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DI NUOVO IN TRENO DA TORINO A NIZZA

Nel documento Cronache Economiche. N.005-006, Anno 1979 (pagine 69-72)

Gianni Bisio

Ci sono voluti trentaquattro anni perché la Cuneo-Nizza riprendesse a vivere: il 6 ottobre, un sabato da ricordare, i treni ricominceranno a viaggiare sulla ricostruita linea ferroviaria Cuneo - Li-mone - Breil - Ventimiglia - Nizza, di-strutta dai tedeschi in ritirata nel

1945.

Non sarà soltanto la ripresa di una via di collegamento tra il Piemonte e la Li-guria, per la strada più breve, ma la vit-toria di chi, in una zona che le ferrovie hanno da sempre emarginato, si è battu-to per riavere almeno ciò che preesisteva alla tragedia bellica. Per le popolazioni del cuneese, la Cuneo-Ventimiglia era diventata sinonimo di progetto impossi-bile, obiettivo finale per dei sognatori in lotta con la burocrazia centrale.

Alla sua ricostruzione si pensò subito dopo che i tedeschi, ritirandosi, ne di-strussero nell'aprile 1945 sette grandi viadotti. Quello che negli Anni Trenta veniva chiamato il « treno dei papà » (perché era utilizzato da quanti trascor-revano il fine settimana in montagna o al mare) doveva nuovamente tornare a circolare.

Nel 1949 la Camera di commercio di Cuneo preparò uno studio sulla ricostru-zione della linea. Il costo previsto era allora di un miliardo di lire. Al progetto si oppose subito l'amministrazione ferro-viaria, sostenendo che la gestione della Cuneo-Nizza si sarebbe rivelata passiva. Vi furono polemiche feroci, anche per-ché a nessuno sfuggi che in altre parti del Paese si stavano ricostruendo, o ad-dirittura costruendo ex novo, ferrovie destinate a diventare subito rami secchi. Nel 1957 gli enti pubblici cuneesi, cui la Francia, pur senza nulla promettere, aveva strizzato l'occhio, costituirono una società per il ripristino della strada fer-rata. Le speranze però svanirono ancora una volta perché il governo non senti — volutamente — il richiamo del Nord. Le ferrovie, dal canto loro, evitarono ac-curatamente di interessarsi al problema. Soltanto nel 1960 l'allora direttore gene-rale dell'Azienda autonoma delle ferro-vie dello Stato, dopo un sopralluogo lun-go la linea disastrata dalla dinamite te-desca, si rese conto che il collegamento diretto Piemonte - Liguria - Costa Azzur-ra poteva evere una sua importanza non solo locale. Dal parere del dirigente a

quello della Commissione trasporti della Camera passarono 7 anni. Si giunse cosi, nel 1967 alla legge Bertone che stanziava i primi 5 miliardi per i lavori.

A questo punto fu il governo francese a mettere gli ostacoli sui binari: « Ben

venga la ferrovia — dissero a Parigi — purché a noi non costi un franco: la Cuneo-Nizza interessa all'Italia, non alla Francia ». Il discorso piacque poco ai

cuneesi, ma ancor meno ai nizzardi, che insorsero dimostrando che il collegamen-to aveva un peso notevole nello sviluppo della loro economia. Parigi stanziò allo-ra una somma pari a 2 miliardi, abo-lendo nel contempo la tassa sugli appalti (TVA) per un importo di altri due mi-liardi. Finalmente, il 5 luglio 1969, ven-ne firmata la bozza di convenzioven-ne che regolava il funzionamento e la gestione della linea ricostruita. Il 24 giugno 1970 l'allora ministro degli esteri Moro siglò il documento finale.

Dovettero però passare altri tre anni per avere il denaro necessario con la legge Cipellini-Giraudo, che stanziò 12 mi-liardi. Con i quattrini in cassa, i progetti pronti e i cuneesi che premevano si do-vette attendere il 25 agosto 1976 per dare inizio ai lavori sul versante fran-cese. Quel giorno, esattamente alle 9,16, una carica di dinamite abbatté i due pilastri che reggevano il moncone del viadotto « Le Chapelle », nei pressi di Vievola. La ricostruzione della Cuneo-Nizza, per assurdo, incominciava con una distruzione.

Tutti i giornali uscirono con grossi titoli sull'avvenimento. Scriveva « La Stam-pa » : « Dopo decenni di speranze,

delu-sioni, promesse spesso tradite, la "ferro-via delle illusioni", come qualcuno in passato l'ha definita, si fa. E lo scetti-cismo dell'opinione pubblica, compren-sibile dopo i fiumi d'inchiostro versati su questo argomento, ragionevolmente deve lasciare il posto alla certezza che, entro i prossimi tre anni, i treni interna-zionali giungeranno di nuovo nella capi-tale della Costa Azzurra ». Una certezza,

per certi versi, illusoria, come vedremo.

«• Dopo 31 anni di attesa — scriveva la

« Gazzetta del Popolo » — di delusioni,

di rabbia, di proteste, di discussioni, di scioperi, di assemblee, di battaglie, par-lamentari e no, c'è stato oggi il primo clamoroso, visibile, sonoro, toccabile con

mano, atto concreto della ricostruzione fuori dei confini italiani ». Insomma ci

voleva la dinamite per far capire agli scettici che si faceva sul serio: l'incre-dulità era troppo radicata.

Tanta gioia subiva una doccia fredda il mese successivo. Il « Corriere della Sera », in un articolo del suo redattore ferroviario, Mario Righetti, si chiedeva se i lavori erano veramente iniziati in territorio francese e avanzava alcune perplessità sull'utilità economica della linea. Scriveva il « Corriere »: « Ai

pri-mi di settembre il telegiornale ha dato notizia che il via ai lavori era stato dato e ha mostrato anche lo scoppio della prima carica di dinamite, che ha fatto saltare i due mozziconi di pilone di un viadotto nei pressi di Vievola, che ora dovrà essere ricostruito assieme a nume-rosi altri. Sul posto, però, persone che hanno assistito allo scoppio delle mine affermano che i due smozzicati pilastri sono stati fatti saltare non perché la loro ricostruzione sia imminente, ma uni-camente perché da tempo erano perico-lanti e minacciavano di crollare sulla sottostante strada della Val Roja ».

Al dubbio si aggiungeva però un'aper-tura alla speranza: « Una cosa

comun-que, allo stato attuale delle cose, è cer-ta: col tempo e con una spesa che supe-rerà certamente i 25 miliardi, questa linea ferroviaria sarà ripristinata. Quello che invece non è affatto certo è se la sua ricostruzione sarà veramente utile e se apporterà in questa zona di confine, eco-nomicamente depressa, quei vantaggi che i promotori della Cuneo-Ventimiglia sostengono a spada tratta ».

I lavori comunque andarono avanti sia in Italia che in Francia. Si dovettero superare varie difficoltà tecniche com-presa la presenza in molte gallerie di mine inesplose lasciate dai tedeschi e di infiltrazioni d'acqua del fiume Roja nel tunnel sotto il colle di Tenda.

Sul tratto francese — cioè tra Piena e Vievola — i grandi ponti vennero rico-struiti secondo criteri architettonici mol-to moderni, salvo quello di San Dalmaz-zo di Tenda, rifatto apparentemente se-condo i metodi dell'inizio del secolo. Nel tratto italiano — tra Ventimiglia e Piena e tra Vievola e Limone — i via-dotti conservarono invece lo stile degli Anni Trenta, secondo un progetto che

oggi appare incredibilmente assurdo e poco lungimirante.

Nell'agosto del '78, quando il governo Andreotti approvò gli ultimi stanziamen-ti, che portavano a poco meno di 25 mi-liardi la spesa totale, restavano da siste-mare le rotaie, la segnaletica, le stazioni (Bevera, Airole, Olivetta, in Italia, Pie-na, Breil, Fontan, San Dalmazzo di Ten-da, Tenda e Vievola in Francia). Man-cava anche l'elettrificazione, ma il pro-blema è tuttora insoluto e pesa come un grosso handicap sulla linea.

Il 29 gennaio di quest'anno, se vogliamo essere precisi, alle 12,08, la Cuneo-Nizza era fatta. A Breil-sur-Roja, a 300 metri dalla stanzione, un operaio siciliano, Giuseppe Pastore, con la chiave inglese serrò l'ultimo bullone della « ferrovia

delle illusioni ». Nessuna cerimonia

uffi-ciale, salvo una bottiglia di champagne di una sconosciuta casa di Reims spez-zata contro la rotaia da un ingegnere francese, Victor Gallon. Da allora i la-vori sono andati avanti, i convogli di servizio passano già sulla ferrovia, quel-lo che per 34 anni era stato il più lungo

« binario morto » d'Italia rivive

lenta-mente.

Dal 28 settembre, con l'entrata in vigore dell'orario ferroviario invernale, transi-teranno sulla nuova linea ferrata sei cop-pie giornaliere di treni passeggeri e al-trettante di merci. Tutto bene? Le pole-miche sono già scoppiate fin d'ora contro le Ferrovie dello Stato dopo che queste hanno dichiarato che non vi saranno treni diretti Torino-Cuneo-Ventimiglia. I viaggiatori a Cuneo dovranno effet-tuare un trasbordo.

II motivo ufficiale è semplice quanto sorprendente: la linea non è elettrificata, occorrono motrici diesel. Ciò significa che da Torino a Cuneo si utilizzeranno i soliti locomotori elettrici. Di qui in avanti opereranno invece le nuove auto-motrici «Fiat 668/1119 » accoppiabili, adatte al - percorso montano e tortuoso della nuova linea. Perché, allora, non utilizzarle già fin da Torino, evitando cosi il trasbordo?

Ma l'ostruzionismo delle Ferrovie non si è limitato a « spaccare » la Torino-Ventimiglia. C'è anche un « no » alla Svizzera che aveva chiesto un « Trans

Europ Express » Basilea - Zurigo -

Tori-no - Cuneo - Limone - Breil - Nizza -

Mar-siglia. Un « no » che Camera di com-mercio di Cuneo e Regione Piemonte stanno cercando faticosamente di far cancellare.

Intanto il piano regionale dei trasporti suona duramente critico alla ricostru-zione della Cuneo-Nizza, non per il col-legamento in sé, ma per il modo con il quale si è realizzato, con una visione limitata, settoriale, quasi « provinciale ».

« Le caratteristiche del tracciato —

affer-ma il documento — sono quelle di una

ferrovia di montagna, da cui derivano scarse prestazioni delle locomotive e ve-locità alquanto basse. Dall'esame delle caratteristiche strutturali della linea, e degli interventi tecnici in corso, e dal-l'esame dei programmi di esercizio allo studio, si deduce che la Cuneo-Ventimi-glia servirà quasi esclusivamente a sod-disfare la domanda del trasporto locale, sebbene non sia escluso il suo utilizzo saltuario ed eccezionale per certi tra-sporti (carri vuoti in restituzione) a sus-sidio, nei periodi di punta, delle altre linee internazionali ».

« La ricostruzione, nei limiti in cui è sta-ta previssta-ta, non consentirà di svolgere un modello d'esercizio economico e fun-zionale, tale cioè da determinare attra-zione di traffico a medio e lungo per-corso: si propone quindi, per ottenere un modello di questo tipo, la realizza-zione di un piano organico di completa ristrutturazione non soltanto della Cu-neo-Ventimiglia, ma anche della Breil-Nizza, poiché sulla direttrice Cuneo-Nizza, più che su quella Torino-Cuneo-Ventimiglia, potrebbero essere avviati traffici internazionali delle perso-ne e delle merci, che attualmente inte-ressano altre linee ferroviarie od altri modi di trasporto.

« Tale piano dovrebbe comprendere: — l'elettrificazione delle due linee; — l'aumento dei binari d'incrocio;

— la realizzazione di automatismi di stazione e di controllo del traffico (bloc-co CTC) che (bloc-consentano di ridurre al minimo il personale di stazione, di acce-lerare le operazioni l'incrocio dei treni e quelle di circolazione e, in definitiva, di aumentare le possibilità delle linee e la velocità commerciale dei treni;

appo-; - 'aum, f». t. «su»

Macchina a vapore 470-1 per percorsi di montagna con pendenze elevate

in sosta nella stazione di S. Dalmazzo di Tenda in servizio prima della guerra.

sitamente studiato per le caratteristiche delle linee;

— interventi a monte e a valle della linea in modo da renderla del tutto fun-zionale ed in particolare il raddoppio della tratta Madonna dell'Olmo-Fossano ed il collegamento tra la linea Cuneo-Ventimiglia e lo smistamento di Venti-miglia-Parco Roja per consentire una efficiente integrazione dei due impianti ai fini del trasporto delle merci.

« La Regione Piemonte ritiene, inoltre, indispensabile che il modello d'esercizio che verrà attuato sulla linea ricostruita almeno non peggiori quello delle linee già esistenti. A questo scopo è necessa-rio che il futuro modello di esercizio preveda il prolungamento fino a Venti-miglia di tutti gli attuali treni Torino-Limone e viceversa, oppure il loro man-tenimento con trazione elettrica sul per-corso attuale (Torino-Limone), con l'ag-giunta, sul tratto Cuneo-Limone, dei nuovi treni fra Cuneo e Ventimiglia a trazione diesel ».

È evidente che il problema della Cuneo-Nizza non è per nulla risolto. Le «

illu-sioni » della « ferrovia delle illuillu-sioni »

rimangono: ne è solo mutata la natura. C'è chi dice, come il vice presidente del-la Regione, Bajardi, che esiste il rischio di aver ricostruito « un ramo veramente

secco ». Spiega che il « peccato origi-nale » è quello di aver rifatto una linea

di montagna con gli stessi criteri con i quali era stata pensata e costruita all'ini-zio del secolo. In altre parole, con 25 miliardi, si sarebbe restaurato un pezzo da museo, senza rimodernarlo (la man-cata elettrificazione ne è la prova). Que-sto « peccato originale » non mancherà di offuscare i festeggiamenti previsti a Cuneo per settembre. A che serviranno le corse speciali con locomotive a va-pore, la mostra dei mezzi rotabili delle ferrovie, i modellini del « Gruppo amici

del treno », gli annulli speciali delle

Po-ste « per lo storico avvenimento »? For-se ci ricorderanno ancora una volta che era più opportuno badare alla sostanza del problema piuttosto che alla forma.

IN MARGINE ALLE NUOVE NORME

Nel documento Cronache Economiche. N.005-006, Anno 1979 (pagine 69-72)