Sezione 2. La fondazione della Chiesa in Gerusalemme (2, 1-47)
2) Il messianismo di Gesù è dimostrato soprattutto dalla sua risurrezione
2, 24 “Ma Dio lo risuscitò”. Coraggiosamente Pietro li informò che Dio capo-volse il piano ben architettato umano, risuscitando la loro vittima dalla morte. L’e-spressione, sciolto dagli angosciosi legami della morte, è una figura che raffigura le catene che legano la vittima della morte fino a quando non sia liberata. Si tratta di un’espressione simbolica, perché non è lo scopo di Pietro suggerire che Gesù avesse sofferto angoscia dopo la morte. Anzi non era possibile che egli fosse da essa tratte-nuto, Gesù aveva in sé la vita, perciò è moralmente incredibile che il Signore della vita fosse permanentemente tenuto nella morte.
Mai labbra mortali annunciarono agli ascoltatori in così breve spazio tanti fatti così importanti e terrificanti. Potremmo sfidare il mondo a trovare un parallelo nei di-scorsi dei suoi oratori oppure nei canti dei suoi poeti. Non esiste un simile fulmine in tutti gli oracoli dei profeti d’Israele o fra le voci che echeggiano nell’Apocalisse. È il primo annunzio al mondo di un Redentore risorto e glorificato.
Mentre altri fatti dichiarati in questo annuncio non richiedevano alcuna prova, almeno due fatti sì. Che Gesù era stato accreditato da Dio fra loro mediante miracoli e che lo avevano ucciso per mano d’iniqui, erano fatti ben conosciuti agli ascoltatori.
Ma che Gesù era stato dato nelle loro mani per il determinato consiglio di Dio, riu-sciva nuovo a loro, e non credevano che Dio lo avesse risuscitato dai morti. Queste due ultime dichiarazioni, quindi, bisognava dimostrare, perciò, Pietro procede a dare la prova in modo formale e conclusivo.
a) La risurrezione di Gesù fu predetta da Davide (2, 25-31).
2, 25 “Infatti Davide dice di lui, «Io ho avuto del continuo il Signore davanti a-gli occhi, perché ea-gli è alla mia destra, affinché io non sia smosso»“ 24. Pietro voleva
23ajnovmwn.
24 Salmo 16:8-11.
stabilire la correttezza della sua tesi sui principi più solidi e sani e siccome i suoi a-scoltatori riconoscevano in Davide il vero autore del Salmo citato qui, Pietro non esi-tò a basare il suo discorso sull’autorità profetica dell’antico re (v. 30). È chiaro, inol-tre, che essi lo accolsero come autentica rivelazione di Dio.
Negare con alcuni che Davide abbia scritto il Salmo 16, citato qui da Pietro, si-gnifica negare che l’apostolo parlava per ispirazione, quindi sisi-gnifica negare la veri-dicità storica del racconto precedente dell’opera dello Spirito Santo in lui e negli altri apostoli (At. 2, 1-13).
Solo quella parte della citazione che si riferisce alla risurrezione serve allo scopo particolare dell’apostolo. I versetti 25 e 26 servono per introdurla in maniera coeren-te.
2, 26 «Per questo si è rallegrato il mio cuore, la mia lingua ha giubilato e anche la mia carne riposerà nella speranza». Come Davide, ogni credente può sperimentare la gioia disponibile nella speranza della risurrezione. Ma come Davide, non è possib i-le la sua realizzazione senza l’opera compiuta da Gesù.
2, 27 «Perché tu non lascerai l’anima mia nel soggiorno dei morti e non permet-terai che il tuo Santo subisca la decomposizione». Queste parole prospettano un ritor-no dello spirito dopo la dissoluzione del corpo nella morte, quindi il ripristiritor-no anche del corpo stesso. Ma Davide disse questo non di sé stesso, bensì del tuo Santo, cioè del Figlio di Davide, il Messia promesso (v. 29). Il soggiorno dei morti traduce il grco “Ades” 25, che significa letteralmente, “l’invisibile”. Si usava questa parola e-sclusivamente per la dimora invisibile degli spiriti liberati dal corpo. Se occorre altra prova di questo significato, le parole di Pietro qui, insieme al suo commento in merito al v. 31 più sotto, la forniranno. Mentre il corpo di Gesù stava nel sepolcro, la sua a-nima stava nell’Ades, ossia nel soggiorno dei morti. Eppure stava nel Paradiso, come si vede dalla sua dichiarazione fatta al ladro morente con lui sulla croce (Lc. 23, 43).
Di qui la conclusione che, per i giusti, l’Ades è un posto piacevole.
2, 28 “«Tu mi hai fatto conoscere le vie della vita. Tu mi riempirai di gioia con la tua presenza»“. Queste parole si riferiscono prima di tutto alla conoscenza della ri-surrezione, che è data prima della morte, e secondariamente, alla letizia di uno risorto dalla morte quando vede il volto di Dio. Che questo passo predice la risurrezione di qualcuno dalla morte prima della corruzione del suo corpo, è innegabile. L’unica do-manda a cui rispondere per Pietro e i suoi ascoltatori era questa, di chi parla Davide?
L’autore originale usa la prima persona e, quindi, sembra di parlare di sé stesso. Per-ciò in modo da completare il proprio ragionamento, è necessario a Pietro dimostrare che Davide si riferisce a qualche altra persona, e che quella persona è il Cristo. Ora Pietro spiega.
25a{/dh”, parola derivata dal prefisso a- di negazione e dal tema ideîn, “vedere”.
2, 29 “Fratelli, si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide”. Era ben noto agli Ebrei, come lo è ora a tutti gli interpreti dei Salmi profetici, che Davide abitualmente parla in prima persona quando profetizza del Cristo. Cioè, in ogni caso specifico, se è ben chiaro che non parla di sé stesso, si conclude che Davide parla del Cristo. Questo è il punto dell’argomento di Pietro e con esso dimostrò ai suoi ascolta-tori ciò che si era proposto di stabilire, cioè che il Cristo, secondo un predeterminato ed espresso consiglio di Dio, doveva soffrire la morte e risorgere presto dalla morte.
“Egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al giorno d’oggi tra di noi”.
L’incontestabile esistenza di questa tomba all’interno delle mura di Gerusalemme di-mostra che la risurrezione intesa qui non può essere quella di Davide che rimane tut-tora nel sepolcro. Tutti i suoi ascoltatori l’avevano visto. La profezia deve per forza riguardare qualcun altro.
2, 30 “Egli dunque, essendo profeta”, può rivelare autentiche verità, come qui la risurrezione del Cristo. “Sapeva che Dio gli aveva promesso con giuramento che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti…” 26. Pietro corregge pure la loro concezione di un regno terreno del Cristo, mostrando che Cristo doveva sedersi sul trono di Davide dopo la sua risurrezione e non prima della sua morte.
2, 31 “Previde la risurrezione di Cristo e ne parlò dicendo che non sarebbe stato lasciato nel soggiorno dei morti, e che la sua carne non avrebbe subito la decomposi-zione”. Questa è la conclusione basata sui fatti esposti.
b) La risurrezione di Gesù è stata testimoniata dai Dodici (2, 32).
Fin qui nel suo ragionamento Pietro ha solo dimostrato che il Cristo promesso da Dio doveva essere votato alla morte e risorgere dai morti per sedersi sul suo trono.
Ma deve ancora dimostrare che questo era veramente successo nel caso di Gesù di Nazaret. Questo lo fa raccontando la propria testimonianza e quella degli altri undici che erano in piedi con lui.
2, 32 “Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo testimoni”. Da-vide l’aveva predetto, Dio agì e noi l’abbiamo visto realizzarsi. È probabile che questa frase sia solo un riassunto di ciò che Pietro disse su questo punto e che abbia fatto un racconto più dettagliato della testimonianza. Anche se i testimoni erano per-sonalmente sconosciuti alla moltitudine, la loro testimonianza avrebbe avuto un certo peso con i loro ascoltatori. Infatti erano in dodici, cioè quattro volte il numero legale per stabilire un fatto qualsiasi nei tribunali ebraici 27. Per di più parlavano come uo-mini riempiti di Spirito Santo, il che, per questi ascoltatori di cultura ebraica, era ga-ranzia sufficiente che gli apostoli dicevano la verità. Di conseguenza, il fatto stabilito da questa testimonianza, visto nell’ottica del Salmo citato, cioè che il Cristo doveva
26 Vedi 2 Sm. 7:11-16; Sl. 89:3-4, 35-37; 132:11.
27 Dt. 17:6; 19:15; Mt. 18:16.
soffrire e risorgere dai morti, precisamente come Gesù soffrì e risorse, dimostrò senza alcun dubbio che Gesù era il Cristo. Ogni ascoltatore riflessivo l’avrebbe capito così.