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La politica demografica socialista in Romania (1966-1989)

2.8. Tra maternità forzata e libero arbitrio: l'aborto illegale

2.8.1. Storie di donne

Esperienze di vita così traumatiche possono essere comprese solo attraverso le testimonianze di coloro che le hanno vissute in prima persona. Le seguenti interviste descrivono nei minimi particolari in cosa consistesse subire un aborto illegale nella Romania di Ceaușescu.

L.M. - nata nel 1943, ballerina, due figli

“(Ha avuto il primo figlio a poco meno di un anno dal decreto, ossia nella prima generazione di ceaușei). Ho ripetuto il sondaggio, perché dopo il primo sondaggio non è successo niente. Sono andata da una mia cugina infermiera alla clinica...e ha iniziato così, pezzettino per pezzettino. Quando ho visto che usciva così, a pezzetti, mi sono detta: “ecco, sono pronta, adesso posso andare all'ospedale se succede qualcosa”...Quindi sono andata a teatro, cioè è passato qualche giorno così, e sono andata a teatro. Ed è iniziato il dolore...sembrava che fossi...la testa, qui, tutto il cranio imprigionato in un casco incandescente. E un dolore, e un caldo!...Non sapevo nemmeno come, le unghie mi erano diventate nere, e brividi! E le ragazze hanno chiamato M. a casa perché mi venisse a prendere da teatro, perché stavo molto male. C'era uno studio medico a teatro, e quando ci sono andata avevo la febbre a 41 e la pressione a 50! Quello si è spaventato e mi ha portato dal medico a Sahia. Mi ha anche ricoverato, non so perché, essendo di guardia la dottoressa...Alexandrescu, il terrore dell'ospedale.

Quando lei mi ha visto, mi sono detta: “Mamma mia, che mi farà ora?”. È arrivata da casa la dottoressa, e quando mi ha visto se ne è resa conto! Ha ordinato: “Calcio”, e mi hanno dato non so quante fiale di calcio. Si è seduta accanto a me e ha detto: “Non ti preoccupare... - parlando sottovoce – cara ragazza, dimmi cosa hai fatto così saprò come aiutarti. Ti do la mia parola che non dirò niente a nessuno”. Io non ho detto niente; si è resa conto che non avrei detto niente, ma non ha insistito, è stata una signora, capisci; mi ha mandata a letto e dopo mi ha fatto un tè bollente perché tremavo. Il secondo giorno mi ha fatto le analisi ed è uscito fuori che la gravidanza era al terzo mese. Incinta al terzo mese! E a iniziato a darmi medicine per continuare la gravidanza! Io, sapendo cosa avevo fatto, le buttavo, e camminavo e facevo una doccia, e camminavo e facevo una doccia. Stavo con...

Ero in una camera riservata con un'altra poveraccia – aveva una gravidanza extrauterina, facevamo docce bollenti e veniva a dirmi: “Dai, dammi un abbraccio!”

[…] Ed esco, dopo...non so, dopo due settimane di ricovero, sono uscita di lì con una gravidanza al terzo mese. Ma non ho preso nessuna medicina, tutte le medicine le ho buttate. Sono arrivata a casa, dopo una settimana sono andata a teatro. Stavo di nuovo male!! Male, non potevo camminare, non sapevo perché, finché non sono giunta a casa. Quando ero vicina a casa, ho sentito qualcosa di caldo...Plop! Arrivata a casa, mi sono guardata nelle mutandine: era così, come una ranocchia di quelle, come una gelatina di quelle, così. “Ah – ho fatto tra me e me – vado dal dottore”. L'ho messo nella carta igienica e la mattina dopo sarei andata dal dottore. Quando ho riguardato il secondo giorno non c'era più nulla, e non sono più andata, ti rendi conto! Dopodiché mi sono sentita bene. Ma passati altri 10 giorni, di nuovo!...dolore, dolore, non sapevo perché...di nuovo, l'ho sentito. Quando sono andata a casa, stessa cosa nelle mutandine, assomigliava a un cavolfiore, toh! Quella credo fosse la placenta. Così, come un cavolfiore, guarda, era così, come una conchiglia. Mi sono detta: “Domani vado in ospedale”, e ci sono andata. E, vedi, è andata così e così. Quando mi ha

controllato la dottoressa!...“Come, mi sei piombata tra capo e collo con una gravidanza...sei uscita dall'ospedale incinta di tre mesi e ora non c'è più niente?!?” “Signora, vede, così così e così”. Quindi ho sofferto da dicembre...un mese e mezzo ho sofferto.

[…]

Io ho avuto sei-sette interruzioni di gravidanza. Due sono state fatte legalmente all'ospedale Filantropia. Dopo è uscito il decreto. Quindi ho fatto così: una a Mogoșoaia, è venuto il dottore e mi ha assistito mamma. Poi a Constanța, ero in tournée. Cinque con il sondaggio. Prima di Cristina ci sono stati i gemelli: più o meno così, sei-sette.

[…]

Con i gemelli ero di circa 7-8 settimane. Sono andata dal dottore e abbiamo stabilito che venisse a casa. È venuto con un'assistente al seguito, con i suoi strumenti. Quella volta occorreva una somma abbastanza grossa, circa 3000 lei, erano 3000 lei contati. Qualcuno però mi aveva detto che c'era una persona molto capace, che aveva le mani d'oro e prendeva sui 1500 lei. “Bene, dico, che cosa faccio, che lui viene stasera?” “Vedi di inventarti una bugia da dirgli”. Come sono arrivata a casa, ho detto a M. “Cosa facciamo? Io mi nascondo in camera ed ecco cosa gli devi dire”. Quindi è arrivato quell'uomo e M. gli ha detto: “Signore, non lo facciamo più. Vede, mia moglie è molto sveglia, l'ha detto a una vicina e solo ora ci siamo accorti...speriamo che non lo dica (in giro), che Dio ci aiuti...” Quello si è spaventato, povero. E ha detto: “Signore, se è stupida, che sia almeno sana!” e se n'è andato. Come se n'è andato, sono salita su un taxi e sono andata da quella. Quando mi ha aperto, così...mi sono sentita male. Una giovane...magra...mi sono detta: “Oddio, nelle mani di chi mi sto mettendo?”... Mi sono detta “Quel dottore, è parola sua, no? Questa...ecco, rimango qui, cavolo, farà una cosa meravigliosa con me”. E poi? Fatto. Mi ha fatto un'iniezione e mi ha messo sulla tavola, dicendo che stava arrivando suo marito e che suo marito non sapeva che faceva queste cose a casa sua, sai. E...tutto fatto...e mi ha detto: “Ferma un attimo ancora, ce n'è ancora uno, sono due”. Così

ho saputo che avevo avuto dei gemelli. Poi ha finito non so cosa e mi ha fatto scendere dalla tavola, e dopo ha fatto effetto l'iniezione. Sembrava...che avessi la cenurosi45, renditi conto. Ecco anche il marito: quando mi ha visto, se n'è accorto ed è stato molto gentile. Ha detto: “Vieni, ti porto io a fino a casa”. Per essere uno che non sapeva che la lei, la sua ragazza, faceva aborti a casa, si sarebbe detto che anche lui aveva a che fare con questo affare, si capiva. Mi ha fatto salire in macchina e mi ha portato a casa, dove mi aspettava M. in cucina. L'ho salutato, non so che, e quando sono entrata in casa mi ha detto: “Aspettavo di vederti arrivare, sei andata via e non tornavi più”. Io gli ho detto “Ho avuto dei gemelli, gemelli...”. Quella è stata la prima volta che mi è dispiaciuto abortire, se avessi saputo che erano gemelli non lo avrei fatto.”(XLII)

I.A. - professoressa, nata nel 1959

“Non mi ricordo i particolari, ma quello che mi ricordo, quelle cose che mi sono rimaste impresse nella memoria, è che Milica [la sorella dell'intervistata – n.a.] ha preso una bottiglia di cognac, te l'ho detto...La tipa era molto chiacchierona, si è lavata ben bene le mani e ha detto che non avrebbe fatto nulla finché non avessi bevuto una tazza di cognac, come (fosse) caffè...Hanno assaggiato anche loro non so cosa, ma dopo che ho bevuto una tazza di cognac ti renderai conto che non ho più visto granché, anche se il dolore si è comunque sentito. Lei si è lavata molto bene le mani col sapone, e dopo – non mi ricordo molto bene, ma non credo che avesse i guanti chirurgici – allora, con una mano, non so quale, premeva sulla pancia, nella parte bassa, e introduceva l'indice e il medio dell'altra mano nella vagina...Poi mi sono resa conto di cosa facesse: riusciva a separare il feto dalla placenta!”(XLIII)

Anonima

Le mie esperienze in Romania in materia di aborto non sono totalmente normali, 45 Cenurosi: malattia parassitaria sostenuta da cestodi; si sviluppa negli ospiti intermedi della tenia (ad esempio, l'uomo) ed è dovuta all'ingestione accidentale delle uova dei parassiti. I parassiti, localizzandosi nel cervello, danno origine a una sintomatologia tipicamente nervosa (incoordinazione, paraplegia, disturbi della vista).

ma sono tipiche come esperienze vissute da ogni donna della mio Paese. La difficoltà che ho incontrato a trovare un medico, a trovare soldi sufficienti, a combattere la paura e a fare cinque aborti tra i 18 e i 23 anni – tutto ciò è normale per le donne romene. Anche se le mie esperienze sono tipiche, bisogna comunque aggiungere che, se sono rimasta sana e in vita dopo tutte le mie esperienze di aborto, è perché ho una posizione in qualche modo privilegiata.

I miei genitori sono stati membri del partito comunista prima del 1939 e hanno lottato nella Resistenza durante la seconda guerra mondiale. Dopo il 1945 sono stati ripagati con buoni posti di lavoro, che offrivano loro, per esempio, cure mediche speciali. Questi privilegi si estendevano anche ai loro figli, anche dopo che i miei hanno perso le loro alte cariche nella purga del 1952...

Il mio primo aborto

Il mio primo aborto è avvenuto quando l'operazione non era ancora divenuta illegale. Tutto ciò che ho dovuto fare è stato andare in ospedale – mia madre aveva parlato preventivamente con il dottore – e pagare 30 lei; a quel tempo, il salario medio mensile era di 1500 lei. Sono stata addormentata e, quando mi sono svegliata, il mondo era di nuovo tornato a posto. Quello stesso anno, nell'autunno del 1966, il diritto all'aborto è stato cancellato.

Il secondo aborto

Sono rimasta di nuovo incinta nella primavera del 1969. Ho iniziato a scoprire le diverse vie di evitare questa “cosa” senza ricorrere a un'interruzione di gravidanza. Ho scoperto che dovevo sollevare oggetti pesanti e fare bagni caldi, così caldi che prima dovevo ubriacarmi...

Bagni caldi, grandi quantità di vodka, sollevamento di pesi e sovradosaggio di chinino non mi hanno aiutato. Siccome né io né il mio fidanzato avevamo i soldi necessari per pagare la costosa operazione di interruzione di gravidanza (tra i 3000 e i 5000 lei), sono stata costretta a dirlo ai miei genitori. Fortunatamente, mia mamma era amica di un ginecologo che mi ha fatto l'operazione gratis, dopo

l'orario di ufficio, presso il suo studio. La paura di non essere colti in flagrante è stata provata da tutti i partecipanti. Nell'eventualità che accadesse qualcosa di imprevisto, non mi ha fatto che l'anestesia locale: l'operazione mi ha fatto molto male, ma è durata solo cinque minuti e si è svolta per il meglio. Dopo aver terminato, ho promesso a me stessa e a mia madre che la prossima volta sarei stata molto attenta, perché sapevo quanto potesse essere brutto dopo...

Il quinto aborto

Erano passati quattro anni dall'entrata in vigore della legge antiaborto. I dottori e i pazienti si erano adattati alla nuova situazione, adesso era più facile riuscire a fare un'interruzione di gravidanza illegale. Tutti conoscevano “qualcuno” − un dottore, una levatrice, uno studente di medicina – se avevi soldi per pagare. Io conoscevo un medico che era stato una fra le mie prime amicizie. Ho detto a mia zia che avevo bisogno di 4000 lei, e mi ha dato i soldi immediatamente. Il medico ha posticipato l'operazione due volte, ma alla fine è arrivato il giorno convenuto e ho scoperto che era divenuto “normale” negli ultimi quattro anni per tante donne romene. Sono dovuta andare da sola: non dovevo conoscere il nome del dottore, l'operazione si sarebbe tenuta in un appartamento, e alla porta occorreva utilizzare un segnale speciale.

All'arrivo ho ricevuto un anestetico e un sedativo locale: una tavola lunga e piccola, da caffè, sollevata con due gambi su alcuni libri per stare inclinata, serviva da tavolo operatorio; le mie gambe le ho messe su due sgabelli. All'altro estremo della tavola, sotto, stava un secchio, mentre il magnetofono aveva il volume al massimo. Due uomini sconosciuti, uno dei quali era il medico, hanno effettuato l'operazione. Avevo imparato dagli aborti precedenti quanto potesse essere dolorosa la procedura e che tutto sarebbe dovuto finire in cinque o dieci minuti, ma questa volta mi faceva più male e pareva non finisse mai. Il dottore imprecava, l'assistente mi teneva la mano cercando di calmarmi, ma il magnetofono non poteva coprire i miei gemiti. Dopo una mezz'ora che è parsa un'eternità, tutto era finito...La mattina dopo avevo la febbre. Il secondo giorno,

non diminuendomi la febbre, mi sono preoccupata e sono andata dal mio dottore al policlinico. Lui mi ha esaminato e ha constatato che mezzo feto era ancora dentro, quindi mi ha mandato immediatamente all'ospedale e ho avuto la fortuna di incontrare di nuovo il dottor X.

Dopo avergli raccontato che cosa avevo fatto, mi ha detto: “Speriamo che l'utero non sia perforato. Guardando il colore delle tue guance, temo che possa esserlo”. Il giorno dopo mi è stata fatta la seconda operazione, occasione nella quale il medico ha constatato che l'utero era stato perforato e che avevo un'emorragia interna. Sono stata operata in mezz'ora.

Tutto si è svolto così rapidamente che non c'è stato tempo per nascondere la situazione, il medico ha dovuto avvertire la milizia. Un suo rappresentante officiale ha assistito alla mia operazione e, quando mi sono svegliata, si trovava accanto al mio letto. Ha avuto inizio il primo interrogatorio: gli ho detto che non sapevo cosa fosse successo; lui mi ha risposto che era un “caso” talmente evidente che non c'era bisogno di un interrogatorio o di una confessione. Non bisognava che dicessi altro che il nome di chi aveva praticato l'aborto.

Dopo dieci giorni sono stata dimessa e a casa ho trovato una citazione in giudizio. Sono andata dalla milizia e ho mantenuto inalterata la mia deposizione secondo la quale non avevo fatto nulla e non sapevo come si era prodotta la perforazione uterina. Ogni tre giorni bisognava che mi presentassi alla milizia, ogni volta per le stesse domande tediose...

Nel frattempo tutta la mia famiglia e i miei amici erano stati informati dell'incidente. Rischiavo tre anni di carcere. Assieme al dottor X ho cercato una soluzione, e alla fine l'aiuto è venuto da alcuni amici dei miei genitori, che a loro volta erano amici di uno dei più importanti giudici della nazione. Loro l'hanno chiamato e gli hanno spiegato la situazione: la figlia di R., lo ricorda? Abbiamo lottato assieme nell'illegalità, ecc ecc...infine, sua figlia ha dei problemi...Lui ha promesso di occuparsi di tutto.

All'interrogatorio successivo ha partecipato un altro funzionario officiale, che mi ha detto che aveva il compito di risolvere il caso in modo giusto... Mi ha portato

di nuovo con lui all'Istituto di Medicina Legale e dal dottor X. è stata elaborata una spiegazione per la perforazione. Il 12 dicembre, diciotto giorni prima del ventitreesimo anniversario della proclamazione della Repubblica, il caso è stato chiuso per mancanza di prove. Il nuovo inquirente mi ha sussurrato che comunque non sarei finita in prigione, poiché era stata data un'amnistia in onore di quel ventitreesimo anniversario. Ha voluto sapere se ero davvero innocente: gli ho assicurato che lo ero.” (XLIV)

La seguente testimonianza racconta le vicissitudini di una donna che, oltre ad aver provato l'esperienza dell'aborto autoindotto in prima persona, aiutò altre donne a interrompere gravidanze indesiderate, motivo per il quale finì in prigione.

T.A. - contadina, nata nel 1946, un bambino

“Ho pensato questo, che...come fare per non aver un bambino. Ecco che ho fatto: ho cercato anch'io alcune di quelle radici di assenzio, una specie di pianta di qui. Mi sono arrangiata da sola. Come ho saputo della pianta? Eh, da una mia zia levatrice, sia perdonata; raccontava: “Sapessi quello che ho sofferto io quando da giovane, non ho potuto in nessun modo fare liberamente un figlio...perché diceva mio marito che lo avevo fatto con un altro. Diceva che era assolutamente necessario che facessi questa cosa, che mi arrangiassi come potevo”. Bene, ho preso una zappa per il granoturco e un badile e ho raccolto le radici da sotto, dalla zolla, per intendersi. Da lì ho preso la radice, buona, lunga e grossa come un dito, l'ho lavata per bene, l'ho pulita, con un coltello ho fatto un buco così, ne ho legate altre con un filo d'acciaio e me le sono messe dentro, nell'utero. Dopodiché le ho tenute 12 ore, non di più, perché da quel momento cominciava a venire già un po' di ciclo. Dopo iniziavano i dolori, faceva male la pancia, dovevi lavorare, fare cose, non so che, e poi, tempo una settimana, il bambino se ne andava. Io non ho mai voluto....come dire, andare in ospedale; il medico non sa di nessun mio aborto. Non ho mai preso medicine da loro. Mi sono arrangiata,

quando con una sonda, quando con...altre cose, Dio mi perdoni, che mi sono arrangiata e sono stata arrestata per questo motivo, per l'aborto...

Mi sono provocata cinque aborti. Non sono andata da nessuno, ma ho avuto un'amica vicina: sai quando sei disperata? Ecco, in quei momenti, le dicevo di portarmi un bicchiere di țuică o un tè. Ho avuto anche un bambino di sei mesi, ho partorito un bambino formato di sei mesi. Non potevo abortire, diciamo, a due mesi o uno. Non riuscivo, ci ho anche provato inutilmente, avevo un utero molto resistente e non ci riuscivo se non al sesto mese. E a sei mesi, quando lo vedi, Dio ce ne scampi, muore rantolando senza che l'abbia ammazzato! Ecco...con queste mie mani...l'ho sotterrato fuori casa. Non ho avuto nessun problema, che se chiedi a questa levatrice, che è una levatrice (ha fatto da levatrice anche al bambino che ho avuto), ecco, da lei non sono andata nemmeno quella volta. Io ho saputo occuparmi di me stessa da sola. Mi facevo i lavaggi con l'irrigatore, col tè di camomilla. Non è stato necessario nemmeno un intervento successivo.

Con l'arresto è andata in questo modo, ho aiutato un'altra donna: lei è venuta da me e mi ha detto che aveva tre bambini. Suo marito era andato in cerca di fortuna, come si dice da noi – all'estero, a guadagnare soldi. Lei...ecco, è stata sfortunata pure lei. “Povera me, cosa farò? Io vado e mi ammazzo. Non voglio fare altri figli. Io vado e mi ammazzo”. “Accidenti a me, proprio te, Mari, ti vuoi ammazzare?” Lei è andata da sola alla farmacia e ha portato questa roba, il siero fisiologico e tutto ciò che le sarebbe servito.

Le ho introdotto una sonda (nell'utero), nella cucina di casa sua. Era giorno – era proprio come adesso, era bello, caldo. Ho rotto quella fiala, le ho infilato dentro la sonda e ci ho messo dentro il liquido. Non è successo nulla, ma poi è rimasta paralizzata. Ecco che ha fatto: ha preso ed è andata da una vicina a fare il fieno, le hanno dato la țuică di prugne e ne ha bevuto, poi ha bevuto pure del vino frizzante. Siccome si è sentita male, ha dovuto partorire: è venuta una dottoressa, che da noi c'era una dottoressa, una dai capelli rossi, non so di dov'era, era tedesca o qualcosa così, straniera, non era delle nostre parti; le ha fatto un'endovenosa, ma non stava male per via dell'aborto provocato. Lei non lo

sapeva, non lo sapeva, che il diavolo se la porti – perdonami Signore, non so che