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Il secondo sermone di Pietro

Nel documento INTRODUZIONE ATTI DI APOSTOLI (pagine 67-200)

Sezione 2. La fondazione della Chiesa in Gerusalemme (2, 1-47)

2. Il secondo sermone di Pietro

a. Introduzione: il miracolo spiegato (3:12-16)

3:12 Pietro, visto ciò, parlò al popolo, dicendo: “Uomini d’Israele, perché vi me-ravigliate di questo? Perché fissate gli occhi su di noi, come se per la nostra propria potenza o pietà avessimo fatto camminare quest’uomo? Pietro vedeva che l’ammira-zione della folla era diretta verso lui e Giovanni, perché ascrivevano la guarigione a poteri straordinari in loro, piuttosto che alla potenza del loro Signore. Così, egli sfrut-ta quessfrut-ta circossfrut-tanza per predicare Cristo. Lancia il suo discorso in modo da dirigere i loro pensieri nella giusta direzione.

In questo brano Pietro segue in sostanza lo stesso schema adoperato quando egli presentò il tema principale del suo primo discorso (At. 2). Sebbene sia lo stesso mes-saggio in merito a Gesù, in questa occasione egli addotta uno stile antitetico che con-siste in una serie di martellanti contrasti. Questo metodo permette al suo annuncio di avere un impatto maggiore, se lo possiamo valutare con riferimento agli effetti pro-dotti sulla coscienza dei suoi uditori che credettero nonostante l’immediata opposi-zione delle autorità religiose (4:4).

3:13 Pietro rileva le attività del Dio che tutti adoravano. Il Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi metteste nelle mani di Pilato e rinnegaste davanti a lui, mentre egli aveva giudicato di liberarlo. Il primo contrasto: “Nonostante che il Dio dei nostri padri aveva giustificato Gesù, voi lo avete deliberatamente consegnato alla morte”. Dio aveva glorificato Ge-sù nel senso di assecondare ogni sua affermazione, dandogli la potenza di fare stu-pendi miracoli di ogni genere. Questo segno d’approvazione divina stabiliva la credi-bilità di suo Figlio. Gesù è il servo di Dio, perché ha realizzato le grandi profezie d’Isaia che presentano il Messia come Servo sofferente di Dio 9.

Il secondo contrasto: “Il vostro rifiuto di permettere che fosse rilasciato, sta in contrasto con il desiderio di Pilato di liberarlo. La vostra malvagità è aggravata dalla considerazione che quando il governatore pagano ha ripetutamente pronunciato la sua innocenza e ha proposto di rilasciarlo, voi avete protestato contro tale proposta”.

3:14 Ma voi rinnegaste il Santo, il Giusto e chiedeste che vi fosse concesso un omicida. Il terzo contrasto: “Ma neanche questo esprime l’enormità da voi commessa.

Avete esatto il rilascio di un omicida a preferenza di un uomo santo e giusto. Pur pendo che Gesù era un uomo santo e giusto, avete preferito far rilasciare uno che sa-pevate essere un assassino”. Il Giusto è pure un titolo del Messia previsto da Isaia (53:11).

9 Vedi Is. 42:1; 52:13; 53:11. Poiché il Cristo avrebbe realizzato lo scopo più profondo d’Israele, i brani che riguardano Israele come servo di Dio possono essere considerati qui (Is. 41:9; 43:10; 44:1-2, 21 ecc. 49:6-7).

3:15 E uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti. Il quarto contrasto: “Il fatto che l’avete ucciso sta in contrasto con il fatto che Gesù è il datore della vita. Uccidendolo, avete messo a morte il vero autore della stessa vita, della vo-stra vita e di quella di tutti gli uomini. Ma benché l’abbiate messo a morte, egli è risu-scitato dalla morte”.

Questi quattro punti di contrasto formano una scala ascendente verso il culmine del suo discorso nel v.15. Non si trova spesso nella letteratura un culmine più grande, o una combinazione più felice di culmine ed antitesi. L’effetto sulla moltitudine sarà stato impressio nante, perché Pietro aveva tracciato un’accusa terribile tramite questi contrasti. I fatti dichiarati finora erano innegabili eccetto la risurrezione, e di questa Pietro dichiara subito: “Di questo noi siamo testimoni”. Pietro si riferisce probabil-mente a sé stesso e a Giovanni perché in questo momento si trovano in prima linea, tuttavia moltissimi discepoli avevano visto il Signore risorto (1 Co. 15:5-8). La po-tenza della predicazione originaria s’imperniava sulla testimonianza oculare data in merito alla risurrezione di Gesù.

In questo contesto l’espressione greca 10— qui resa con il Principe della vita —, può essere tradotta in due modi con altrettante sfumature:

1. Principe della vita. La versione greca della Septuaginta adopera la parola gre-ca per riferirsi a “guide, gre-capi o governatori” 11. Riguarda colui che conduce i suoi a conquistare o possedere qualcosa come, in questo caso, la vita (cfr. Eb. 2:10). Più tar-di Pietro parlerà tar-di Gesù come a©rxhgo¢n", ossia “capo” o “principe” arrivato al li-vello veramente regale (5:31). Ma in questo contesto la traduzione “principe” è meno felice perché suggerisce il concetto di regalità, concetto assente dalla parola origina-le..

2. Autore della vita. Infatti a©rxhgo¢n " significa “causa principale; autore; prin-cipio; istitutore, capostipite, fondatore, creatore, iniziatore, inventore” 12. Questo è il senso in Eb. 5:9-10; 12:1, perché Gesù è l’origine, colui che diede origine alla sal-vezza eterna ed è autore della nostra fede. In questi brani non si potrebbe rendere la parola con “principe”. “Autore” comunica bene il senso inteso da Pietro, perché egli vuole rilevare il contrasto tra l’atto di uccid ere Gesù e il fatto che fu proprio lui “il creatore della vita”.

La precedente dichiarazione introduce il tema del discorso di Pietro solo in par-te. Egli era arrivato sino alla risurrezione, ma si era fermato prima ad annunciare tutta la verità che concerne la glorificazione di Gesù. Egli ora completa il suo esordio, e al-lo stesso tempo, dimostra la realtà della risurrezione e gal-lorificazione di Gesù.

10 ajrchgo;n th'" zwh'". Il vocabolo ajrchgo;n compare altrove nel Nuovo Testamento solo in quattro posti: At. 3:15;

5:31; Eb. 2:10; 12:2.

11 Arndt-Gingrich, Greek-English Lexicon of the New Testament, 112.

12 Rocci, Vocabolario greco-italiano, p. 273.

3:16 E, per la fede nel suo nome, il suo nome ha fortificato quest’uomo che ve-dete e conoscete; ed è la fede, che si ha per mezzo di lui, che gli ha dato questa per-fetta guarigione in presenza di voi tutti. Qui c’è una di quelle ripetizioni comune a chi parla estemporaneamente, che mira a dare grande enfasi al pensiero principale, e allo stesso tempo difendersi contro un probabile malinteso. Per tema che l’uso speciale del nome di Gesù potesse condurre alcuni della folla eccitata a pensare che vi fosse qualche incanto nel nome stesso, — errore in cui successivamente caddero certi Giu-dei in Efeso (At. 19:13-17) — Pietro specifica che è per la fede nel suo nome che il miracolo è stato fatto.

Bisogna notare pure che la fede per cui è stata effettuato la guarigione non era quella dello zoppo, perché è evidente dal racconto che, prima della guarigione, lo zoppo non aveva affatto fede (vedi le note sui vv. 4-8). La fede allora fu di Pietro. E questo si accorda con quanto si apprende nei Vangeli, cioè che la potenza per fare mi-racoli dipendeva sempre dalla fede di chi li faceva. A Pietro fu permesso di cam-minare sull’acqua; ma quando la sua fede oscillò, egli cominciò ad affondare, e Gesù gli disse: “O uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Mt. 14:31). In una occasione indimenticabile, quando nove apostoli provarono a cacciare un demonio e fallirono, Gesù spiegò che alla base di questo fallimento c’era la loro poca fede (Mt. 17:20). È la “preghiera della fede” che può sanare l’ammalato (Gc. 5:15).

Si può qui ben osservare che, mentre la fede era necessaria a quelli ai quali era stata impartita la potenza miracolosa, allo scopo di fare un determinato miracolo, nes-suna fede è mai stata capace di produrre da sola miracoli per coloro ai quali tale po-tenza non è stata impartita. Perciò, l’opinione, nutrita dal tempo degli apostoli in poi, cioè che la nostra fede da sola può essere abbastanza forte da poter operare anche mi-racoli, ha tanto poco fondamento nelle Scritture quanto nell’esperienza.

b. Il perdono dei peccati offerto in Cristo (3:17-21)

3:17 Ora, fratelli, io so che lo faceste per ignoranza, come pure i vostri capi. A questo punto nel suo discorso, Pietro marcatamente cambia tono e maniera. Egli ha fatto una terribile accusa contro i suoi ascoltatori, esponendo la loro malvagità in termini duri. Ora, invece, addolcisce il suo tono e attenua il loro fallo, influenzato senza dubbio da una percettibile espressione di pena manifestata sul loro volto.

Fu a causa della loro ignoranza della vera dignità maestosa di Gesù, che essi l’uccisero. L’avrebbero potuto conoscerlo meglio, se non avessero permesso al pre-giudizio di accecarli. Che essi avessero agito nell’ignoranza attenuò la loro colpa, ma non li rese innocenti. Perciò bisognava affrontare questo problema.

3:18 Ma ciò che Dio aveva preannunziato per bocca di tutti i profeti notevol-mente Isaia 13, cioè, che il suo Cristo avrebbe sofferto, egli lo ha adempiuto in questa

13 Cfr. i brani sul Servo dell’Eterno, specialmente Is. 53, e quelli che rivelano la completa identificazione del Cristo con l’umanità sofferente.

maniera. Mentre gli Ebrei maltrattavano Gesù, Dio stava realizzando ciò che egli stesso aveva preannunziato per mezzo dei profeti. Già una volta Pietro aveva affian-cato questi due concetti apparentemente in conflitto, rivelando la cooperazione tra lo-ro (At. 2:23):

1. La sovranità di Dio. Che Dio aveva predeterminato la morte del Cristo non poteva essere negato senza contraddire tutti i profeti che l’avevano preannunziato.

2. Il libero arbitrio dell’uomo. Pietro afferma che quelli che lo ammazzarono a-girono malvagiamente nel fare ciò che Dio aveva già deciso che fosse fatto. Per di più, i tremila convertiti nel giorno di Pentecoste, insieme a molti in questa occasione, lo ammisero.

La filosofia umana non troverà facile riconciliare l’azione di Dio con quest’as-serzione della colpevolezza umana. Se qualcuno può formulare una spiegazione che può riconciliare questi due fatti filosoficamente, l’accetteremo, se la possiamo com-prendere. Ma se entrambi i fatti, senza alcuna alterazione, non trovano posto nella te-oria, la dobbiamo rigettare. Nel frattempo, è bene seguire l’esempio di Pietro che col-loca i due fatti fianco a fianco, appellandosi ai profeti per stabilire il primo, e alla co-scienza dei suoi ascoltatori per stabilire il secondo. Intanto, Pietro non pensa minima-mente di trovarsi in difficoltà.

3:19 Dimostrata la risurrezione e la glorificazione di Gesù, come anche la mal-vagità di chi lo aveva condannato, l’apostolo ora offre il perdono ai suoi ascoltatori nei termini prescritti dal Gran Mandato (Lc. 24:47). Ravvedetevi dunque e converti-tevi, Perché Pietro adopera due parole per il cambiamento necessario? Vedi lo studio alla fine di questo capitolo: “Ravvedetevi e convertitevi”. Il ravvedimento, come dice il termine greco 14 esprime un cambiamento di mente prodotto, non dal rimorso, ben-sì soprattutto dalla convinzione della propria colp evolezza e dal genuino dolore per essa. La conversione esprime la risoluzione a volgersi dal peccato per tornare a Dio.

Ambedue gli atti sono mutamento della determinazione o volontà. Il ravvedersi è il cambiamento del cuore che scaturisce dalla convinzione prodotta dalla fede. Questo deve essere seguito da un atto definitivo, il convertirsi. Se uno è sulla strada sbagliata, si convince di questo (fede) e cambia idea a proposito della strada sbagliata (ravve-dimento), farà qualcosa: si volterà per andare sulla strada giusta (conversione). Con-vinto del peccato e ravveduto, occorre esprimere questo mutamento. Il primo atto che segnala la realtà del ravvedimento è detto in Atti 2:38. Al penitente si richiede che sia battezzato e quindi che prosegua nella nuova vita seguendo Gesù. Qui Pietro non cita espressamente il battesimo, come in 2:38, tuttavia i suoi ascoltatori l’avrebbero ora compreso da loro, visto che a migliaia erano stati battezzati. Inoltre l’idea di farsi immergere viene suggerita pure dall’espressione perché i vostri peccati siano cancel-lati, cioè con l’acqua del battesimo (cfr. 22:16).

14 metavnoia è un cambiamento della mente.

Qui, come nella prima esposizione delle condizioni di perdono (At. 2:38), l’apostolo non fa menzione della fede. Ma avendo cercato sin dall’inizio del suo di-scorso di convincere i suoi ascoltatori, il suo comando di pentirsi comporta la suppo-sizione che abbiano già creduto a ciò che egli diceva. Un comando basato su un ar-gomento, oppure su una testimonianza, implica sempre delle prove sufficienti, e sup-pone che l’ascoltatore sia convinto. Inoltre, Pietro sapeva che nessuno si sarebbe pen-tito al suo comando, se non avesse creduto profondamente a ciò che egli aveva detto.

Ovunque si verifica questo fenomeno, allora, è naturale e giusto omettere di menzio-nare la fede dei convertiti, in quanto è già implicita.

Mentre il comando, Ravvedetevi dunque e convertitevi, fu dato per lo scopo principale di cancellare i loro peccati, Pietro elenca due altri effetti per aiutarli a con-vincersi:

3:20 e affinché vengano dalla presenza del Signore dei tempi di refrigerio e che egli vi mandi il Cristo che vi è stato predestinato cioè Gesù. L’espressione, i tempi di refrigerio, occupa lo stesso posto qui che “il dono dello Spirito Santo” occupava nel primo discorso (At. 2:38). Riguarda il refrigerio dell’anima effettuato dalle gioie del-lo Spirito Santo.

Il mandarvi il Cristo si riferisce senza dubbio alla sua venuta finale. La grande speranza degli Ebrei era il Messia, ma il Cristo era già venuto, era stato rigettato ed era poi tornato al cielo. Ma resta ancora una speranza di accoglierlo degnamente!

Siccome il Cristo che Dio mandò era proprio Gesù il Crocifisso, l’unico modo rima-sto di prepararsi per il suo ritorno è quello di ravvedersi di averlo respinto, ricono-scerlo come il Cristo e volgersi a lui come Signore. L’annullamento dei loro peccati e i periodi di refrigerio dipendono dal loro ravvedimento e conversione. Quindi questi preparativi per accogliere il lungamente atteso Messia dipendono dalla loro ub-bidienza in tempo utile.

3:21 che il cielo deve tenere accolto fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose; di cui Dio ha parlato fin dall’antichità per bocca dei suoi santi profeti. Benché gli ascoltatori di Pietro non potessero saperlo in quel momento, prima del ritorno di Cristo molto lavoro doveva compiersi per salvare gli uomini. I tempi della restaura-zione di tutte le cose sono gli stessi tempi di cui Dio parlò tramite i profeti. Conse-guentemente, riguarda il periodo in cui saranno adempiute le predizioni del Vecchio

Testamento. Pietro sostiene che Gesù non ritornerà di nuovo finché tutte queste pre-dizioni non saranno realizzate.

Certi filosofi credono nella salvezza finale di tutti gli uomini e per trovare un appoggio biblico, citano questo brano. Essi parlano della restaurazione di tutte le co-se, come se si trattasse di un ripristino della primitiva purità e felicità di tutte le cose e di tutti gli uomini, senza badare ai loro rapporti con Dio. Tuttavia, l’ultima frase li-mita i tempi in questione ai tempi di cui Dio parlò. Perciò citare questo brano, omet-tendo la parte che non interessa loro significa manipolare la parola di Dio in modo ingannevole.

In che senso, allora, avviene la restaurazione di tutte le cose? All’inizio della Creazione tutto era in ordine, un vero paradiso. Poi il peccato entrò, gettando caos in tutto il creato. Ora, invece, il vangelo sta attualmente restaurando i credenti allo stato che avevamo all’inizio, cioè pronti a vivere con Dio in perfetta comunione. Questo sarà possibile solo tramite la conversione a Cristo. Questa restaurazione già in atto giungerà al culmine quando la creazione sarà liberata dalla corruzione e i figli di Dio giungeranno alla loro gloriosa libertà (Ro. 8:19-21). Citando i profeti per stabilire questo fatto, Pietro afferma (v. 24): “Tutti i profeti… hanno annunziato questi gior-ni”. I tempi della restaurazione di tutte le cose non è qualche utopia millennio del fu-turo, bensì il periodo attuale. Pietro rivela che i tempi in cui egli stesso viveva — quindi anche i nostri tempi — sono “questi giorni”. La prima venuta di Gesù segnò l’inizio della restaurazione di tutte le cose e il suo ritorno ne segnerà la fine. Siccome la morte è l’ultimo nemico ad essere sconfitto, la risurrezione di tutti gli uomini — credenti e miscredenti insieme — azzererà la maledizione della morte. Così tutti sa-ranno restaurati alla condizione fisica in cui si trovavano Adamo ed Eva all’inizio.

Ma il giudizio finale di Dio separerà quelli che hanno amato Dio e ubbidito al vange-lo da tutti gli altri.

c. Questi concetti predetti dai profeti (3:22-26).

Nonostante la validità delle prove intorno alla risurrezione e glorificazione di Gesù, un Ebreo non sarebbe pronto ad accettarlo come il Messia promesso, a meno che le evidenze contengano prove che questi fatti erano stati profetizzati. A questo fi-ne, e anche allo scopo di ammonire i suoi ascoltatori di non rigettare quello che essi avevano ascoltato, Pietro cita una predizione ben conosciuta, fatta da Mosè:

3:22 Mosè, infatti, disse: “Il Signore Dio vi susciterà in mezzo ai vostri fratelli un profeta come me; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà” (Dt. 18:15-19). Mosè si distinse da tutti gli altri profeti nel senso che fu lui il liberatore e legislatore. Gli altri furono impiegati a far rispettare la legge che diede Mosè, ma non ad aggiungere ad essa né a sostituirvi alcunché. Gesù, invece, era come Mosè, in quanto venne anche lui come liberatore, proponendo una liberazione di gran lunga più gloriosa di quella effettuata da Mosè. Inoltre egli emanò leggi per un nuovo governo dell’uomo. Gesù è

il Mediatore del Nuovo Patto, così come Mosè lo fu del Vecchio. Queste qualifiche dimostrano che Gesù è l’unico in grado di essere il profeta di cui parlava Mosè.

Che Pietro applicava questa predizione rettamente a Gesù, era perfettamente ovvio a tutti coloro che credettero a ciò che l’apostolo aveva detto in precedenza. In-fatti, se ciò che Pietro aveva detto su Gesù era vero, la somiglianza da cui dipendeva l’adempimento era da trovarsi solo in Gesù e in nessun altro. L’argomento di Pietro dimostra pure agli ascoltatori ebraici che, nell’ubbidire a Gesù, in effetti ubbidivano a Mosè.

3:23 “E avverrà che chiunque non avrà ascoltato questo profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo”. Rigettare Gesù significa incorrere in questa maledizione pro-nunciata da Mosè. Gli Ebrei potrebbero essere salvati solo se accogliessero Gesù co-me Cristo. Anche noi non possiamo essere salvati in altro modo.

3:24 Tutti i profeti, che hanno parlato da Samuele in poi, hanno anch’essi an-nunziato questi giorni. Non contento di aver fatto sentire il peso della testimonianza di Mosè, Pietro vi aggiunge l’unita testimonianza di tutti i profeti. L’apostolo si rife-risce solo a quei profeti la cui predizione era registrata nel Vecchio Testamento, per-ché a questi soltanto Pietro poteva appellarsi dinanzi ai suoi ascoltatori. Quando cita tutti i profeti, parla in generale, perché non si può affermare che assolutamente ogni profeta aveva parlato esplicitamente di questi giorni. Ma questo era vero per i profeti in generale. Pietro data l’inizio della serie da Samuele in poi, non perché Samuele stesso parla di questi giorni, ma perché la lunga linea dei profeti comincia da lui. Lu-ca ha quasi certamente registrato solo un riassunto del discorso di Pietro. Mentre Pie-tro parlava, è altamente probabile che abbia citato alcune di queste predizioni, — co-me fece nel suo primo discorso—, esponendo chiaraco-mente la loro realizzazione per i suoi ascoltatori. L’argomentazione del discorso è ora completata e ancora una volta è stato provato che Gesù è il Messia promesso e il Figlio glorificato di Dio.

3:25 Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio fece con i vostri padri, di-cendo ad Abraamo: “Nella tua discendenza tutte le nazioni della terra saranno bene-dette” 15. Avendo completato l’argomentazione, Pietro ora fa un appello ai suoi a-scoltatori, basato sul massimo rispetto che essi avevano per i padri della nazione d’Israele e per il patto che avevano ereditato. La benedizione offerta loro in Cristo era

3:25 Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio fece con i vostri padri, di-cendo ad Abraamo: “Nella tua discendenza tutte le nazioni della terra saranno bene-dette” 15. Avendo completato l’argomentazione, Pietro ora fa un appello ai suoi a-scoltatori, basato sul massimo rispetto che essi avevano per i padri della nazione d’Israele e per il patto che avevano ereditato. La benedizione offerta loro in Cristo era

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