A. MEDIO, Teoria nonlineare del ciclo eco-nomico - Voi. di 14 x 21,5 cm, pp. 205 - Il Mulino, Bologna, 1979 - L. 8000.
Quando gli economisti studiano le posizioni di equilibrio (mobile o meno), prima di avere stu-diato il processo dinamico che conduce il siste-ma verso tali posizioni, ovvero che lo allontana da queste, essi mettono il carro davanti ai buoi. In primo luogo, infatti, noi siamo interessati a studiare lo stato di equilibrio di un sistema — piuttosto che uno degli infiniti altri possibili stati — principalmente a causa delle « leggi di movimento » che tale studio implicitamente ri-vela. Un equilibrio stabile è una situazione par-ticolarmente interessante perché costituisce un polo di attrazione del sistema, cioè una speciale posizione vicino alla quale il sistema si trova già, ovvero verso la quale in ogni caso tende a spostarsi. Ne segue che solo descrizioni della realtà corrispondenti a equilibri stabili hanno qualche probabilità di essere corrette. Infatti, gli equilibri instabili corrispondono per definizione nella realtà quanto lo è un uovo in equilibrio verticale. Essi non hanno dunque alcuna validità descrittiva, ma possono semmai avere soltanto interesse normativo. In secondo luogo, l'abitu-dine di studiare un punto, o un « sentiero » di equilibrio, trascurando le eventuali fluttuazioni intorno ad esso, presuppone la possibilità di de-finire certe proprietà « di lungo periodo » (il
trend, per esempio) del sistema che siano
indi-pendenti dal suo comportamento fuori dell'equi-librio. Se questa ingiustificata assunzione viene lasciata cadere, l'analisi dell'equilibrio mantiene la sua validità soltanto se essa diventa parte di una più vasta, globale analisi dinamica in cui gli stati di equilibrio costituiscono speciali posi-zioni di un sistema in evoluzione nel tempo. Quando il problema venga affrontato in questo modo, l'importanza della teoria delle fluttuazioni ne risulta grandemente accresciuta. Per studiare tale teoria abbiamo infatti bisogno di assumere un punto di vista dinamico fin dall'inizio, dal momento che una spiegazione scientifica del ci-clo per mezzo di argomenti statici costituisce una contraddizione in termini. Infatti, la presenza di fluttuazioni è associata in modo strettissimo al fatto che tutti i processi economici richiedono tempo per compiersi, e che tutte le decisioni richiedono tempo per essere realizzate. Pertanto, Per studiare questo problema occorre porsi im-mediatamente domande quali « che cosa accade quando l'equilibrio viene turbato e non può es-sere istantaneamente ristabilito? » o, analoga-mente, « come reagiscono gli agenti economici a situazioni inattese o indesiderate? ». Queste sono questioni di natura dinamica che debbono ricevere una risposta per mezzo di argomenti dinamici. Poiché il processo di convergenza, o di divergenza, richiede tempo, l'esistenza di ritardi fra grandezze attuali e potenziali deve essere esplicitamente ammessa e rigorosamente descritta.
In termini matematici, questo problema viene tipicamente affrontato descrivendo un sistema per mezzo di equazioni differenziali (o alle dif-ferenze finite). In questo caso la soluzione del modello, ove ne esista una, prende la forma di una funzione che descrive, per cosi dire, la sto-ria delle vasto-riabili a partire da prefissate condi-zioni iniziali. Da questo punto di vista, il ter-mine « teoria delle fluttuazioni » costituisce
un'espressione abbreviata intesa in effetti a designare una branca dell'economia dinamica, o, più accuratamente, un metodo per indagare processi dinamici.
Allo studioso della dinamica di disequilibrio si presentano due principali problemi, li primo è la formulazione di assunzioni realistiche per quanto concerne il comportamento degli agenti economici in una situazione in cui vengono com-messi degli errori che non possono essere cor-retti istantaneamente e senza costi, e in cui le aspettative non vengono necessariamente realiz-zate, o realizzate subito. Questa è un'area di ricerca economica particolarmente sottosvilup-pata e non è facile evitare di cadere nel vuoto formalismo da una parte, o in una casistica in-concludente dall'altra.
Una volta che le assunzioni siano formulate, tut-tavia, la seconda grande difficoltà della dina-mica di disequilibrio è quella di combinarle in un modello e di impiegare validamente gli strumenti di analisi disponibili al fine di derivarne tutti i possibili risultati analitici. Questo processo di deduzione logica costituisce di per sé uno stadio essenziale nel processo di spiegazione della realtà. Esso inoltre — interagendo con l'osservazione empirica — apre la via alla formulazione di nuove assunzioni e all'acco-glimento di nuove prospettive nello studio dei sistemi reali. È bensì vero che « nessun modello di disequilibrio che possa incontrare l'approvazione generale può essere prodotto a tavolino » (Hahn e Matthews [1964], p. 98 del-l'edizione 1966). Tuttavia tale modello non può essere prodotto semplicemente raccogliendo e classificando innumerevoli esempi di differenti reazioni degli agenti economici di fronte a si-tuazioni indesiderate. La ricerca empirica è cieca senza una teoria che possa darle un orienta-mento, isolando certe cruciali aree di studio, proponendo ragionevoli ipotesi di lavoro e per-fino suggerendo quei valori numerici dei para-metri che sembrino essere più realistici. Il precipuo scopo delle pagine che seguono è appunto quello di fornire qualche contributo ori-ginale alla costruzione di modelli dinamici e la loro analisi formale.
G. HINTERHUBER, La direzione strategica dell'impresa industriale. Le funzioni del di-rettore generale - Voi. di 15 X 22,5 cm, pp. 180 - ISEDI, Milano, 1979 - L. 8000.
Al dinamismo della vita sociale deve dunque corrispondere la « direzione strategica dell'im-presa »; questa richiede che
1) si analizzino la situazione dei mercati ove l'impresa acquista i fattori della produzione e vende i prodotti di cui viene a disporre, le tec-nologie impiegabili, il comportamento delle isti-tuzioni da cui l'impresa è condizionata e il sistema dei rapporti sociali in cui l'impresa deve inserirsi e si esplorino le forze, interessanti l'im-presa, da cui il dinamismo dell'ambiente esterno è determinato, concentrando l'analisi strategica su aree critiche ai fini della sopravvivenza e dello sviluppo dell'impresa,
2) la direzione d'impresa forfnuli strategie dif-ferenziate per le varie unità aziendali strategi-che in cui l'impresa può essere articolata, isti-tuendo precise priorità nella allocazione delle
risorse e tenendo conto delle azioni e reazioni dei concorrenti,
3) la direzione d'impresa elabori politiche fun-zionali per le varie aree di gestione dell'impresa, cosi da consentire ai centri decisionali compe-tenti di trasformare direttamente le strategie, in una prospettiva di decentramento controllato, in piani di azione funzionali attraverso il project
management,
4) la direzione d'impresa costruisca e gestisca strutture organizzative, articolate in unità azien-dali strategiche, conformi alle strategie che sono state formulate,
5) si aumenti il rigore dei sistemi di pianifica-zione operativa, di motivapianifica-zione e di controllo necessari per la esecuzione delle strategie e dei piani d'azione.
Il presente volume è ispirato al criterio di trat-tare tutti i temi che attengono alla direzione strategica dell'impresa industriale dal punto di vista della direzione d'impresa e secondo il se-guente modello: « analisi della situazione di partenza e delle prospettive strategiche; formu-lazione degli obiettivi strategici e delle strate-gie; elaborazione delle politiche funzionali; pro-gettazione e gestione delle strutture organizza-tive; realizzazione delle strategie (...) ». La trattazione dell'analisi della situazione di partenza e della determinazione delle prospettive strategiche, cui è dedicato il primo capitolo, ha per oggetto l'analisi e la previsione dell'am-biente esterno e dei punti di forza e debolezza dell'impresa, i sistemi di valori dei supremi cen-tri decisionali e gli obblighi sociali dell'impresa; questa prima esposizione si chiude delineando gli elementi condizionanti le prospettive strate-giche dell'impresa.
Nel secondo capitolo è trattato il processo di formulazione degli obiettivi strategici e delle strategie: il filo di questo processo parte dalla nozione di matrice del portafoglio che si ritiene essere lo strumento più efficiente di cui oggi si dispone per la formulazione delle strategie azien-dali; in questa parte del testo si perviene quin-di alla determinazione del portafoglio strategico ed alla formazione del piano strategico dell'im-presa.
Oggetto del terzo capitolo è l'elaborazione di politiche funzionali, per le varie aree di gestione dell'impresa, conformi alle strategie che sono state formulate: politica di marketing, della ri-cerca e dello sviluppo, della produzione e degli approvvigionamenti, del personale, del finanzia-mento, della cooperazione, fusione ed acquisi-zione; i piani d'azione formulati nelle singole aree aziendali si presentano quindi come lo strumento di controllo e revisione del porta-foglio strategico e del piano strategico del-l'impresa.
Il capitolo quarto, dedicato alla progettazione e gestione delle strutture organizzative, tocca i seguenti argomenti: ripartizione dell'impresa in unità aziendali strategiche, selezione dei qua-dri direttivi delle unità aziendali strategiche, ge-stione delle risorse umane e programmazione e sviluppo dei quadri.
Il capitolo quinto, sulla esecuzione delle stra-tegie, passa in rassegna i problemi di pianifica-zione operativa, i sistemi di motivapianifica-zione, i pro-cessi di controllo e revisione delle strategie ed i compiti della direzione di impresa.
L'utilità del modello in esame per la direzione d'impresa — ed anche per lo studente — ri-siede: a) nel ricondurre ad un quadro unitario e sistematico la complessità e dinamicità della gestione dell'impresa industriale; b) nel pro-muovere una riflessione generale ed una ricon-siderazione unitaria delle strategie e politiche
in corso, delle strutture organizzative esistenti e dei sistemi di realizzazione delle strategie e dei piani di azione posti in essere nell'impresa; c) nella possibilità di adeguare il modello di dire-zione alle specifiche situazioni in cui la Fin-gola impresa opera.
M. GERBI SETHI, Imprese italiane di fronte alle esportazioni - Voi. di 14 x 22 cm, pp. 268 Franco Angeli, Milano, 1979 -L. 8000.
L'economia italiana, pur essendo orientata ai modelli dei paesi avanzati, occupa una posi-zione intermedia fra i paesi altamente industria-lizzati e i paesi emergenti.
Particolarmente esposta ai precari equilibri in-ternazionali, rischia di dover operare sempre più ai margini dell'economia mondiale sebbene sia ancora in grado di giocare un ruolo di rilievo in taluni campi di grande espansione.
La complessità di questa realtà e la particola-rità dei problemi derivanti dalle diverse situa-zioni economico-sociali che caratterizzano i mer-cati esteri in rapido mutamento, la presenza di una concorrenza internazionale sempre più ag-guerrita mettono pertanto sempre più in evi-denza l'esigenza di considerare a tutti i livelli il commercio estero con un nuovo approccio. Vale a dire, predisporre a livello nazionale pro-grammi a lungo termine per il coordinamento degli scambi e la razionalizzazione della loro ge-stione e creare ove non esistono, o rafforzare ove esistono, iniziative idonee a facilitare le nostre correnti esportative. A livello aziendale, riqualificare, specializzare e differenziare la pro-duzione secondo le esigenze più sofisticate del mercato internazionale — mercato traguardo d'obbligo per le imprese italiane — e adottare strategie, politiche e tecniche più avanzate per operare all'estero.
La presenza di troppa improvvisazione, la caren-za di volontà, di permanenti sistemi informativi sui mercati esteri, la scarsa conoscenza della potenzialità delle imprese, della formazione del processo degli scambi a livello d'impresa, delle più moderne discipline di marketing per gestire innovativamente l'interscambio e più in partico-lare le esportazioni rendono precaria la realiz-zazione di questi obiettivi.
Partendo da questa premessa il CERIS, Labora-torio di Ricerche sull'Impresa e lo Sviluppo ha avviato da alcuni anni all'interno di un vasto programma di studio sulla struttura e sullo svi-luppo dell'industria italiana una ricerca che si propone principalmente di analizzare « l'organiz-zazione del commercio verso l'estero a livello d'impresa » e di approfondire gli studi nel cam-po del marketing internazionale allo scocam-po di produrre documentazione originale sull'argo-mento.
L'ottica con la quale si osserva il fenomeno delle esportazioni è pertanto quella microecono-mica che parte dall'analisi delle unità che dan-no luogo al flusso: • le imprese e i gruppi ». E parso infatti importante:
1) osservare le esportazioni attraverso le carat-teristiche dimensionali e di struttura delle im-prese e dei gruppi, per vedere dapprima se esi-stono correlazioni dirette fra fatturato netto e fatturato all'esportazione, a livello sia generale che di settore.
(Questa prima fase della ricerca è stata pub-blicata a cura del CERIS nel corso del 1975 [cfr. M. Gerbi Sethi, « Il ruolo e la dinamica del fatturato all'esportazione in 372 imprese », Torino, 1975] ed è stata aggiornata nel corso del 1976. I risultati dell'aggiornamento sono con-tenuti negli atti raccolti a cura del Centro di Documentazione Ricerche Lombardia in occasio-ne del seminario sull'andamento e le prospet-tive della bilancia commerciale italiana svoltosi a Milano il 14 giugno 1976 e sono stati anche pubblicati sul 1" numero del bollettino edito dal nostro Laboratorio);
2) analizzare ali interno di ogni impresa o grup-po, come la componente per l'estero viene ge-stita, come viene considerata, con quali politi-che di marketing viene sostenuta e « collocata » all'estero; e inoltre quali sono per le imprese i fattori più importanti che le inducono ad espor-tare e quali fattori sono considerati determi-nanti per l'acquisizione di una quota del mer-cato internazionale; in breve quale « filosofia » regola o orienta l'impresa » italiana » rivolta ai mercati esteri.
Di questa seconda parte, (condotta fra il 1976 e il 1977) destinata ad analizzare gli aspetti qualitativi delle esportazioni presso alcune im-prese si intende fornire in questa sede il rap-porto conclusivo.
La presente ricerca, come le precedenti e le pubblicazioni collaterali, raggiungerà il suo sco-po se riuscirà ad essere un modello per lo stu-dio a livello microeconomico della problematica esposta e a fornire agli operatori economici una serie di elementi conoscitivi da non intendersi come valori fermi ed immutabili (come non lo possono assolutamente essere le soluzioni e le situazioni legate alla dinamicità dei mercati) per migliorare la conoscenza di quello che si fa e di quello che si potrebbe fare, per suscitare fra i responsabili delle imprese una consapevolezza nuova dei problemi, per favorire una presa di coscienza delle conseguenze che le decisioni non meditate possono avere sull'impresa, sul settore, sull'economia nazionale in generale, sul-l'immagine internazionale della produzione ita-liana.
L. ANCARANI, Guida all'operazione doga-nale - Voi. di 15 x 21 cm, pp. 347 - Centro Estero Camere Commercio Piemontesi, To-rino, 1979 - L. 6000.
Le norme doganali relative agli scambi com-merciali con l'estero impongono che lo sdogana-mento delle merci debba essere preceduto da una dichiarazione sottoscritta dal proprietario o da un suo rappresentante a cui è fatto ob-bligo anche di seguire le fasi successive al-l'operazione doganale o almeno quelle più im-portanti come la « visita », eseguita dal funzio-nario, e che deve essere sempre effettuata in contraddittorio con la parte.
E poiché quando dai documenti commerciali le merci risultano di proprietà di una persona giu-ridica la dogana riconosce come • proprieta-rio » solo l'Amministratore Delegato della so-cietà, ne deriva essere di grande importanza stabilire chi può essere autorizzato ad operare in dogana a nome e per conto del « proprieta-rio delle merci ».
Fino al 1971 qualunque persona fisica in possesso dei diritti civili munita di regolare mandato po-teva rappresentare qualunque persona fisica o giuridica per l'espletamento delle operazioni do-ganali. Da quella data in poi le norme doga-nali hanno disposto che la rappresentanza in do-gana poteva essere esercitata solo da chi fosse stato in possesso di una abilitazione all'eserci-zio della professione di spediall'eserci-zioniere doganale rilasciata dalla Direzione Generale delle dogane a seguito del superamento di una prova di esame.
I requisiti necessari per partecipare a tale pro-va e la durata di essa (l'ultima ha richiesto 4 anni) fanno si che di fatto solo la categoria degli spedizionieri doganali può operare in do-gana.
Contro questa situazione, che non ha riscontro negli altri Stati membri della CEE, è in corso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee una causa indetta dalla Commissione della CEE contro lo Stato italiano, che malgrado gli inviti ricevuti dalla stessa Commissione non ha voluto modificare la propria legislazione in materia. Recentemente, il 1° febbraio 1979, la Gazzetta Ufficiale della CEE serie C n. 29 ha pubblicato la Proposta di Regolamento che la Commissione ha inviato al Consiglio in cui si definiscono le condizioni alle quali una persona è ammessa a effettuare una dichiarazione in dogana. II regolamento stabilisce che per « persona » de-ve intendersi tanto una persona fisica che una persona giuridica e che il dichiarante può dichia-rare in dogana sia a nome proprio e per conto proprio, sia a nome proprio ma per conto altrui, sia a nome altrui e per conto altrui.
Per ora non si tratta che di una proposta di regolamento ma essa è indicativa dello spirito di estrema liberalità che è alla base dell'azione che la CEE intende perseguire in questo campo nel quale un'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri non può che essere fatta secondo le norme della legislazione meno vin-colistica.
In questa convinzione: che cioè entro breve tempo una disciplina più liberale regolerà la rappresentanza in dogana e renderà possibile alle aziende l'impiego, quando lo ritengano op-portuno, di proprio personale per l'espletamento delle operazioni doganali, ho cercato di ovviare con questa « Guida » ad una carenza d'informa-zione in materia doganale tale da originare in molti la convinzione che questa disciplina sia talmente complessa da rendere opportuno affi-darne in ogni caso la trattazione solo agli ad-detti ai lavori.
Se è vero che, in alcune circostanze, è facile, in dogana, imbattersi in difficoltà difficilmente e faticosamente superabili, è anche vero che tali difficoltà esistono anche per chi svolge la pro-fessione di • spedizioniere doganale ». Naturalmente il possesso dell'abilitazione al-l'esercizio di tale professione presuppone, gene-ralmente, una capacità di agire, nel campo do-ganale, con una speditezza e competenza che l'operatore generico abitualmente non possiede. Però nella maggior parte dei casi e soprattutto quando lo sdoganamento ha per oggetto, come avviene per quasi tutte le aziende, merci clas-sificabili in voci doganali ben note perché ripe-titive, seguire lo svolgimento delle operazioni doganali è compito che, con un po' di pratica acquisibile in breve tempo, il dipendente di azienda può agevolmente assolvere.
Del resto le attuali norme doganali presuppon-gono una più diretta partecipazione degli ope-ratori economici alla fase « doganale » dell'ope-razione di scambi con l'estero, avendo previsto le « procedure semplificate di accertamento » nel corso delle quali, operazioni, che un tempo era-no di esclusiva competenza del personale
doga-nale, sono state ora delegate ai « proprietari delle merci » o a personale dipendente apposi-tamente delegato.
Il lavoro che ho dato alle stampe ha lo scopo di fornire a chiunque voglia occuparsi, soprat-tutto praticamente, della materia doganale, quel-le nozioni fondamentali che è necessario co-noscere.
È un compito che in Italia nessuno ha finora assolto e quindi ritengo di avere, sia pure con molte manchevolezze, contribuito a colmare una lacuna nel campo delle pubblicazioni doganali per altri aspetti ricca di materiale.
Nel manuale ho trattato marginalmente e molto superficialmente alcune materie (in particolare quella sui divieti e quella valutaria) delle quali esistono già numerosi ottimi testi che gli inte-ressati potranno consultare per chiarire quei par-ticolari aspetti dell'operazione doganale. Ho tentato, spero di esservi riuscito, di man-tenere l'esposizione in forma il più possibile chiara, eliminando al massimo la parte giuri-dica per dare maggior rilievo alla parte pratica delle operazioni.
Ho preferito invece inserire in allegato, al ter-mine di alcuni capitoli, le norme fondamentali che regolano determinati istituti doganali per chi avesse interesse ad approfondire maggiormente la materia.
Quando ho citato il numero di un articolo senza altra indicazione, il lettore sappia che si tratta di un articolo del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale (D.P.R. 23 gen-naio 1973 n. 43) che costituisce il principale complesso di norme che regolano l'attività delle dogane.
Per completezza d'informazione ho dovuto espor-re anche ciò che deve, in taluni casi, avveniespor-re