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Capitolo I. Pío Baroja: la vita e la produzione letteraria

II.1 Lineamenti del personaggio attraverso le sue teorizzazioni (Stara,

II.1.1 Metamorfosi del personaggio

La concezione, e di conseguenza la funzione e la presentazione del personaggio, hanno subito profonde trasformazioni nel corso della storia, parallelamente al progresso delle società e all’evolversi e modificarsi dei generi letterari.

Ripercorrendo diacronicamente tale evoluzione, Stara, sulla falsariga dell’Estetica hegeliana, ci dà conto degli aspetti che segnano, in un primo momento, lo spartiacque tra gli eroi della tradizione e i personaggi della letteratura romantica. I primi si si muovono in un universo alto, che è quello del sublime o del tragico, e si presentano come “individualità universali […], che sottostavano unicamente alla propria legge, e le cui azioni non erano soggette a un «giudizio e a un tribunale»”,106

mentre i secondi appartengono ad un mondo dominato “dalla «farsa» e dal «comico»”,107 specchio di una società del tutto diversa che li vincola e li influenza

limitandone inevitabilmente il raggio d’azione, che si riduce ad una sfera considerevolmente ristretta. L’individuo rappresentato dal romanzo appare perciò subordinato ad influenze esterne, come le leggi, le istituzioni o i rapporti civili, che sono parte integrante del mondo in cui vive e alle quali deve piegarsi. Se le azioni degli eroi classici assurgono a espressione di valori collettivi, quelle dei personaggi della prosa rimangono del tutto circostanziate alla sfera personale, privata: il passaggio dagli uni agli altri si configura, pertanto, anche nei termini di un

106 Arrigo Stara, L’avventura del personaggio, cit., p. 124. 107 Ibidem.

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passaggio dalla sfera dell’universale a quella del particolare, oltre che di una “progressiva riduzione della sfera della responsabilità individuale”.108

Nella sua riflessione sulla metamorfosi tra un tipo e l’altro, Stara riprende la proposta avanzata da Ian Watt nell’opera The rise of the novel, il quale, nel ravvisare i principali procedimenti narrativi del romanzo, evidenzia alcune delle caratteristiche più tipiche del personaggio romanzesco, attingendo da cinque delle procedure generali individuate dal critico inglese. La prima figura indagata è

l’abolizione dell’eccesso di realtà, ovvero la costruzione di personaggi desunti

mimeticamente dalla realtà, seguita dalla denegazione romanzesca, che consiste invece nell’introduzione di personaggi “raccolti anche nelle classi più umili della società, che hanno vissuto avventure ai margini della norma del vivere comune, spesso anzi decisamente al di fuori di essa, criminali o scandalose”.109 Con

presentazione della modalità realistica poi, Stara sposta la riflessione dal livello

della narrazione a quello del discorso, soffermandosi sul tema del nome proprio: se quelli degli eroi dell’epos “testimoniavano dell’appartenenza dei personaggi a universi mitologici, religiosi, immaginari, dai quali essi traevano significato e prestigio”,110 nel romanzo si assiste al “battesimo del personaggio”,111 il cui nome

sono non solo risulta privo di valenze simboliche, ma viene seguito anche da un cognome, che contribuisce in modo decisivo ad avvicinarlo alla realtà del lettore. Il romanzo permette pertanto al lettore di osservare dei personaggi dai connotati sempre più realistici, di conoscerli, come appena commentato, inizialmente dall’esterno, in primo luogo attraverso il nome e il cognome e poi attraverso il ritratto e la descrizione fisica che il narratore propone. Ma c’è di più: al lettore è concesso di “oltrepassare quella superficie, lasciando scorgere non più una fisionomia, ma la stessa vita interiore che le dà forma”,112 ovvero la possibilità di osservare il personaggio tanto da fuori quanto da dentro, nella misura in cui tale incursione gli sarà resa possibile dal narratore. Tale procedimento viene definito da Stara indiscrezione romanzesca, seguito dall’ipercausalismo o onnipotenza dei

pensieri, ovvero la tendenza del romanzo verso una ricerca, talvolta eccessiva, di

108 Arrigo Stara, L’avventura del personaggio, cit., p. 124 109 Ivi, p. 102.

110 Ivi, p. 107. 111 Ivi, p. 108. 112 Ivi, p. 109.

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coerenza tra l’agire del personaggio e la sua psicologia. Quest’ultimo motivo sarà il primo a cadere in quella che Stara, mutuando l’espressione da Nathalie Sarraute, definisce l’età del sospetto, ovvero quel momento in cui inizia a disgregarsi l’integrità illusionistica del protagonista romanzesco e che porterà, con le avanguardie dei primi anni del Novecento, al rifiuto della nozione stessa di personaggio, inteso come “segno straordinariamente complesso” o “carattere formale”113 e ad un radicale mutamento nella sua modalità di composizione e

caratterizzazione, evidente nei casi emblematici di Marcel, in À la recherche du

temps perdu di Marcel Proust o Stephen Dedalus in Ulysses, capolavoro di James

Joyce.

Nello studio L’avventura del personaggio si indagano, dunque, i motivi di questa metamorfosi e si ripercorrono le varie posizioni che si sono alternate all’interno del dibattito critico che si rinnova a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento e durante il corso del Novecento, partendo dalle motivazioni addotte da Lukács, Nietzsche, Genette, passando per le elucubrazioni di Henry James, il primo scrittore a mostrare una consapevolezza della trasformazione che, nel corso del Novecento, avrebbe investito il romanzo, determinando la scomparsa del narratore onnisciente, sostituito da una pluralità di voci e punti di vista la cui attendibilità è spesso dubbia, e che offrono una prospettiva sui fatti limitata e profondamente influenzata dalla sfera personale del personaggio. Si arriva pertanto a una ridefinizione dei termini di quel “contratto narrativo” che, a partire dalla nascita del romanzo aveva stabilito la separazione tra la responsabilità del narratore e quella del personaggio.

Stara individua tre linee di modificazione della fisionomia tradizionale del personaggio, definite linea del percepire, linea dell’agire e linea dell’essere. La prima consiste nel “fare del personaggio il centro di percezione privilegiato del romanzo, delegando ad esso molte delle mansioni che erano appartenute al narratore”, attraverso l’uso di tecniche narrative come il flusso di coscienza e la

focalizzazione ristretta, capaci di rendere l’immediatezza della percezione e del

pensiero dei singoli personaggi. Quella dell’agire rappresenta la seconda linea di disgregamento dell’eroe romanzesco: essa mina quella caratteristica tipica del personaggio individuata come ipercausalismo o onnipotenza dei pensieri, ovvero

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la ricerca, dettata da una richiesta di verosimiglianza, di coerenza tra il piano della coscienza del personaggio e quello della sua condotta. Il venir meno della casualità diretta tra queste due sfere ha come conseguenza l’ingresso nel romanzo di personaggi “incapaci di far emergere la propria natura più autentica dalle azioni che compiono”, mostrando

comportamenti a tal punto incongruenti […] da fare sì che la loro casualità non sembri più motivabile in termini di psicologia o di scelte intellettuali, ma si risolva in una sorta di forza anonima, gratuita e fin quasi derisoria rispetto alle loro stesse intenzioni.114

Una simile rinuncia apre la strada a due alternative possibili: da un lato personaggi scissi, che non riescono più a concepire se stessi come “unità coerenti” e la cui attenzione è rivolta unicamente alla propria vita interiore, dall’altra protagonisti in cui al contrario quest’ultima tenderà ad annullarsi. Nel primo caso ci troveremo di fronte a narrazioni il cui pivot è rappresentato da uno scavo nell’intimità del personaggio, che cercherà di riappropriarsi di una “conoscenza autentica di se stesso” giungendo molto spesso ad un immobilismo sul piano dell’azione. La seconda alternativa, al contrario, darà luce a romanzi imperniati sull’azione, in cui nessuno spazio è concesso alla vita interiore del personaggio, che si riduce ad essere un “elemento anonimo in un gioco di incastri che deve mettersi al servizio delle ragioni superiori dell’intreccio”.115

La terza linea di trasformazione del personaggio tradizionale introdotta da Stara, quella dell’essere, annovera al suo interno opere che segnano il passaggio ad una nuova forma di mimesi e ad un “nuovo statuto dei personaggi di finzione”, nella misura in cui procedono ad un recupero della natura illusionistica di questi ultimi sulla base di un nuovo patto che li lega al proprio autore. Come commentato per quella dell’azione, anche all’interno della linea dell’essere è possibile rintracciare due diversi orientamenti, entrambi volti a conferire al personaggio l’aspetto illusionistico perduto: il primo cerca di restituirgli verosimiglianza agli occhi del lettore inserendo elementi ricavati dall’esperienza biografica dell’autore, mentre il

114 Arrigo Stara, L’avventura del personaggio, cit., p. 177. 115 Ivi, p. 179.

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secondo va nella direzione di un nuovo patto narrativo tra lettore e scrittore, dando vita a personaggi che, pur sviluppandosi su una base di vissuto di quest’ultimo, non sorpassano quella soglia “intima, ma allo stesso tempo invalicabile” che permette alla narrazione di salvaguardare la legittimità della finzione.

L’esposizione delle principali caratteristiche delle tre linee appena esposte è corroborata, ne L’avventura del personaggio, dalle posizioni di critici e scrittori che hanno preso parte al dibattito intorno alla nozione del personaggio al quale ho accennato all’inizio di questo paragrafo e che ha avuto luogo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, mostrandoci un panorama assai vario ed eterogeneo, a dimostrazione di quanto esso sia tuttora vivace e suscettibile di ulteriori e variazioni e integrazioni.

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