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Misure socio-economiche per stimolare la fertilità

La politica demografica socialista in Romania (1966-1989)

2.5. Misure socio-economiche per stimolare la fertilità

Il Comitato Centrale del PCR accompagnò l'entrata in vigore del decreto 770 con una serie di provvedimenti di natura economica, allo scopo di invogliare la popolazione a procreare più figli e contribuire così alla crescita del Paese.

Nelle varianti tecnocratiche elaborate dalle commissioni del Ministero della Sanità era stata prevista l'introduzione di numerosi vantaggi per le future madri romene, essendo state vagliate tutte le difficoltà economiche e di organizzazione quotidiana che queste avrebbero dovuto affrontare. I tecnocrati proposero di destinare alle madri un assegno familiare alla nascita e fino ai 15 anni del minore (il valore del quale non sarebbe variato in base alla residenza dalla famiglia), un congedo di maternità fino a 1 anno del neonato (pagato con una percentuale del salario), di introdurre vantaggi concernenti turni, orari e calcoli pensionistici per le donne lavoratrici e di aumentare il numero e i servizi garantiti dagli asili nido. Durante la discussione di queste proposte, Alexandru Drăghici33 espose un pensiero che fu accolto con favore e condiviso da tutti gli altri membri presenti alla seduta: “Tutto questo studio è imbastito su esperienze prese da diversi paesi; al suo interno vi è molta demagogia e vi si propone di dare ogni genere di incentivo economico (alla madre), come se lo stato avesse bisogno di comprare i bambini da lei. Ciascuno di noi è figlio di operai o contadini, di uomini poveri e sappiamo come siamo cresciuti. Non so perché ci rechiamo altrove a cercare 33 Alexandru Drăghici (1933-1993): deputato della Marea Adunare Națională e suo presidente per un breve periodo all'inizio del 1950, fu vice primo Ministro della RPR negli anni 1961-1965 e 1967- 1968.

esperienza...Ciò che credo debba essere preso in considerazione è il problema dei nidi. Bisogna aumentare il numero di asili nido, soprattutto nelle fabbriche dove i salariati sono in maggioranza donne. Che i nidi siano semplici, economici e diano aiuto alla donna per tutto il tempo che lei è in produzione, e non nel modo che si propone qui, prolungando il congedo di maternità. In questo senso, qui si tratta di demagogia sociale e noi possiamo risolvere questo problema più rapidamente.”(XVIII) Le riserve di coloro che presiedevano la seduta esprimevano al meglio il punto di vista generale della classe dirigente del regime: essi ritenevano opportuno optare per misure che risolvessero la questione dell'accoglienza dei nuovi nascituri da un punto di vista più quantitativo che qualitativo, rivelando un approccio semplicistico al problema e una certa miopia nella previsione delle future condizioni di vita di madri e bambini. Il tipo di provvedimenti socio-economici approvati in seguito si dimostrarono comunque meno efficienti sul lungo termine rispetto a quelli auspicati dal Ministero della Sanità.

Le misure adottate in concomitanza con l'emanazione della legge si suddividevano in agevolazioni di tipo finanziario e non.

• Agevolazioni di tipo finanziario (1969-1984)

– Assegno di natalità → introdotto con modalità diverse nel 1950, a partire dal 1 gennaio 1967 veniva emesso a ogni madre per ciascuna gravidanza a cominciare dalla terza. Per calcolare l'ordine di nascita34 del bambino venivano conteggiati tutti i parti avuti dalla donna in questione, includendo nel conteggio anche i neonati deceduti e i figli maggiorenni; se il parto era gemellare, ogni figlio era conteggiato separatamente. La somma, pari a 1.000 lei35 una tantum, era concessa indipendentemente dal fatto che il neonato fosse sopravvissuto o meno al parto, e non era legata alle condizioni socio-economiche della madre (tipo di lavoro, stipendio, 34 Ordine di nascita: ordine cronologico dei figli avuti da una stessa donna.

35 Lei (sing. leu): moneta ufficiale della Romania.

stato civile). L'assegno di natalità era rilasciato dal consiglio popolare36 che amministrava la zona di residenza della madre.

– Assegno familiare di stato → destinato a tutti i lavoratori con contratto a tempo indeterminato che avevano figli, questo assegno variava in base al tipo di lavoro, allo stipendio e alla residenza del lavoratore (città o campagna); generalmente assegnata al padre, questa somma veniva emessa dallo Stato fino al compimento dei 14 anni del figlio. Nel caso in cui il figlio fosse stato affetto da handicap, l'emissione dell'assegno continuava fino ai 16 o ai 18 anni del ragazzo, in base alla gravità della disabilità. Nel 1968 fu previsto anche un assegno mensile di 100 lei per tutti coloro che avessero figli che seguivano studi universitari, erogato dallo Stato fintanto che il figlio iniziava a lavorare. Nel corso degli anni successivi fu dapprima aumentato l'importo della somma destinata a ciascun figlio in base all'ordine di nascita (essendo l'assegno destinato anche ai primogeniti dal 1977) e infine fu aumentato il limite d'età entro il quale l'assegno veniva destinato alla famiglia (16 anni per i figli sani, 18 anni per quelli disabili).

– Aiuti alle famiglie/madri con molti figli → aiuti economici previsti già a partire dagli anni '50, erano destinati alle famiglie con più di 4 figli di età inferiore ai 5 anni e alle madri single (che avessero un lavoro, che fossero membri delle GAC o delle fattorie individuali non soggette all'imposta agricola) a partire dal primo figlio, fino al compimento del dodicesimo anno di età del bambino. L'importo di tali aiuti variava in base al lavoro dell'assegnataria, rimanendo la somma invariata per ciascun figlio dopo il settimo.

Nel 1972 fu introdotto un nuovo aiuto economico, riservato alle madri con una prole numerosa: fu previsto un assegno pari a 200 lei per le madri che crescevano 8-9 figli minorenni, e pari a 300 lei per quelle che ne 36 Consiglio popolare: organo istituito in sostituzione di Prefettura e Municipio, aveva il compito di

crescevano 10. Nel 1977 l'importo di questo aiuto economico fu maggiorato ed esteso a coloro che crescevano 5 o più figli: alle madri di I categoria (5-6 figli) veniva accordato un importo di 200 lei mensili, a quelle di II categoria (7-8-9 figli) un importo di 350 lei e a quelle di II categoria (10 o più figli) un importo di 500 lei.

– Aiuti destinati alle mogli di militari in servizio → aiuti previsti per coloro che erano incinte e non potevano lavorare, venivano erogati a partire dal quinto mese di gravidanza, essendo concessi fino agli 8 anni del bambino se la madre presentava un handicap. Le madri non sposate di figli riconosciuti da militari avevano invece diritto, se disoccupate, a 100-200 lei mensili fino agli 8 anni di età del figlio. A partire dal 1977 gli importi di questi aiuti furono aumentati, venendo destinati anche alle mogli di coloro che frequentavano la scuola militare e dei militari in ferma prefissata.

– Indennizzi per le famiglie delle cooperative agricole con figli → somme supplementari alle altre previste per legge, destinate ai lavoratori delle cooperative agricole a partire dal 1977. Questi indennizzi, di entità differente a seconda del numero dei figli, venivano erogati mensilmente fino ai 16 anni dei ragazzi.

• Agevolazioni di tipo finanziario (1985-1989)

– Assegno di natalità → dal 1985 l'importo dell'assegno venne aumentato a 1.500 lei per figlio e corrisposto alla madre a partire dal secondo parto. – Assegno familiare di stato → le somme destinate alle famiglie vennero

accresciute, su suggerimento di Ceaușescu, per adattarsi alla crescita dei salari reali della popolazione. La popolazione fu così divisa in 3 fasce di reddito, alle quali furono accordati importi che crescevano progressivamente con il numero di figli presenti nel nucleo familiare. – Aiuti alle madri con molti figli → questo tipo di aiuti vennero estesi alle

mese, che divenivano 500 per chi aveva 5 o più bambini.

– Aiuti per le mogli di militari in servizio → vennero garantiti aiuti alle mogli di militari disoccupate che fossero incinte (a partire dal quinto mese) o invalide, fino agli 8 anni di età del bambino. L'importo di tali indennizzi ammontava a 500 lei per chi viveva in città e 350 lei per chi risiedeva in campagna, e diventò cumulativo con gli assegni familiari. – Indennizzi per le famiglie delle cooperative agricole con figli → gli

indennizzi, pagati indipendentemente dagli assegni familiari di Stato, venivano erogati alle famiglie solo se uno dei due coniugi aveva lavorato presso la cooperativa agricola per almeno 20 giorni, raggiungendo gli obiettivi di produzione stabiliti. La somma erogata ammontava a 100 lei mensili per le famiglie con 1-2 figli, 200 lei mensili per quelle con 3-4 figli e 300 lei mensili per quelle con 5 o più figli.

• Agevolazioni di tipo non finanziario

– Vantaggi per le coppie di giovani/famiglie numerose → le coppie di giovane età, così come le famiglie con 3 o più bambini, avevano la priorità sia nell'accesso al credito per acquistare una casa che nel collocamento in case popolari costruite dallo Stato (il cui numero, per tutta la durata del regime, si rivelò comunque insufficiente a fronteggiare la domanda della popolazione).

Le famiglie numerose avevano la priorità nel far accedere i propri figli ai campi estivi e alle colonie, usufruendone gratuitamente; esse avevano anche la precedenza nell'acquisto di biglietti per le località di villeggiatura, per ragioni di riposo o trattamento medico.

– Vantaggi nell'assistenza sanitaria → Le donne incinte e i ragazzi fino ai 16 anni di età avevano diritto a prestazioni mediche, materiale sanitario e farmaci gratuiti.

mese, potevano lavorare solamente durante i turni diurni, senza effettuare straordinari; questo valeva anche per coloro allattavano dopo il parto. Le donne che svolgevano lavori di fatica o erano impiegate nell'industria pesante, a partire dal quinto mese di gravidanza e durante l'allattamento, non potevano ricoprire mansioni che comportassero rischi per la salute propria o del feto: esse erano obbligatoriamente destinate a reparti più sicuri o trasferite presso altri stabilimenti per il tempo previsto dalla legge, senza subire decurtazioni sul salario.

– Congedo di maternità → i provvedimenti legati al congedo di maternità vennero emanati nel 1965, rimanendo praticamente immutati fino al 1989. Una donna aveva diritto a 112 giorni di congedo per maternità, suddiviso in 52 giorni prima del parto e 60 giorni dopo la nascita. Nel caso in cui il bambino fosse nato morto, la donna aveva diritto a un congedo post-parto di 42 giorni. Durante questo periodo, la madre riceveva il salario per intero e aveva il posto di lavoro garantito, non potendo il datore di lavoro far terminare un contratto a una dipendente in maternità. Nel 1967 fu proposto, senza successo, di estendere il congedo di maternità postnatale a 120 giorni, per favorire quelle madri che dovevano occuparsi di un neonato con problematiche di salute o che non avevano aiuto da parte della famiglia per prendersi cura del bambino.

– Congedo per la cura di bambini malati → le impiegate madri di bambini fino ai 2 anni avevano diritto ad assentarsi da lavoro per curare i figli malati. Chi era assunta con un contratto a tempo determinato aveva la possibilità di usufruire di tale congedo solo se aveva raggiunto l'anzianità lavorativa necessaria. La durata di questo permesso veniva decisa dal Ministero della Sanità e dal Consiglio Centrale dei Sindacati.

– Congedo parentale → questo tipo di congedo dava la possibilità alle madri lavoratrici di lavorare con un turno part-time, ricevendo un salario pari alle ore effettuate. Coloro che facevano richiesta di tale congedo (che poteva o meno essere concesso, in base alle esigenze della ditta dove la

donna era impiegata) usufruivano di assegni familiari e calcolo dei contributi per la vecchiaia identici alle donne che invece continuavano a lavorare con turno full-time. Le neo mamme avevano diritto a una pausa di mezz'ora a intervalli di massimo 3 ore per poter allattare i neonati fino a 9 mesi; tali pause potevano essere evitate, richiedendo un'ulteriore riduzione dell'orario di lavoro.

– Riduzione dell'età pensionabile → Le lavoratrici che avevano cresciuto almeno tre figli fino all'età di 10 anni avevano diritto alla pensione anticipata di un anno (3 figli), 2 anni (4 figli) o 3 anni (5 o più figli). Una moglie, a partire dal compimento dei 50 anni e fino al suo decesso, aveva diritto alla pensione di reversibilità del marito se il matrimonio era durato almeno 10 anni, durante i quali la donna aveva dato alla luce almeno 4 figli.

– Aumento del numero di asili nido, scuole materne e istituti per minori → il numero di asili, scuole materne e istituti per la cura di minori aumentò dell'800% tra il 1965 e il 1989; nonostante ciò, i posti disponibili all'interno di queste strutture furono comunque sempre nettamente inferiori rispetto al numero di bambini che dovevano esservi accolti, creando situazioni di forte disagio per famiglie e personale impiegato in tali strutture.

Analizzando i provvedimenti presi durante gli anni in cui il decreto fu in vigore, è possibile notare come, nel periodo '66-'84, si cercasse di aiutare economicamente soprattutto le famiglie con almeno 6 figli, mentre nel periodo successivo si puntasse a sostenere maggiormente le famiglie medie (con 4-5 figli). Questo fenomeno fu probabilmente dovuto alla reticenza generale alla procreazione, comportamento strettamente legato alla crisi che attraversò il Paese

a partire dagli anni '8037.

L'introduzione di imposte supplementari per le persone senza figli fu un ulteriore mezzo utilizzato per invogliare i cittadini romeni a costruire famiglie numerose. La creazione di questa tassa aveva sia uno scopo economico, essendo il denaro raccolto in seguito utilizzato per pagare i contributi statali alle famiglie con figli, sia uno scopo punitivo, colpendo gli individui a livello finanziario e personale (si puntava a creare un senso di colpa verso la collettività, dovuto al fatto di non avere bambini). Queste tasse, introdotte a partire dal 1966, erano applicate a tutti coloro che avessero compiuto i 25 anni, sposati o meno; venivano esentati dal pagamento solo coloro che avevano avuti figli in seguito deceduti, che erano sposati con persone che già avevano figli o che erano affetti da handicap. Inizialmente il provvedimento consistette nella maggiorazione delle imposte del 10 o 20% in base allo stipendio del lavoratore; nel 1977, con la riforma delle imposte sui salari, fu istituita una tassa mensile, sempre in base allo stipendio del lavoratore, il cui importo variava a seconda del mestiere svolto (impiegato di stato e non, operaio, lavoratore agricolo nelle GAC o nelle fattorie autonome). Nel 1985 vi fu un'ultima maggiorazione dell'importo mensile da versare allo Stato, ugualmente calcolato in base allo stipendio e al mestiere del lavoratore.