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Possibili rimedi comunitari al persistente inadempimento della sentenza di “doppia condanna”.

LA PROCEDURA DI DOPPIA CONDANNA.

2.5 Possibili rimedi comunitari al persistente inadempimento della sentenza di “doppia condanna”.

Come detto, lo Stato destinatario di una sentenza di condanna è tenuto ad ottemperarvi “spontaneamente”, ponendo fine all'infrazione “doppiamente” accertata e versando alla Commissione la o le sanzioni pecuniarie ad esso inflitte dalla Corte, e se la Guardiana dei trattati avesse dubbi sulla compatibilità con il diritto dell'Unione, delle nuove misure statali adottate in esecuzione della condanna (e non di nuove misure adottate dopo la prima sentenza di accertamento dell'infrazione,

viene normalmente valutata nell'ambito dell'avvio della successiva nuova procedura di “doppia condanna”) deve, secondo quanto statuito dalla Corte di Giustizia nella sentenza 15 gennaio 2014, Causa C- 292/11, avviare una nuova procedura di infrazione ex art. 258 TFUE (argomento che precisero nel successivo paragrafo 2.6). Ora, cosa succede quando lo Stato condannato e verso il quale la Commissione abbia successivamente formulato la specifica lettera/decisione per l'esecuzione della sentenza, persiste nell'inadempimento (alla luce della spontaneità dell'esecuzione); quali sono gli strumenti idonei, che la Commissione in virtu del ruolo ricoperto, puo utilizzare per “costringere” lo Stato ad ottemperare alla sentenza di condanna ex art.260 par.2 (e par.3), ripristinando definitivamente la legalità violata. Si badi bene, la questione è di fondamentale importanza ed è molto delicata in quanto in gioco c'è, non solo l'effettività dell'intera procedura di condanna (e ancora prima della prima procedura d'infrazione accertata ex art.258 TFUE) ma l'intero sistema comunitario di certezza quanto all'applicazione uniforme del diritto dell'Unione in tutti gli Stati membri. Ebbene, premesso che a livello comunitario pattizio non è stabilito ancora alcun mezzo specifico di coercizione tanto che è necessario prospettare a livello dottrinale rimedi alternativi di ampio dibattito (dal quale non è esente come diro la soluzione ora richiamata), si suole richiamare a tal proposito il rimedio prospettato dall'art.27 della già citata decisione della

Commissione C(2010) 1861, la quale stabilisce che “ If the Member

State against which the Court of Justice has found under Article 260 TFEU […] has not effected payment by the deadline specified in the letter requesting payment, the accounting officer shall immediately send a letter of formal notice, asking it to pay the amount owed within fifteen calendar days, plus default interest at the rate referred to in Article 8. If payment has still not been made on expiry of the fifteen calendar days following receipt of the letter of formal notice by the Member State, the accounting officer shall recover the amount by offsetting in accordance with the procedure set out in Article 29 after having informed the authorising officer responsible and having given the indebted Member State the opportunity to submit comments”,e

l'art.29 continua disponendo che “in the circumstances provided for in

Article 27(2), the total amount of the fine or penalty payment imposed by the Court, plus interest, shall be deducted from payments due to the Member State”; si prevede, in pratica, la possibilità che la

Commissione in caso di persistente inadempimento successivo anche alla lettera/decisione della stessa da parte dello Stato membro, possa procedere alla compensazione dell'importo dovuto secondo quanto prescritto dall'art.29 della decisione, dopo aver messo lo Stato in condizione di formulare le proprie osservazioni; la compensazione si avrebbe con i fondi strutturali destinati agli Stati membri, deducendo la

(presumibilmente, secondo una parte della dottrina*, da quelli corrispondenti al settore in cui si è avuta l'infrazione), l'importo della o delle sanzioni pecuniarie non corrisposto. Ora, se da una parte c'è chi è piu o meno a favorevole a tale soluzione*, dall'altra c'è chi, invece, ne contesta il fondamento* in quanto, in primis contrasterebbe con il tenore letterale dell'art.260 par.2 (o par.3) che fa riferimento ad una somma di denaro che lo Stato deve “versare” e configura, quindi, una sanzione di tipo “diretto e non piuttosto “indiretto” quale sarebbe la compensazione suddetta, in secundis attribuirebbe arbitrariamente alla Commissione stessa il potere di rideterminare le contribuzioni dei fondi sulla base di parametri diversi da quelli previsti nella disciplina ad essi relativa. Certo è che, solo la Corte di Giustizia, qualora in futuro si verificasse un'ipotesi di persistente inadempimento in quanto ancora mai verificatasi, investita della questione, potrà risolvere l'arcano. Lasciando in sospeso questa possibilità, in dottrina sono stati prospettati ulteriori rimedi alternativi cui si potrebbe ricorrere per ottenere l'eliminazione dell'infrazione e il pagamento delle somme dovute: -un rimedio puo essere quello, già anteriormente citato al par. 2.4, di interpretare il combinato disposto degli artt. 280 e 299TFUE in modo da consentire l'esecuzione forzata direttamente della sentenza di condanna (non invece della lettera/decisione della Commissione che richiede il pagamento, essendo esclusa dallo stesso art.299 TFUE) dinanzi alle autorità giudiziarie dello Stato membro inadempiente,

secondo le regole processuali interne; -un altro rimedio potrebbe essere quello di avviare una nuova procedura d'infrazione ex art.258 TFUE e poi, in caso di ulteriore inottemperanza, nuovamente la successiva procedura ex art.260 par.2 TFUE, oppure direttamente una nuova procedura ex art.260 par.2 TFUE (cosi facendo è ovvio che si rischia di cadere in un circolo vizioso di condanne ripetute e mai eseguite; lo stesso varrebbe in casi di sentenza ex art.260 par.3 TFUE); -un altro rimedio ancora, sostenuto da alcuni*, sarebbe quello del ricorso alle sanzioni di diritto internazionale quali, ad esempio, le misure di rappresaglia o l'eccezione di inadempimento (evenienze queste di “estrema ratio” che addirittura andrebbero a collidere con i principi fondamentali dell'intero sistema comunitario);

Detto tutto cio, comunque, la persistente inosservanza di obblighi dell'Unione, anche a seguito di diverse condanna rimaste prive di attuazione, comporterebbe una rottura dell'intero sistema comunitario qualificabile, secondo alcuni, come un vero e proprio problema politico incidente sulle stesse ragioni dell'integrazione comunitaria e quindi, come tale, risolvibile direttamente dal Consiglio dell'Unione come avviene nell'ipotesi di “violazione grave e persistente dei valori” di cui all'art.2 TUE (“rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti dell'uomo”) alla quale puo applicarsi come mezzo di reazione il

meccanismo ex art. 7 TUE, cioè la possibilità della sospensione dei voti dello Stato inadempiente in seno al Consiglio stesso. Secondo una parte della dottrina*, addirittura, il perdurante inadempimento dello Stato a seguito di una sentenza di condanna, potrebbe configurarsi da se solo, come ipotesi di violazione dello “stato di diritto” di cui al menzionato art.2, rispetto a cui dunque potrebbe operare direttamente il citato art.7 TUE.

2.6 Rapporti tra procedura d'infrazione ex art. 258-259 TFUE e