principale area umida in un esteso sistema montuoso che ne è quasi privo, rappresentando una riserva genetica per popolamenti particolarmente isolati (emblematica tra le libellule Somatochlora arctica). (Foto M. Boccanegra)
era limitata ad una lamina sottile. In questa nuova condizione i bovini, da secoli presenti nell’area, anziché abbeverarsi dai bordi come sempre avvenuto hanno iniziato a penetrarvi (osservati fino a sette capi entro il minuscolo invaso), compromettendo col calpestio il fon-dale e la vegetazione e rilasciando le deiezio-ni con conseguente abnorme carico orgadeiezio-nico incompatibile col mantenimento delle qua-lità ambientali. La situazione è apparsa ulte-riormente degenerata pochi giorni dopo, con l’acqua quasi scomparsa, il fondo totalmente smosso e carico di escrementi, la vegetazione ovunque schiacciata (vedi figg. 61-64 a pag.
75). È risultata evidente l’impellente necessità di recintare il sito per evitarne la perdita nel corso di poche stagioni. Per questo, nell’attesa di interventi risolutivi e in accordo col Comu-ne di Lozzo proprietario dell’area, Comu-nell’estate 2019 il laghetto e la superficie igrofila peri-metrale sono stati provvisoriamente recintati.
All’intervento di emergenza saranno da ac-compagnare un parziale allargamento della superficie acquea e la riapertura dei vicini in-vasi oggi occlusi dalla vegetazione, da lasciare in parte liberi per l’abbeveramento bovino; tali azioni, comportanti oneri modesti, dovranno assicurare la protezione del sito superstite of-frendo al tempo stesso disponibilità di acque per il bestiame al pascolo e per la gestione fau-nistica complessiva.
Recependo dette indicazioni ha preso avvio, nell’autunno 2020, un progetto di tutela e ri-qualificazione del sito promosso dal GAL Alto Bellunese, avente come soggetto attuatore il Centro Studi per l’Ambiente Alpino dell’Uni-versità di Padova. L’intervento, che prevede anche monitoraggi del livello idrico, è parte di un progetto “Interreg” Italia Austria CLLD (Dolomiti Live, “Zone Umide”), contestuale ad altre iniziative in Val Pusteria e in Tirolo.
Utile ricordare che le recinzioni ai fini della tutela naturalistica da effettuare nelle zone pascolate sono esplicitamente previste nello studio più volte citato prodotto per la Regione Veneto (vedi nota 11, scheda 42). Analoghe so-luzioni dovrebbero essere prese in esame an-che in riferimento alle vicine torbiere di Palù Gran e di Fontanabona.
A 700 metri dal Lago delle Sepolture si trova la Palù Gran, torbiera di circa 350 x 150 metri sul fondo della conca che inizia dal Bivio dei Pellegrini scendendo in direzione sud-ovest (fig. 104). È la sola torbiera di rilevante dimen-sione presente nel sistema montuoso Antelao, Marmarole e Sorapìss, e testimonia nel trat-to di fondo pressoché orizzontale un preesi-stente ambiente lacustre colmatosi nel tempo (SCOrteGaGna, 2018). Riconoscibile a distanza per la presenza di Eriophorum latifolium è at-traversata da un rivolo stretto e discontinuo che si insinua in una vegetazione dominata da Menyanthes trifoliata, Carex rostrata e Carex fla-va. Fin dalle osservazioni degli anni Settanta l’habitat appariva favorevole per Somatochlora arctica e/o alpestris, che non erano state però rinvenute (sola specie presente era rappresen-tata da rari esemplari di Aeshna juncea, tuttora presenti). Di rilevante significato dunque il ritrovamento di Somatochlora arctica (fig. 105), osservata in volo in due occasioni nel luglio 2018 ai lati di Palù Gran e presso il laghetto delle Sepolture e confermata l’anno successivo da adulti anche in copula e da larve nelle pic-cole raccolte d’acqua lungo il rivolo.
I margini della torbiera sono soggetti a pasco-lo bovino, più contenuto rispetto al passato.
Sarebbe opportuno monitorare la stabilità del popolamento di Somatochlora e se il caso favo-rirla attraverso l’estensione di piccoli invasi lungo il rivolo e ai lati di questo, eventualmen-te proeventualmen-tetti con piccole recinzioni.
Un’importante opportunità aggiuntiva è data dalla presenza, a circa un chilometro dalla Palù Gran sotto il colle di Fontanabona (nel tratto iniziale della strada per Ciampeviei), di una seconda piccola torbiera (fig. 106), visibile a distanza per la presenza di Eriofori e nobili-tata da una consistente popolazione di Drosera rotundifolia. I rivoli stretti e profondi che la at-traversano sono soggetti e prolungata siccità estiva, probabilmente per un solco di drenag-gio di verosimile origine artificiale; sarebbe importante per la sua tutela contrastare il dre-naggio ripristinando almeno in parte l’assetto naturale in modo da favorire la persistenza di tratti allagati. Ciò offrirebbe a Somatochlora arc-tica un secondo possibile sito riproduttivo, con maggiori prospettive di sopravvivenza per la popolazione.