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Modifiche apportate dal Trattato di Lisbona alla procedura di “doppia condanna”.

LA PROCEDURA DI DOPPIA CONDANNA.

2.2 La procedura di “doppia condanna” introdotta con il Trattato di Maastricht.

2.2.1 Modifiche apportate dal Trattato di Lisbona alla procedura di “doppia condanna”.

Come detto, il trattato di Lisbona semplifica la procedura di “doppia condanna”. Esso introduce due importanti novità finalizzate, entrambe, ad aumentare l'efficacia deterrente della procedura.

La prima novità si sostanzia nella riduzione della fase pre-contenziosa attraverso l'eliminazione del momento dell'invio del parere motivato, le cui funzioni (addebiti contestati, motivi, richiesta di comminazione delle sanzioni, osservazioni e termine entro cui lo Stato deve porre fine all'infrazione) vengono inglobate nel momento dell'invio della lettera di messa in mora, che rimane, dunque, l'unico elemento procedimentale caratterizzante la fase (nei casi in cui la lettera di costituzione in mora è stata inviata prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, in virtu della Comunicazione della Commissione sull'applicazione dell'art.260 TFUE -SEC 1371,2010-, allo Stato

membro interessato è inviata una lettera di costituzione in mora complementare per informarlo che la fase successiva prevede che sia adita la Corte e non piu il parere motivato). L' art.260 par. 2, stabilisce, infatti, che la Commissione “se ritiene che lo Stato membro non abbia preso le misure che l'esecuzione della sentenza dichiarativa dell'infrazione comporta, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, puo adire la Corte di Giustizia. Essa precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che essa consideri adeguato alle circostanze”. La “mascherata” soppressione del parere motivato non incide sui diritti dello Stato membro e sugli obblighi della Commissione (questi sono assicurati e previsti dalla “lettera di messa in mora”), bensi sui tempi che lo Stato, già censurato dalla Corte, avrà a disposizione per porre fine all'inadempimento: eliminando formalmente il momento del parere motivato, lo Stato potrà godere di un solo termine (quello previsto nella lettera di messa in mora”) per eliminare l'infrazione.

La seconda novità, di carattere sostanziale, introdotta dal trattato di Lisbona, è costituita dall'aggiunta di un terzo paragrafo all'art.260 che recita cosi: “La Commissione, quando propone ricorso dinanzi alla Corte in virtu dell'art.258, reputando che lo Stato membro interessato non abbia adempiuto all'obbligo di comunicare le misure di attuazione

di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa, puo, se lo ritiene opportuno, indicare l'importo della somma forfettaria o della penalità da versare da parte di tale Stato che essa consideri adeguato alle circostanze. Se la Corte constata l'inadempimento, puo comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità entro i limiti dell'importo indicato dalla Commissione. Il pagamento è esigibile alla data fissata dalla Corte nella sentenza”.

Questo paragrafo introduce uno strumento completamente nuovo: la Commissione puo proporre alla Corte, dacche presenta ricorso per inadempimento ai sensi dell'articolo 258 TFUE, di comminare il pagamento di una somma forfettaria o una penalità nella stessa sentenza che constata un inadempimento di uno Stato membro all'obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa. Nel quadro del nuovo articolo 260, paragrafo 3, spetta, dunque, alla Commissione, nella veste di custode dei trattati, avviare la procedura di cui all’articolo 258 e combinarla con una domanda ai sensi dell'articolo 260, paragrafo 3, proponendo l’imposizione di una somma forfettaria e/o di una penalità di importo determinato (l'obiettivo di questa innovazione del trattato è stimolare maggiormente gli Stati membri ad attuare le direttive nei termini fissati dal legislatore e garantire cosi che la legislazione

dell'Unione produca realmente i suoi effetti. Il trattato di Lisbona tiene, quindi, conto dell'importanza essenziale che gli Stati membri attuino nei termini le direttive, non solo per tutelare gli interessi generali perseguiti dalla legislazione dell'Unione, che non ammette ritardi, ma anche, e soprattutto, per proteggere i cittadini europei, a cui tale legislazione conferisce diritti soggettivi; infatti, ne va della stessa credibilità del diritto dell'Unione se gli atti legislativi impiegano anni a produrre i loro pieni effetti giuridici negli Stati membri). Ora devo dire che, se la norma non pone dubbi circa l'applicabilità della procedura in caso di violazione dell'obbligo di comunicazione (per “mancata comunicazione” si intende, in virtu della Comunicazione della Commissione sull'applicazione dell'art.260 par.3 del 2010 - SEC 1371, 2010-, anche la mancata “attuazione-trasposizione”, in quanto sarebbe davvero illogico che gli Stati membri, pur avendo trasposto una direttiva, non comunichino le misure di essa attuative e addirittura si facciano citare in giudizio difronte alla Corte di Giustizia e condannare al pagamento di una sanzione pecuniaria; la suddetta comunicazione ritiene esperibile la procedura anche rispetto alla “comunicazione parziale” ma non rispetto alla “attuazione incorretta” -ivi avendosi sia comunicazione sia trasposizione che pero è incorretta- per una precisa ragione: si ritiene che lo Stato non sia rimasto completamente inerte e, quindi, inadempiente, e qualora fornisca tutte le spiegazioni necessarie sul modo in cui ritiene di aver attuato integralmente la direttiva, la

Commissione potrà reputare che lo Stato non sia venuto meno all'obbligo di comunicare le misure di attuazione e di conseguenza non sarà ad esso applicabile la procedura -in questi casi la Commissione deve avere piu tempo per valutare l'operato e risulta non ragionevole agire immediatamente es art.260 par.3 TFUE-) previsto nei confronti delle direttive adottate con la procedura legislativa, ordinaria e speciale, ex art.289 TFUE, rispettivamente par.1 e par.2 (“la procedura legislativa ordinaria consiste nell'adozione congiunta di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio su proposta della Commissione. Tale procedura è definita all'articolo 294. Nei casi specifici previsti dai trattati, l'adozione di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio, o da parte di quest'ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo, costituisce una procedura legislativa speciale”; per quanto riguarda la mancata attuazione di direttive adottate con una procedura non legislativa, cioè quelle delegate e di esecuzione ex artt. 290 e 291 TFUE le quali normalmente non richiedono la notifica delle misure di trasposizione, l'art.260 par.3 non è applicabile: la Commissione dovrà, quindi, continuare ad adire la Corte di Giustizia prima ex art.258 TFUE e poi, se la sentenza nella quale viene constato l'inadempimento non viene eseguita, ex art.260 par.2 TFUE), sorgono

sistema pre-Lisbona, il quale non prevedeva analoga procedura di adozione degli atti, e rispetto alle “decisioni quadro” adottate nel regime pre-Lisbona (che l' ex art. 34 TUE pre-Lisbona assimilava alle direttive in quanto atti adottati “per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri ...vincolante per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Esse non hanno efficacia diretta”; assimilabilità questa ribadita dalla Corte di giustizia*), in ordine al settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale non oggetto di modifica ad opera di una direttiva legislativa, per le quali, in virtu dell'art.10 par.1 del Protocollo n.36 allegato al TUE e TFUE (“A titolo di misura transitoria e in ordine agli atti dell'Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, le attribuzioni delle istituzioni alla data di entrata in vigore di detto trattato sono le seguenti: le attribuzioni della Commissione ai sensi dell'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea non sono applicabili...”), non è possibile, in via transitoria (il par.3 stabilisce infatti che “In ogni caso la misura transitoria di cui al paragrafo 1 cessa di avere effetto cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona”), il ricorso al procedimento d'infrazione, e, in virtu dell'art.9 del menzionato protocollo, una volta scaduto il periodo transitorio

continueranno a produrre effetti giuridici nell'ordinamento dell'Unione. Per quanto riguarda le prime, si sostiene che la Commissione possa avvalersi della procedura ex art.260 par.3, se la violazione considerata riguarda direttive pre-Lisbona adottate con un procedimento decisionale “assimilabile” a quello legislativo ex art.289 e non ancora attuate; e secondo il Tribunale un procedimento legislativo pre- Lisbona, riconducibile a quello ex art. 289 par.1 TFUE, è la procedura di co-decisione ex art.251 CE; quanto alla procedura legislativa speciale è necessario verificare, caso per caso, sulla base della direttiva rispetto a cui si contesta la violazione, se il procedimento con cui è stata adottata nel sistema pre-Lisbona trova un corrispondente nel sistema attuale, e in caso di risposta affermativa ritenere possibile e legittima l'applicazione della procedura ex art.260 par.3. In virtu della Comunicazione della Commissione sull'applicazione dell'art.260 par.3 del 2010 - SEC 1371/2010-, si stabilisce, come disposizione transitoria al suo interno, che tale nuovo strumento potrà essere applicato alle procedure avviate ex art.258 TFUE dopo la pubblicazione della suddetta comunicazione ed alle procedure avviate prima della sua pubblicazione, ad eccezione di quelle per le quali la Commissione ha già adito la Corte. Qualora la Commissione abbia già emesso un parere motivato, come visto per la procedura ex art. 260 par.2, essa emetterà un parere motivato complementare con cui avvertirà lo Stato membro

quanto riguarda le seconde, si ritiene che la procedura ex art.260 par.3 sia esperibile anche rispetto ai casi in cui la violazione dell'obbligo ivi contemplato concerna le decisioni quadro, in quanto altrimenti si svuoterebbe di significato la previsione transitoria ex art.10 del protocollo n.36 che legittima la procedibilità ex art.258, e quindi anche ex art.260 par.3, rispetto agli obblighi imposti da atti dell'ex terzo pilastro che non siano oggetto di modifica, alla scadenza del regime transitorio ivi contemplato. L'ultima parte della disposizione in commento, infine, ci dice che la data di esigibilità del pagamento delle sanzioni comminate dalla Corte, potrebbe essere il giorno della pronuncia, ma anche un giorno successivo; al riguardo, prendendo in considerazione la prassi inerente la procedura di “doppia condanna”, la Commissione si è espressa (nella Comunicazione del 2005) augurandosi che tale data sia quella della pronuncia della sentenza.