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Azione e coscienza del personaggio nella trilogia "La lucha por la vida" di Pío Baroja.

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione ... 3

Capitolo I. Pío Baroja: la vita e la produzione letteraria ... 5

I.1 Cenni biografici ... 5

I.2 Teoria e pratica del romanzo ... 10

I.3 La produzione letteraria ... 17

I.3.1 I ‘primi vagiti’ ... 19

I.3.2 Camino de perfección (1902) e El Mayorazgo de Labraz (1903) ... 21

I.3.3 La lucha por la vida ... 22

I.3.4 Il periodo nichilista (1905-1907): La feira de los discretos (1905), Paradox rei (1906), Los últimos románticos (1906), Las tragedias grotescas (1907) ... 27

I.3.5 Maturità artistica (1908-1912) ... 29

I.3.6 Memorias de un hombre de acción e romanzi successivi al 1912 ... 30

Capitolo II. Il personaggio come oggetto di riflessione: dalla teoria a Pío Baroja ... 33

II.1 Lineamenti del personaggio attraverso le sue teorizzazioni (Stara, Tomaševskij, Bremond, Forster, Harvey) ... 33

II.1.1 Metamorfosi del personaggio ... 34

II.1.2 Tema, motivo e caratterizzazione: il personaggio secondo Boris Tomaševskij ... 38

III.1.3 Ruoli e funzioni narrative: il modello di Claude Bremond ... 41

II.1.4 Tipologia del personaggio ... 44

II.2. I personaggi di Baroja: le idee dell’autore e della critica ... 47

II.2.1 Proposte di classificazione ... 55

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Capitolo III. Azione e coscienza del personaggio nella trilogia La lucha por la

vida ... 66

III.1 Premessa allo studio del protagonista de La lucha por la vida ... 66

III.2 Segni dell’essere ... 70

III.2.1 Nomen omen ... 70

III.2.3 “Un holgazán aventurero y vagabundo” ... 80

III.3. Segni dell’agire ... 86

III.3.1 Paralisi della volizione: La busca ... 87

III.3.2 Azione e coscienza in Mala hierba: un cortocircuito ... 96

III.3.3 Aurora roja ... 101

III.4 Segni della relazione ... 108

III.4.1 Roberto Hasting e il Bizco ... 111

III.4.2 Salvadora e Jesús ... 118

III.4.3 Juan Alcázar ... 123

Conclusioni ... 128

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Introduzione

Accostarsi all’opera di Pio Baroja significa avvicinarsi non solo a una delle voci più prolifiche e acclamate nel panorama letterario spagnolo del Novecento, ma a uno scrittore attorno al quale si è stratificato un volume di studi critici dalle dimensioni considerevoli, tanto che, come osserva Emilio Alarcos Llorach nel suo discorso di ingresso alla Real Academia Española, può sembrare “inútil y reiterativo otro intento de escudriñar su obra, y, desde luego, se corre el riesgo de coincidir con alguna o algunas de las mil y una interpretaciones ya divulgadas”1.

In realtà, nonostante il costante moltiplicarsi, nel corso degli anni, di studi che hanno avviato accurate e feconde indagini intorno ai più vari aspetti della produzione di Baroja, permangono tuttora aspetti del macrotesto dello scrittore basco ancora misconosciuti, o che comunque non hanno trovato opportuno approfondimento.

Lo studio del protagonista de La lucha por la vida proposto in questa tesi prende le mosse dalla considerazione avanzata da Emilio Alarcos che la critica non abbia soppesato in modo adeguato il ruolo fondamentale cui questo personaggio assurge all’interno della trilogia di Baroja. Lo scenario critico, come si vedrà, sembra sostanzialmente poggiare sulla tendenza a deprezzarne il rilievo narrativo, rilegandolo a mero funzionario del progetto descrittivo dello scrittore, il cui unico interesse sarebbe orientato verso la descrizione ̶ fotograficamente realistica ̶ della relatà che lo circonda.

La disamina del personaggio, articolata in tre fasi che corrispondono all’indagine delle sfere dell’essere, dell’azione e della relazione, occupa il terzo capitolo dell’elaborato.

Il primo capitolo, di natura introduttiva, si apre con un breve paragrafo sulla biografia di Pío Baroja, per poi passare, nell’ordine, a far luce sulla teoria del romanzo dello scrittore e a delinearne la graduale maturazione artistica attraverso una breve rassegna delle tappe fondamentali che hanno segnato la sua produzione.

1 Emilio Alarcos Llorach, Anatomía de “La lucha por la vida”, Madrid, Real Academia Española,

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Il secondo capitolo, di impianto teorico, appunta l’attenzione sul personaggio romanzesco: in un primo momento, sulla falsariga de L’avventura del personaggio di Arrigo Stara, se ne ripercorre l’evoluzione e la metamorfosi, parallelamente all’evolversi dei generi letterari. Si passa poi a una ricognizione di nozioni teoriche e riflessioni di teorici della letteratura che costituiranno dei validi strumenti di analisi. L’ultima parte del capitolo è dedicata ai personaggi di Pío Baroja, alle idee dell’autore in merito alle sue figure di finzione e alle voci più autorevoli di critici e studiosi che ne hanno messo in risalto le caratteristiche più significative.

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Capitolo I

Pío Baroja: la vita e la produzione letteraria

I.1 Cenni biografici

Pío Baroja y Nessi nasce il 28 dicembre del 1872 a San Sebastián, in pieno Sessennio Rivoluzionario, dal matrimonio tra il basco Serafín Baroja y Zornosa, ingegnere minerario, e Carmen Nessi y Goñi, madrilena di origini italiane. Pío era il più piccolo di tre fratelli: Darío, morto nel 1894 a soli ventiquattro anni, Ricardo, che intraprenderà la carriera artistica dedicandosi alla pittura, alla scrittura di romanzi e alla recitazione.

L’inclinazione letteraria del futuro scrittore sembra affiorare molto prematuramente: egli stesso ricorda, in Familia, infancia y juventud, che era solito trascorrere ore nella biblioteca del padre leggendo folletines, romanzi di Balzac o di Stendhal, grazie ai quali “contrajo el vicio de leer”.2

I primi anni della sua infanzia trascorrono nella cittadina basca fino a quando, nei primi mesi del 1879, la famiglia si trasferisce a Madrid e dopo circa due anni, nel 1881, a Pamplona, dove Serafín Baroja aveva ricevuto l’incarico di jefe de

minas. Nella città navarrese il giovane Baroja si forma nel prestigioso Colegio

Huarte e successivamente presso l’Instituto de Enseñanza Media, dove conosce l’amico Carlos Venero, che sarà suo condiscepolo a Madrid anni dopo.

Nel 1883 nasce sua sorella Carmen, che diverrà la moglie del futuro editore Rafael Caro Raggio e sarà inoltre occasionale scrittrice.

Nel 1886 la famiglia si trasferisce nuovamente a Madrid, stabilendosi inizialmente in Calle de la Misericordia nella casa della zia Juana Nessi, proprietaria della panetteria Viena Capellanes nella quale lavoreranno anni dopo sia Pío che il fratello Ricardo. Baroja prosegue i suoi studi presso l’Instituto San Isidro e nel 1887

2 Pío Baroja, Familia, infancia y juventud, in Obras completas, vol. VII, Madrid, Biblioteca Nueva,

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si iscrive alla facoltà di medicina senza una vera e propria vocazione, come egli stesso ammetterà ne La formación psicológica de un escritor, affermando di aver scelto la carriera di medico “por exclusión de profesiones que no me gustaban”.3

Alla vigilia dell’inizio del secondo anno di medicina, Baroja si trasferisce con la famiglia in una nuova casa nella calle de Atocha, nella quale vedranno la luce i suoi primi esperimenti letterari, quali alcuni articoli pubblicati sulla rivista El Liberal e i racconti El pesimista e La buhardilla de Madrid, considerati, rispettivamente, gli “embrioni” dei romanzi Las aventuras, inventos y mixtificaciones de Silvestre

paradox e Camino de perfección.

Durante il quarto anno di medicina, durante il corso di patologia generale conosce il professor Letamendi, docente che egli definisce “excesivamente literario”4 ma al quale riconosce il merito di averlo avvicinato alla filosofia,

stimolandolo alla lettura dei grandi pensatori dell’antichità e delle opere di Kant, Nietzsche, Schopenhauer e Fichte.5

Dopo circa due anni di permanenza con la famiglia nella città di Valencia, Baroja torna nuovamente a Madrid, dove inizia gli studi di dottorato e una collaborazione con la rivista La Justicia. Nel 1886 discute la sua tesi intitolata “El dolor. Estudio de psicofísica” e inizia la propria carriera lavorativa accettando un incarico come

médico de aldea a Cestona. Questa esperienza nella cittadina basca sarà oggetto di

una narrazione breve scritta in lingua inglese e pubblicata sulla rivista Fornightly

Review, di molti dei racconti poi confluiti nella raccolta Vidas sombrías (1900) e di

numerosi articoli che, anni dopo, Baroja riunirà nel volume Intermedios. La permanenza a Cestona permette a Baroja di recuperare il contatto con le proprie origini basche: “En Cestona”, afferma in Familia, infancia y juventud, “empecé a sentirme vasco, y recogí este hilo de la raza que para mí estaba perdido”.6 Tuttavia, oppresso dalla “responsabilidad de tener una función demasiado importante, la falta

3 Pío Baroja, La formación psicológica de un escritor, Madrid, Talleres de Espasa Calpe, 1935, p.

49.

4 Ivi, p. 50.

5 Ignacio Elizalde afferma che tali letture “no responden al deseo de adquirir un conocimiento

general de la Filosofía. Por el contrario, arrastrado desde muy joven por un fuerte idealismo, y casi por intuición, se inclina a las obras o sistemas que más concuerdan con su personalidad, y se despreocupa del resto”. Ignacio Elizalde, Baroja y su ideología filosófica, Anuario de la Sociedad Española de Literatura General y Comparada, vol. III, 1990, p. 49.

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7

de prática y de conocimientos científicos completos”7 e stanco della vita di paese,

che egli stesso definisce “sórdida y llena de pequeñas rivalidades de profesión”,8

nel settembre del 1895 decide di abbandonare definitivamente Cestona e la professione di medico, che non tornerà più ad esercitare.

Rientrato a Madrid, inizia una nuova esperienza come industrial panadero, ossia, diringente di una panetteria, quella che un tempo era appartenuta a sua zia Juana Nessi, attività che riesce a coniugare con una sempre crescente dedizione alla scrittura, pubblicando articoli e racconti su varie riviste. Il tempo trascorso nel panificio rappresenta inoltre per Baroja l’occasione di entrare in contatto, osservare e trarre ispirazione dalla realtà della vita cittadina e dei suoi abitanti, e di raccogliere impressioni, racconti e aneddoti che costituiranno l’essenza delle opere scritte a partire da questo momento, in particolare della trilogia La lucha por la vida.9 Nel 1902, conclusa la sua esperienza come industriale, decide di dedicarsi esclusivamente alla letteratura.

Durante i primi anni del Novecento una serie di concause porta lo scrittore, in seguito al suo “battesimo” nel mondo delle tertulias e dei caffè letterari di Madrid, a chiudersi nella propria solitudine, interrotta ed alleviata dagli amici Azorín e Ramiro Maetzu, per dedicarsi pienamente alla scrittura dei propri romanzi.10 Tra il 1900 e il 1904 pubblica una raccolta di racconti brevi intitolata Vidas sombrías, e sette romanzi: La casa se Aizgorri, Aventuras, inventos y mixtificaciones de

Silvestre Paradox, Camino de perfección, El Mayorazgo de Labraz e la trilogia La lucha por la vida.11

Alla scrittura di opere letterarie Baroja affianca in questi anni anche un’intensa attività come giornalista, collaborando con le redazioni di molte riviste quali El

7 Ivi, p. 626.

8 Pío Baroja, Familia, infancia y juventud, 1949, p. 634.

9 Nel prologo a Páginas escogidas commenta: “el convivir durante algunos años con obreros

panaderos, repartidores y gente pobre […] me impulsó a curiosear en los barrios bajos de Madrid, a pasear por las afueras y a escribir sobre la gente que está al margen de la sociedad”. Pío Baroja, Páginas escogidas, Madrid, Calleja, 1918, p. 136.

10 Carmen Iglesias commenta così il disinganno di Baroja nei confronti del mondo dei caffè e dei

circoli letterari: “en el único momento en que Baroja frecuentó los círculos literarios a principios del siglo, el Modernismo lo invadía todo con su cortejo de artistas, poetas y escritores decadentes y bohemios. El ambiente le pareció tan falso e intolerable que muy pronto se retiró de cafés y tertulias para recluirse en la soledad de su casa”. Carmen Iglesias, El pensamiento de Pío Baroja, ideas centrales, México, Antigua librería Robredo, 1963, p. 143.

11 Tutti i romanzi menzionati sono stati pubblicati in un primo momento come folletín in riviste

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germinal, El país, La Justicia, Revista Nueva, El Ideal e soprattutto El Globo, per

la quale nel 1902 si reca a Tangeri come corrispondente per testimoniare la crisi marocchina.

Tra il 1906 e il 1908 pubblica, a breve distanza l’uno dall’altro, i romanzi

Paradox Rey, Los últimos románticos, Las tragedias grotescas, La dama errante e La ciudad de niebla e intraprende numerosi viaggi, sia in Spagna che in vari paesi

europei: visita varie città italiane, Ginevra, Parigi e Londra, nella quale si stabilisce per circa tre mesi.

In questi anni lo scrittore si avvicina inoltre alla vita politica -complice l’amicizia con Alejandro Lerroux, fondatore del Partido Republicano Radical- candidandosi senza successo alle elezioni municipali di Madrid nel dicembre del 1909. Il suo periodo di militanza politica, che si interrompe nel 1911 dopo un duro scontro con Lerroux, non lo allontana in alcun modo dalla scrittura: tra il 1909 e il 1912 scrive i primi sei volumi di Memorias de un hombre de acción e pubblica Zalacaín el

aventurero, César o nada, Las inquietudes de Shanti Andía, El árbol de la ciencia, El mundo es ansí, opere che gli procurano notorietà e prestigio.

Nel 1912 acquista una casa ad Itzea, in Navarra, dove si ritira per isolarsi dal mondo. Nella cittadina navarrese Baroja si dedica con abnegazione alla scrittura del ciclo narrativo di carattere storico dal titolo Memorias de un hombre de acción, opera monumentale in ventidue volumi, l’ultimo dei quali pubblicato nel 1935. Nel 1917 il cognato Rafael Caro riunisce una serie di articoli politici dello scrittore pubblicandoli nel volume Nuevo tablado de Arlequín. Nello stesso anno Baroja pubblica l’opera autobiografica Juventud, egolatría mentre, nei primi mesi del 1918, escono Páginas escogídas, nella quale riunisce frammenti significativi tratti dalle opere scritte fino a quel momento, e una raccolta di saggi dal titolo Las horas

solitarias.

Intorno agli anni Venti, senza mai interrompere le sue “intensas y rutinarias

tareas de escritor infatigable”,12 pubblica il romanzo La leyenda de Juan de Alzate,

che chiude la tetralogia Tierra Vasca, inizia un’importante collaborazione con la

Revista de Occidente, diretta da José Ortega y Gasset, e intraprende numerosi viaggi

in Europa. Molti romanzi vedono la luce durante questa decade e i primi anni

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Trenta: la tetralogia El mar, la trilogia La selva oscura e il volume Las noches del

Buen Retiro.

Nel 1935, Baroja entra a far parte della Real Academia Española, avvenimento che lo scrittore ricorderà sempre come tra i più felici della sua vita: il 12 maggio, durante la cerimonia di ingresso, pronuncia il famoso discorso La formación

psicológica de un escritor, attraverso il quale ripercorre la sua lunga traiettoria

artistica.

L’anno successivo, dopo lo scoppio della guerra civile, lo scrittore abbandona la Spagna e si stabilisce in Francia, dove rimarrà per quattro anni. Inizia una collaborazione con la rivista La Nación di Buenos Aires, che si protrarrà fino al 1943, e pubblica i romanzi Susana e Laura, o la soledad sin remedio.

Il 25 maggio 1940 pone fine all’esilio volontario e rientra in Spagna, stabilendosi a Madrid in una casa ubicata in via Ruiz de Alarcón, nella quale trascorrerà gli ultimi anni lontano dalla vita pubblica, sempre immerso nella sua incessante attività di scrittura. Risale a questo periodo la trilogia Saturnales, i cui romanzi hanno come sfondo la Spagna della Guerra Civile: El cantor vagabundo viene pubblicato nel 1950, mentre Memorias de la guerra non passa il vaglio della censura ed è stato pertanto pubblicato postumo, nel 2006. L’ultimo capitolo della trilogia, Los

caprichos de la suerte è rimasta inedita fino alla pubblicazione nel novembre 2015.

A partire dal 1941 Baroja edita inoltre i sei volumi che raccolgono le sue memorie, con il titolo di Desde la última vuelta del camino, e continua a scrivere romanzi, sebbene senza la disciplina e la prolificità che lo avevano contraddistinto negli anni precedenti.

All’inizio degli anni Cinquanta le sue condizioni di salute iniziano a peggiorare: affetto da arteriosclerosi e da periodici stati depressivi, muore il 30 ottobre del 1956.

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I.2. Teoria e pratica del romanzo

La obra de Pío Baroja, por su desnudez de todo ornamento inútil, o su deseada pobreza ornamental [...] hace la impresión de las iglesias disidentes, de esas iglesias en que se prescinde de los símbolos consagrados y se adora a Dios, no como al corazón inflamado, sino como a la gran verdad.13

Il famoso Prólogo casi doctrinal sobre la novela, che apre il romanzo La nave

de los locos è considerato il testo dal quale coloro che desiderino addentrarsi nel

campo dell’estetica e della concezione letteraria di Pío Baroja non possono prescindere. Scritto in risposta alla tendenza sistematica e ‘chiusa’ proposta da José Ortega y Gasset in Ideas sobre la novela, non è ad ogni modo l’unico in cui lo scrittore basco si è soffermato su questioni teoriche: in molti altri testi, o parti di essi, è possibile rintracciare riflessioni, più o meno articolate e più o meno esplicite, riguardo la sua concezione di novela e il suo personale approccio al genere romanzesco.14 È interessante notare, come sottolinea Eugenio de Nora,che tutte le riflessioni dello scrittore convergono su un punto essenziale: da ognuna di esse emerge chiara e forte l’idea di un romanzo concepito come genere letterario aperto, polimorfo, non disposto ad assoggettarsi a formalismi e dogmatismi estetici. 15 Più precisamente, evidenzia Shaw, che

All of Baroja’s writings on art and on the art of the novel especially […] could easily be arranged so as to rebut systematically all of Ortega’s major contentions; the curve

13 Rafael Cansinos Assens, Pío Baroja, in Fernando Baeza (a cura di), Baroja y su mundo, vol. II,

Madrid, Arion, 1962, p. 91.

14 Tra i più interessanti è possibile annoverare il prologo a La dama errante (1908), Juventud,

egolatría (1917), il saggio Sobre la manera de hacer novelas, inserito ne Las horas solitarias (1918) o il famoso discorso pronunciato in occasione del suo ingresso alla Real Academia Española nel 1935, intitolato La formación psicológica de un escritor. Occorre sottolineare, come precisa Carmen Iglesias, che essendo Baroja uno scrittore poco incline a qualsiasi tipo di dogmatismo estetico, tutti i testi sopra citati “no pretenden ser una exposición de teorías literarias, ni se proponen tampoco crear escuela o establecer normas para el género novelístico. La intención de Baroja es, simplemente, destacar su punto de vista, adquirido en su larga experiencia del oficio y afinado a través de su espíritu agudo y observador”. Carmen Iglesias, El pensamiento de Pío Baroja, ideas centrales, México, Antigua librería Robredo, 1963, p. 156.

15 Eugenio de Nora, La novela española contemporánea, vol. I, Madrid, Editorial Gredos, 1958, p.

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of the latter’s thought: Contemplation-Reflection-Technique, being complemented by Baroja’s: Identification-Spontaneity-Intuition.16

Lo scrittore basco si dichiara apertamente contrario a un’arte che si ripiega su se stessa, il cui fine è, insomma, l’arte stessa (‘art for art’s sake’), in sé e per sè perfetta, ma asettica e afferma di dar vita a una tipologia peculiare di romanzo che egli stesso descrive nel prologo a La nave de los locos con la metafora della maceta

porosa che:

Se confunde, en parte con la naturaleza de alrededor: su superficie se llena de musgos y de líquenes, la tierra che está dentro y lo que vive en ella se nutre, respira, experimenta las influencias atmosféricas, en cambio en el jarrón, en el búcaro vidriado, la planta y su tierra están bien aislados, pero no hay movimientos de dentro a fuera, ni el contrario, no hay ósmosis ni endósmosis, y la planta corre el peligro, por la pobreza cósmica, de ir al raquitismo y a la muerte.17

Di fronte al modello artistico formalmente elaborato, destinato a una minoranza proposto in quegli anni da Ortega y Gasset, Baroja sostiene quindi la validità di una

novela permeable: un romanzo che, esattamente come un vaso di terracotta, deve

essere aperto al mondo esterno e pertanto una sede adatta a contenere ogni argomento, capace di ibridarsi con altri generi letterari, dal saggio scientifico a quello filosofico o politico. In La intuición y el estilo, lo scrittore afferma:

La novela, hoy por hoy, es un género multiforme, proteico, en formación, en fermentación: lo abarca todo: el libro filosófico, el psicológico, la aventura, la utopía, lo épico, todo absolutamente. Pensar que para tan inmensa variedad puede haber un molde único, me parece dar una prueba de doctrinismo, de dogmatismo […] Si existiera una técnica verdadera novelesca, a novela multiforme debería corresponder técnica multiforme…18

Baroja non condivide l’idea proposta da Ortega y Gasset che il romanzo sia ormai un genere esaurito, non essendovi più possibilità di trovare trame e temi originali, e a più riprese afferma con veemenza il contrario, mostrandosi

16Donald L. Shaw, «A reply to Deshumanización, Baroja on the art of novel», Hispanic Review,

XXV, 1957, p. 109.

17 Pío Baroja, La nave de los locos, Madrid, Caro Raggio, 1925, p.24. 18 Pío Baroja, La intuición y el estilo, pp. 1041-1042.

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fermamente convinto che esso possegga una forza spirituale intrinseca, che è ciò che gli permette di sopravvivere.19

Nel prologo a La nave de los locos lo scrittore puntualizza inoltre l’importanza dell’azione, della trama, della realtà come fonte ispiratrice, del dinamismo del discorso, della necessità di utilizzare un linguaggio semplice, scevro di termini ridondanti e sintassi complessa, e della spontaneità. Per quanto riguarda in particolare lo stile difatti, Baroja si distingue per la sua tendenza antiretorica, qualità che lo stesso autore ascrive alle sue origini basche nel prologo a La dama errante.20

La sua prosa apparentemente descuidada è stata motivo attorno al quale la critica ha molto dibattuto: José Salaverría, ad esempio, definisce il linguaggio di Baroja “oscuro, grotesco, de mal gusto”21, mentre S. de Madariaga lo accusa di “renunciar

a los medios más atractivos del arte de escribir” e di limitarsi a “declarar”, riducendo intere pagine dei suoi romanzi a “ristras de hechos apuntados en frases cortas que caen con monótona regularidad como paquetes descargados”.22 Lo scrittore basco sembra chiarire a più riprese come la sua prosa semplice sia frutto di un preciso disegno e di una chiara volontà, risultato a loro volta dell’intento di creare un nuovo e personale modo di composizione del romanzo. In La intuición y

el estilo, ad esempio, afferma: “el estilo y la composición de un libro tienen

importancia, claro es, pero como son cosas que se pueden mejorar a fuerza de trabajo y de estudio no dan esta impresión fuerte y sugestiva de la creación intuitiva”.23 L’adozione di un linguaggio letterario semplice e vivo, a volte

descuidado sembra essere pertanto il risultato della ricerca di un modo espressivo

simile al prodotto della pura spontaneità, che si concretizzerà nella formulazione del concetto di retórica en tono menor, ideale stilistico che Baroja definisce così: “una forma tan ajustada al pensamiento y al sentimiento que no exceda nada de

19 In La intuición y el estilo afferma: “Algunos suponen que la novela tendrá en el porvenir una vida

corta. No lo creo. No se ve en lontananza ninguna forma literaria que pueda sustituirla […]. La novela se acortará, se alargará, se hará filosófica, sentimental […] pero no creo que desaparezca. Es un saco donde cabe todo. Claro que hay un tipo de novela que pasa y lo sustituye otro; pero el género no desaparece, no creo que pueda desaparecer”. Pío Baroja, La intuición y el estilo, p. 1032.

20 Pío Baroja, La dama errante, Barcellona, Tusquets, 2006, p.17. 21 José Salaverría, Retratos, Madrid, Espasa Calpe, 1926, pp. 103.

22Salvador de Madariaga, Pío Baroja, in Semblanzas literarias contemporáneas, Barcelona,

Editorial Cervantes, 1924, p. 166.

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ellos”.24 Una posizione simile si poneva in evidente contrasto con la retórica del

tono mayor, che potremmo individuare come il tono magniloquente e artificioso dei

romanzieri ottocenteschi appartenenti a quella che il basco definisce “tradición castiza” o la ricerca estetizzante di molti modernisti a lui contemporanei, che prediligevano un tipo di frase complessa e ridondante, che egli paragona a “adornos de cementerio, cosas rancias que huelen a muerto”.25

Altro punto chiave da tenere in considerazione è quello della connessione tra romanzo e realtà, tra esperienza e creazione. Il contatto diretto con il mondo che lo circonda e le impressioni della realtà fissate nella mente dello scrittore rappresentano la materia del romanzo: come egli stesso afferma “el escritor puede imaginar, naturalmente, tipos e intrigas que no ha visto; pero necesita siempre el trampolín de la realidad para dar saltos maravillosos en el aire. Sin ese trampolín, aun teniendo imaginación, son imposibles los saltos mortales”.26 Baroja riprende e

sviluppa la tradizione del grande realismo europeo, raccogliendo l’eredità dei prosatori spagnoli del secolo precedente, come Galdós, Valera, Pereda, Clarín, oltre a quella dei realisti francesi, inglesi o russi,27 in un momento in cui esso è già tramontato e le correnti che lo hanno travolto dominano tutta l’Europa. Tuttavia, come ricorda Ciplijauskaité, lo scrittore stesso confessa che “el ideal de los realistas no es totalmente suyo, que no logra tomarlo en serio, porque él es incapaz de la impasibilidad total y de creer en una observación que no se equivoca nunca”:28 il

romanzo rappresenta, per Baroja, il prodotto di un atto creativo che contempli tanto il piano dell’oggettività quanto quello della soggettività. Il processo creativo assume pertanto le sembianze di un compromesso tra queste due sfere o, come osserva Ciplijauskaité, tra “observar objetivamente” e “dar a lo observado su matiz individual”.29

24 Pío Baroja, El escritor según él y según los críticos, in Obras completas, vol. VII, p. 397. 25 Pío Baroja, La dama errante, Barcellona, Tusquets, 2006, p. 17.

26 Pío Baroja, La nave de los locos, p. 84.

27 Ciplijauskaité, parla difatti di un “realismo poliédrico”. Biruté Ciplijauskaité, Baroja, un estilo,

Madrid, Ínsula, 1972, p. 18. Lo stesso Baroja inoltre, in La intuición y el estilo, afferma: “mi inclinación, ateniéndome a la inseguridad de las etiquetas, y sin creer demasiado en ellas, ha sido el ser realista, sin juzgar demasiado rotundamente”. Pío Baroja, La intuición y el estilo, p. 1018.

28, Biruté Ciplijauskaité, Baroja, un estilo, p. 78. 29 Ibidem.

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Per quanto riguarda la tecnica descrittiva utilizzata dallo scrittore, la critica ha evidenziato come egli prenda le distanze dal canone tipico dei romanzi di stampo realista o naturalista, mostrando un approccio di tipo impressionista. Come afferma Joaquin Casalduero:

En lugar de la distancia que exigían el realismo y el naturalismo, hay una entrañable unión entre el sujeto y el objeto _irónica, desdeñosa, apasionada, turbulenta,

melancólica, siempre amorosa, rechazando todo lo impersonal_. El naturalismo iba a

dar al misterio después de su larga investigación que había acumulado infinitos datos y hechos. El impresionismo nos hace vivir el misterio. Con trazos rápidos, con manchas ligeras entrega la notación de un paisaje, una figura, un medio.30

Altro punto in cui Baroja mostra di affrancarsi dalla tradizione realista ottocentesca risulta essere il modo in cui osserva e percepisce la realtà: rileva nel mondo che lo circonda un susseguirsi di avvenimenti contraddittori che non rispondono a una logica riconoscibile e mira a riprodurre nei propri romanzi questa realtà multiforme caotica. Lo scrittore dichiara difatti di costruire i suoi romanzi senza alcun progetto previo,31 prediligendo una narrazione “que marcha al azar, que se hace y se deshace a cada paso”,32 con il fine unico di restituire quell’impressione

di casualità che spesso deriva dall’osservazione del succedersi dei fatti nella vita reale. Come afferma Cessi Montalto, Baroja si fa “interprete di un mondo radicalmente mutato rispetto al passato, cerca di dare un aspetto diverso alla rappresentazione della confusione, della insensatezza e dell’incomprensibilità logica di gran parte di ciò che accade”.33

Tra gli elementi costitutivi che contribuiscono a creare l’impressione di casualità tipica del quotidiano vi è senza dubbio la struttura episodica che caratterizza molti dei romanzi del basco e che si concretizza in quella che Cessi Montalto definisce la

30 Joaquín Casalduero, Sentido y forma de “La vida fantástica”, in Javier Martínez Palacio (a cura

di), Pío Baroja, el escritor y la crítica, Madrid, Taurus Ediciones, 1974, p.290.

31 In La intuición y el estilo afferma: “Yo escribo mis libros sin plan; si hiciera un plan, no llegaría

al fin. […] Yo necesito escribir entreteniéndome en el detalle, como el que va por el camino distraído, mirando este árbol, aquel arroyo y sin pensar demasiado adónde va”. Pío Baroja, La intuición y el estilo, p. 1032.

32 Pío Baroja, Páginas escogidas, Madrid, Calleja, 1918, p. 148.

33 Donatella Cessi Montalto, La struttura “aperta” nel romanzo di Pío Baroja, Milano, Edizioni

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“tecnica della narrazione orizzontale”.34 Questa consiste nell’apertura di interstizi

all’interno della diegesi principale, rappresentati principalmente da digressioni riguardanti vicende che vedono protagonisti alcuni dei tanti personaggi minori. Queste ultime spesso non risultano funzionali al progredire dell’intreccio principale ma piuttosto, creando l’effetto di una narrazione che presenta molteplici storie parallele cui è sempre possibile aggiungerne altre, dà l’impressione di un’opera che potrebbe perpetrarsi ad infinitum.35 Lo stesso Baroja dichiara di concepire il

romanzo come una “sucesión de pequeñas novelas cortas”, privo di “unidad de sensación o unidad de efecto”, caratteristiche ascrivibili, secondo lo scrittore, al solo racconto breve.36 La scelta del formato della trilogia o della tetralogia, adottato a partire dalla pubblicazione de La lucha por la vida, sembra la risposta più pertinente a questa idea di novela abierta, o come la definisce Corrales Egea, “novela invertebrada”,37 che lo scrittore pretende di mettere in scena.

Altro tratto tipico delle opere di Baroja è la presenza di incursioni dell’autore nel tessuto diegetico dei suoi romanzi. Tali interventi hanno carattere principalmente ironico e attraverso le quali, mette in luce Mary Lee Bretz, “el novelista pretende superar el realismo decimonónico y se mofa de lo que para él sería un procedimiento cándido y ya pasado de moda”.38

Anche il numero copioso di personaggi secondari che entrano ed escono fugacemente nella scena principale, contribuiscono a creare questo effetto di narrazione “invertebrata”.

34 Donatella Cessi Montalto, La struttura “aperta” nel romanzo di Pío Baroja, cit., p. 34.

35 Come suggerisce Mary Lee Bretz Estos encuentros casuales de la vida cotidiana aumentan la

sensación de realismo al mismo tiempo que agudizan la curiosidad del lector. La novela de Baroja está llena de pequeñas sorpresas, de piruetas y de transiciones bruscas que despistan al lector. El autor se sirve de recursos tradicionales, pero los emplea de un modo original”. Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, Madrid, José Porrúa Turanzas, 1979, p.195.

36 Pío Baroja, La intuición y el estilo, p. 1032.

37 “Algunos llaman a aquella clase de novela, novela abierta, porque podría continuarse

indefinidamente. Es un procedimiento de sucesión y no de composición. Se suceden las discusiones, los viajes, los encuentros. Ninguna forma, ninguna estructura lo impide. Se trata de un tipo de obra invertebrada”. José Corrales Egea, De “La sensualidad pervertida” a “La estrella del Capitán Chimista”, in Fernando Baeza (a cura di), Baroja y su mundo, vol. I, Madrid, Ediciones Arion, 1961, p. 186.

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Bretz definisce “episodios sin desenlance”, avventure o situazioni che si prospettano come importanti o significative, la cui narrazione viene spesso interrotta bruscamente, destinata a non essere più ripresa.39

Per concludere questa breve, e certamente non esaustiva, introduzione allo stile e all’universo romanzesco di Pío Baroja è necessario un ultimo commento in merito a quella che molti hanno letto come componente fondamentale della narrazione barojiana, ovvero la presenza di elementi desunti dal genere del folletín. Ezequiel Gonzáles Mas,40 ad esempio, individua nelle trame avviluppate, nell’interruzione

brusca della narrazione in momenti di particolare suspense, nel ritmo rapido e nei dialoghi “secchi e nervosi” echi e riflessi della letteratura d’appendice, posizione condivisa tanto da Cansinos-Assens41 che Birute Ciplijauskaité, la quale mette

l’accento sul fatto che la presenza del folletín risulti evidente non solo in aspetti della tecnica ma soprattutto nella “creencia en la necesidad del misterio”.42 Non vi

è tuttavia unanimità di opinioni: altri critici, difatti, hanno mostrato un certo scetticismo nell’etichettare Baroja come folletinista, primo fra tutti Antonio Salvador Plans, il quale confronta alcuni elementi tipici del romanzo d’appendice con l’opera del basco e conclude che non è corretto parlare di influsso folletinesco nei romanzi dell’autore, poiché:

El influjo inicial es después matizado por el novelista vasco dando resultados diametralmente opuestos en su calidad y técnica a los de la novela popular, aunque conservando siempre algunos recursos, como el desfile de personajes que aparecen y desaparecen sin explicación alguna, el gusto por la aventura, los ambientes misteriosos etc.”.43

39 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., pp. 194-195.

40 Ezequiel Gonzales Mas, Pío Baroja y la novela de folletín, in Javier Martínez Palacio, 1974, p.

170.

41 Rafael Cansinos Assens, Pío Baroja, in Fernando Baeza (a cura di), Baroja y su mundo, vol. II,

Madrid, Arion, 1962, p.89.

42 Biruté Ciplijauskaité, Baroja, un estilo, cit., p. 93.

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I.3. La produzione letteraria

A molti anni dalla sua morte, la critica non è ancora giunta a uno studio sistematico della vasta, ubertosa produzione letteraria di Pío Baroja, che fu senza dubbio uno degli scrittori più prolifici del Novecento.

Varie sono state le proposte di classificazione della sua ingente opera, prima tra le quali quella avanzata dallo stesso autore, che suggerisce una divisione in due tappe fondamentali, individuando la Prima Guerra Mondiale come spartiacque decisivo fra queste.44

Tale divisione è stata adottata, con leggere variazioni, da molti critici tra i quali Donald Shaw,45 Francisco Flores Arroyuelo46 e Luis Granjel,47 mentre altri, come Cansino Assens, se ne distaccano.48

Nonostante la mancanza di una visione comune da parte della critica per quanto riguarda la divisione della produzione di Baroja, uno sembra essere il punto su cui vi è unanimità di vedute: la divisione in tappe fondamentali non implicherebbe, nello scrittore basco, l’idea di un’evoluzione. Eugenio de Nora sostiene che:

Los planes cambian, con las ideas, con las circunstancias del momento; Baroja mismo ha cambiado mucho de planes, e intenta sucesivamente cosas muy diversas a través de sus novelas (remover, irritar, demoler, primero; persuadir y humanizar después; distraer y amenizar por fin); pero la personalidad […] permanece substancialmente única.49

Posizione analoga è quella di Biruté Ciplijauskaité, la quale sottolinea che nei romanzi di Baroja il fondo tematico e la concezione del romanzo rimangono

44 “Pensando en mis libros, he llegado a la conclusión, sin comprobarlo, que debe de haber entre

ellos, en lo malo o en lo bueno, dos épocas; una de 1900 a la guerra mundial; otra desde la guerra del 14 hasta ahora. La primera, de violencia, de arrogancia y de nostalgia; la segunda, de historicismo, de crítica, de ironía y de cierto mariposeo sobre las cosas”. Pío Baroja, Desde la última vuelta del camino, in Obras Completas, vol. XI, Madrid, Biblioteca Nueva, 1950, pp. 67-68.

45 Donald L. Shaw, «The concept of “ataraxia” in the later novels of Baroja», Bulletin of Hispanic

Studies, 1957, pp. 29-30.

46 Francisco Flores Arroyuelo, Las primeras novelas de Pío Baroja, Murcia, La torre de los vientos,

1972.

47 Luis Granjel, Retrato de Pío Baroja, Barcelona, Editorial Barna, 1953. 48 Rafael Cansino Assens, La nueva literatura, vol. I, Madrid, Paez, 1925, p. 71.

49 Eugenio de Nora, La novela española contemporánea, vol. I, Madrid, Editorial Gredos, 1958, p.

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invariate, anche se riconosce un’evoluzione per quanto riguarda la tecnica, unita a un progressivo passaggio “de la acción a la divagación”.50 Posti questi presupposti

risulta facile capire il motivo per cui una delle più apprezzate e conosciute proposte di suddivisione dell’opera di Pío Baroja sia quella delineata da Eugenio de Nora ne

La novela española contemporánea. Il critico infatti, sacrificando in gran parte il

criterio cronologico in favore di quello tematico, offre una panoramica della produzione dello scrittore basco basata sul raggruppamento delle opere in trilogie, forma che Baroja ha prediletto per la maggior parte dei suoi romanzi scritti a partire dal 1904, talvolta racchiudendo all’interno dello stesso ciclo narrativo opere scritte a distanza di molti anni l’una dall’altra. De Nora individua tre tappe all’interno della produzione letteraria del basco: la prima si estende dal 1900 al 1914, periodo durante il quale lo scrittore sviluppa vari argomenti, definisce lo stile, la forma e l’ideologia del mondo romanzesco; la seconda copre gli anni compresi tra il 1914 e il 1936 e vede Baroja dedicarsi principalmente alla rielaborazione di grandi temi, racchiusi nell’opera magistrale “Memorias de un hombre de acción”, mentre nell’ultima, a partire dal 1936, la sua prosa tenderebbe a ripiegarsi su se stessa, non apportando sostanzialmente niente di nuovo, né sul piano tematico, né su quello stilistico.

I paragrafi che seguono, nel tentativo di delineare l’evoluzione in senso diacronico della produzione letteraria dello scrittore, seguono la traiettoria suggerita da Mary Lee Bretz, la quale, allontanandosi dall’appena commentata tendenza generale della critica, sostiene che “Baroja pasó por varias etapas en las que se percibe una evolución coherente de la intencionalidad artística, la técnica narrativa y los recursos estilísticos”.51 Seguendo quindi la linea evolutiva tracciata dalla studiosa nordamericana, ripercorrerò le tappe fondamentali della traiettoria di Pío Baroja, accennando solo brevemente agli ultimi anni della produzione dello scrittore (compresi tra il 1920 e il 1937), soffermandomi con particolare attenzione sulla trilogia alla quale sarà dedicato il terzo capitolo di qursta tesi: La lucha por

la vida.

50 Biruté Ciplijauskaité, Baroja, un estilo, cit., p. 245.

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I.3.1. I ‘primi vagiti’

Durante i primi mesi del 1900 Baroja raccoglie vari racconti scritti durante gli

anni precedenti e li pubblica in una raccolta dal titolo Vidas sombrías, la quale inaugura la sua la carriera come letterato e dà avvio a quella che Eugenio de Nora definisce la “etapa creadora” della sua produzione.

L’opera, che non ricevette particolare plauso da parte della critica, mostra una marcata presenza del retaggio di letture giovanili effettuate da Baroja52 e una spiccata eterogeneità, che si riflette nella mancanza di un’unità sotto il profilo tematico e stilistico, tanto che Bretz definisce “chocante” la “magnitud de las diferencias de cuento a cuento”.53

Vidas sombrías rappresenta il primo passo verso la ricerca di uno stile personale,

e mostra caratteristiche similari a quella che sarà la seconda pubblicazione dello scrittore basco: La casa de Aizgorri, prima opera della tetralogia Tierra Vasca, edita a pochi mesi di distanza dalla pubblicazione della raccolta.

Questi primi tentativi letterari, assieme a Las aventuras, inventos y

mixtificaciones de Silvestre Paradox, romanzo pubblicato nel 1901 con cui si apre

la trilogia La vida fantástica, appartengono a una fase che Bretz definisce “busqueda de una orientación”, caratterizzata dalla mancanza di una base solida e di un orientamento preciso, che rende la prosa estremamente varia e poco omogenea.

Ne La casa de Aizgorri continua il disorientamento dello scrittore per quanto riguarda la scelta del genere letterario: Baroja dà vita ad un’opera che fonde tratti del tipico romanzo ottocentesco con il dramma, carattteristica che induce Eugenio de Nora a definirla “semi-drama”.54 Quest’ultimo commenta inoltre che nonostante

la prosa sia ancora distante dallo stile che caratterizzerà la maturità artistica dello scrittore, sono già visibili i segni di quell’ “arraigo […] en la realidad conocida o

52 Miguel Pérez Ferrero, in Vida de Pío Baroja, dedica un intero capitolo alle letture giovanili di Pío

Baroja. Miguel Pérez Ferrero, Vida de Pío Baroja, Barcellona, Ediciones Destino, 1960, pp. 190-198.

53Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, Madrid, cit., p. 16. 54 Eugenio de Nora, La novela española contemporánea, vol. I, cit., p. 137.

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vivida”55 che, come commentato precedentemente, rappresenterà una costante di

tutta la sua produzione.

Las aventuras, inventos y mixtificaciones de Silvestre Paradox è il primo vero

esperimento in ambito romanzesco in cui Baroja tenta di liberarsi dalla tradizione letteraria anteriore. Spariscono i tratti modernisti e simbolisti, sostituiti dagli echi di Cervantes e Charles Dickens, più affini, secondo Bretz, alla personalità dello scrittore.56 Tale influenza risulta particolarmente evidente nella caratterizzazione

del protagonista dell’opera, Silvestre Paradox, una sorta di “Pickwick quijotizado”,57 che riunisce in sé elementi comici e quasi caricaturali. Tali

caratteristiche contribuiscono a renderlo un “antihéroe vulgar pero simpático”,58

simile a molti personaggi dickensiani. Paradox mostra inoltre una tendenza chisciottesca a rifugiarsi in un mondo irreale e immaginario, profondamente diverso dalla realtà che lo circonda.

L’opera riveste un ruolo importante all’interno della traiettoria di Baroja, dal momento che rappresenta il primo tentativo di scrittura di una novela abierta.

Las aventuras, inventos y mixtificaciones de Silvestre Paradox presenta inoltre

tratti che saranno tipici dei romanzi successivi, come la forma biografica,59 la mancanza di un vero e proprio climax, sostituito da una serie di momenti minori che lasciano un’impressione più o meno forte, ma sempre passeggera, nel personaggio, la presenza del finale aperto, di numerosi personaggi secondari e una struttura frammentaria che anticipa quella episodica delle opere successive.60

Per quanto riguarda più strettamente lo stile, il romanzo mostra differenze importanti rispetto alle opere precedenti, che svelano un cambiamento di prospettiva dello scrittore, il cui interesse non è più soltanto diretto a trasmettere ed evocare una risposta emozionale nel lettore, ma a riflettere la realtà concreta ed immediata. Le descrizioni si fanno molto dettagliate, ricche di particolari

55 Eugenio de Nora, La novela española contemporánea, vol. I, cit., p.138. 56 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 57. 57 Ivi, p.70.

58 Ibidem.

59 L’opera presenta una struttura biografica, anche se la diegesi non procede in senso cronologico:

inizia con la descrizione di Silvestre in età matura per poi ripercorrere au rebours le vicende che lo hanno condotto fino a quel momento.

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apparentemente poco importanti, ma che riflettono al contrario il modo attraverso cui lo scrittore impone la sua visione della realtà.

Secondo Bretz, con le dovute limitazioni derivanti da una tecnica ancora non matura, Las aventuras, inventos y mixtificaciones de Silvestre Paradox rappresenta il primo passo dello scrittore nel cammino verso la novela abierta, alla quale approderà qualche anno più tardi, in seguito ad ulteriori sperimentazioni.

I.3.2. Camino de perfección (1902) e El Mayorazgo de Labraz (1903)

Nel periodo compreso tra il 1902 e il 1903 l’attenzione di Baroja si concentra su un’indagine di tipo più psicologico, il che rappresenta una parentesi isolata all’interno della sua traiettoria. Frutto di tale interesse sono una serie di saggi pubblicati sulla rivista El Globo e riuniti successivamente nel volume Crítica

arbitraria e due romanzi, pubblicati a distanza di un anno l’uno dall’altro: Camino de perfección e El Mayorazgo de Labraz.

In entrambi i romanzi l’indagine psicologica del protagonista si configura come lo studio de “el valor de la oposición enérgica frente a la resignación pasiva”.61 Il

conflitto tra questi due impulsi nei due personaggi principali, Fernando Ossorio e Juan de Labraz, con la sua risoluzione finale, contribuisce a rendere la struttura delle due opere meno “aperta” rispetto a quella de Las aventuras, inventos y

mixtificaciones de Silvestre Paradox: il processo evolutivo dei due personaggi si

conclude con il finale dell’opera, con un ritorno pertanto ad una struttura di tipo più tradizionale. Il dilemma ragione-sentimento si configura inoltre in questi romanzi nei termini di un’opposizione tra l’ascetismo di matrice schopenhaueriana e la morale di Nietzsche: Camino de perfección rappresenta il ripudio della filosofia di Schopenhauer e una fugace e parziale adesione all’ideale nietzschiano, mentre ne

El Mayorazgo de Labraz Baroja mostra la volontà di liberarsi dall’influenza di

Nietzsche con l’intento di elaborare una morale personale.62

61 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 94.

62Ivi, p. 95. Riguardo al rapporto di Baroja con la filosofia e l’incidenza di quest’ultima nelle sue

opere si veda Ignacio Elizalde, «Baroja y su ideologia filosófica», Anuario de la Sociedad Española de Literatura General y Comparada, vol. VII, 1990, pp. 49-56.

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Dal punto di vista stilistico notiamo che in entrambi i romanzi Baroja sembra tornare ad un tipo di prosa più elaborata,63 con tratti ascrivibili ad un modernismo tardivo, del quale non si è ancora liberato completamente, nonostante risulti evidente la tendenza a eliminare termini che rimandano alle sfere sensoriali dell’olfatto e del tatto, a favore di una prosa che veicoli, alla maniera impressionista, immagini, giochi di luci ed ombre, contrasti di colori e sfumature.64

I.3.3. La lucha por la vida

La lucha por la vida, la prima trilogia che Baroja abbia concepito come tale,

comprende i romanzi La busca, Mala hierba e Aurora roja, pubblicati a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro nel corso del 1904.65 Lo scrittore aveva ideato

inizialmente i primi due romanzi come un’unica narrazione divisa in sei parti, dal titolo La busca, che pubblicò come romanzo d’appendice sulla rivista El Globo, tra il 4 marzo e il 29 maggio del 1903. Le prime tre sezioni della narrazione, ampliate e rivisitate, confluiranno nel romanzo omonimo, mentre le restanti tre, anch’esse sottoposte a modifiche e arricchite di particolari, andranno a far parte di Mala

hierba. Dallo stesso nucleo narrativo si sviluppano pertanto due opere

indipendenti,66 aspetto che giustifica la stretta relazione tra i due romanzi, tanto sul piano dei contenuti che dei procedimenti narrativi. Aurora roja, al contrario, è stato concepito fin da subito come un romanzo autonomo e presenta contenuti nuovi, elaborati dopo la pubblicazione in serie de La busca del 1903.

La lucha por la vida narra la storia del giovane Manuel Alcázar, il cui processo

evolutivo costituisce l’elemento che conferisce unità e coesione alla trilogia. La diegesi, difatti, prende avvio dall’arrivo di quest’ultimo a Madrid e volge al termine nel momento del suo inserimento nella società, inizialmente in qualità di operaio e successivamente come industriale. Ciascun romanzo fa riferimento a una fase diversa della vita del ragazzo: La busca segue gli anni fondamentali della sua

63 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 156. 64 Ivi, p. 157.

65 Rispettivamente a gennaio, aprile e dicembre 1904.

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formazione, partendo dal suo arrivo a Madrid nella pensione di Doña Casiana, dove la madre Petra lavora come inserviente. Qui conosce Roberto Hastings, uno dei tanti

hombres de acción dei romanzi di Baroja. Il giovane è un inglese intraprendente

alla ricerca di prove che gli permetteranno, secondo lui, di riscattare una cospicua eredità: con le sue continue esortazioni all’azione e i frequenti commenti sull’importanza del dinamismo e del lavoro quali elementi imprescindibili alla realizzazione personale, Roberto diverrà una figura fondamentale nella vita di Manuel. Quest’ultimo, venuta a mancare la figura genitoriale, passa da un lavoro a un altro, da una zona all’altra di Madrid fino a cadere nella malavita dei sobborghi cittadini, incoraggiato in questo dal cugino Vidal e altri coetanei, tra i quali spicca la figura del Bizco. Varie vicissitudini porteranno il protagonista ad allontanarsi da tale mondo per arrivare a convincersi di voler fermamente cambiare la propria vita, di entrare a far parte di coloro che “trabajan al sol, no de los que buscan el placer en la sombra”.67

Mala hierba descrive un lungo periodo della vita del giovane Manuel, fino al

compimento dei ventuno anni. Durante questo lungo tempo, si mostra incapace di rispettare con risolutezza i propositi che si era imposto alla fine del romanzo precedente: a distoglierlo dai propri progetti è l’ennesima caduta nel mondo del

vagabundeo e della delinquenza, al quale giunge dopo aver esercitato diversi lavori.

Nella prima parte del romanzo lo vediamo difatti al servizio di vari personaggi, lavorando inizialmente come modello per uno scultore, per poi passare alla mansione di aiutante-fotografo e infine di compositore in una tipografia. Qui conosce Jesús, la cui personalità poco incline al lavoro e al sacrificio influenzerà Manuel a tal punto da condurlo nuovamente a una vita di vagabondaggio e, complice l’intervento di Vidal e del Bizco, al mondo della delinquenza.

Jesús e Manuel conoscono casualmente Salvadora, orfana che versa in condizioni di povertà estreme. Jesús, mosso a compassione, la ospita nella propria casa. La ragazza mostra fin da subito un temperamento deciso e determinato: insieme alla Fea, sorella di Jesús, inizia a svolgere lavori di sartoria domestica, e assume progressivamente la gestione della casa.

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Manuel continua a condurre una vita senza regole fino a quando un episodio drammatico, la morte di Vidal per mano del Bizco, lo scuoterà a tal punto da indurlo a dare un giro di vite alla propria esistenza, uscire dalla marginalidad e guadagnarsi il proprio posto nella società come persona onesta e meritevole di rispetto.

In Aurora roja Manuel riesce finalmente nell’intento di trovare una propria stabilità economica e sociale, divenendo, grazie all’aiuto di Roberto, proprietario di una piccola tipografia. Rispetto i due romanzi precedenti, in questo Baroja sembra concedere maggiore spazio alle sequenze dialogiche, a discapito di quelle descrittive e anche dell’azione, che risulta difatti piuttosto esigua. Come commenta Marín Martínez, le diverse strategie narrative adottate da Baroja in quest’opera sono attribuibili all’impianto ideologico che sottende la narrazione:

Aurora roja reduce la narración (ocurren en ella menos cosas que en las otras novelas que la precedieron) y se multiplican, sin embargo, las partes dialogadas. El lector notará pronto que la obra, más ideológica que las otras de la trilogía, carece a menudo de acción; en cambio, abundan en ella los diálogos, el contraste de opiniones, la exposición argumentativa de los personajes en busca del convencimiento de los demás.68

Il romanzo si sviluppa su due piani tematici paralleli: la prima parte dell’opera, incentrata principalmente sulla figura di Manuel, segue le sue vicende fino al momento in cui il ragazzo riesce a stabilizzarsi sul piano economico e lavorativo (passando da operaio a piccolo industriale) ma anche personale e affettivo, tanto che nel finale assistiamo al suo matrimonio con Salvadora, personaggio femminile che fa la sua comparsa in Mala hierba. Il secondo nucleo narrativo consiste in una incursione nell’universo dell’anarchia mediante un nuovo personaggio, Juan Alcázar, fratello maggiore di Manuel, la cui attività all’interno del circolo di anarchici che si riuniscono segretamente nella taverna Aurora roja permetterà al lettore di prendere visione della forte e rivendicativa coscienza sociale che in quegli anni iniziava a insinuarsi all’interno del mondo operaio. Aurora roja si trasforma in un cenacolo di idee rivoluzionarie, i cui partecipanti si fanno espressione delle

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diverse correnti presenti all’interno del movimento anarchico spagnolo.69 Durante

quelle riunioni, gli argomenti affrontati spaziano dall’ambito del diritto a quello della legge, approdando a utopici progetti a lungo termine e altri più concreti e immediati, come l’organizzazione di attentati terroristici. La congrega è un susseguirsi di posizioni e opinioni spesso contrastanti che, come suggerisce Eugenio de Nora, creano l’effetto di una “proliferación enmarañada de ideas”.70

Man mano che la narrazione avanza l’impegno etico di Juan con la causa rivoluzionaria si fa sempre più forte: in essa convoglia tutte le proprie energie, convinto della possibilità di un cambiamento in direzione di una società più giusta. La sua lotta si conclude tuttavia con una sconfitta: il romanzo si chiude sulla sua morte per tubercolosi, morte che lo coglie nel pieno delle sue energie vitali e rivoluzionarie.

Terminata questa breve panoramica sulla genesi e la trama de La lucha por la

vida, il primo elemento da evidenziare in merito alla trilogia è che questa assurge

ad un ruolo fondamentale all’interno della traiettoria di Baroja, in primo luogo come testimone della nuova filosofia letteraria cui lo scrittore era approdato in seguito a un lungo periodo di revisione delle proprie idee estetiche. Bretz asserisce che “nuestro escritor evoluciona hacia una novela menos «artística» y más asequible al público general”71 che la critica definisce “novela social”:72 un romanzo in cui

l’indagine psicologica che aveva caratterizzato le opere anteriori lascia spazio a un interesse sociale e sociologico, aspetti che implicano inevitabilmente cambiamenti importanti sul piano della scrittura.

In questi tre romanzi, e in particolare, per i motivi esposti, in La busca e Mala

hierba, Baroja dimostra il suo talento come formidabile osservatore della realtà e

dei suoi minutii particolari, abbandonando il punto di vista dello scrittore onnisciente che aveva caratterizzato le opere precedenti e assumendo quello un cronista imparziale che “se queda en lo externo dejando de lado las interpretaciones psicológicas”.73

69 Juan M.ª Marín Martínez, introduzione a Pío Baroja, Aurora roja, cit., p.17. 70 Eugenio de Nora, La novela española contemporánea, vol. I, cit., p. 158. 71 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 164. 72 Ibidem.

73 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 164.

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Con La lucha por la vida, inoltre, la tecnica della novela abierta, solo parzialmente saggiata in Las aventuras de Silvestre Paradox e ostacolata dall’indagine psicologica in Camino de perfección, assume la sua forma definitiva: Baroja delinea di fronte agli occhi del lettore un mondo caotico e multiforme, che, come assevera Bretz, “no se produce por casualidad, sino que es el resultado de una técnica y unos recursos novelísticos bien pensados y empleados con maestría”.74

Il cambiamento rispetto alle opere precedenti non è circoscritto solamente alla struttura e all’istanza narrativa, ma coinvolge anche i contenuti e lo stile. Per quanto riguarda quest’ultimo, la trilogia mostra chiaramente la volontà dello scrittore di attenersi alla “retorica del tono menor”, prediligendo uno stile che Bretz definisce “silencioso e imperceptible”:75 frasi brevi, costruite senza ornamenti retorici e con

un linguaggio scarno, scarsamente elaborato, che spesso assume i tratti caratterizzanti dell’oralità. Baroja dimostra particolare interesse nei confronti delle particolari caratteristiche idiomatiche dei suoi personaggi e, afferma Bretz, “se fija en el lenguaje callejero de las prostitutas de La busca y reproduce con deleite el discurso del dueño del merendero en Aurora roja”.76

Sul piano contenutistico la trilogia riflette l’interesse dello scrittore per gli strati più bassi e marginali della società madrilena a lui contemporanea: la scelta di un protagonista giovane e di umile estrazione sociale, senza un lavoro e una dimora permanenti permette a Baroja di esplorare ampie zone dei sobborghi e del centro della città, conferendo voce e statuto di verosimiglianza a operai, proletari, piccoli artigiani e, in egual misura, a prostitute, ladruncoli, vagabondi o o loschi personaggi dediti al malaffare.77 L’opera mostra la miseria di cui è intrisa la Madrid di fine

74 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., pp. 182-183. Posizione opposta a

quella della Bretz è, ad esempio, quella di Manuel Durán, che in La técnica de la novela y la generación del 98, punta il dito contro la “falta de composición” dei romanzi di Baroja. Manuel Durán, «La técnica de la novela y la generación del 98», Revista Hispánica Modérna, XXIII, 1967, p. 20.

75 Ivi, cit., p. 164. 76 Ivi, p. 216.

77 Juan Marín Martínez sottolinea che Baroja aveva manifestato tale interesse già prima della

pubblicazione de La lucha por la vida. Nel dicembre del 1902, ad esempio, nell’articolo dal titolo Mala hierba pubblicato su El globo, del quale Martín riporta alcuni passi significativi, lo scrittore lamentava il fatto che i cronisti dell’epoca fossero interessati solamente a una piccola parte della malavita che imperava nella città di Madrid, ovvero quella legata alle bische clandestine, affermando che “existen también otras muchas clases de hampa que en general, nuestros grandes cronistas no señalan”. Juan M.ª Marín Martínez, introduzione a Pío Baroja, La busca, cit., p. 128.

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secolo e la mala hierba che cresce al suo interno.78 Come afferma il professor Alarcos Llorach nel suo studio Anatomía de la “Lucha por la vida”, lo scontro tra l’individuo e questo ambiente ostile, tra “los dulces ensueños y la cruda realidad, con las múltiples resultantes de sus opuestas y variadas fuerzas en presencia”79

rappresenta uno dei motivi principali della trilogia. La lucha a cui si fa riferimento nel titolo, dal chiaro richiamo a L’origine delle specie di Charles Darwin, si configura come la lotta per uscire dalla miseria che coinvolge tanto il protagonista quanto la maggior parte dei personaggi secondari. Come puntualizzato da Marín Martínez, la trilogia non deve a Charles Darwin solamente il suo titolo, ma anche la concezione, sottesa alla narrazione, della vita come “una lucha en la que sobreviven sólo los mejores o los más fuertes”.80 E chi sono secondo Baroja? Sono

coloro che con fermezza perseguono un obiettivo, portano avanti un progetto, rimanendo nonostante tutto ancorati alla realtà. Tutti gli altri sono destinati a soccombere.

I.3.4. Il periodo nichilista (1905-1907): La feria de los discretos (1905),

Paradox Rey (1906), Los últimos románticos (1906), Las tragedias grotescas

(1907)

Le opere appartenenti a questo periodo riflettono la visione pessimista, cinica e a tratti nichilista della realtà alla quale Pío Baroja approda con il riconoscimento dell’insormontabilità delle barriere sociali, già presente ne La lucha por la vida. 81

Tale presa di coscienza si risolve in ciò che potremmo definire una tendenza all’‘escapismo’, la quale, a partire da questo momento, rappresenterà una costante nelle opere dello scrittore basco: il Baroja nichilista, profondamente deluso dalla realtà spagnola a lui contemporanea, sceglie di rifugiarsi in altre epoche e altri ambienti. Così, La feria de los discretos, è ambientata nel mondo folletinesco della

78 Juan Marín Martínez afferma che “El retrato que hace Baroja del Madrid suburbial es el más

completo que se ha hecho en la literatura española de la época por la amplitud y la variedad de su tratamiento”. Juan M.ª Marín Martínez, introduzione a Pío Baroja, La busca, cit., p. 133.

79 Emilio Alarcos Llorach, Anatomía de “La lucha por la vida”, Madrid, Real Academia Española,

1973, p. 118.

80 Juan M.ª Marín Martínez, introduzione a Pío Baroja, La busca, cit., p. 115. 81 Ivi, p. 223.

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Cordoba di inzio del XX secolo, le vicende di Paradox Rey hanno luogo nella selva africana mentre quelle de Los últimos románticos e Las tragedias grotescas nella Parigi di Napoleone III. A differenza di quanto evidenziato ne La lucha por la vida quindi, in queste opere viene meno l’interesse sociologico e, per tanto, la finzione sembra predominare su quello spirito di osservazione che aveva rappresentato la nota distintiva de La lucha por la vida.82

La costernazione dello scrittore si nota anche nella prosa maggiormente trascurata che caratterizza le opere di questo periodo, definite da Bretz “deshilvanadas y a menudo incoherentes”.83 Tratto comune a tutti i romanzi di

questi anni è la volontà di perseguire una scrittura parodica che sconfina spesso nella satira: aumentano i tratti tipici del folletín,84 che permettono allo scrittore di

presentare una realtà assurda e deformata, nella quale i personaggi mancano del realismo tipico dei romanzi finora descritti, tanto che nel descriverli Baroja utilizza spesso la caricatura.

Dal punto di vista stilistico notiamo un’alternanza continua tra satira mordace e lirismo sentimentale, ritmo dinamico e statico, tono disperato e cinismo impassibile: tutto riflette una visione del mondo come “caos sin sentido”.85 La prosa

sembra retrocedere rispetto allo stile impersonale precedentemente commentato per

La lucha por la vida, dal momento che la presenza dell’autore è evidente e

manifesta in ogni punto del romanzo.

Las tragedias grotescas, edito nel 1907, si trova in una posizione limitrofa tra

questi due poli, a cavallo tra il periodo nichilista appena descritto e la fase successiva, ovvero quella della maturità artistica.86 Non presenta del tuttio quelle caratteristiche delineate per opere appartenenti a questa fase della produzione dello stesso scrittore, ma mostrano un rinnovato interesse nei confronti della realtà sociale, anche se per il momento rimane circoscritto ad una realtà passata. Si nota

82Juan M.ª Marín Martínez, introduzione a Pío Baroja, La busca, cit., p. 230. 83 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 450.

84 Francisco Blanco García nella sua opera La literatura española en el siglo XIX traccia le linee

guida della letteratura folletinesca, annoverando tra le caratteristiche principali l’interesse per tutto ciò che è straordinario, il disprezzo nei confronti della realtà, la presenza di intrighi fantasiosi e il tumultuoso scontro delle passioni. Francico Blanco García, La literatura española en el siglo XIX, Madrid, 1891, p. 375.

85 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 224. 86 Mary Lee Bretz la definisce una “novela de transicción”. Ivi, p. 230.

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nuovamente un atteggiamento di compassione nei confronti della sofferenza umana e di fede nella dignità dell’uomo.87 Bretz suggerisce che Baroja, proprio come

Fausto Bengoa, protagonista del romanzo, scopre che “la dignidad y la salvación están en la misma lucha, en el esfuerzo por vivir plenamente, no dejándose agobiar ni entregándose al pesimismo vital”.88 La figura dell’hombre de acción assume a

partire da questo momento una dimensione nuova: mostra tratti più umani, si caratterizza per la sua vulnerabilità tipica dell’uomo, ma è degno di ammirazione per il suo impegno a superare le limitazioni insite nella natura stessa dell’uomo. Si affievoliscono inoltre il tono satirico, la deformazione caricaturale e la prosa vira nuovamente verso quella retorica en tono menor già introdotta con La lucha por la

vida e che sarà la nota distintiva delle opere successive.

Las tragedias grotescas svela quindi un ritrovato atteggiamento vitalistico da

parte dello scrittore che segna la fine del momento nichilista, aprendo le porte a quella che viene considerata la fase più rappresentativa e fertile della sua produzione letteraria, di cui tratterò di seguito.

I.3.5. Maturità artistica (1908-1912)

Tra il 1908 e il 1912 Baroja scrive quei romanzi decisivi alla sua notorietà internazionale, come quelli che compongono la trilogia La raza ̶ La dama errante (1908), La ciudad de niebla (1909) e El árbol de la ciencia (1911) ̶ , Zalacaín el

aventurero (1909), César o nada (1910), Las inquietudes de Shanti Andía (1910) e El mundo es ansí (1912).

Come accennato parlando de Las tragedias grotescas, in questi anni Baroja sembra volgersi verso una nuova concezione della vita, la quale si riflette nei romanzi arrivando anche a modificarne la struttura tipicamente “aperta”.

Per quanto riguarda più precisamente lo stile, una spiccata ironia sembra prendere il posto della satira che aveva contraddistinto le opere della fase nichilista, diventando uno strumento che permette allo scrittore di mettere in risalto la natura

87 Mary Lee Bretz, La evolución novelística de Pío Baroja, cit., p. 452. 88Ibidem.

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