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Le modalità con cui si procede all'esecuzione dell'obbligo pecuniario stabilito nella sentenza ex art 260 par.2 o par.3 TFUE.

LA PROCEDURA DI DOPPIA CONDANNA.

2.4 L'efficacia delle sentenze di “doppia condanna” e loro forza esecutiva.

2.4.1 Le modalità con cui si procede all'esecuzione dell'obbligo pecuniario stabilito nella sentenza ex art 260 par.2 o par.3 TFUE.

Come per l'esecuzione delle sentenze dichiarative (quando la Corte di giustizia dell'Unione europea riconosce che uno Stato membro abbia mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtu dei trattati, l'art. 260 par.1 TFUE stabilisce che “tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta”), anche l'esecuzione delle sentenze di condanna è rimessa alla buona volontà degli Stati membri*, nel rispetto del principio di leale cooperazione di cui all'art. 4 par.3 TUE (da qui nasce l'esigenza di individuare meccanismi che, nell'ipotesi di persistente violazione successiva alla sentenza ex art. 260 par.2 o par.3, costringano effettivamente gli Stati ad adempiere -Cap.2 par.2.5-). Nel dare “spontaneamente” esecuzione alle sentenze di condanna, lo Stato, proprio in attuazione del principio sopra richiamato, deve instaurare un “dialogo costruttivo”* con la Commissione la quale, in virtu del ruolo

ricoperto di “guardiana dei trattati”, in virtu dell'art. 17 TUE e in coerenza con la specifica competenza che svolge in tutta la procedura d'infrazione, assume un ruolo importante, anche, nella fase successiva alla condanna: essa, infatti, deve verificare e controllare che le iniziative prese dallo Stato membro siano volte ad ottemperare alla sentenza e, di conseguenza, siano dirette al rispetto e alla corretta attuazione del diritto dell'Unione (questo potere di controllo nell'esecuzione della sentenza attribuito alla Commissione è confermato espressamente, nella prassi, dal contenuto della sentenza stessa*, il quale riconosce all'istituzione il compito di accertare i progressi compiuti dallo Stato nell'eliminare l'infrazione, specie, come diro, al fine della riscossione della penalità). Tenendo conto della prassi fin'ora seguita, nel mese successivo all'emanazione della sentenza da eseguire, la Commissione prende contatti formali con lo Stato condannato, inviandogli una lettera nella quale indica:

1)se ancora persiste, la violazione da eliminare; e qui devo dire che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale nel verificare se lo Stato abbia eliminato la violazione conformandosi alle sentenze che la hanno accertata (la decisione C(2010) 1861 della Commissione precisa alcune delle modalità cui essa si atterrà nella fase di esecuzione delle sentenza di condanna; tuttavia, una parte della dottrina*, basandosi sulla natura meramente interna di tale documento, ritiene

che la Commissione debba elaborare una comunicazione analoga a quelle adottate in merito all'applicazione dell'art. 260 par.2 e par.3 per definire dettagliatamente il comportamento che essa dovrà tenere nella fase in esame, anche in questo caso, a garanzia della trasparenza e prevedibilità della sua azione e della certezza del diritto);

2)la sanzione da pagare; e qui, qualora la sanzione sia una penalità, il ruolo della Commissione è piu delicato rispetto al caso di condanna al pagamento della sola somma forfettaria essendo questa, come visto, di importo fisso e invariabilmente definito dalla Corte di Giustizia: rispetto alla penalità, per calcolarne l'importo preciso occorre, invece, verificare la persistenza o meno, ad una certa data, dell'infrazione e, quindi, la sua durata successivamente all'emanazione della sentenza;

3)e il termine entro cui adempiere; e qui, si riconosce alla Commissione la stessa discrezionalità di cui gode rispetto all'individuazione del termine trascorso il quale puo avviare una procedura di “doppia condanna” in caso di inottemperanza ad una sentenza emessa all'esito di una prima procedura di infrazione: si fa riferimento, dunque, ad un termine ragionevole che lo Stato non potrà legittimamente contestare.

Il potere di accertare la persistenza dell'inadempimento -non essendo necessario che la commissione avvii una nuova procedura d'infrazione ex art.258 TFUE- e, quindi, ottenere il pagamento della sanzione,

deriva, come anticipato, si dalla stessa sentenza di condanna, ma ancor prima, dall'art.317 TFUE che conferisce alla Commissione il compito di dare esecuzione al bilancio dell'Unione Europea sulla base dei regolamenti adottati a norma dell'art.322 TFUE (cioè regolamenti adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio)*; infatti, secondo la comunicazione della Commissione del 2005, la somma forfettaria e la penalità costituiscono “altre entrate della Comunità” (“risorse proprie dell'Unione”) ai sensi dell'art. 311 TFUE e della decisione 2000/507/CE, Euratom del Consiglio, e in base al regolamento del Consiglio n.1605/2002/CE,Eurotom la Commissione è incaricata di eseguire le entrate e, in particolare, l'accertamento dei diritti da recuperare e l'emissione degli ordini di recupero. In questa prospettiva dunque, l'accertamento della somma forfettaria e/o della penalità, costituendo l'accertamento da parte della Commissione di un credito dell'Unione nei confronti dello Stato debitore, rappresenta il riconoscimento del potere della stessa di verificare ed esigere il pagamento del debito (somma forfettaria e penalità)*. Una volta inviata la lettera, lo Stato puo:

- presentare le proprie osservazioni alla Commissione, informandola delle misure adottate per porre fine all'inadempimento, e contestare l'esame svolto dall'istituzione impugnando la lettera mediante ricorso per annullamento ex art.263 TFUE (tale rimedio è legittimamente

applicabile in virtu del fatto che il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea non prevede alcuna disposizione speciale relativa alla risoluzione delle controversie che sorgerebbero tra uno Stato membro e la Commissione in merito alla riscossione delle sanzioni inflitte ex art.260 par.2 -e par.3- TFUE*);

-oppure presentare le proprie osservazioni alla Commissione, informandola delle misure adottate per porre fine all'inadempimento se ancora persistente, cosi da evitare per quanto possibile il pagamento della penalità; in questo caso, lo Stato non contesta la decisione della Commissione, e una volta eliminata l'infrazione e pagata la sanzione, il fascicolo inerente la condanna viene chiuso con relativa comunicazione, oltre che alla Corte di Giustizia, alla rappresentanza permanente dello Stato membro interessato, e successiva pubblicazione della notizia sul sito internet dell'Unione Europea.

2.4.2 Limiti al potere della Commissione nella valutazione