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La propaganda di regime: da donna combattente a mamma eroina La propaganda attraverso i più svariati canali fu vitale per l'attività politica del

La politica demografica socialista in Romania (1966-1989)

2.4. La propaganda di regime: da donna combattente a mamma eroina La propaganda attraverso i più svariati canali fu vitale per l'attività politica del

PCR già dagli anni successivi alla sua nascita, a causa dell'illegalità nella quale l'organizzazione era costretta a operare. La questione femminile si rivelò subito uno degli argomenti più innovativi da dibattere, essendo la concezione socialista del ruolo femminile nella società estremamente innovativa e distante rispetto alla visione patriarcale tradizionale.

Il partito comunista romeno imitò la controparte bolscevica non solo adottando i toni della stampa sovietica nei suoi proclami, ma esaltando in tutto e per tutto la donna russa quale fonte di ispirazione da seguire: “mai nella storia dell'umanità e in nessun luogo del mondo la donna ha avuto e ha più diritti e più considerazione che in Unione Sovietica. Il governo sovietico […] ha cambiato totalmente la sua esistenza. L'ha liberata dalla schiavitù, le ha dato i diritti di una persona libera, l'ha chiamata a partecipare in modo attivo alla vita, alla costruzione dello stato e dell'economia e l'ha resa uguale all'uomo. […] I soviet, le fabbriche, le istituzioni e le campagne sono state le scuole dove la donna nuova, la donna sovietica è stata educata attraverso il lavoro”.(X)

Grazie al controllo assoluto assunto sui mezzi di comunicazione dopo l'ascesa al potere del PCR e l'instaurazione del regime socialista fu possibile portare a compimento la totale riproposizione delle politiche socio-economiche bolsceviche in Romania: il compito del giornale di partito Scînteia32, delle riviste

educative, delle diverse organizzazioni sociali, dei testi scolastici, dei film e degli spettacoli teatrali fu infatti quello di indottrinare la popolazione con i precetti della dottrina comunista, facendo sì che l'opinione pubblica accettasse di buon grado cambiamenti epocali attuati in un lasso di tempo molto breve.

Il prototipo ideale di figura femminile propagandata nella Romania a cavallo tra gli anni '50 e '60 era quella di una “donna combattente, lavoratrice, piena di 32 Scînteia (La scintilla): quotidiano del PCR fondato nel 1931 e pubblicato illegalmente durante il regime antonesciano. Dal 1944 diffonde ufficiosamente la linea politica adottata dal partito comunista, per poi diventarne di fatto il giornale ufficiale dopo l'instaurazione della dittatura. Scînteia cesserà di essere pubblicato nel dicembre 1989.

abnegazione e di sacrificio di sé, […] costruttrice del socialismo, che difende la pace”(XI), implicata nel miglioramento della società al pari del compagno di sesso maschile. La donna diveniva adesso padrona del proprio destino poiché, essendo entrata prepotentemente nel mondo del lavoro e dell'istruzione, poteva svolgere qualsiasi attività le sue inclinazioni e le sue abilità le permettessero: non era raro trovare su riviste e locandine parole di lode per la donna-trattorista, la donna-meccanico, la donna-fabbro, sottrattasi al giogo dell'improduttivo lavoro domestico grazie all'impiego delle proprie capacità in mansioni che fino a poco tempo prima le sarebbero state precluse. La prestanza fisica era importante per il regime al pari delle doti cognitive, poiché la donna socialista doveva essere sana e vigorosa per poter svolgere i propri compiti di lavoratrice fuori casa e di moglie e madre all'interno delle mura domestiche. Essendo prima di tutto una femeie

luptătoare (donna combattente), la donna romena non doveva curarsi in modo

eccessivo del proprio aspetto esteriore, così da evitare che le frivolezze legate a futilità come la moda la distraessero dai propri impegni nei confronti della società. La bellezza e la naturalità di un'immagine sobria e morigerata, segno di coscienziosità e rettitudine morale, era diametralmente opposta all'immagine della viziosa donna occidentale, preoccupata solamente della propria apparenza poiché il suo unico scopo nella vita era trovare un marito che potesse mantenerla, divenendo una volta sposata “malata e nervosa, che ha continuamente bisogno di cure mediche, non sopportando né una corrente d'aria né il più piccolo rumore”, e il cui nutrimento spirituale “consta spesso di romanzi equivoci e libri pornografici, della visione di spettacoli frivoli, di musica eccitante, di stimoli nervosi, stupefacenti inebrianti e conversazioni su tutti i tipi di scandali mondani”.(XII) L'immagine della donna asessuata e fortemente mascolinizzata fu la diretta conseguenza dell'influenza stalinista sulla politica nazionale; le rivendicazioni delle femministe di inizio secolo che avevano lottato per l'ottenimento dei diritti civili e politici, messe a tacere già a metà degli anni '40, non avevano mai invocato l'annullamento delle differenze di genere proprie di una società equilibrata.

I radicali cambiamenti imposti dalla classe dirigente socialista ebbero effetti contrastanti sulla vita quotidiana delle donne romene. Da una parte vi furono ripercussioni positive:

– venne incentivata la scolarizzazione di massa delle donne, che nell'arco di poco tempo raggiunsero livelli d'istruzione pari alla controparte maschile, anche in ambito universitario. L'educazione fu da subito percepita come l'unica via per raggiungere l'indipendenza attraverso l'autorealizzazione professionale;

– venne promosso l'ingresso delle donne in tutti i settori lavorativi, anche in quelli considerati prima di dominio esclusivamente maschile, come l'industria pesante. Contemporaneamente, fu attuata per legge una politica di eliminazione delle discriminazioni di genere sul luogo di lavoro, che prevedeva anche la garanzia di salari uguali indifferentemente dal sesso; – venne stimolata la partecipazione attiva a tutte le attività sociali, attraverso

l'adesione ad associazioni femminili, lavorative, ecc.;

– venne promosso un nuovo stile di vita anche per quanto riguardava l'ambito familiare, propagandando l'idea di collaborazione tra partner nella divisione dei compiti all'interno delle mura domestiche.

Sul lungo periodo si assisté però a un fenomeno di profondo peggioramento dello status sociale della popolazione femminile, dovuto ad alcuni fattori:

– il ritorno delle discriminazioni sul lavoro, dovute sia alle quote di posti riservati alle donne per legge (fenomeno che faceva dubitare della selezione meritocratica basata sulle reali capacità lavorative delle neoassunte), sia ai ruoli che esse ricoprivano. Mentre pochissime donne riuscivano in concreto ad accedere a posizioni di potere all'interno delle varie organizzazioni lavorative e governative, la maggior parte di esse furono destinate a lavorare nel settore dell'agricoltura, dei servizi, dell'insegnamento e dell'industria leggera, in qualità di lavoratrici non specializzate;

orari o riduzione dei giorni di riposo, che si ripercosse sulla qualità generale della vita. Le donne erano generalmente costrette a lavorare nonostante il marito avesse un impiego, poiché la molta manodopera sul mercato del lavoro contribuiva a mantenere bassi i salari erogati dallo Stato, rendendo necessario per il mantenimento di un livello di vita accettabile l'afflusso di due stipendi in ogni famiglia;

– la partecipazione politica percepita maggiormente come obbligo che come attività socialmente utile, sia perché sottraeva tempo a mansioni più urgenti (cura dei figli, lavori domestici, code per l'approvvigionamento di generi alimentari, ecc.), sia perché le organizzazioni femminili divennero nel corso del tempo organi di rappresentanza senza alcuna valenza politica;

– il peso della classica divisione dei ruoli all'interno delle famiglie, che si fece presto sentire in quanto eredità storica la cui influenza era difficile da eliminare; nonostante i proclami del regime a favore della realizzazione delle donne in campo lavorativo grazie ai vantaggi dati dal governo socialista, la maggioranza di esse dovette addossarsi tutte le responsabilità che la gestione familiare comportava. Di fatto il modello patriarcale tradizionale venne sostituito dal patriarcato di stato, che continuava a perpetrare lo squilibrio di potere tra uomo e donna celandolo sotto un falso egualitarismo di genere.

Con l'adozione della politica pronatalista voluta da Ceaușescu, la figura femminile propagandata dal regime subì un profondo cambiamento: il maggior contributo che le donne avrebbero potuto dare per la costruzione del socialismo nel Paese non constava più nella capacità produttiva del loro lavoro, ma nella possibilità di concepire un alto numero di figli; la figura femminile ideale dell'era ceaușista divenne così l'angelo del focolare, una donna devota al marito e ai (numerosi) figli e moralmente pronta a sacrificarsi anima e corpo per la cura della famiglia, le cui incombenze di moglie e madre si sposavano perfettamente con un eventuale lavoro fuori dalle mura domestiche. I canali della propaganda

rappresentavano il genere femminile caratterizzandolo rigidamente: pur avendo acquisito tratti maggiormente femminilizzati, continuava a essere esaltato solamente il lato materno delle donne, essendo ogni pulsione fisica e psichica che non si sposasse completamente con questa immagine irrimediabilmente sublimata dall'immaginario collettivo ufficiale. La disapprovazione pubblica colpiva tutte coloro che non rientrassero in questo canone: donne nubili, sterili (volontariamente o meno) e mamme single (definite femei pierdute, donne perdute) venivano pubblicamente biasimate poiché non rispettavano le rigide regole morali e sociali dettate dal regime.

La maternità era divenuta un problema di stato, e il governo aveva giustificato il proprio intervento nella vita privata dei cittadini affermando che “il feto è una proprietà socialista di tutta la società. Dare alla luce un bambino è un dovere patriottico. Coloro che si rifiutano di avere figli sono disertrici che si sottraggono alle leggi di riproduzione naturale.”(XIII) Il 2 ottobre 1966 su Scînteia si poteva leggere che “il grande pericolo sociale dell'aborto e le gravi conseguenze di ordine medico, demografico e sociale che genera hanno imposto che gli istigatori, i complici e i favoreggiatori (di tale atto) vengano puniti come alla stregua degli autori. Per gli stessi motivi saranno sanzionati anche i tentativi di aborto.”(XIV)

Dal momento dell'emanazione del decreto sui mezzi di informazione iniziò una feroce campagna antiaborto, condotta grazie alla pubblicazione di studi medici che sottolineavano la pericolosità di tale pratica per la salute fisica e mentale delle donne. Accanto alle ragioni mediche venivano addotte argomentazioni di tipo etico e sociale che giustificavano l'imposizione della maternità alle donne romene, come la loro naturale inclinazione ad adempiere al ruolo di madri e la loro responsabilità nella crescita e nell'educazione della prole. Anche il

conducător si espresse più volte sull'argomento: “il più elevato dovere

patriottico, civile di ogni famiglia è quello di avere figli, non si può concepire una famiglia senza figli. Costituisce il massimo onore e la più alta missione sociale per una donna quello di partorire, di donare la vita, di crescere bambini.

Non può esserci niente di più caro al mondo per una donna di essere mamma, di assicurare la realizzazione nella vita alle leggi di natura stesse, di procreare, di assicurare lo sviluppo continuo del popolo, della nostra nazione. Non può esistere una soddisfazione e una felicità più grandi per una famiglia, per una madre che quella di avere e crescere dei bambini”(XV); e ancora “non esiste un compito più nobile, più onorifico per le famiglie, per le donne di quello di crescere e di donare al Paese quanti più figli (possibile), di educarli e formarli con spirito sano come futuri affidabili cittadini per la nostra patria, capaci di sviluppare e far avanzare i risultati realizzati dai loro genitori, la causa del socialismo e del comunismo in terra romena.”(XVI) Lo Stato romeno, ispirandosi al regime stalinista, aveva istituito già a partire dal 1951 un sistema di riconoscimenti consistente nell'attribuzione di medaglie e premi in denaro per coloro che davano alla luce un certo numero di figli; le madri venivano così insignite:

– della medaglia della Maternità di II classe se avevano avuto 5 figli; – della medaglia della Maternità di I classe se avevano avuto 6 figli; – dell'ordine della Gloria Materna di III classe se avevano avuto 7 figli; – dell'ordine della Gloria Materna di II classe se avevano avuto 8 figli; – dell'ordine della Gloria Materna di I classe se avevano avuto 9 figli; – dell'ordine di Mamma Eroina se avevano avuto 10 o più figli.

L'indottrinamento delle donne veniva effettuato su più fronti: se da un lato c'erano le comunicazioni officiali di stato e scuola (leggi, discorsi dei dirigenti di partito in occasione di manifestazioni, testi scolastici di scienze, ecc.), dall'altro si ricorreva a stampa e cinema per influenzare l'opinione pubblica a favore della procreazione di una copiosa prole. In Femeia (Donna), rivista che il partito utilizzava per rivolgersi espressamente alle donne, si dispensavano consigli sull'economia domestica e il ménage familiare, non dimenticandosi di esaltare in modo ricorrente le doti di sacrificio e dedizione delle madri delle zone rurali. In opere teatrali e film si affrontavano invece le tematiche di famiglia e maternità, sottolineando come la scelta di non seguire le leggi naturali (e quelle del partito)

riguardo la propria vita privata portasse a conseguenze negative. Un esempio per tutti è rappresentato dalla pellicola del 1974 Ilustrate cu flori de câmp (Cartoline con fiori selvatici), film del regista Andrei Blaier ispirato a una storia vera. La vicenda si svolge in una cittadina in riva al Danubio dove Laura (Carmen Galin), ragazza bucurestina, si reca per porre fine a una gravidanza indesiderata grazie all'aiuto di Irina (Elena Albu) e di sua madre (Eliza Petrăchescu). In seguito alla procedura Laura muore, e Irina, non volendo tradire la madre durante l'inchiesta aperta in seguito alla morte di Laura, viene sconvolta dai sensi di colpa per aver preso parte all'aborto provocato e si suicida. L'intento educativo di questo genere di opere era duplice, poiché venivano mostrate sia le conseguenze di un aborto provocato illegalmente sulla vittima, sia la denuncia alle autorità dell'autore del reato, unico comportamento corretto che i cittadini avrebbero dovuto tenere una volta venuti a conoscenza di un simile fatto.

Nonostante Ceaușescu affermasse che la protezione della famiglia fosse uno dei principali compiti dello Stato, i cittadini romeni furono sottoposti a pressioni sempre crescenti proprio a causa dell'ingerenza del governo nella loro vita privata. Le leggi che limitavano l'accesso ad aborto e divorzio e l'abbassamento della qualità della vita spingevano le famiglie a cercare di procreare un numero esiguo di figli, ma la propaganda sottolineava continuamente il dovere patriottico che ogni nucleo familiare aveva nei confronti del regime: “ognuno deve comprendere che ha degli obblighi nei confronti della società, compreso quello di lasciare degli eredi. Non è un problema di fronte al quale chiudere gli occhi, la gioventù deve essere cresciuta con spirito sano, fedele alla società e alla famiglia; solo allora creeremo davvero una società socialista sviluppata da tutti i punti di vista. Non ci può lasciare indifferenti ciò che accade alle famiglie, il modo in cui si sposano e si separano i giovani, ritenendo che ciò riguardi solamente la loro vita privata. Sicuramente si tratta della loro vita personale, ma la società si è sempre occupata e deve occuparsi anche della vita privata delle persone.”(XVII) Le tensioni causate dal tentativo della popolazione di vivere una vita apparentemente normale, dal controllo ossessivo della società da parte delle

istituzioni e dalle dure sanzioni contro chi cercava di evadere da questo controllo portarono al lento disfacimento del tessuto sociale.

Paradossalmente, la quasi totalità di coloro che discussero, stilarono e approvarono le leggi volte a garantire i diritti e delineare i doveri delle donne romene all'interno della società socialista furono dirigenti e specialisti di sesso maschile.