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Lo zoppo guarito da Pietro (3:1 -11)

Nel documento INTRODUZIONE ATTI DI APOSTOLI (pagine 63-67)

Sezione 2. La fondazione della Chiesa in Gerusalemme (2, 1-47)

1. Lo zoppo guarito da Pietro (3:1 -11)

Fino a questo punto l’opera degli apostoli aveva incontrato ininterrottamente il successo più sorprendente. Ora ci viene presentata una serie di conflitti nella storia della chiesa di Gerusalemme, nei quali si alternano successi e apparenti sconfitte. Il miracolo della guarigione dello zoppo è solo uno dei molti segni e prodigi già men-zionati come opera degli apostoli (2, 43). Tuttavia questo miracolo è particolarmente importante a questo punto, a causa delle conseguenze che ne derivano. Infatti è l’avvenimento dal quale prende inizio la prima persecuzione.

3, 1 Pietro e Giovanni sono nominati insieme perché spesso lavorarono insieme nell’opera iniziale della Chiesa. Essi salivano al tempio per la preghiera dell’ora no-na. Il tempio fu ancora per molto tempo il luogo delle riunioni, ma divenne ben presto anche un luogo di conflitti. Gli Ebrei cristiani continuarono ad osservare molti riti del culto ebraico1. Ci vollero anni prima che essi fossero completamente emancipati dall’influenza del Giudaismo, nonostante che i capi del Giudaismo perseguitassero a morte la Chiesa. Il distacco definitivo e permanente avvenne solo gradualmente e si realizzò definitivamente quando cadde Gerusalemme, scomparve il sistema sacerdo-tale e fu distrutto il tempio. Nel frattempo i primi cristiani continuarono a predicare il vangelo alle moltitudini che affollavano i cortili del tempio. Probabilmente Pietro e Giovanni intendevano incontrarsi con il popolo nel Cortile degli Ebrei, e impegnarsi con loro nella preghiera mentre nel tempio veniva offerto l’incenso. Ma la condotta dello zoppo e la reazione del popolo provocarono una svolta decisiva.

I due apostoli (Pietro e Giovanni) intendevano arrivare in tempo per la preghiera dell’ora nona. L’orario giornaliero nel tempio contemplava due momenti della pre-ghiera e dell’incenso: all’ora terza e all’ora nona2. Gli Ebrei calcolavano le ore del giorno, cominciando dall’alba e cioè dalle sei del mattino. Perciò, le preghiere quoti-diane si facevano rispettivamente alle 9,00 (ora terza) e alle 15,00 (ora nona). Da Lu-ca si apprende che gli Ebrei devoti presenti in Gerusalemme, erano soliti riunirsi al tempio in queste ore per partecipare alle preghiere (Lc 1, 10). Perciò, la guarigione dello zoppo avvenne proprio nel momento in cui un gran numero di persone pie stava entrando nel tempio per la preghiera pomeridiana al momento del sacrificio e del-l’incenso.

1 Vedi At. 21:20-26.

2 Vedi Es. 30:7-8. Le preghiere venivano associate all’offerta giornaliera dei due agnelli (Es. 29:38-42). L’associazione della preghiera con l’incenso è antica (Sl. 141:2) ma ripresa anche nel Nuovo Testamento (Ap. 5:8; 8:3).

3:2 Ogni giorno deponevano lo zoppo presso la porta del tempio detta “Bella”, per chiedere l’elemosina a quelli che entravano nel tempio. Nessuno degli scrittori dell’antichità denomina una porta del tempio in questo modo. Anche se v’erano dieci porte riccamente decorate con oro e argento, una porta meritava di chiamarsi “Bella”, quella chiamata “Nicanore” nella Misnà e menzionata da Flavio Giuseppe 3. Questa porta costruita di bronzo di Corinto superava la grandezza delle altre. Inoltre aveva una decorazione più ricca per i massicci rivestimenti d’oro e d’argento. Essa s’apriva verso est e dava accesso dal cortile dei Gentili a quello delle donne.

Chi vi deponeva lo zoppo ogni giorno la preferiva senza dubbio perché sapeva che molte persone vi sarebbero passate per entrare nel cortile del tempio. A quei tem-pi le strutture di assistenza sociale erano quasi sconosciute, il che costringeva i biso-gnosi ad elemosinare. Perciò questi sfortunati venivano posti alle porte del tempio dove la loro condizione avrebbe suscitato la pietà delle persone che entravano per a-dorare. A forza di vederlo in quel posto tutti i giorni, tutti coloro che frequentavano il tempio conoscevano bene l’uomo handicappato.

Quest’uomo era zoppo fin dalla nascita, quindi tutti l’avrebbero riconosciuto come caso disperato, ma non per Dio che faceva coincidere l’arrivo degli apostoli con l’arrivo dello zoppo! Infatti gli apostoli arrivarono mentre si portava quest’uomo per cominciare a mendicare.

3:3 Vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, egli chiese loro l’elemosina. Fino a questo momento, per lo zoppo, questi apostoli sono null’altro che semplici adoratori che entrano nel tempio. Perciò chiede a loro come agli altri.

3:4 Pietro, con Giovanni, fissando gli occhi su di lui, disse: “Guardaci!” Così, l’attenzione dell’uomo sarà completamente rivolta alle parole che gli porteranno la guarigione di Cristo.

3:5 Ed egli li guardava attentamente, aspettando di ricevere qualcosa da loro. Il suo interesse non nasce da una fede in Gesù, bensì dal desiderio di beneficiare della loro liberalità.

3:6 Ma Pietro disse: “Dell’argento e dell’oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” Sebbene la Chiesa di Gerusa-lemme avesse raccolto ed elargito in abbondanza i suoi beni (2:45), Pietro non si era arricchito, anzi era rimasto nella stessa condizione economica di prima. Pietro ebbe ciò che i papi non hanno 4.

3 Vedi Antichità ebraiche, XV. 11,4; La guerra giudaica, V. 5, 3.

4 Si racconta che Tommaso d’Aquino andò a Roma per visitare il papa Innocenzo IV. Egli guardava con sorpresa la grande quantità di vasellame di metalli pregiati e i tesori che vedeva nel Vaticano. “Come vedi, Tommaso”, disse il papa, “non possiamo dire, come fece S. Pietro anticamente: “Dell’argento e dell’oro io non ne ho”. “No”, rispose Tommaso, “né potete comandare, come fece lui, allo zoppo di alzarsi e camminare!”

Non c’è evidenza qui che l’uomo sia ancora giunto a capire — e tanto meno credere — in Gesù. Egli non ha mostrato fede né in Gesù né nei poteri di guarigione degli apostoli. L’unica fede in evidenza qui è quella degli apostoli stessi. La mancan-za di fede da parte della persona miracolata non impedisce a Dio di operare il miraco-lo tramite i suoi e in base alla miraco-loro fede.

“Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” Durante il suo ministero ter-reno, Gesù non fece i suoi miracoli nel nome di altri; il potere era il suo proprio. Gli Apostoli invece derivarono i loro poteri da Gesù, perciò fecero tutto nel nome di Cri-sto perché la potenza fosse attribuita a lui. Poiché Pietro precisa: Gesù CriCri-sto, il Na-zareno, non vi possono essere dubbi che si tratta dell’uomo sprezzato dalle autorità e crocifisso come malfattore. Se il miracolo non avviene, sarà giustificata la sua con-danna a morte come ciarlatano. Se avviene invece, si darà credibilità alla tesi che egli è effettivamente il Cristo mandato da Dio con pieni poteri.

3:7 Lo prese per la mano destra, lo sollevò forse per incoraggiarlo, rafforzando così la sua fiducia in ciò che Pietro diceva. E in quell’istante le piante dei piedi e le caviglie gli si rafforzarono. Evidentemente l’uomo fu sorpreso dalla risposta inaspet-tata di Pietro e non fece alcun tentativo di muoversi finché l’apostolo non lo prese per la mano e lo sollevò. Ma quando si rese conto di poter stare in piedi e camminare, re-agì subito.

3:8 E con un balzo si alzò in piedi e cominciò a camminare. L’uomo manifesta subito la sua gioia nella dinamicità con cui reagisce alla sua guarigione. Ma in questo modo dimostra pure la istantaneità e la perfezione della guarigione considerata “im-possibile” per uno che era stato “zoppo fin dalla nascita”. Quanti anni questo mendi-cante aveva agognato di entrare nel tempio con gli altri adoratori invece di restare fuori a chiedere l’elemosina? Ora anche lui entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. La sua gioia è irreprimibile come pure la sua testimonianza.

Riconosce subito quanto Dio gli è stato buono — e lo dice a tutti! Molti non possono testimoniare come questo ex-zoppo, perché non è successo nulla a loro per cui rin-graziare Dio né testimoniare agli altri.

3:9 Tutto il popolo lo vide che camminava e lodava Dio. Le caratteristiche del miracolo e la reazione giubilante dell’uomo guarito erano tali da attrarre inusitata at-tenzione. Il popolo aveva visto spesso il mendicante zoppo, ma ora lo vide cammina-re, saltare e lodare Dio, e non sapeva come fosse stato guarito.

3:10 E lo riconoscevano per colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta

“Bella” del tempio. Due motivi avranno provocato la loro meraviglia:

1. È facile sospettare che chi pretende la carità, finga di avere una deformità per su-scitare la pietà degli ingenui. Quindi i donatori l’avranno guardato bene prima di dar-gli qualcosa.

2. La curiosità naturale dei caritatevoli, in merito alle afflizioni di coloro ai quali do-navano, avrà condotto pure alla generale conoscenza del fatto che egli era “zoppo fin dalla nascita”.

Poiché non avevano altra spiegazione del gran cambiamento nell’uomo, furono pieni di meraviglia e di stupore per quello che gli era accaduto. Questa curiosità li spingerà inesorabilmente a cercare spiegazioni e a sentire parlare di Gesù.

3:11 Mentre quell’uomo teneva stretti a sé Pietro e Giovanni, tutto il popolo, stupito, accorse a loro al portico detto di Salo mone. La gente non poteva che notare i salti e le grida felici dell’uomo guarito. Dato che era evidente la sua estasi, vedendolo stringersi a Pietro e Giovanni, a nessuno occorreva chiedere il significato della sua condotta, perché tutti videro subito che era stato guarito dagli apostoli. Perciò tutti accorsero, dimenticando le preghiere per cui erano riuniti.

Il portico detto di Salomone: questa struttura era un colonnato costruito lungo la facciata interna del muro orientale che racchiude il cortile esterno del tempio. Secon-do Flavio Giuseppe 5, questo colonnato consisteva di file di colonne di pietra alte m.

7,92, con una tettoia di cedro che andava dalle colonne al muro, in modo da formare un portico coperto, con il lato interno aperto verso il tempio. Nel lato orientale del cortile vi erano due file di queste colonne, che rendevano il portico profondo m.

18,24 e lungo quanto il muro 6. Questi immensi portici coperti, o logge, servivano come protezione dal sole durante l’estate e dalla pioggia durante l’inverno. Essi con-tenevano sufficiente spazio per un gran numero di discepoli quando si riunivano in un sol gruppo. Permettevano inoltre di tenere separate riunioni contemporaneamente per ascoltare differenti maestri. I dodici apostoli potevano predicare allo stesso momento, ognuno dinanzi a un grande uditorio diverso, ed essere abbastanza lontani tra loro da evitare confusione di suoni. Secondo Flavio Giuseppe, il portico di Salomone si chiamava così perché questa parte del tempio era rimasta dall’antico tempio di Sa-lomone 7. Il popolo ebraico del I secolo sollecitò Erode Agrippa I perché demolisse questo portico per ricostruirlo, ma egli si rifiutò a causa dell’alto costo di tempo e di denaro 8.

5 Antichità ebraiche, XV. 3, 5.

6 Flavio Giuseppe stimò la lunghezza del muro di essere m. 201,16, però al giorno d’oggi è stato misurato esattamente ed è lungo m. 465,12. Lungo il lato estremo meridionale, il quale misura m. 280,29, vi erano quattro file di colonne, che formavano tra loro tre passaggi, larghi m. 9,12, e di conseguenza la larghezza del portico era m. 27,36.

7 Antichità ebraiche, XX. 9, 7. Tuttavia, data l’apparentemente completa demolizione del tempio da parte dei Babilone-si, c’è da domandarsi se non è più verosimile la tesi che si tratti solo del riutilizzo di materiali provenienti dal tempio di Salomone quando Zorobabele lo ricostruì dopo la cattività babilonese. O forse questa loggia fu costruito sulle fondamenta erette da Salomone, e perciò chiamato dal suo nome. Nel caso contrario, bisogna concludere che i Babi-lonesi abbiano distrutto solo il santuario, cioè la casa del tempio, lasciando in piedi, sebbene in rovine, almeno que-sto portico.

8 Antichità ebraiche, XX. 9, 7.

Nel documento INTRODUZIONE ATTI DI APOSTOLI (pagine 63-67)