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Marcello Di Filippo e Anja Palm

Il 2017 ha rappresentato un anno cruciale per le politiche migratorie. Il governo italiano ha mostrato un notevole attivismo, attuando significative iniziative bilaterali con i paesi di origine e di transito, e, al contempo, com-piendo nuovi passi in sede ue per un cambio di approccio delle politiche europee. La posizione italiana ha trovato riscontro nel crescente impegno dell’ue sugli aspetti esterni della politica migratoria, in particolare in Afri-ca, area di primario interesse dell’Italia, ma sia la dimensione bilaterale promossa dall’Italia che quella multilaterale orientata dall’ue presentano talune criticità che richiedono attenta riflessione e alcuni correttivi. Sul pia-no interpia-no all’ue, la richiesta di adottare una nuova visione di solidarietà e condivisione delle responsabilità ha continuato a incontrare forti resisten-ze. Ancora non sembrano essere maturati i presupposti per il raggiungi-mento dell’obiettivo strategico dell’Italia: l’introduzione di regole e mecca-nismi autenticamente ispirati al principio di equa condivisione enunciato nell’art. 80 del trattato sul funzionamento dell’unione europea (tfue). Ci sono però promettenti segnali di apertura da parte di due istituzioni euro-pee di primario rilievo (Parlamento e Corte di giustizia), su cui l’Italia può far leva per avanzare le sue istanze nel gioco diplomatico europeo.

L’

attivismo itaLiano in ambito internazionaLe

già nella primavera del 2016 l’adozione della dichiarazione ue-turchia1 e il conseguente successo nella riduzione dei flussi lungo la rotta del

Mediter-1 Dichiarazione uE-turchia, 18 marzo 2016, http://www.consilium.europa.eu/it/

raneo orientale2, avevano suscitato una forte attenzione sul tema dell’azione esterna dell’unione in ambito migratorio. L’Italia aveva iniziato, dal canto suo, a svolgere un ruolo da protagonista. Il Migration Compact, proposto nell’aprile 2016 dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi3, metteva l’accento sulla cooperazione con i paesi di provenienza e di transito ai fini di una gestione strategica dei flussi migratori, sostenendo la necessità di spostare il focus sull’Africa, una necessità poi ripresa nel nuovo quadro di partenariato approvato dalla Commissione europea4. Questo quadro unico, inteso come contenitore di strumenti di varia natura volti a consolidare il dialogo con paesi terzi identificati come prioritari in base al loro ruolo ge-opolitico nei flussi demografici, ha portato nel 2017 ad un rafforzamento delle relazioni fra l’ue e i partner africani mediante dialoghi di alto livello e il sostegno a specifici programmi, finanziati principalmente attraverso il Fon-do fiduciario europeo d’emergenza per l’Africa istituito nel novembre 2015.

In maniera del tutto condivisibile, l’Italia ha infine ribadito la propria visione nell’ambito delle discussioni per l’adozione del global Compact per una mi-grazione sicura, ordinata e regolare, presentando un articolato “non paper”5. Queste iniziative volte a rafforzare la dimensione esterna delle politi-che migratorie scaturiscono innanzitutto dalla crescente consapevolezza che non sia possibile gestire efficacemente la persistente pressione

mi-press/press-releases/2016/03/18/eu-turkey-statement. Per un’analisi delle relazioni ue-turchia in ambito migratorio si veda: Asli Selin okyay and Jonathan Zaragoza-Cristia-ni, “the Leverage of the gatekeeper: Power and Interdependence in the Migration Nexus between the European union and turkey”, in The International Spectator, Vol. 51, No. 4 (December 2016), p. 1-16.

2 Nell’estate del 2017 la media è stata di 93 arrivi giornalieri. Nello stesso periodo nel 2015, la media era di 2.900 arrivi giornalieri. Si vedano le due relazioni della Commis-sione europea: Settima relazione sui progressi compiuti nell’attuazione della dichiarazione UE-Turchia (CoM/2017/470), 6 settembre 2017, http://eur-lex.europa.eu/legal-content/

it/TXT/?uri=celex:52017DC0470(01); e Terza relazione sui progressi compiuti nell’attua-zione della dichiaranell’attua-zione UE-Turchia (CoM/2016/634), 28 settembre 2016, http://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=celex:52016DC0634.

3 governo italiano, Migration compact: contribution to an EU strategy for external action on migration, 15 aprile 2016, http://www.governo.it/node/4509.

4 Commissione europea, Creazione di un nuovo quadro di partenariato con i paesi terzi nell’ambito dell’agenda europea sulla migrazione (CoM/2016/385), 7 giugno 2016, http://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=celex:52016DC0385.

5 Ministero degli Esteri-Direzione generale per gli italiani all’estero e le politiche mi-gratorie (Dgit), Towards the 2018 Global Compact for a safe, orderly, and regular migration.

Italian Vision, presentato al global Compact for Migration Preparatory meeting, Puerto Vallarta, 5 dicembre 2017, https://refugeesmigrants.un.org/italy-non-paper.

gratoria solo con misure interne o per il controllo dei confini, ma occorra stabilire anche accordi di cooperazione con paesi terzi. La maggiore im-portanza che si tende ora ad attribuire al nesso tra politica migratoria e politica estera è d’altronde anche il riflesso della mancanza di accordo fra i paesi ue sui criteri e i meccanismi per la condivisione delle responsabi-lità nella gestione dei migranti sul territorio europeo.

Inoltre, era sorta la necessità di dare risposte all’opinione pubblica ri-guardo all’intensificarsi dei flussi nel Mediterraneo centrale nel 2016 e nel primo semestre del 20176. L’importanza crescente che ha assunto nel 2017 la questione migratoria nel dibattito pubblico italiano e sui media è dimostrata dai sondaggi, da cui risulta che una cospicua maggioranza degli italiani, in netto aumento rispetto al passato, ritiene che immigra-zione e difesa dei confini debbano occupare il primo posto tra le priorità di politica estera (figura 1)7. Questa crescente inquietudine dell’opinione pubblica e l’imminenza delle elezioni hanno spinto il governo gentiloni a intensificare l’azione diplomatica verso i paesi di origine e transito e ad assumere nuove iniziative in ambito ue per ottenere maggiore solidarietà da parte degli altri Stati membri e, più in generale, una riforma di alcuni aspetti fondamentali della politica migratoria europea.

In effetti, il cambio di governo del dicembre 2016, con il passaggio di An-gelino Alfano al Ministero degli Esteri e di Marco Minniti a quello dell’Inter-no, ha determinato una forte accelerazione di politiche in parte già avviate in precedenza. Seguendo il principio guida del “governare i flussi”, le politi-che italiane si sono concentrate prioritariamente sull’intervento nei paesi di partenza e di transito8. Una significativa riduzione dei flussi in entrata è stata vista come condizione fondamentale non solo per riguadagnare consenso all’interno, ma anche per dare maggiore legittimità e forza alla posizione italiana in sede europea sui punti chiave della politica migratoria comune – ricollocazione dei richiedenti asilo, riforma di Dublino, spazio Schengen.

6 Nel 2015 gli arrivi in Italia sono stati 153.842, nel 2016 181.436, nel 2017 119.369.

Nei primi sei mesi del 2017 si era registrato un trend in aumento (si veda la figura 2).

Cf. Ministero dell’Interno, Cruscotto statistico giornaliero, 31 gennaio 2017 e 31 gennaio 2018, http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/it/node/1300.

7 Il 66 per cento degli intervistati nel 2017, rispetto al 30 per cento nel 2013. Cf. Labo-ratorio di analisi politiche e sociali (Laps) e IAI, Gli italiani e la politica estera 2017, Roma, IAI, ottobre 2017, p. 9, http://www.iai.it/it/node/8352.

8 Cf. Comunicazioni del Governo sulla lotta contro il traffico di esseri umani nel Medi-terraneo, Senato, Resoconto stenografico Commissioni riunite Esteri e Difesa, seduta n. 30, 26 luglio 2017, http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/332428.pdf.

Figura 1 – Le priorità degli italiani nella politica estera

Fonte: IaI e Laps, Gli italiani e la politica estera 2017, cit., p. 9.

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Nel corso del 2017 l’attuazione del programma ue di ricollocazione dei ri-chiedenti asilo giunti in grecia e in Italia ha conosciuto un’accelerazione, nonostante permangano alcune criticità, come il limitato novero di indi-vidui eleggibili e la scarsa o nulla cooperazione di alcuni Stati membri9. A livello giurisdizionale sono da registrare alcuni sviluppi importanti. La Corte di giustizia europea ha adottato una sentenza sulla causa di annul-lamento avviata da Slovacchia e ungheria contro la seconda decisione del Consiglio ue sulla ricollocazione dei residenti asilo: la pronuncia ha confermato la validità della decisione, confutando in toto gli argomenti avanzati dai ricorrenti10. In concomitanza con tale giudizio, la

Commissio-9 Commissione europea, Relazione sullo stato di attuazione dell’agenda europea sulla migrazione (CoM/2017/669), 15 novembre 2017, p. 16-17 e allegato 6, http://eur-lex.

europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=celex:52017DC0669.

10 Corte di giustizia dell’unione europea, Sentenza nelle cause riunite C-643/15 e C-647/15, Slovacchia e Ungheria c. Consiglio, 6 settembre 2017, http://curia.europa.eu/

juris/document/document.jsf?text=&docid=194081&doclang=IT.

ne ha dato impulso a una procedura di infrazione contro gli Stati membri che hanno più di altri ignorato gli obblighi di ricollocare una parte dei richiedenti asilo giunti in grecia e Italia. Così, in data 7 dicembre 2017 la Commissione ha presentato alla Corte ricorso per infrazione contro Po-lonia, Repubblica Ceca e ungheria, in seguito all’infruttuoso esito della procedura pre-contenziosa avviata formalmente il 15 giugno 2017. Altri Stati non hanno pienamente adempiuto ai propri obblighi (pur se in mi-sura più contenuta), e non è escluso che in futuro la Commissione possa avviare altre analoghe procedure di infrazione.

La riforma del controverso regolamento Dublino III, che fissa i cri-teri e i meccanismi per l’esame delle domande di asilo (avviata con la presentazione nel maggio 2016 di una proposta da parte della Commis-sione europea11), è stata oggetto di un ampio e talora aspro dibattito.

All’interno del Consiglio ue, gli Stati membri hanno preso posizioni spesso distanti, con i paesi del gruppo Visegrad decisi ad opporsi ad ogni proposta di modifica che contempli l’abbandono del criterio in base al quale spetta al paese di ingresso esaminare le domande di asilo e che affermi una visione del principio di solidarietà ed equa condivisio-ne delle responsabilità in licondivisio-nea con gli enunciati dell’art. 80 tfue. In tale ambito, il governo italiano si è impegnato in una non agevole opera di costruzione del consenso finalizzata a evidenziare che una diversa im-postazione del regolamento Dublino è nell’interesse dell’intera ue e che la comune appartenenza all’unione non può essere disgiunta da una re-alizzazione “robusta” del principio codificato nell’art. 80 Tfue. Nell’im-mediato futuro, gli esiti di importanti consultazioni elettorali in paesi chiave (Austria, germania, la stessa Italia) rendono il quadro ancora più fluido, impedendo di operare previsioni attendibili sull’evoluzione del dibattito all’interno del Consiglio12.

A fronte delle incognite concernenti il livello intergovernativo, l’esecu-tivo italiano potrà nondimeno giovarsi delle decise posizioni assunte da

11 Commissione europea, Proposta di Regolamento che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di prote-zione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di paese terzo o da un apolide (rifusione) (CoM/2016/270), 4 maggio 2016, http://eur-lex.europa.eu/

legal-content/it/TXT/?uri=celex:52016PC0270(01).

12 Si veda il forte disaccordo emerso sul tema in occasione dell’ultima riunione del Consiglio europeo. Francesco Luigi gatta, “Migranti: quote, duello ue-Stati membri e tutti contro tusk”, in AffarInternazionali, 18 dicembre 2017, http://www.affarinternazionali.

it/?p=67647.

due delle principali istituzioni ue. La proposta della Commissione (c.d.

Dublino IV) ha subito una radicale rivisitazione ad opera del Parlamento europeo, condensata nella Relazione13 adottata a larghissima maggioran-za in seduta plenaria in vista dell’apertura dei negoziati inter-istituzio-nali con il Consiglio e la Commissione14. In estrema sintesi, il Parlamento ha proposto: (1) l’adozione di un sistema di quote permanenti ispirato al principio di equa condivisione delle responsabilità; (2) l’eliminazio-ne dell’irrazionale e iniquo criterio dello Stato di primo ingresso; (3) la valorizzazione in misura molto ampia dei legami significativi (o genuine links) tra un richiedente e uno Stato, al fine di velocizzare la procedura, risparmiare sui costi, ridurre gli incentivi a realizzare movimenti secon-dari, e favorire il percorso di integrazione ove la domanda venga accolta15; (4) misure per incoraggiare gli Stati a valorizzare i canali di ingresso lega-le da paesi terzi; (5) incentivi e disincentivi ragionevoli ed efficaci, sia per gli Stati membri che per i richiedenti asilo.

A tale rilevante sviluppo politico-istituzionale si affiancano poi le indica-zioni autorevoli provenienti dalla Corte di giustizia. Nella summenzionata sentenza sulla ricollocazione dei richiedenti asilo i giudici europei non han-no mancato di sottolineare che il principio di solidarietà ed equa condivi-sione della responsabilità ha carattere vincolante e permea l’intera politica di asilo (non si limita quindi a fornire la base giuridica per misure straordi-narie e ad hoc)16. In un altro importante giudizio (concernente gli eventi ac-caduti lungo la cosiddetta rotta dei Balcani nel 2015 e l’applicabilità ad essi del criterio del primo paese d’ingresso) l’Avvocato generale della Corte di giustizia europea, Eleanor Sharpston, ha svolto una serrata critica dell’im-postazione del regolamento Dublino III e degli effetti iniqui che produce

13 Cecilia Wikström, Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale … (A8-0345/2017), 6 novembre 2017, http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=REPORT&refe-rence=A8-2017-0345&language=IT.

14 Parlamento europeo, processo verbale del 16 novembre 2017, punto 7.4. La relazio-ne è stata adottata con 390 voti a favore, 175 contrari e 44 astenuti. I voti contrari proven-gono quasi esclusivamente da deputati dei paesi Visegrad e baltici.

15 Per un approccio simile v. già Marcello Di Filippo, “Bye bye Dublin?”, in AffarInternazio-nali, 1 marzo 2016, http://www.affarinternazionali.it/?p=33540; Marcello Di Filippo, “An In-ternational Law oriented Approach to the Allocation of Jurisdiction in Asylum Procedures”, in Ennio triggiani et al. (a cura di), Dialoghi con Ugo Villani, Bari, Cacucci, 2017, vol. I, p. 451-460.

16 Corte di giustizia dell’unione europea, Sentenza nelle cause riunite C-643/15 e C-647/

15, cit., par. 252 e 291.

in termini di distribuzione degli oneri tra gli Stati membri, a scapito dei paesi cosiddetti di prima linea, arrivando a proporre la disapplicazione del criterio di primo ingresso a fronte di flussi massicci17. La Corte non ha fatto propria quest’ultima opzione interpretativa, ma ha ciononostante adottato una linea argomentativa che sottolinea come l’attuale impianto del rego-lamento di Dublino sia difficilmente conciliabile con il pieno rispetto dei diritti dei richiedenti asilo e della Carta ue sui diritti fondamentali18.

La ragionevole richiesta del governo italiano di rivedere l’impostazio-ne del sistema Dublino può quindi giovarsi ora delle autorevoli posizioni assunte dalla Corte di giustizia e dall’istituzione eletta dai cittadini euro-pei. Il cammino resta difficile, ma è innegabile che i negoziati con altri go-verni e con la Commissione risulteranno meno ardui per i rappresentanti del governo italiano: siamo di fronte a un’inedita finestra di opportunità che dovrà essere sfruttata con determinazione e continuità.

Un ultimo ma non meno significativo cenno merita la disciplina sulla reintroduzione dei controlli alle frontiere interne dell’area Schengen. già nel 2013 è stata realizzata una significativa riforma che ha dilatato la pos-sibile durata della reintroduzione dei controlli nell’area Schengen (fino a un massimo di due anni tra misure unilaterali e misure “raccomandate” dal Consiglio)19. La prassi applicativa realizzata a seguito dalle cosiddetta crisi del 2015-2016 sulla rotta dei Balcani e le ripetute tensioni registratesi ai confini italiani con Austria e Francia evidenziano come gli stati di prima linea come l’Italia possano subire forti ripercussioni da valutazioni e scelte

17 Corte di giustizia dell’unione europea, Conclusioni dell’Avvocato generale Sharpston, cause C-490/16 e C-646/16, A.S. c. Repubblica di Slovenia e Jafari c. Bundesamt für Frem-denwesen und Asyl, 8 giugno 2017, par. 178-189, http://curia.europa.eu/juris/document/

document.jsf?text=&docid=191320&doclang=it. In questo procedimento e in quello cita-to alla nota precedente il governo italiano è intervenucita-to presentando articolate osserva-zioni: tale strategia processuale merita apprezzamento.

18 In argomento, si veda: Marcello Di Filippo, “the allocation of competence in asylum procedures under Eu law: the need to take the Dublin bull by the horns”, in Revista de De-recho Comunitario Europeo, a. 21, n. 59, gennaio/aprile 2018 (in corso di pubblicazione), in particolare par. IV.2.2.

19 Cf. Art. 23(4) del Regolamento (UE) n. 1051/2013 del 22 ottobre 2013 che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 al fine di introdurre norme comuni sul ripristino tem-poraneo del controllo di frontiera alle frontiere interne in circostanze eccezionali, http://

eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=celex:32013R1051; e Art. 25(4) del succes-sivo Regolamento (uE) 2016/399 del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale re-lativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), http://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=celex:32016R0399.

adottate dai paesi confinanti. La novella legislativa del 2013 ha sollevato non poche perplessità, atteso l’obiettivo primario fissato nel Tfue di realiz-zare e (soprattutto) mantenere un’area di circolazione senza controlli alle frontiere interne (v. art. 67(2) e art. 77(1)). Ebbene, una recente proposta di modifica della disciplina sui controlli alle frontiere, presentata dalla Com-missione, contempla un’ulteriore estensione dei termini di durata di rein-troduzione dei controlli (fino a un massimo di tre anni complessivi)20. La tensione tra diritto derivato e diritto primario sembra acuirsi ulteriormen-te, e potrebbe essere fatta valere dal governo italiano in sede di negoziato.

È pertanto auspicabile che il governo italiano segua con attenzione questo dossier, i cui esiti potrebbero rivelarsi penalizzanti per il nostro paese.