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IN MARGINE ALLE NUOVE NORME DI CONTABILITA' DELLO STATO

Nel documento Cronache Economiche. N.005-006, Anno 1979 (pagine 72-75)

Costanza Costantino

Il passaggio dalla finanza neutrale a quella funzionale avvenuto sulla base dell'orientamento scientifico moderno della finanza pubblica, soprattutto ad opera del Keynes, del Myrdal, del Lund-berg, dello Hansen, del Lerner e dello Schumacher 1 vede l'attività finanziaria fattore determinante del volume del red-dito nazionale e della sua stabilità, della distribuzione del reddito tra gruppi so-ciali e dello sviluppo economico.

Una siffatta politica finanziaria conduce spesso a bilanci dello Stato fortemente passivi e a una nuova impostazione dei medesimi; quasi ovunque si abbandona il criterio patrimoniale-aziendalistico di classificazione delle entrate e delle usci-te per adottare quello economico-funzio-nale che consente una migliore applica-zione dei principii derivanti dalla nuova concezione dell'attività finanziaria. In Italia la legge 1° marzo 1964, n. 62 (legge Curti), sull'esempio di quanto già era avvenuto nei paesi più sviluppati, modificò quanto era disposto dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 in materia di bilancio dello Stato e di bilanci degli enti pubblici introducendo, anche da noi, una classificazione economico-fun-zionale delle entrate e delle spese. La legge citata, senza alcun giovamento per la chiarezza2, implicitamente bandi dalla terminologia ufficiale del bilancio italiano le espressioni avanzo, pareggio e disavanzo; in loro luogo introdusse l'ambigua espressione « risultato

diffe-renziale ».

La legge, infatti, dispose che nel « qua-dro generale riassuntivo » — il quale precede nel volume del bilancio la suc-cessione dei vari stati di previsione (v. tabella) — fossero distintamente indi-cati:

1) il « risultato differenziale tra il totale delle entrate tributarie ed extratributa-rie ed il totale delle spese correnti »; cioè l'avanzo o il disavanzo della parte

corrente del bilancio;

2) il « risultato differenziale tra il totale complessivo delle entrate e delle spese di qualsiasi natura, comprese quelle connesse ad operazioni di accensione e di rimborso di prestiti »; cioè l'avanzo o il disavanzo, tra tutte le entrate e tutte

le spese.

Purtroppo, non era agevole dire, da un punto di vista generale, se per valutare la situazione della finanza statale fosse più importante considerare il risultato differenziale di cui al punto 1, o quello di cui al punto 2.

I due risultati differenziali mettevano in rilievo due differenti situazioni. La pri-ma, che come regola era sempre positi-va, indicava di quanto le entrate cor-renti superavano le spese corcor-renti; la differenza tra i due ammontari rappre-sentava il risparmio pubblico per le spe-se in conto capitale. La spe-seconda mostra-va se e di quanto le entrate previste era-no pari alle spese, oppure se eraera-no mag-giori o minori e, perciò, nel caso più frequente in cui le entrate fossero mino-ri, quanti avrebbero dovuto essere i mezzi finanziari di copertura a breve termine del Tesoro (a meno che non si fosse provveduto durante l'esercizio al-l'emissione di prestiti pubblici, non an-cora previsti in bilancio).

Giustamente il Parravicini3 osservava che in senso economico, quando ci si riferisce agli effetti che il bilancio ha sull'economia in generale, né il primo né il secondo risultato differenziale era-no indicativi di pareggio, avanzo o di-savanzo. Non il primo in quanto lascia-va escluse molte spese (ad es. quelle per investimenti sociali destinate a dare il loro frutto nel corso di più anni e in modo indiretto attraverso il potenzia-mento della struttura economica e so-ciale del Paese); non il secondo in quanto includeva anche le voci di ac-censione ed estinzione di prestiti, e quindi non permetteva di vedere l'in-debitamento globale dello Stato in di-pendenza del bilancio.

Anche noi concordammo nel ritenere 4 che probabilmente, ai fini della parti-colare conoscenza della situazione del dare e dell'avere fra l'economia pub-blica e il mercato, il risultato che aveva rilevanza era quello che emergeva dalla differenza tra tutte le entrate tributarie, extratributarie e in conto capitale, e tut-te le spese, correnti e in conto capitale; ma proprio questa differenza non era prescritta dalla legge.

Intanto la crisi della finanza pubblica, già manifesta nel 1963-64. raggiunge il suo apice nel 1975. Essa deve essere ri-condotta all'esplosione e alla

degrada-zione della spesa pubblica per trasferi-menti e per consumi pubblici. Tale esplosione è accompagnata da una so-stanziale stazionarietà delle entrate tri-butarie e da una diminuzione nel peso delle tariffe dei servizi di pubblica uti-lità e determina perciò il formarsi di un disavanzo del settore pubblico assai elevato e rigido, che si deve finanziare in gran parte con mezzi monetari. La legge 1° marzo 1964, n. 62, che già tante perplessità aveva sollevato circa la sua capacità ad indicare l'equilibrio o lo squilibrio del bilancio, è giudicata or-mai assolutamente insufficiente ad espri-mere la situazione dell'intero settore pubblico, a cui il bilancio dello Stato è collegato, né si giudica ora più bastevo-le il bilancio di previsione annuabastevo-le. Si giunge cosi alla legge 5 agosto 1978, n. 468 che riforma profondamente le norme di contabilità generale dello Sta-to in materia di bilancio.

Si statuisce, anzitutto, che il bilancio an-nuale di previsione debba essere redat-to in termini di competenza e in termi-ni di cassa e si abolisce l'esercizio sup-pletivo.

Accanto al bilancio annuale di previsio-ne è contemplata la compilazioprevisio-ne di un bilancio pluriennale di previsione elabo-rato in termini di competenza, ricopren-te un periodo di almeno tre anni e co-munque non superiore al quinquennio; esso deve essere aggiornato annualmen-te in occasione della presentazione del bilancio annuale.

Il bilancio pluriennale, tenuto conto de-gli impegni relativi al settore pubblico allargato, fìssa il limite massimo del-l'eventuale saldo netto da finanziare per ciascuno degli anni considerati; esso non comporta però autorizzazione a ri-scuotere le entrate, né a eseguire le spe-se ivi contemplate.

Per ciò che attiene al risultato differen-ziale la legge del 1978 — diradando in gran parte l'ambiguità lamentata della riforma del 1964 — dispone che nel quadro generale riassuntivo, con riferi-mento sia alle dotazioni di competenza che di cassa, siano messe in rilievo quat-tro differenti situazioni e, precisamente, siano indicati:

1) il « risultato differenziale » tra il to-tale delle entrate tributarie ed

extratri-butarie ed il totale delle spese correnti

(« risparmio pubblico »). Questo

risul-tato, che — come sopra notammo — è di regola sempre positivo, indica di quanto le entrate correnti superano le spese correnti; la differenza tra i due ammontari costituisce il risparmio pub-blico per le spese in conto capitale 5; 2) il « risultato differenziale » delle ope-razioni finali, rappresentate da tutte le entrate e le spese, escluse le operazioni di accensione e di rimborso di prestiti

(« saldo netto da finanziare o da impie-gare »). Questo risultato, detto anche « fabbisogno », misura le risorse

assorbi-te dall'economia ad opera della finanza pubblica, oltre quelle che provengono dalle entrate tributarie ed extratributa-rie, comprese quelle utilizzate per con-cedere finanziamenti ad altri enti (dette anche concessioni nette di credito); 3) il « risultato differenziale » tra tutte le entrate e le spese, escluse le operazio-ni riguardanti le partecipaziooperazio-ni aziona-rie e i conferimenti, nonché la conces-sione e riscosconces-sione di crediti e l'accen-sione e rimborso di prestiti («

indebita-mento o accreditaindebita-mento netto »).

Que-sto risultato esclude le risorse utilizzate per i finanziamenti netti concessi ed in-dica, perciò, il « vero » disavanzo pub-blico, nel senso, cioè, del peggioramen-to patrimoniale, perché il fabbisogno — osserva il Reviglio 6 — è un disa-vanzo gonfiato dall'attività di interme-diazione svolta a favore di terzi, soprat-tutto delle Aziende autonome e munici-palizzate o delle altre imprese pubbli-che 7;

4) il « risultato differenziale » fra il to-tale delle entrate finali e il toto-tale delle spese (« ricorso al mercato »). Questo risultato, già contemplato come quello sub 1) dalla legge 1° marzo 1964, n. 62, mostra se le entrate previste sono pari alle spese, oppure se sono maggiori o minori e, di conseguenza quanti debbo-no essere i mezzi finanziari di copertu-ra a breve termine del tesoro.

Questa nuova serie di « risultati diffe-renziali » voluta dalla legge del 1978 ci pare, senza dubbio, più espressiva, di quella contenuta nella legge del 1964, della situazione finanziaria del settore

pubblico, nelle varie accezioni in cui es-so può essere intees-so. (Ciò nonostante ci sia consentito di ripensare con rimpian-to all'età dell'oro della finanza pubblica, quando i conti pubblici erano soltanto quelli dello Stato, delle province, dei comuni e delle Camere di commercio e il Keynes non aveva ancora dovuto am-monire che ciò che conta non è che la pubblica amministrazione faccia un po' meglio o un po' peggio quello che an-che i privati possono fare, ma faccia ciò che i privati non possono fare del tut-to 8).

Volendo proseguire con qualche altro veloce rilievo in merito alla riforma del-la contabilità generale dello Stato in ma-teria di bilancio, occorre ricordare che la Costituzione al terzo comma del-l'art. 81 recita: « Con la legge di ap-provazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese ». La dottrina dominante è stata propensa a ritenere che con tale norma la Costi-tuzione avesse diminuito assai il valore sostanziale del bilancio, il quale era ri-dotto a un piano contabile di insieme, che elencava e metteva in evidenza le entrate e le uscite già in precedenza sta-bilite e autorizzate dalle leggi. Sola fa-coltà del Governo e del Parlamento sa-rebbe stata quella di ridurre od aumen-tare gli stanziamenti.

La legge 5 agosto 1978, n. 468, ci pare abbia provveduto a neutralizzare l'effi-cacia di tale comma istituendo la «

leg-ge finanziaria ». Infatti, il Ministro del

tesoro, di concerto col Ministro del bi-lancio e col Ministro delle finanze, pre-senta al Parlamento,

contemporanea-mente al disegno di legge relativo al

bi-lancio di previsione dello Stato, un di-segno di legge finanziaria con la quale possono operarsi modifiche ed integra-zioni a disposiintegra-zioni legislative aventi ri-flessi sul bilancio dello Stato, su quelli delle aziende autonome e su quelli de-gli enti che si ricollegano alla finanza statale, al fine di adeguare le entrate e le uscite del bilancio dello Stato e degli enti citati agli obiettivi di politica eco-nomica cui si ispirano il bilancio plu-riennale e il bilancio annuale.

La legge finanziaria indica, inoltre, un dato di grande rilievo: il livello mas-simo del ricorso al mercato finanziario.

Ma un altro punto ancora, ci sembra, la legge su citata abbia definitivamente chiarito: il contenuto della relazione

previsionale e programmatica.

Su tale documento, istituito dalla legge del 1964, avevano molto dissertato eco-nomisti e cultori della finanza pubblica, senza peraltro giungere ad una soluzio-ne concorde.

Ora l'articolo 15 della legge del '78 sta-bilisce che la relazione previsionale e programmatica — la quale in una appo-sita sezione contiene una illustrazione del quadro generale riassuntivo del bi-lancio dello Stato — espone il quadro economico generale ed indica gli indi-rizzi della politica economica nazionale ed i conseguenti obiettivi programmati-ci, rendendo esplicite e dimostrando le carenze e compatibilità tra il quadro economico esposto, la entità e la ripar-tizione delle risorse, i predetti obiettivi e gli impegni finanziari previsti nei bi-lanci pluriennali dello Stato e dell'intero settore pubblico allargato.

Il legislatore, consapevole dell'importan-za di un'attenta valutazione dell'impiego delle risorse effettuato con la politica della spesa pubblica, tributaria e tarif-faria ai fini della realizzazione degli obiettivi della politica economica nazio-nale, ha voluto dare all'esecutivo uno schema preciso da seguire nella compi-lazione della recompi-lazione al massimo do-cumento finanziario dello Stato. Errori e sprechi — finalmente si afferma9 — non sono più possibili, se si vuole risa-nare la finanza pubblica e l'economia.

La riforma perseguita nel bilancio di previsione dello Stato sarebbe stata monca se non fosse stata completata da norme tendenti alla normalizzazione dei conti degli enti pubblici.

Infatti, la legge 5 agosto 1978, n. 468, impone ai comuni, alle province e rela-tive aziende, nonché a tutti gli enti pub-blici ndn economici (compresi in una ta-bella allegata alla legge citata), agli enti ospedalieri, alle aziende autonome di Stato, agli enti portuali e all'ENEL di adeguare, entro un anno dalla entrata in vigore della legge stessa, il sistema della contabilità ed i relativi bilanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato, provvedendo all'esposizione della

Quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per l'anno finanziario 1978 (previsioni iniziali)

Entrate (miliardi di lire) Spese (miliardi di lire)

Titolo I - Entrate tributarie . . 42.895,0 Titolo I - Spese correnti . . . 49.798,5 Titolo II -Entrate extratributarie 6.862,9 Titolo II - Spese in conto capi- ^ ^ ^

Totale titoli I e II . . 49.757,9 49.757,9

Spese correnti . . . 49.798,5 T o t a|e t i t o M | e II . . 61.637,8 61.637,8

Risult. differenz. ( —) 40,6

Titolo ili-Alienazione e ammor- Rimborso di prestiti . . . . 2.805,9 tamento di beni

patri-moniali e rimborso di

crediti 75,9 Totale complessivo spese . 64.443,7 Totale titoli I, Il e III 49.833.8

Accensione di prestiti . . . . 809,0 Totale complessivo entrate 50.642,8 Totale complessivo 50.642.8 Risultato differenziale ( —) 13.800,7

spesa sulla base della classificazione eco-nomica e funzionale e mettendo in evi-denza, per l'entrata, gli introiti in rela-zione alla provenienza degli stessi, al fine di consentire il consolidamento delle operazioni interessanti il settore pub-blico.

Dopo questo breve esame critico dei punti di maggior momento della leg-ge di riforma della contabilità leg- genera-le dello Stato, non ci resta che atten-dere le norme di attuazione della mede-sima, sperando che esse non ne tradisca-no lo spirito ed il valore pratico.

N O T E

1 J O H N M A Y N A R D K E Y N E S , The general theory of employment, interest and money, London,

Mac-Millan, 1 9 3 6 ; G U N N A R M Y R D A L , The politicai ele-ment in the developele-ment of economie theory,

Lon-don, Routledge & Kegan, 1953; E R I K L U N D B E R G ,

Meddelanden fran Konjunkturinstitutet, Sez. A..

Stockholm, 1937; A B B A L E R N E R , Functional finan-ce, in « Social Research », voi. X, f e b b r a i o 1934;

A L V I N H A N S E N , Fiscal policy and business cycles,

Norton, N e w York, 1941; S C H U M A C H E R , Public fìnance: its relation to full employment in eco-nomics of employment, Blackwell, London, 1944.

2 A L D O S C O T T O , Compendio di scienza delle finan-ze, Principato editore, M i l a n o , 1974, pag. 217.

3 G I A N N I N O P A R R A V I C I N I , L'ordinamento in Italia della finanza pubblica, voi. I I , C. E. Giunti,

Uni-versitaria, Firenze, 1967, pag. 551 e segg.

4 M A R C O F A N N O - C O S T A N Z A C O S T A N T I N O , Elementi di scienza delle finanze, Lattes, Torino, 1978,

pag. 33.

5 Purtroppo il 1970 è stato l'ultimo a n n o in cui il settore pubblico ha contribuito a formare un risparmio positivo, sicché l'indebitamento che si realizzava andava a finanziare spese di investi-mento. Cfr. F R A N C O R E V I G L I O , Spesa pubblica e stagnazione dell'economia italiana, Universale

Pa-perbacks, 11 Mulino, Bologna, 1977, pag. 50 e segg.

6 F R A N C E S C O R E V I G L I O , Op. cit., p a g . 3 0 .

7 Questa attività di intermediazione a favore di terzi operanti nel settore pubblico è piuttosto complessa. Per illuminare il lettore crediamo op-p o r t u n o ricordare le accezioni dell'esop-pressione « Settore Pubblico » indicate dal Reviglio, uno dei più competenti studiosi del problema della spesa pubblica (Op. cit., pag. 32).

Settore Pubblico «a» (P.A.):

Stato

Altri enti dell'amministrazione centrale Enti di previdenza

Regioni, province, comuni Altri enti locali

Settore Pubblico « b »:

Settore Pubblico « a » (ovvero P.A.) + Aziende autonome Settore Pubblico « c »: Settore Pubblico « b » + Enti ospedalieri Aziende municipalizzate Enti portuali Settore Pubblico « d »: Settore Pubblico « c » + E N E L

La dinamica del fabbisogno del Settore Pubbli-co « a » rappresenta d r a m m a t i c a m e n t e il peggio-r a m e n t o della situazione della finanza pubblica nel periodo 1970-1975: il fabbisogno è cresciuto di quasi cinque volte nei sei anni, passando dal 4 % al 19,7% del P.I.L. (Reviglio, Op. cit., pagi-na 37).

8 J O H N M A Y N A R D K E Y N E S , Saggi politici, Firenze,

1966.

(Trailibfi]

Nel documento Cronache Economiche. N.005-006, Anno 1979 (pagine 72-75)