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IV. INTRODUZIONE AL CASO STUDIO: MANI TESE E TERRA MADRE INSIEME

IV.2 Due anni dopo: gli sviluppi del progetto

IV.2.1 Metodologia di ricerca

Come afferma Angela Alaimo nel suo libro “La geografia in campo. Metodi ed esperienze di ricerca”, “nessuno metterebbe ormai in dubbio l’importanza della soggettività del ricercatore e la necessità di prendere in considerazione le condizioni in cui si costruisce la conoscenza” (Alaimo, 2012, p. 9). Per questo motivo ho deciso di presentare, in modo dettagliato e come parte integrante del mio elaborato, l’esperienza di un mese vissuta a stretto contatto con le comunità locali interessate dal progetto di Mani Tese nella regione della Rift Valley in Kenya. Partendo dal presupposto dell’importanza dello studio sul terreno, ho scelto di svolgere il tirocinio universitario presso l’agenzia turistica Terra Madre Tours and Travels, localizzata a Nakuru, la quale rappresenta uno dei principali soggetti coinvolti nel progetto “Economie locali, tutela della biodiversità e sviluppo del turismo responsabile”.

163 https://www.manitese.it/progetto/economie-locali-tutela-biodiversita-sviluppo-turismo-responsabile/

164 Testo originale: “increased inter-cultural exchange and increased community understanding, participation and benefits from ecotourism (http://www.necofakenya.or.ke/program.html, consultato il 27/06/18)

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Attraverso il racconto della ricerca vorrei quindi avvicinare il mio lavoro sul campo a una più completa comprensione del caso studio, mettendo alla luce le condizioni e i contesti di interazione che mi hanno portato ad elaborare le riflessioni finali della mia indagine.

La scelta che mi ha portato a prediligere un approccio di tipo qualitativo della ricerca nasce dall’importanza che riveste l’interazione con gli attori del territorio nel lavoro sul campo, dove gli elementi umani e idiosincratici165 ricoprono un ruolo centrale. La rilevanza della “conoscenza del quotidiano” (Alaimo, 2012, p. 30) nell’analisi e comprensione dei fenomeni rappresenta un elemento fondante della geografia femminista, la quale cerca di mettere in luce le questioni sociali attraverso strumenti che si focalizzano su elementi dagli aspetti irrazionali e motivazionali e che valorizzano il prodotto dell’incontro tra studioso e narratore (Alaimo, 2012, pp. 15-31). Anche nel caso studio preso in considerazione in questo elaborato, e in particolare nel campo del turismo responsabile, la componente sociale e partecipativa delle comunità locali gioca un ruolo chiave per l’analisi dello sviluppo in un’ottica turistica del territorio.

La mia principale missione era dunque quella di studiare e conoscere il territorio legato al progetto di cooperazione internazionale dall’interno, per poter verificare il livello di soddisfazione dei soggetti coinvolti e valutare da vicino il potenziale turistico dell’area. Partendo dalla domanda alla base della tesi di ricerca “Può il turismo responsabile portare a uno sviluppo sostenibile delle comunità locali nei paesi del cosiddetto Global South?”, ho individuato i seguenti obiettivi sui quali ho successivamente focalizzato la mia attenzione durante i giorni di indagine sul campo:

 comprendere il fenomeno della cooperazione internazionale nell’ambito di progetti di sviluppo di iniziative locali di community-based tourism, conoscendo personalmente le attività create all’interno del progetto e verificando in loco i risultati dell’azione di Mani Tese;

 raccogliere informazioni sul livello di partecipazione e soddisfazione della comunità locale rispetto alle iniziative di sviluppo locale di turismo responsabile;

 incontrare le organizzazioni locali operanti nel settore e gli enti preposti alla cooperazione italiana allo sviluppo in Kenya;

 incontrare i rappresentanti degli attori istituzionali precedentemente individuati e coinvolti nella gestione del settore turistico nel Paese.

La delimitazione del campo d’indagine è avvenuta sulla base dei territori interessati dal progetto della Ong Mani Tese e da un’iniziale identificazione degli stakeholder che, come attori protagonisti

165 In linguistica, per elementi idiosincratici si intendono le creazioni linguistiche limitate all’ambito ristretto dei singoli parlanti, i quali formano parole e strutture sintattiche secondo la fantasia e la propria struttura cognitiva, spesso creando dei neologismi (https://it.wikipedia.org/wiki/Idiosincrasia#Linguistica consultato il 05/7/18).

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o come soggetti competenti sul tema del turismo sostenibile e responsabile, potevano fornire la loro rappresentazione della realtà territoriale. Questo lavoro preparatorio è stato essenziale per capire gli aspetti specifici che intendevo trattare attraverso la successiva fase di ricerca sul campo, sebbene ulteriori elementi e incontri casuali abbiano poi arricchito e influenzato l’esperienza finale.

Partendo dalla definizione degli obiettivi, gli strumenti più adatti per raccogliere il maggior numero di informazioni utili sul tema erano senza ombra di dubbio quelli che Linda Mc Dowell definisce come “metodi collaborativi”, nei quali si cerca di rompere le diseguali relazioni di potere che tipicamente si instaurano fra ricercatore e intervistato (Mc Dowell, 1992, p. 405). Sono quindi stati individuati i seguenti metodi di ricerca:

 analisi di materiale bibliografico sull’argomento e di documenti prodotti dagli attori coinvolti;

 interviste semi-strutturate a soggetti chiave del contesto studiato;  partecipazione a eventi istituzionali sul tema del turismo nel territorio;  diario di campo;

 osservazione partecipante;  shadowing166;

 confronto costante con la responsabile dell’agenzia Terra Madre e con il responsabile Paese dell’Ong Mani Tese.

La fase precedente la partenza, caratterizzata dall’analisi delle fonti primarie e dall’approfondimento di altri casi studio sul tema nei paesi del Global South, è stata indispensabile per ampliare le mie conoscenze sul tema del turismo responsabile e della cooperazione allo sviluppo, e per essere informata sulle dinamiche attuali del turismo in Kenya.

Passando al lavoro sul campo, la principale tecnica di raccolta dati utilizzata è stata quella dell’intervista, che Lorenza Mondada definisce come “un evento interattivo durante il quale il ricercatore e l’informatore co-costruiscono una descrizione del mondo” (Mondada, 2000, p. 88). L’approccio utilizzato è stato quindi di tipo induttivo, o bottom-up, che mi ha dato modo di comprendere il punto di vista delle persone locali, da cui sono emerse le loro personali interpretazioni in merito all’introduzione nel territorio locale del turismo responsabile e ai concetti di accoglienza e scambio tra culture diverse e lontane tra loro.

Lo scopo dell’intervista, come suggerisce Angela Alaimo, “è quello di raccogliere le rappresentazioni delle persone che vivono in una determinata realtà territoriale” (Alaimo, 2012, p.

166 Nome che Marianella Sclavi ha dato ad una metodologia di osservazione etnografica per l’indagine qualitativa nelle scienze sociali e che definisce come “seguire un’altra persona come un’ombra” (Sclavi 2003, p. 53).

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103) e nel mio caso specifico si trattava di riunire le percezioni dei soggetti coinvolti nel progetto, oltre a quelle degli attori esterni competenti sul tema del turismo responsabile nel Paese.

Tramite la presentazione orale delle domande preventivamente diversificate sulla base della gruppo di appartenenza, sono stati intervistati:

 6 membri delle comunità locali coinvolti in prima persona nel progetto;

 6 soggetti partner del progetto (Mani Tese, Terra Madre Tours and Travels, Necofa);  4 soggetti operanti nel settore in qualità di autisti e guide turistiche;

 2 tour operator localizzati nella città di Nakuru;

 4 rappresentanti di organizzazioni istituzionali (Ministry of Tourism, Nakuru County’s

Department of Tourism, Kenya Tourism Board, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo

Sviluppo);

 5 organizzazioni non governative locali (Association of Women in Tourism, Ecotourism Kenya, Kenya Community Based Tourism Organization, L’Africa Chiama Ong, SVI Ong);  4 responsabili di strutture ricettive locali localizzate nei pressi dei progetti nelle contee di

Nakuru e Baringo.

In queste occasioni di scambio reciproco di conoscenze che Angela Alaimo spiega come “una continua negoziazione di distanze e avvicinamenti” (Alaimo, 2012, p. 25), sono molti i fattori che hanno influenzato lo svolgimento dell’intervista. In primo luogo la disponibilità e la predisposizione ad aprirsi e confrontarsi sul tema, elementi che ho riscontrato in modo particolare durante le interazioni con i membri della comunità locale, i quali si sono dimostrati entusiasti di poter esprimere la loro soddisfazione e gratitudine nei confronti di Mani Tese e Necofa, principali promotori del progetto di turismo responsabile. Il grado emotivo che si instaurava di volta in volta nelle diverse situazioni di confronto e che influiva sulla spontaneità della conversazione, ha rappresentato un altro requisito fondamentale per il buon esito del colloquio. Per questo motivo ho cercato di gestire in modo flessibile il dialogo, adattandomi alle diverse personalità e posizioni esercitate dagli intervistati (Alaimo, 2012, pp. 101-107). L’esperienza acquisita nelle prime settimane di lavoro sul campo, trascorse a stretto contatto con le comunità e i progetti, è stata sicuramente molto utile nell’affrontare in modo informato gli incontri previsti durante gli ultimi giorni a Nairobi con i rappresentanti delle organizzazioni di settore.

La tipologia di intervista scelta, come anticipato, è quella dell’intervista semi-strutturata in quanto rappresentava il miglior strumento per raccogliere molte informazioni in poco tempo, catturando le percezioni e le esperienze personali dei soggetti senza tuttavia limitare il discorso a schemi rigidi e prestabiliti. La traccia è infatti stata seguita in modo flessibile, riservando a me stessa la possibilità

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di modificare l’ordine degli argomenti proposti e lasciando all’intervistato la libertà di raccontare e raccontarsi, aggiungendo informazioni e aneddoti per lui rilevanti.

L’intervista, sebbene con qualche variazione, si è sviluppata all’interno di una cornice semantica prestabilita che è stata introdotta nella fase iniziale dell’incontro. Partendo dalla mia presentazione personale, ho spiegato all’interlocutore il tipo di ricerca che stavo svolgendo, gli obiettivi e le motivazioni che mi avevano spinto a intraprendere questo viaggio nel Paese, nella speranza di instaurare un rapporto di confidenza e fiducia reciproca. In questo contesto, la guida di Duccio Facchini e le informazioni fornitemi anticipatamente da Mani Tese in merito al progetto mi hanno permesso di rivolgermi alle persone con una conoscenza pregressa e una maggiore consapevolezza sulla cultura locale, fattore che ha giocato a mio vantaggio nella fase iniziale di interazione con gli intervistati.

Inoltre, nella raccolta dati, l’uso del registratore si è rivelato uno strumento utile per poter successivamente riascoltare il racconto completo e acquisire quelle informazioni andate perse a causa della comunicazione in lingua straniera che, sebbene fosse l’inglese, a volte creava delle incomprensioni dovute al diverso accento. In aggiunta, il ricorso a questo dispositivo mi ha permesso di mantenere il contatto visivo e la comunicazione empatica con l’interlocutore, importanti elementi per ridurre il “gap” linguistico e la distanza sociale167. Tuttavia ho riscontrato

alcune difficoltà da parte di alcuni interlocutori, in particolare i componenti delle comunità locali, i quali non gradivano la presenza del registratore poiché creava loro una sensazione di imbarazzo e disagio nel tentativo di fornire informazioni esatte e nel sapere che la propria voce verrà riascoltata successivamente. In questi casi ho quindi preferito optare per un approccio alternativo, trascrivendo durante l’intervista le affermazioni più interessanti e i punti salienti del racconto che ho tentato di riassumere in modo chiaro ed esaustivo.

La struttura delle domande è stata scelta in modo da contestualizzare il discorso all’interno di una cornice e dirigere così la risposta dell’intervistato verso un determinato tema, senza comunque influenzare in alcun modo la sua posizione. In un secondo momento, nei momenti liberi e durante le ore serali, ho provveduto a identificare il contesto semantico entro cui si era svolta la narrazione per leggere il senso delle parole dell’intervistato e trascrivere poi nel diario di campo gli eventuali commenti e opinioni personali maturati nel corso dell’incontro. Il diario di campo, che ho cercato di scrivere ogni giorno, si è quindi rivelato uno strumento prezioso per riuscire poi a comprendere le

167 Per Vincenzo Cesareo con il concetto di distanza sociale “si intende l’indisponibilità e la chiusura relazionale – di intensità variabili – di un soggetto nei confronti di altri percepiti e riconosciuti come differenti sulla base della loro riconducibilità a categorie sociali. Essa è la risultante dell’intreccio dinamico di fattori dislocati su tre differenti dimensioni dello spazio, a loro volta in rapporto di reciproca co-produzione: fisico, simbolico e geometrico”(Cesareo, 2007, p. 11).

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scelte fatte e gli incontri, che nel corso del percorso hanno modificato il mio sguardo e la mia percezione sulla realtà territoriale studiata.

Oltre alle interviste, sono state molte le occasioni in cui ho potuto raccogliere informazioni e dettagli di vita locale partecipando attivamente alle attività comunitarie interne al contesto di ricerca. Questa metodologia, definita “osservazione partecipante” (Alaimo, 2012, p. 31), mi ha permesso di inserirmi all’interno delle dinamiche del gruppo e di osservare le relazioni sociali esistenti tra i soggetti promotori del progetto e le comunità indigene coinvolte. Una prima occasione mi si è presentata durante la prima settimana di tirocinio quando sono stata resa partecipe nell’attività di riforestazione di una parte della foresta Mau nei pressi di Ndoinet, nel distretto di Molo (vedi figure 38a e 38b). L’attività, inaugurata da una cerimonia ufficiale da parte del corpo forestale del KFS (Kenya Forest Service) in presenza di alcuni rappresentanti della popolazione indigena locale, di Mani Tese e Necofa e degli studenti di due scuole delle vicinanze, si è conclusa nell’arco della giornata con la messa a dimora di 2.000 alberi di specie indigene, resa possibile grazie alla collaborazione di tutti i presenti.

Fig. 38a e 38b. Attività di riforestazione della foresta Mau, a Ndoinet, Molo. Nella prima immagine Samuele Tini di Mani Tese durante l’inaugurazione dell’attività; nella foto a destra, la sottoscritta durante il lavoro

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Un altro momento della mia esperienza in Kenya in cui ho avuto il piacere di immergermi nel contesto di vita locale e di osservare dall’interno le dinamiche comunitarie è stato il soggiorno di cinque giorni sull’isola di Kokwa nel lago Baringo, durante il quale ho avuto modo di seguire Irene, giovane donna di 24 anni membro attivo di Necofa, nelle sue attività quotidiane di educazione e sensibilizzazione, dirette alle le giovani donne del territorio. In queste occasioni di incontro e scambio ho contribuito portando la mia personale esperienza di donna del mondo occidentale. Se l’osservazione partecipante ha arricchito in molte occasioni il mio bagaglio culturale ed esperienziale, è anche grazie a quello che Marinella Sclavi definisce come shadowing (Sclavi, 2003, p.53) che ho potuto osservare, da soggetto esterno, la comunicazione non verbale e il linguaggio delle emozioni per comprendere i rapporti sociali esistenti tra i vari soggetti. In questa situazione mi sono ritrovata più volte in quanto, vivendo per molti giorni con le persone delle comunità, più volte ho assistito a incontri quotidiani e conversazioni in lingua indigena che mi hanno permesso di osservare da un’altra prospettiva la realtà territoriale.

Di fondamentale importanza sono stati inoltre gli eventi istituzionali sul tema del turismo a cui ho avuto la fortuna di partecipare e grazie ai quali ho potuto costruire un frame più ampio in cui inserire le iniziative di turismo responsabile sviluppate nel bacino del fiume Molo. Oltre a ciò, il costante confronto con Samuele Tini, di Mani Tese, e Jane Karanja, di Terra Madre, ha fatto sì che io potessi avere un continuo punto di riferimento a cui rivolgere eventuali dubbi e domande che mi si presentavano durante il percorso.

Ogni decisone presa durante le diverse fasi della ricerca ha definito passo dopo passo il contenuto dell’indagine, introducendo nuove prospettive inizialmente ignorate che hanno permesso l’elaborazione di ulteriori riflessioni e approfondimenti, fondamentali per il raggiungimento del risultato finale. La pianificazione dell’attività sul campo, organizzata in modo attento in collaborazione con l’agenzia Terra Madre, ha fatto sì che io potessi trascorrere più giorni nei diversi contesti in cui erano stati realizzati i progetti di cooperazione allo sviluppo, opportunità che mi ha permesso di instaurare un rapporto di fiducia con alcune delle persone locali con le quali ho condiviso racconti di vita, idee e opinioni personali sugli impatti del turismo nell’area.

A patire dalla raccolta delle informazioni e dalla loro analisi e contestualizzazione all’interno del loro contesto di riferimento, sono quindi state portate in evidenza alcune riflessioni sugli elementi identificativi e di valore intrinseci del territorio e sulle opportunità che le iniziative di sviluppo di progetti legati al turismo responsabile possono rappresentare per le comunità indigene di queste aree rurali emarginate. Nei due paragrafi successivi prenderò quindi in analisi questo secondo aspetto legato all’importanza e alla complessità della componente partecipativa della popolazione locale.

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