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In questo paragrafo vogliamo spiegare cosa descrive il secondo concetto che ci interessa, memoria, e introdurre un concetto importante per il nostro ragionamento, il concetto di memoria collettiva. Entrambi sono piuttosto complicati data la loro interdisciplinarietà253; hanno ricevuto molte e diverse interpretazioni nel tempo, per cui ne tratteremo qui solamente in senso generale.

In primis guardiamo alla definizione del termine memoria. Devoto and Oli (2000, 1247) la descrivono come “la funzione psichica di riprodurre nella mente l’esperienza passata […], di riconoscerla come tale e di localizzarla nello spazio e nel tempo”. Concetto che si è andato a complicare di significato nel corso di Ottocento e Novecento254, l’importanza della memoria è stata riconosciuta nel legame con il concetto di identità255, perché i ricordi vengono a caratterizzare l’individuo che li immagazzina e crea così la sua memoria. La memoria è stata definita come

“a complex network of activities, the study of which indicates that the past never remains ‘one and the same’, but is constantly selected, filtered and restructured in terms set by the questions and necessities of the present, at both the individual and the social levels.” Jedlowski (2001)256

Ancora più chiara, ma soprattutto vicina agli argomenti del nostro elaborato, la definizione di Le Goff (1988)

“La memoria, come capacità di conservare determinate informazioni, rimanda anzitutto a un complesso di funzioni psichiche, con l’ausilio delle quali l’uomo è in grado di attualizzare impressioni o informazioni passate, ch’egli si rappresenta come passate.”

Vediamo chiaramente la relazione stretta con il nostro studio di ambito LIS per l’utilizzo di una delle parole fondamentali in precedenza segnalate257, “informazione”.

252 García-Marco (2010, 63 ).

253 “.. memory has been the subject of considerable thought both in the fields of art and philosophy, as well as science” :

Jedlowski (2001, 29).

254 Per ulteriori informazioni sul’evoluzione degli studi sulla memoria si rimanda a Bosch (2016). Si veda anche Jedlowski

(2001).

255 Si tratta principalmente di ragionamenti di carattere sociologico. Per informazioni in merito si veda Beccalli (2015, 6-14).

Per Vignola (2014) l’idea principale è che “l’identità, individuale e collettiva, su cui si fonda l’idea di memoria, sia essa stessa un processo di costruzione sociale che vede coinvolta una pluralità di attori impegnati nella sfera pubblica.”

256 A livello filosofico l’autore la descrive invece come una “complessa dialettica temporale”, perché: da una parte lo scorrere

della vita nel tempo porta ad effetti che condizionano il futuro; dall’altra è il presente che plasma il passato, lo ordina, lo ricostruisce e interpreta la sua eredità con le speranze, le aspettative: Jedlowski (2001, 30). Interessante l’idea del passato sempre selezionato, filtrato e ricostruito in base al presente: sono attività simili a quelle che subiscono i documenti nelle istituzioni della memoria.

Come si è appena spiegato, la memoria è legata all’identità. Dato che è noto che non esiste solo un’identità del singolo ma anche del gruppo, esisterà anche una memoria associata alla collettività, una

memoria collettiva258. Il termine è stato coniato dal francese Durkheim (1898)259 e poi ripreso da

Halbwachs (1950)260 all’interno di studi di carattere sociologico proprio legati al problema della memoria. Oggi, sulla scia di cento anni di studi261 in proposito, memoria collettiva è genericamente considerata come:

“ l’insieme di tracce del passato che una società codifica, elabora e trasmette di generazione in generazione coerentemente con la propria etica e le proprie tradizioni. In quanto patrimonio condiviso delle rappresentazioni del passato e dei valori etici di una società, la “memoria collettiva” rappresenta la coscienza che una società ha di se stessa.” Viggiano (2006)

“il patrimonio memoriale di gruppi connotati da un forte collante identitario – una famiglia, una comunità religiosa o una classe.” Guzzi (2011, 35)

“a community process of the development of images of the past, in which groups of individuals are engaged.” Manžuch (2009)

“it must be observed on a very general level that each human society needs to establish its cultural heritage and transmit it from generation to generation to its members so as to preserve itself[…] The concept of ‘collective memory’ thus tends to be understood as a set of social representations concerning the past which each group produces, institutionalizes, guards and transmits through the interaction of its members ”. Jedlowski (2001)

In tutte queste definizioni si esplicita il valore sociale dato al concetto di memoria collettiva, che sarà un valore importante anche per le istituzioni della memoria. C ome sintesi conclusiva di quanto detto riguardo alla memoria collettiva, riportiamo i tre punti elencati da Musolino (2013, 242)262, che esprimono sinteticamente quanto vogliamo ricordare in proposito.

1 la memoria individuale è sempre anche memoria collettiva;

258 Sempre legata alla “memoria individuale”. Memoria individuale cui è riconosciuta tuttavia una minore importanza negli

studi sociologici, perchè dipendente dalla memoria collettiva e inesistente da sola. Montesperelli (2011, 73; 79) spiega che “la memoria individuale non è affatto “pura”, ma è già da sempre debitrice nei confronti di quella collettiva” “Halbwachs

sosteneva che la memoria collettiva precede e consente la memoria individuale”. Conferma Guzzi (2011): “La memoria individuale è sorretta e plasmata da una pluralità di memorie collettive di cui è il luogo d’intersezione. Ciascuna di esse si riferisce a un gruppo: ne riassume la tradizione, ne alberga i valori, ne legittima l’identità”. “To sum up, the cultural theorisation of memory/remembering increasingly rejects the value of individual recollection.”: Green (2004).

259 Francese (1858 – 1917), fu un importante sociologo ed antropologo, fondatore con altri della sociologia moderna. 260Maurice Halbwachs (1877 – 1945). Francese, fu un filosofo e sociologo.

261 Guzzi (2011, 33): “È fuor di dubbio che le deduzioni di Halbwachs rappresentano una pietra miliare nella riflessione sul

ricordo. Nondimeno, è opportuno metterne in luce […] anche i limiti operativi.” L’autore stesso poi continua citando altri ragionamenti più recenti.

2 la memoria (individuale e collettiva) rappresenta la continuità del passato nel presente solo a condizione di sottoporre le immagini del passato ad un’opera costante di selezione, sintesi e ricostruzione che muove dagli interessi del presente;

3 la memoria è un fattore dell’identità – tanto a livello individuale che collettivo – ma ne è anche l’espressione: l’identità presente, in altre parole, si esprime in determinate interpretazioni del passato, ad essa tendenzialmente congruenti, da cui ritrae forza”.

Per concludere relativamente all’argomento “memoria e memoria collettiva” andiamo ad analizzarne il legame diretto con ciò di cui ci andremo ad occupare in questo elaborato, i documenti. Come spiega Bjziak (2000)

“ Life teaches us that human memory is not very reliable. […] we see various types of records that help us overcome this obstacle.[…] . It is this physical fact263 that enables the tired memory to

find a temporary domicile.”

Questo domicilio temporaneo sono appunto i documenti, che si possono esprimere in “various types of records”. Possiamo quindi a fronte di quanto indicato affermare che i documenti sono le rappresentazioni del passato di ogni società, elaborate secondo la sensibilità del presente, e che rappresentano la sua memoria collettiva. Così le istituzioni della memoria, luogo fisico dove vengono gestiti documenti sono, come spiega Vignola (2014)264 “come un quadro sociale della memoria collettiva, uno strumento di

presentificazione265 e un veicolo di trasmissione generazionale della memoria.” Possiamo quindi affermare che le istituzioni che si occupano di documenti si identificano con ragione come istituzioni della memoria. Proprio il concentrarsi sul concetto di memoria e le sue implicazioni è il motivo per cui queste istituzioni sono chiamate così e non ad esempio con altre accezioni266.

“Memory communication is acknowledged as one of the essential reasons for the existence of these institutions.” Manžuch (2009)

263 I documenti sono l’“unico momento in cui le informazioni si materializzano in modo tale da essere gestite

professionalmente e istituzionalmente, con coerenza e affidabilità…” : (Ridi 2010, 11.) Anche in questa frase di Bjziak si cita la materialità come caratteristica del documento.

264 L’autrice seppur parlando di una tipologia specifica di istituzione, l’archivio, fa un’affermazione importante in senso

generale. “L’Archivio è un cultural heritage che funziona come un quadro..”

265 Torna il concetto di materialità del documento.

3.2 UN TERMINE CHIAVE: ISTITUZIONI DELLA MEMORIA

Già al paragrafo precedente si è chiarito quasi completamente il significato di istituzioni della memoria. Qui andremo a precisarne la definizione. Come si è detto, il termine viene ad identificare istituzioni con un ruolo sociale molto importante, che hanno come fine ultimo, attraverso i descritti documenti, la conservazione della memoria della società che le ha create. Come scrive Byrne (2015, 259), forse in modo un po’ semplicistico, “this is what makes us a ‘memory institution’, because we preserve and feed memory in the broadest sense”. Come afferma Bizjak (2000) l’obiettivo delle LIS attraverso le istituzioni della memoria è “a social practice that deals less and less with books alone and displays a kind of managing of mankind’s memory which is recorded in many different forms”. Il termine “istituzioni”, come evidente, è al plurale ma qui descrive un gruppo di enti come un unico grande ente. Si tratta quindi quasi di un “nome collettivo”267, utilizzato per includere al suo interno tutte queste istituzioni in un soggetto unico268. Le istituzioni della memoria, per come saranno intese in questo elaborato, sono quelle

istituzioni di carattere pubblico che si occupano di acquisire, gestire ed eventualmente scartare documenti di diverso genere che rappresentano, per vari motivi di carattere sociale, la materializzazione della memoria collettiva della società che li ha generati269.

Nonostante non tutti gli studiosi siano concordi sull’utilizzo di un termine unico che descriva diverse istituzioni270, ormai è innegabile che la terminologia sia stata accettata a livello accademico e

istituzionale. Per quanto riguarda il nome con cui queste istituzioni si identificano, tuttavia, notiamo che questi enti, oltre ad “istituzioni della memoria”, utilizzano diverse sigle, che ogni stato (o area linguistica) conia nella propria lingua271. Nella tabella sottostante abbiamo inserito le sigle incontrate nella nostra ricerca in testi di diverse aree linguistiche, per mostrarne la varietà o la somiglianza; in base a questa tabella faremo poi alcune considerazioni.

267 Un nome collettivo dovrebbe essere al singolare per esprimere un raggruppamento, mentre qui invece istituzioni è al

plurale; riteniamo tuttavia che si voglia identificare con questo nome le diverse istituzioni come istituzione unica, convergente. Per questo ci prendiamo la libertà, e qui lo segnaliamo, di utilizzare per “istituzioni della memoria” l’indicazione di nome collettivo.

268 Della loro convergenza tratteremo in modo più approfondito più avanti nel testo, dopo avere descritto con precisione le tre

principali, musei, archivi e biblioteche.

269 Infatti bisogna sempre considerare, come spiega Bowers (2017) che il nome istituzioni della memoria “fut conçue comme

une métaphore pour les BAM afin d’encourager une vision sociale cohérente des ressources d'information qu'elles fournissent. Chargée de l'accès et de l'organisation du patrimoine culturel partagé, l’institution est un réservoir que la communauté peut exploiter à des fins multiples, de l'éducation au divertissement.”Come già affermato diverse volte, il fattore sociale è fondamentale per la comprensione di ciò che sono queste istituzioni.

270 Si veda il paragrafo 3.4 per la storia dell’utilizzo del termine e il parere contrastante di Robinson.

271 Queste sigle sono sempre inventate inserendo tra le parole dell’acronimo solamente le principali istituzioni della memoria.

Queste, come già riportato in alcuni esempi, sono per la quasi totalità dei casi le biblioteche, gli archivi e i musei. Si veda LAMM, inserito nella tabella di questo paragrafo, per una eccezione a quanto appena affermato.

IMG Simbolo del coordinamento nazionale italiano MAB, da

Capetta (2016).

272 Per esempio ne notiamo l’utilizzo in Zorich, Waibel and Erway (2008). Per un ulteriore esempio si rimanda a Waibel and

Erway (2009) e Rosenblum (2011).

273Un esempio tra i numerosi ritrovati si riscontra in Byrne (2015). Prova ne abbiamo anche nel testo di Alcalá Ponce de León

(2015): “instituciones de la memoria englobadas por las bibliotecas, los archivos, los museos y las bibliotecas (conocidas en el mundo anglosajón como los GLAM, Galleries, Libraries, Archives and Museums)”.

274 Tra le sigle riscontrate possiamo citare, anche se utilizzata probabilmente solamente in questo contesto, l’acronimo LAMM,

che aggiunge ai tre principali, con una visione più museologica, “monuments and sites”: Gwynn (2009).

275 Per l’Italia non si tratta di una sigla utilizzata a livello accademico ma a livello pratico. Si tratta infatti di “MAB, acronimo

per Musei Archivi e Biblioteche, è un coordinamento nazionale permanente promosso AIB, ANAI e ICOM Italia con lo scopo di esplorare le prospettive di convergenza tra i “mestieri” e gli istituti in cui operano i professionisti di queste istituzioni.” (Capetta, 2016). Non si riscontra altrimenti l’utilizzo di una sigla che metta insieme le principali istituzioni della memoria a livello di elaborazioni scientifiche.

276 Bowers (2017). Al contrario del caso in lingua inglese, e come per l’Italia, per il francese non abbiamo riscontrato l’utilizzo

di sigle per le istituzioni della memoria, se non in questo caso. Tuttavia come spiega Racine (2014) nell’elaborato per l’esame finale per diventare spécialiste en information documentaire, “Les acronymes « ALM » ou « BAM» sont employés lorsque les notions de coopération et de convergence entre les bibliothèques, Archives et musées sont mises en avant.”, spiegando poco chiaramente in nota che “Ce sont deux acronymes très souvent utilisés pour désigner les trois institutions. ”

277 Come per l’area francofona non si riscontra l’uso frequente del termine, che resta un termine specifico del mondo delle LIS.

Un esempio ne vediamo in Simon and Avilès (2012) “En la comunicación –salvo que expresamente se mencione a alguna de ellas en particular– se presenta una visión de conjunto de las tres instituciones (bibliotecas, archivos y museos), a las que a veces nos referimos por el acrónimo BAM”. L’utilizzo sembra quasi forzato e sembra una emulazione dell’uso in area anglofona, come possiamo vedere in Roy and Gilbert (2013). Qui infatti viene utilizzato il termine BAM (“Las asociaciones profesionales de las áreas de bibliotecas, archivos y museos (BAM)..) perché si tratta di un testo tradotto dall’inglese, dove era presente il termine LAM e quindi si doveva inserirne il corrispettivo spagnolo.

278 Per il Portogallo vediamo un esempio in Rodrigues (n.d.): “as bibliotecas, os arquivos e os museus (da qui em diante

designados pela sigla BAM).

279Per il Brasile vediamo Nogueira and Araujo (2016) “A colaboração entre Arquivos, Bibliotecas e Museus (ou ABMs, como

será usado para o propósito deste trabalho)”.

280 In alcuni casi si utilizza il termine inglese senza traduzione “As instituições de memória e informação denominadas em

alguns estudos pela sigla ALMs (Archives, Libraries and Museums)..”Silva and Loureiro (2015). L’utilizzo di questa sigli si riscontra anche dall’altra parte del globo, come vediamo in questo esempio dalla Svezia: Huvila (2014) “memory institutions (archives, libraries and museums, ALMs)…”. Il testo in questo caso è in inglese, ma la sigla utilizzata è la stessa. Sembra che ALM sia l’accezione preferita per l’area nordeuropea, dato che vediamo lo stesso utilizzo anche in Larsen (2018), dove l’autore tratta di “discuss the role of ALM-organizations within a Nordic model of the public sphere”.

AREA LINGUISTICA ACRONIMO UTILIZZATO

U.S.A.-paesi anglofoni LAM

272, più tardi GLAM273- LAMM274

(libraries, archives, museums) – (galleries, ..)

Italia (MAB275)

Francia- paesi francofoni BAM- ALM276

Spagna- paesi di lingua spagnola BAM277

Analizzando la tabella, notiamo che i nomi che sono stati incontrati per descrivere queste istituzioni sono molti e diversi: LAM, GLAM, LAMM, MAB, BAM, ABM e ALM. I nomi delle diverse istituzioni nelle lingue di nostro interesse (inglese, italiano, francese, spagnolo, portoghese) sono molto simili, essendo tutte lingue neolatine281. Se ne ricava che logicamente le sigle saranno molto simili.

L’area anglofona è senza dubbio quella che utilizza il maggior numero di acronimi282,

mentre gli altri stati o aree linguistiche non hanno ancora un termine accettato in area accademica283 o utilizzano sigle create per l’occasione o in lingua l’inglese284.

Per quanto riguarda l’ordine dei termini, non si è trovata una spiegazione che dimostri perché si è scelto di utilizzare prima A che M (o L) o B . Si crede quindi che si tratti di una scelta puramente legata alla sonorità della parola nella lingua che la utilizza, non essendoci una superiorità di alcuna istituzione sulle altre che possa implicare l’essere utilizzata come prima lettera dell’acronimo.

3.3 EVOLUZIONE E USO DEL TERMINE “ISTITUZIONI DELLA MEMORIA” IN CAMPO ACCADEMICO

Il termine “istituzioni della memoria” viene utilizzato per la prima volta285 dallo studioso svedese

Hjerppe nel 1994, in un testo relativo alla generalizzazione del termine documento all’interno di queste

istituzioni. La sua definizione include: “libraries, archives, museums, heritage (monuments and sites) institutions, and aquaria and arboreta, zoological and botanical gardens.”286 L’autore concorda con quanto

detto nel primo capitolo del nostro elaborato, affermando che ciò che è contenuto in queste istituzioni sono documenti.

Da allora il termine viene considerato valido a livello accademico, e viene presto utilizzato dal più conosciuto Hjørland (2000) in un testo in cui nel titolo stesso si ritrova il termine “istituzioni della memoria”. Il suo studio è centrato sulla scienza dell’informazione, ma “with emphasis on such concepts as documents and ‘memory institutions as generic terms for the object of study in IS’”. Da questo testo ricaviamo che queste istituzioni hanno come scopo collezionare e gestire documenti:

“things that are generally seen as important because of their informative potentialities can be termed documents, and if they are judged collectively important, they are collected, organised,

281 Con l’unica eccezione di library- biblioteca.

282 Perché probabilmente quella dove sono stati fatti più studi a riguardo.

283 La gran parte degli esempi riferisce che l’acronimo è usato per lo specifico studio in questione o viene utilizzato solamente

“a volte”.

284 Brasile o Nord Europa.

285 Per questa cronologia ci basiamo in gran parte su quanto già analizato da Rackley (2016) per la tesi di dottorato e descritto

nel paragrafo relative alle istituzioni della memoria. Sembra che ALM sia l’accezione preferita per l’area nordeuropea, dato che vediamo lo stesso utilizzo anche in Larsen (2018), dove l’autore tratta di “discuss the role of ALM-organizations within a Nordic model of the public sphere”.

retrieved and disseminated by archives, libraries, museums, journals, databases, and other kinds of memory institutions.”

“Documents and memory institutions are information resources”.

Hjørland, a differenza di Hjerppe, nella sua descrizione non inserisce mai l’elenco completo di quelle che ritenga siano queste istituzioni, citando quali sempre solamente le principali, archivi, biblioteche e musei “e le altre”287, aggiungendo solamente in alcuni casi altre tipologie delle stesse, come riviste e database.

Successivamente Martin (2003) conferma la positività nell’avere un unico nome per queste istituizioni, perché anche se nel tempo esse hanno preso nomi differenti per convenzione o tradizione, trovano un obiettivo comune nelle raccolte di oggetti, artefatti e documenti che raccolgono e conservano. I differenti ruoli sociali e i diversi professionisti che vi lavorano sono solo frutto delle convenzioni create nel tempo e non sono realmente necessari288. L’autore si basa sugli studi289 di Otlet, Briet, Levy e Buckland riguardo al documento per dimostrare che la distinzione tra musei, archivi e biblioteche è inutile perché tutte e tre “collect precisely the same things. They all collect documents.”290

Per comprendere al meglio il concetto di istituzioni della memoria riteniamo sia necessario riportare poi quanto scritto da Ridi (2010, 104):

"i documenti prodotti intenzionalmente dagli umani per comunicare, conservare e riutilizzare informazioni costituiscono delle vere e proprie estensioni della loro memoria biologica localizzata nel cervello, della quale accrescono sia l'affidabilità che la capienza, rendendola cumulabile e verificabile, con conseguenze enormi sul destino della specie umana. Ma ... [... la ]storia sarebbe stata ben diversa se la produzione, la conservazione e l'accesso a documenti fossero stati gestiti solo su base personale e familiare. [...] Invece probabilmente fin dall'inizio [...], tali funzioni vennero in gran parte centralizzate e delegate a istituzioni [...]."

Istituzioni che sono le istituzioni della memoria. L'autore spiega che i documenti contenuti in questi enti sono i cosiddetti "documenti umani intenzionali", “uno dei molti modi che gli esseri umani utilizzano per comunicare tra loro.” Vediamo nello schema sottostante i diversi metodi di comunicazione che gli esseri umani usano, e gli effetti che questi producono: documenti intenzionali291, documenti non intenzionali292,