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Metodo di calcolo delle sanzioni.

LA PROCEDURA DI DOPPIA CONDANNA.

2.3 Tipologia delle sanzioni comminabili.

2.3.1 Metodo di calcolo delle sanzioni.

La condanna al pagamento di una penalità e/o di una somma forfettaria, come detto, non mira a compensare un qualsiasi danno che sia stato causato dallo Stato membro interessato, ma ad esercitare su quest’ultimo, una pressione economica che lo induca a porre fine all’inadempimento accertato. Le sanzioni da infliggere devono, pertanto, essere decise in funzione del grado di persuasione necessario perche lo Stato membro in questione modifichi il suo comportamento. Il paragrafo 2 dell'art. 260 TFUE dispone che quando la Commissione, in base al potere discrezionale che il trattato le conferisce (“puo adire”), decide di adire la Corte di giustizia, “essa precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro, che consideri adeguato alle circostanze”, e lo stesso è previsto nel par.3 dell'art.260 con la determinazione che, in quest'ultimo caso, non viene utilizzata l'espressione “precisa” bensi “puo indicare”, potendo pertanto la Commissione decidere se richiedere o meno la comminazione della sanzione stessa (non m esimero da analizzare il tenore delle disposizioni alla luce delle Comunicazione della Commissione spesso citate). All’insegna della trasparenza, la Commissione ha pubblicato una serie di quattro Comunicazioni, dove ha reso noti i criteri alla stregua dei quali motivare alla Corte l’importo delle sanzioni pecuniarie da essa ritenute

adeguate alle circostanze. Di queste, devo precisare che la terza Comunicazione -del 12 dicembre 2005 (SEC (2005) 1658)-, è stata adottata dalla Commissione in sostituzione delle due precedenti del 1996 e 1997, per aggiornarle alla luce della giurisprudenza intervenuta successivamente (sentenza della Corte di giustizia del 12 luglio 2005, nella causa C-304/02, Commissione/Francia; la Commissione pone le basi per un nuovo approccio alla sanzione della somma forfettaria: questa andrebbe a costituire, come accennato in precedenza, un autonomo strumento a finalità deterrente che lo Stato membro è tenuto a corrispondere per il solo fatto che una lesione dei principi di legalità e di certezza del diritto ha, comunque, avuto luogo a seguito della mancata esecuzione della sentenza ex articolo 258 TFUE) e, in particolar modo, per quanto concerne il metodo di calcolo delle sanzioni, dell’avvenuto allargamento dell’Unione; e la quarta Comunicazione -del 2010 (SEC (2010) 1371)-, già ampiamente richiamata, è stata adottata dalla Commissione per l'applicazione della nuova procedura ex art. 260 par.3 TFUE.

Ebbene, con la Comunicazione del 1996 sono stati messi in luce, per la prima volta, i criteri (da combinare tra loro per garantire l'effettuo dissuasivo della sanzione) che la Commissione ha inteso seguire nel chiedere alla Corte di Giustizia di comminare sanzioni pecuniarie, e cioè:

-la “gravità dell'infrazione” (al punto 6 della Comunicazione si specifica che essa deve essere fissata tenendo conto di due parametri strettamente legati all'infrazione che ha portato alla pronuncia della sentenza non eseguita, e cioè: 1) l'importanza delle norme comunitarie oggetto dell'infrazione -essendo rilevante, piu che la gerarchia della norma di cui è stata accertata la violazione, la sua natura e la sua portata-; e 2) le conseguenze dell'infrazione sugli interessi generali e particolari);

-la “durata dell'infrazione”;

-e la “necessità d'imprimere alla sanzione un effetto dissuasivo onde prevenire le recidive”.

Successivamente, in virtu della concezione che la “penalità” sia lo strumento piu idoneo a conseguire l'obiettivo fondamentale dell'intera procedura d'infrazione -tale da incappare nella prassi di limitare la proposta alla sola irrogazione della penalità: questo faceva si che fossero frequenti regolarizzazioni tardive, prima dell'emanazione della sentenza di condanna ex art.260 par.2TFUE, evitando addirittura la comminazione della penalità stessa; diro successivamente come la Commissione ha cercato di risolvere tale “stratagemma statale” - con la Comunicazione del 1997, la Commissione ha specificato i parametri di calcolo per tale sanzione (tralasciando la regolamentazione della

prevedibili per gli Stati membri e calcolati secondo un metodo che rispetti sia il principio di proporzionalità che quello della parità di trattamento degli Stati membri. Si procede, cosi, alla creazione di una formula di calcolo della penalità:

Pg = (Sb x Cg x Cd) x n

“Pg” sta per “penalità giornaliera”; essa viene determinata moltiplicando “Sb”, cioè un importo di base fisso ed uniforme (determinato in modo da:- lasciare alla Commissione un ampio potere discrezionale nell'applicazione dei coefficienti moltiplicatori; -mantenerlo entro un limite ragionevole/sopportabile per gli Stati membri;-rappresentare un importo abbastanza elevato per garantire una sufficiente pressione sullo Stato membro) per “Cg”, cioè un coefficiente di gravita dell'infrazione (calcolato in base a quei criteri individuati già dalla Comunicazione del 1996 e che va da un minimo d 1 a un massimo di 20) e per “Cd”, cioè un coefficiente di durata dell'infrazione (che va da un minimo di 1 a un massimo di 3; ora, tale coefficiente è stato oggetto di numerose discussioni in relazione alla determinazione dell'inizio dell'infrazione tale da poter calcolare il coefficiente stesso: con la Comunicazione del 2005 si stabilisce che “esso deve essere calcolato computando 0,10 per ogni mese a decorrere dalla pronuncia della prima sentenza sino al momento in cui la Commissione decide di adire la Corte”); il risultato cosi ottenuto è

moltiplicato a sua volta per “n” (cioè un fattore predefinito per ogni Stato membro calcolato in base alla sua capacità finanziaria-cosi da garantire l'efficacia dissuasiva della sanzione e il suo carattere proporzionato-; tale fattore è costituito da una media geometrica basata sul PIL dello Stato membro in causa e sulla ponderazione dei suoi voti in seno al Consiglio).

Come preannunciato, alla luce dell'evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza emessa nel luglio del 2005 contro la Francia, dove il giudice dell'Unione si discosta dalla proposta della Commissione di applicare la sola penalità e commina entrambe le sanzioni), nonche delle modalità in cui, nelle diverse pronunce, si è fatta applicazione del principio di proporzionalità, la Commissione elabora nel dicembre del 2005 una nuova Comunicazione che sostituisce (o meglio, rinnova) quelle del 1996 e del 1997; con la nuova Comunicazione, la Commissione:

1)innanzitutto ribadisce quanto affermato precedentemente, ovvero che le sanzioni debbano essere prevedibili e calcolate secondo un metodo che rispetti il principio di proporzionalità e quello di parità di trattamento tra gli Stati membri, e inoltre che non debbano essere puramente simboliche, in modo tale da assicurare l'obiettivo della procedura di doppia condanna;

sanzioni pecuniarie;

3)adegua i parametri specifici per il calcolo della sanzione “penalità” aggiornando il fattore “n”, e indicando l'importo fisso ed uniforme non piu con la sigla “Sb” ma con quella “Sbp”, dove “p” indica la penalità; in relazione al coefficiente di durata “Cd”, rimanente nel range tra un minimo di 1 e un massimo di 3, stabilisce, poi, come preannunciato, che “esso venga calcolato computando 0,10 per ogni mese a decorrere dalla pronuncia della prima sentenza sino al momento in cui la Commissione decide di adire la Corte”; questa considerazione, oltre ad essere analoga a quella proposta nella nuova elaborata procedura per il calcolo della “somma forfettaria variabile” in virtu, come diro, del nuovo orientamento della Commissione, tanto da sollevare questioni in relazione alla violazione del principio del “ne bis in idem” (poiche il comportamento illecito dello Stato, quanto in particolare alla sua durata, viene preso in considerazione due volte, nel calcolo di ciascuna delle due sanzioni, e quindi di fatto viene sanzionato due volte), ha fatto si che: -innanzitutto, calcolando il tempo a partire dal giorno della prima sentenza , si renda privo di significato il “termine ragionevole” concesso allo Stato per porre fine all'inadempimento: e qui, si riflette sul fatto che forse il precedente orientamento del 2001 della Commissione circa il calcolo della durata dell'infrazione, cioè che esso dovesse essere considerato a partire dal settimo mese successivo alla

prima sentenza, ritenendo, dunque, questo lasso temporale “termine ragionevole” per ottemperare ad essa, fosse quello piu opportuno e idoneo; - e alla luce della giurisprudenza elaborata dalla Corte (e qui viene in mente, una su tutti, la sentenza nella causa C-278/01, Commissione contro Spagna; poi, la sentenza 17 novembre 2011 nella causa C-469/09, Commissione contro Italia, che costituisce il primo caso in cui il nostro Paese è stato condannato ex art. 260 par. 2 TFUE) la fissazione del parametro temporale del giorno debba considerarsi generale, salvo diversa fissazione in relazione a casi specifici; infatti, la Commissione precisa che la penalità debba essere calcolata anche in base al “grado di esecuzione” della prima sentenza: si pensi al caso in cui il grado di esecuzione della prima sentenza possa essere valutato soltanto a intervalli temporali lunghi ed occorre evitare che le penalità continuino ad accumularsi per periodi nei quali l'infrazione sia di fatto cessata, ma non constata (nella prima causa poco sopra citata, la Corte di Giustizia, in sede di procedimento di “doppia condanna” instaurato dalla Commissione contro la Spagna, per il persistente inadempimento di quest'ultima rispetto all'infrazione relativa alla mancata adozione delle misure necessarie per garantire che la qualità delle acque di balneazione interne al territorio spagnolo fosse conforme ai valori fissati dall'art. 3 della direttiva del Consiglio 76/160/CEE accertata con sentenza 12 febbraio 1998 C-92796, dopo aver accertato la persistenza

giornaliera, secondo le richieste della Commissione, bensi su base annua, avvalorando la richiesta avanzata in causa dalla Spagna, secondo cui non avrebbe avuto senso infliggere una penalità giornaliera per imporre il rispetto di un obbligo che puo essere adempiuto solo di anno in anno: infatti è necessario che trascorrano piu stagioni balneari per verificate l'incidenza degli eventuali nuovi provvedimenti adottati dallo Stato sull'inquinamento. In questo caso, dunque, la Corte ha deciso di valutare i progressi realizzati dal governo spagnolo per porre fine all'inadempimento ponendo l'accento sulla “disponibilità” della sanzione, cioè sulla sua modificabilità/riduzione nel caso in cui lo Stato si fosse conformato progressivamente alla prima pronuncia della corte, cosi anche assicurando l'effettiva adeguatezza rispetto alle circostanze e in modo da “premiare”, in un certo senso, gli sforzi dello Stato, incoraggiandolo a conformarsi alle sentenze. Nella seconda causa poco sopra citata, la Corte di Giustizia, accertando la persistente violazione da parte dello Stato convenuto della sentenza dell'1 aprile del 2004 causa C-99/02, concernente il recupero presso i beneficiari degli aiuti, che ai sensi della decisione della Commissione 11 maggio 1999,2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi dall'Italia per interventi a favore dell'occupazione, erano stati dichiarati illegali ed incompatibili con il mercato comune, oltre a comminare all'Italia entrambe le sanzioni- altro caso importante in cui viene comminata sia la somma forfettaria che la penalità-, sancisce

particolari indicazioni su come la Commissione dovrà prendere in esame i progressi fatti dallo Stato in sede di recupero degli aiuti al fine di verificare la completa esecuzione delle sentenza, e quindi poter considerare non piu dovuta la penalità);

4)ed infine, aspetto questo fondamentale regolato dalla nuova Comunicazione, per evitare di incappare nell'escamotage posto in essere dagli Stati membri, accennato precedentemente, consistente nell'eludere la penalità ottemperando alla sentenza di accertamento prima che la Corte emetta la sentenza di condanna, e per aumentare l'efficacia deterrente della procedura d'infrazione (quindi evitando addirittura che possa essere aperta una procedura di condanna), sulla base del principio che una situazione prolungata di inottemperanza a una sentenza della Corte, di per se, leda già gravemente il principio di legalità e certezza del diritto, e sulla base della soluzione adottata dalla Corte nella piu volte citata causa C-304/02 Commissione contro Francia, la Commissione ha dichiarato che in futuro proporrà sempre la comminazione sia di una penalità per giorno di ritardo successivo alla pronuncia della sentenza di condanna ex art.260 par.2 TFUE, sia di una somma forfettaria che sanzioni la continuazione dell'infrazione tra la prima sentenza di accertamento ex art. 258 TFUE e la sentenza di condanna ex art.260 par.2 TFUE. Questa nuova considerazione ha fatto si che: -innanzitutto, in caso di regolarizzazione nel corso del

procedimento giudiziario, la Commissione possa portare avanti, comunque, la procedura perche, se anche la penalità, come detto, non potrà essere comminata, in quanto ormai priva di oggetto, si potrà ancora imporre il versamento di una somma forfettaria che sanzioni la durata dell'infrazione fino al momento della regolarizzazione (si badi bene: un conto è “proporre automaticamente” la sanzione pecuniaria; un conto è “comminarla automaticamente”. La Corte in merito, nelle proprie pronunce, ha sempre ribadito, infatti, la non automaticità dell'applicazione della somma forfettaria, che puo essere comminata solo se adeguata e proporzionata rispetto alle circostanze, che devono essere gravi. Certo, la Commissione non è che propone automaticamente la somma forfettaria senza valutare queste circostanze, ma lo fa secondo un approccio rigido e matematico legato ai criteri e principi delle proprie comunicazioni; la Corte, invece, le valuta in virtu di una valutazione “equa” delle circostanze rilevanti in concreto. Un'applicazione automatica della somma forfettaria in tutti i casi di regolamentazione tardiva -e quindi sia dopo il ricorso diretto all'instaurazione della seconda procedura di infrazione, sia in generale, dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato e quindi prima del ricorso-, rischierebbero di connotare la procedura di “doppia condanna” di toni punitivi/afflittivi, contraddicendo la tesi della Corte che, invece, ha sempre ribadito la finalità esclusivamente dissuasiva della somma forfettaria); -e poi, la Commissione possa fissare un

criterio predeterminato e sistematico per determinare la somma forfettaria nel rispetto, come per la penalità, del principio di proporzionalità e di parità di trattamento tra gli Stati membri: infatti, si prevede una “somma forfettaria minima fissa” calcolata per ogni Stato membro in funzione del fattore “n” (lo stesso individuato per il calcolo della penalità) che riflette l'esigenza/il principio di sanzionare il fatto stesso di un'inottemperanza persistente di una sentenza della Corte di Giustizia da parte di uno Stato membro, e mira a svolgere quella funzione dissuasiva sua propria; e una “somma forfettaria variabile” calcolata secondo una formula che ricalca, in una certa misura, quella impiegata per al determinazione dell'importo della penalità, che verrà proposta alla Corte di Giustizia qualora sia superiore alla somma forfettaria minima. Ora, la formula della “somma forfettaria variabile” è:

Sf = Sbsf x Cg x n x g

dove “Sbsf” è un importo di base fisso stabilito dalla Commissione -e aggiornato dalla stessa nel corso del tempo-, oppure pari ad un terzo dell'importo fisso di base per la penalità -il fatto di essere piu basso rispetto all'importo fisso di base per la penalità, rispecchia esigenze di equità di calcolo dell'infrazione in relazione al comportamento inadempiente dello Stato membro e il tempo dell'inadempienza: è ovvio che il comportamento inadempiente dello Stato membro diventa

piu riprovevole al momento della sentenza di condanna in virtu del fatto che l'infrazione persiste nonostante due sentenze della corte-; “Cg” e “n” sono rispettivamente il coefficiente di gravità e il fattore n della procedura del calcolo delle penalità; e “g” è il numero di giorni per cui è persistita la violazione, calcolati dalla prima sentenza di accertamento in cui avviene la regolarizzazione o, in sua mancanza, al giorno della pronuncia della sentenza di “doppia condanna” (quest'ultimo criterio di calcolo della durata dell'infrazione, che va a sostituirsi a quello previsto nella determinazione della penalità, ha fatto sorgere alcuni problemi in relazione: 1)innanzitutto al rispetto del “tempo ragionevole” concesso allo Stato membro per adempiere alla prima sentenza: e qui, se allo Stato membro è stato accordato un termine ragionevole e alla scadenza di tale termine l'esecuzione non è stata conclusa, si deve considerare che lo Stato membro non abbia adempiuto fin dalla prima sentenza e niente, dunque, impedisce di calcolare la sanzione dalla prima sentenza; 2)alla violazione del principio del “ne bis in idem”, come anticipato, essendo computata la durata dell'infrazione per la definizione dell'ammontare di entrambe le sanzioni: e qui la Corte di Giustizia è intervenuta affermando che “poiche ogni sanzione ha la propria funzione, essa dev'essere determinata in maniera tale da adempiere quest'ultima. Ne consegue che nel caso di una condanna simultanea al pagamento di una penalità e di una somma forfettaria, la durata dell'inadempimento è presa in

considerazione come un criterio tra altri, al fine di determinare il livello adeguato di coercizione e di dissuasione”*; 3) e, infine, al lasso temporale che la Commissione impiega per avviare la seconda procedura il quale viene anch'esso calcolato nella determinazione della sanzione: e qui è necessario evidenziare che, se anche la Commissione fa trascorrere piu tempo prima di avviare la seconda procedura, lo Stato membro interessato gode di piu tempo per porre fine all'infrazione e, quindi, è giusto che paghi sempre e comunque per il tempo effettivo in cui è rimasto inadempiente).

Infine, come detto, nel 2010 la Commissione ha adottato anche una comunicazione sull'applicazione dell'art.260, par.3 TFUE (con tale strumento, si è visto, la Commissione puo proporre alla Corte, dacche presenta ricorso per inadempimento ai sensi dell'articolo 258 TFUE, di comminare il pagamento di una somma forfettaria o una penalità nella stessa sentenza che constata un inadempimento di uno Stato membro all'obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa). La Commissione ribadisce innanzitutto i tre principi generali che presiedono all'applicazione dell'articolo 260, paragrafo 3, e già presiedono a quella del paragrafo 2 dello stesso articolo.

In primo luogo, l’importo della sanzione deve essere fissato in funzione dell’obiettivo essenziale che la sanzione stessa persegue, cioè

garantire l'attuazione nei termini del diritto dell'Unione e prevenire il ripetersi di questo tipo di infrazioni. La Commissione ritiene che si debbano tenere presenti tre criteri fondamentali: -la gravità dell’infrazione; -la durata dell’infrazione; -la necessità di garantire l’efficacia dissuasiva della sanzione, onde evitare recidive;

In secondo luogo, le sanzioni che la Commissione propone alla Corte devono essere prevedibili per gli Stati membri e calcolate secondo un metodo che rispetti, nel contempo, il principio di proporzionalità e quello di parità di trattamento tra gli Stati membri. Occorre poi che la Commissione applichi un metodo chiaro e uniforme, poiche dovrà motivare dinanzi alla Corte in che modo abbia determinato l’importo proposto.

In terzo luogo, sotto il profilo dell’efficacia della sanzione, occorrerà fissare l’importo in misura adeguata per garantirne l’effetto dissuasivo. L’irrogazione di sanzioni puramente simboliche priverebbe di qualsiasi utile effetto questo strumento e andrebbe contro l’obiettivo di garantire l'attuazione nei termini delle direttive.

Poi, si precisa l'approccio che verrà seguito in merito all'individuazione della sanzione da proporre alla Corte (e come visto la Commissione gode di un ampio potere discrezionale nell'avviare tale procedura, analogo a quello di avviare o meno una procedura d'infrazione ex art.258 TFUE):

1)innanzitutto l'uso della congiunzione disgiuntiva “o” per correlare la somma forfettaria e la penalità è inteso nello stesso senso, già esaminato, di quanto avviene nella procedura di “doppia condanna”, dunque non si esclude la possibilità di combinare i due tipi di sanzione (la Commissione, comunque, auspica che la sanzione della penalità sia in linea di principio sufficiente per raggiungere l'obiettivo perseguito da tale innovazione, ossia stimolare maggiormente gli Stati membri ad attuare le direttive nei termini);

2)si stabilisce che la somma forfettaria sarà proposta in via esclusiva “nei casi opportuni se le circostanze lo giustificano” (nel senso che potrebbe trattarsi, ad esempio, dei casi di estremo ritardo nella trasposizione, che peraltro potrebbe evitarsi se la Commissione fosse diligente nell'esercitare la facoltà conferitale ex art.260 par.3 TFUE*); tuttavia, la Commissione, in funzione delle prassi degli Stati membri vista in relazione alla procedura di “doppia condanna” (adempiere prima dell'emanazione della sentenza per evitare la comminazione della penalità) non esiterà ad adattare il suo approccio (cioè a desistere