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La regolamentazione dell'accesso all'interruzione di gravidanza tra il 1972 e il

La politica demografica socialista in Romania (1966-1989)

2.2. La rottura con Mosca: le conseguenze social

2.3.3. La regolamentazione dell'accesso all'interruzione di gravidanza tra il 1972 e il

Il decreto 770, in vigore fino al 1989, non rimase immutato nel corso degli anni. La prima modifica alla legge antiaborto venne apportata nel 1972, a seguito di uno studio basato su controlli medico-sanitari effettuati sulle donne di molte province. I dati raccolti evidenziavano come le gestanti nella fascia d'età 40-45 anni avessero probabilità molto più significative rispetto alle partorienti più giovani di incorrere in problemi come parto prematuro, placenta previa29, parto podalico, mortalità perinatale più elevata, ecc. I risultati analizzati dalla Commissione per la salute, il lavoro e la sicurezza sociale, istituita dalla Marea

Adunare Națională, portarono all'elaborazione di una proposta di modifica della

legge con la quale si richiedeva di abbassare il limite d'età per l'accesso 28 Decreței (Figli del Decreto) o Ceaușei (Figli di Ceaușescu): soprannome ironico dato alle generazioni

di figli non voluti nati dopo il 1966.

29 Placenta previa: Inserzione della placenta anomala a livello del segmento inferiore dell'utero che comporta emorragie e dolori durante il terzo trimestre della gravidanza.

all'interruzione di gravidanza su richiesta da 45 a 40 anni. La proposta fu approvata, visto che la quota di figli partoriti dalle donne oltre i 40 anni contribuiva solamente per l'1% alla crescita annuale della popolazione.

Se nel 1966 il tasso di natalità era cresciuto del 14,3‰ e nel 1967 addirittura del 27,4‰, nel 1973 iniziò la diminuzione costante del numero delle nascite nel Paese. Nel tentativo di far invertire questa tendenza, il governo operò sia dal punto di vista propagandistico che legislativo per spingere le donne a dare alla luce un numero sempre maggiore di figli.

Nel gennaio del 1974 vennero pubblicate le Istruzioni nr. 27 applicative al decreto 770/66, con le quali venne regolamentata in maniera più dettagliata la procedura da seguire nei casi di richiesta di aborto e di trattamento delle emergenze. Venne stabilito che le commissioni mediche preposte a giudicare le istanze di aborto fossero selezionate dal direttore sanitario, dalla Procura e dall'ispettorato provinciale del Ministero degli Interni, e che operassero in presenza di un rappresentante della Procura e del Ministero degli Interni. Si stabilirono linee guida più severe che non permettessero ai medici di far passare un aborto provocato per aborto spontaneo: ogni caso sospetto doveva essere vagliato con ulteriori esami specifici, al fine di impedire che fossero effettuate più operazioni dello stretto necessario.

Vi fu un giro di vite riguardo agli interventi di emergenza, che da quel momento potevano essere eseguiti solo in alcuni ospedali o reparti di ostetricia designati dalla direzione sanitaria nazionale e provinciale, obbligando le gestanti a rivolgersi all'ospedale della propria città o provincia. Nel caso che una donna fosse stata costretta a rivolgersi a un diverso ospedale, il personale medico avrebbe dovuto informare la direzione sanitaria del motivo e delle modalità delle operazioni. I kit per praticare aborti potevano adesso essere utilizzati solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione all'operazione, essendo custoditi da un membro del personale medico che era direttamente responsabile di qualsiasi uso improprio venisse fatto della strumentazione affidatagli. Era obbligatorio, infine, ricevere l'autorizzazione della Procura o della Milizia locale prima di effettuare

un'interruzione di gravidanza d'urgenza, essendo poi il procuratore tenuto a compilare un formulario con tutte le modalità di svolgimento dell'intervento entro 24 ore dallo stesso. Ogni infrazione del personale medico alle nuove direttive sarebbe stata punita secondo le modalità previste dal Codice Penale. Questi provvedimenti furono affiancati dall'istituzione di controlli periodici (semestrali o annuali) della popolazione femminile: presentati ufficialmente come metodo di rilevamento di patologie o anomalie fisiche, questi esami obbligatori servivano a rilevare la presenza di gravidanze in corso, che venivano così segnalate alle autorità sanitarie per evitare che vi fossero depistaggi da parte dei ginecologi. Vennero stabiliti anche controlli ginecologici sul posto di lavoro, durante i quali erano presenti un medico, un membro della Procura e un rappresentante locale del Ministero degli Interni. La salute delle donne venne così costantemente monitorata anche al di fuori degli ospedali, grazie all'attività delle direzioni sanitarie locali e alle istituzioni di controllo appositamente create, come l' Institutul pentru Ocrotirea Mamei și Copilului30.

Nonostante le Istruzioni del 1974 disciplinassero in maniera rigorosa le modalità di rilevamento delle gestazioni e di accesso all'interruzione di gravidanza, il tasso di natalità continuò inesorabilmente a decrescere. Nel febbraio di ogni anno il Comitato Politico Esecutivo del CC discuteva un rapporto a carattere segreto (redatto dalla Direcția Centrală de Statistică31) che illustrava l'evoluzione della popolazione e i principali fenomeni demografici dell'anno precedente: durante queste sedute Ceaușescu non nascondeva il proprio biasimo contro il Ministero della Sanità per i metodi a suo parere poco incisivi di applicazione dei provvedimenti, attitudine che spinse il governo ad adottare nuove norme. In seguito alla seduta del Comitato Politico Esecutivo dell'aprile 1983, il Ministero 30 Institutul pentru Ocrotirea Mamei și Copilului (Istituto per la Protezione della Mamma e del Bambino): istituti sparsi su tutto il territorio che si occupavano del monitoraggio dello stato di salute di donne e bambini in età prescolare e scolare, fornendo assistenza medica.

31 Direcția Centrală de Statistică (Direzione Centrale di Statistica): parte della Comisia Națională de

Demografie (Commissione Nazionale di Demografia), organo istituito a partire nel 1971 con il

compito di analizzare periodicamente gli indicatori demografici, proporre al governo misure per il loro miglioramento e diffondere pubblicazioni che permettessero di far conoscere alla popolazione le questioni demografiche e la loro importanza per lo sviluppo del Paese.

della sanità dette il via alla stagione di maggior inasprimento della legislazione antiaborto, introducendo alcune misure drastiche:

– la revisione di tutte le commissioni mediche della nazione, con l'inquadramento di quegli specialisti che avevano dimostrato la propria professionalità seguendo le direttive del governo;

– il controllo permanente del rispetto della legislazione sull'interruzione di gravidanza attraverso la presenza costante di esponenti della Procura o della Milizia negli ospedali (con particolare attenzione all'utilizzo lecito o meno dei kit per l'aborto);

– la restrizione della lista di patologie per le quali era possibile richiedere legalmente l'interruzione di gravidanza, al fine di evitare approvazioni abusive di aborti terapeutici;

– la riduzione del numero di farmaci che potevano essere prescritti alle gestanti;

– i controlli incrociati tra Milizia e Procura per scoprire chi praticasse illegalmente aborti;

– la riduzione del numero di ospedali e reparti di ostetricia in ogni provincia all'interno dei quali fosse possibile effettuare aborti legali;

– i controlli ginecologici obbligatori per tutte le donne che si trovassero all'interno degli ospedali, per poter scoprire eventuali malattie o gravidanze;

– gli esami ginecologici obbligatori per tutte le lavoratrici delle aziende, in particolare per quelle nella fascia tra i 20 e i 30 anni.

Nel corso della seduta venne anche stilato un programma per l'incentivazione della natalità che ricalcava lo schema dei piani quinquennali: furono posti come obiettivi per gli anni seguenti “la riduzione del numero di aborti pari al 30%, il miglioramento dell'assistenza medica per le donne incinte e la sorveglianza dell'evoluzione delle gravidanze, la riduzione della mortalità infantile pari all'8- 10% e l'educazione della popolazione alla crescita della natalità”.

Il risultato immediato dei cambiamenti apportati alla decreto 770 fu un calo del numero di aborti, ma non l'aumento del tasso di natalità, che raggiunse il 14,3‰ nel 1983 (il livello più basso mai raggiunto dopo l'introduzione del decreto). Durante l'analisi del rapporto segreto sulla crescita della popolazione, il dittatore continuò a sostenere come l'andamento demografico negativo della nazione dipendesse sia dall'operato di quei medici che si arricchivano grazie alle operazioni illegali e portavano avanti un'azione antisociale che impediva il normale sviluppo del Paese, sia dalla cattiva gestione del fenomeno e di tutti i suoi aspetti da parte del Ministero della Sanità. Per far fronte alla situazione, considerata particolarmente allarmante dal governo, fu in primo luogo redatto un documento che indicava quali fossero precisamente i compiti di ciascun organo che si occupava della questione demografica, e in un secondo momento fu deciso il cambiamento della legislazione riguardante l'aborto. Nel febbraio 1985, dopo aver visionato il rapporto segreto dell'anno precedente, Ceaușescu affermò: “Ho visto che in Europa deteniamo un numero di interruzioni di gravidanza maggiore rispetto a quello della RDT, della Francia, dell'Inghilterra, degli altri paesi socialisti. Non esiste in nessun altro luogo un numero così grande di interruzioni di gravidanza. Pur essendo da noi vietato l'aborto, ne abbiamo comunque un gran numero...è inammissibile questa situazione. A questo proposito dobbiamo discutere con le donne, con la popolazione e anche con i medici”(IX) La rigida posizione del dittatore di fronte al tema dell'aborto portò la dirigenza del PCR a varare una nuova riforma che portasse a un rapido incremento della popolazione. Il 26 dicembre 1985 fu quindi emanato il decreto 411, con il quale venne aumentata sia l'età per poter richiedere legalmente l'aborto (riportata da 40 a 45 anni) sia il numero di bambini che una donna doveva allevare prima di poter aver accesso all'interruzione di gravidanza (da 4 a 5 figli minorenni).

A dispetto dell'intento di Ceaușescu e del suo entourage, il nuovo decreto provocò l'aumento della mortalità materna e infantile, oltre all'incremento progressivo del numero di bambini nati con malformazioni di varia natura.

2.4. La propaganda di regime: da donna combattente a mamma eroina