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Morfologia della falda

Nel documento PAT COMUNE DI M ALO (pagine 29-0)

5. S UOLO E SOTTOSUOLO

5.3 Aspetti Idrogeologici

5.3.3 Morfologia della falda

La falda freatica presente nell’alta pianura a nord di Vicenza è stata oggetto di numerosi studi, che portano ad una sostanziale convergenza riguardo alla morfologia della sua superficie ed alla direzione generale del deflusso sotterraneo.

La morfologia si mantiene infatti piuttosto costante nel tempo, indipendentemente dalle oscillazioni del livello freatico, come è chiaramente rilevabile dai dati riferibili alle campagne freatimetriche eseguite nel periodo 1975-2000. Esso dunque non è stabile ma oscilla nel tempo, in relazione ai processi di ricarica e di drenaggio. La profondità della falda è soggetta a continue variazioni durante l’anno, anche di alcuni metri da una stagione all’altra, tuttavia nell’area indagata si mantiene tra 35.0 m e 45.0 m dal p.ca. Nel suo insieme essa si muove dai limiti settentrionali del territorio verso i limiti meridionali, affiorando in superficie più a sud, lungo la fascia dei fontanili.

PAT MALO – VAS STATO AMBIENTE 07P19_W01R01_stato ambiente.doc 29 5.4 Modalità di scolo delle acque meteoriche

Lo scolo delle acque meteoriche è realizzato settorialmente e non in modo soddisfacente. Va segnalata tuttavia una migliorata situazione idraulica rispetto agli anni

‘90, dovuta all’azione del Consorzio Argille nelle singole aree di cava ripristinate, e soprattutto ai lavori di bonifica eseguiti sui torrenti Leogretta e Trozzo Marano. Problemi idraulici rimangono ancora presenti nel territorio di Isola Vicentina e più settorialmente in quelli di Villaverla, Malo e Caldogno; essi possono essere affrontati e risolti a scala sovracomunale, risistemando e ampliando almeno uno degli assi principali del drenaggio (Leogretta o Trozzo Marano). Attualmente infatti, anche ove possibile lo scarico diretto delle acque meteoriche, i corsi d’acqua suddetti non sono sempre in grado di canalizzare le portate idriche.

Si deve pertanto ovviare in sito con l’infiltrazione diretta nel sottosuolo tramite trincee drenanti e pozzi assorbenti. Tale pratica, tra l’altro, è spesso presente nelle zone di espansione urbanistica. A scala locale quindi, ove lo scarico diretto non è possibile per la pensilità dei corsi d’acqua, devono essere attuate bonifiche idrauliche da considerarsi parte integrante del progetto di coltivazione della cava o del comparto.

5.5 Uso del suolo

Nell’insieme l’attività agricola a Malo ha subito, almeno in parte, la profonda crisi che ha interessato il settore a partire dagli anni ’60 e che ha comportato una riorganizzazione, spesso traumatica, di questa attività.

Una delle conseguenze più note, oltre la meccanizzazione dell’agricoltura, è stata quella dell’abbandono delle terre meno produttive o difficilmente lavorabili a favore dei più redditizi appezzamenti di pianura. L’allargamento dei mercati e la separazione della fase di lavorazione del prodotto da quella di produzione poi, fecero sorgere problemi localizzativi e di marginalità, divenuti importanti al fine di ridurre i costi di trasporto di prodotti spesso a basso valore aggiunto.

Per tali ragioni il paesaggio agrario di Malo ha visto progressivamente ridursi l’attività agricola tradizionalmente praticata, fra le tante difficoltà dovute anche alla morfologia del luogo, con il conseguente spopolamento delle contrade e l’abbandono di parte delle campagne.

L’insenilimento del settore né è una testimonianza, come è possibile ricavare dall’analisi dell’età media dei conduttori. Le sole aziende agricole ancora in crescita sono quelle specializzate nella zootecnia sia volta alla produzione di latte sia a quella di carne, sia infine nel settore degli allevamenti avicunicoli.

La lettura incrociata di questi fatti indica chiaramente come esistano all'interno del territorio comunale di Malo vaste aree di elevato interesse ambientale. Sono in particolare le aree pedecollinari e collinari, con la maggior presenza di boschi, prati, corsi d’acqua, formazioni arboree lineari e minore presenza dell'extra agricolo, a costituire gli ambiti di più elevata qualità.

L’area di pianura comprende invece aree a diverso grado di utilizzazione agricola: a vasti ambiti agricolo-produttivi si alternano aree dove il ruolo dell’agricoltura è connesso alla presenza di importanti segni del paesaggio agrario storico.

Si tratta di individuare le aree ove minore è la pressione antropica, sia in termini di presenza di manufatti, che a livello di interventi colturali, secondo il principio per cui al minor livello di interventi esterni corrisponde il massimo livello di variabilità ecosistemica e quindi di stabilità.

L’analisi del sistema rurale ed ambientale individua grandi ambiti omogenei, sulla base del grado di antropizzazione, del tipo di utilizzo del suolo e del rilievo degli elementi del paesaggio agrario e sono così definiti:

nella collina:

ƒ ambiti con prevalente presenza di aree boscate ed assenza di edificazione, anche con biotopi, ovvero ambiti omogenei di rilevante/eccezionale valenza paesistico-naturalistica, privi di edificazione e interventi antropici

ƒ paesaggio agrario storico collinare, in cui è stata rilevata la cospicua presenza di masiere non degradate e/o ancora utilizzate dall’uomo, associate spesso alla presenza di colture legnose di pregio (vite, olivo, fruttiferi ecc) con buona esposizione, situate in prossimità di contrade o lungo tratti di strada del sistema viario principale o secondario, dotate di grande “visibilità” e importanti anche dal punto di vista della tutela idrogeologica

nella pianura:

ƒ un ambito pedecollinare e vallivo, corrispondente al tratto di campagna relativamente integro e paesaggisticamente importante, che dal sistema fluviale Giara/Livergon arriva fino al piede della collina, oltre alla importante incisione valliva costituita da Vallugana; l’importanza di tale sistema sta anche nel fatto che la sua presenza si estende ben oltre il territorio di Malo: a nord verso Monte di Malo e oltre; a mezzogiorno al piede dei versanti in comune di Isola Vicentina e più giù verso Costabissara

ƒ una grande zona agricolo-produttiva, in cui si concentrano le principali attività del settore primario (aziende agricole vitali), vi è la maggior presenza di investimenti fondiari e la maglia poderale si presenta abbastanza integra, posizionato nella fascia Est del territorio agrario fino a includere buona parte di Molina

ƒ aree rurali di pianura, pur importanti dal punto di vista agricolo-produttivo, e con elementi di paesaggio agrario storico, costituiti dai residui delle centuriazioni romane: alta pianura a Nord-Ovest e verso Molina

ƒ una fascia di agricoltura “minore” con limitata importanza economico-produttiva e presenza piuttosto estesa di “frammentazione fondiaria”, posta in fascia periurbana, che include anche le aree agricole “inglobate, cioè su tre lati

“aggredite” dall’extra agricolo: essa è principalmente sviluppata ad est dell’attuale strada statale

ƒ in ambito collinare più concentrate e di limitata dimensione, più estese in pianura, vi sono le contrade e i borghi rurali

5.6 Rischio sismico

Il rischio sismico è riferito alla classificazione approvata dalla Giunta Regionale del Veneto che recepisce la classificazione introdotta con l’ordinanza n°3247 della Presidenza del Consiglio.

Con l’adozione di questa classificazione il territorio provinciale di Vicenza, analogamente a quello di tutto il Veneto, viene considerato sismico e suddiviso in quattro zone, con livello decrescente da 1 a 4.

Per quanto riguarda l’aspetto sismotettonico il comune di Malo ricade in area considerata a basso rischio sismico: è classificata in classe 3.

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Figura 5-1. Rischio sismico della provincia di Vicenza

Con il sopraccitato provvedimento sono state inoltre definite le direttive per l’applicazione della norma statale, in base alla quale i progetti di opere da realizzarsi all’interno di ambiti classificati a livello sismico 3 devono essere redatti secondo la normativa tecnica per le opere in area sismica, senza l’obbligo di esame da parte degli Uffici del Genio Civile.

5.7 Attività estrattiva

La presenza di intensa attività estrattiva principalmente di argilla nei comuni di Isola Vicentina, Caldogno, Malo e Costabissara e lungo l’Astico, rappresenta da sempre una delle cause di degrado ambientale a maggiore impatto in quanto modificano la morfologia dei luoghi in modo spesso irreversibile. Anche nel comune di Malo l’attività è stata presente e lo è tuttora come dimostra l’estratto del PTCP 2006 per il territorio comunale.

Figura 5-2. Cave attive ed estinte nel territorio di Malo [fonte: PTCP]

Di seguito si esamine più nel dettaglio il tema riportandone caratterizzazione e problematicità.

5.7.1 Consorzio Gestione Argille

L’attività estrattiva è attualmente coordinata dal Consorzio Gestione Argille costituitosi il 20/04/1990 e che ha consentito indiscutibilmente un beneficio sul fronte dei prezzi di acquisto del diritto di escavo, nei riguardi dei proprietari dei terreni, calmierando sensibilmente il mercato, ed evitando la corsa all’accaparramento di aree favorevolmente indiziate per l’escavazione di argilla, da parte delle singole fornaci, non più, in questo modo, in concorrenza fra loro per l’acquisto della materia prima.

In quest’ottica, controllando responsabilmente la fase di ripristino ambientale, il Consorzio si rende garante, verso terzi, in primo luogo l’Ente locale, di una omogenea ricomposizione ambientale, che tenga conto della situazione al contorno, e preveda, a medio e lungo termine, il recupero agricolo-ambientale e paesaggistico anche delle aree oggetto di attività estrattiva passata.

La produzione interessa una vasta gamma di beni, dai laterizi in genere, alle coperture in cotto, ai vasi per fiori, alle canne fumarie. Le aree di mercato per i diversi prodotti (dai laterizi in genere, alle coperture in cotto, ai vasi per fiori, alle canne fumarie) sono rappresentate principalmente dalle Tre Venezie, ma esiste un componente verso altre regioni italiane e, specialmente per i prodotti di qualità, verso molti Paesi Europei ed extraeuropei (alcune società consorziate esportano circa l’80% della loro produzione): in particolare le ditte consorziate che producono vasi per fiori, coprono l’80% del mercato nazionale ed il 40 % di quello mondiale.

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Figura 5-3. Esempio di cava di argilla (da via Santa Maria) 5.7.2 Escavazione

Essendo l’argilla distribuita in modo irregolare, sia in superficie che in profondità, l’escavazione segue l’andamento del letto del giacimento, con una media intorno ai 4.0 m dal p.c. e punte massime sui 6.0 m 6.5 m.

Le operazioni di escavazione, eseguite in periodi asciutti, iniziano con l’asportazione del terreno vegetale (50 cm 60 cm di spessore), che viene accantonato lungo le fasce di rispetto e sulle parti già scavate, per essere utilizzato durante la fase finale di ricomposizione ambientale, al fine di restituire il luogo all’originario uso agricolo.

Il materiale argilloso viene caricato su autocarro e trasportato nelle aree di stoccaggio delle Fornaci. Il materiale ghiaioso associato ai materiali argillosi è generalmente asportato come materiale di scarto. Altri materiali di scarto sono utilizzati nel processo di ricomposizione finale e nel ripristino delle scarpate.

Il processo di estrazione dei materiali argillosi determina dei graduali e duraturi cambiamenti morfologici ed idraulici. Il fenomeno risulta più vistoso quando l’escavazione interessa piccoli ambiti, distribuiti disordinatamente su proprietà diverse, a causa dell’impossibilità di eliminare le scarpate e le brusche variazioni di livello.

Invece su ambiti territoriali vasti e contigui, la ricomposizione geomorfologica riduce gli effetti ambientali delle escavazioni entro limiti accettabili, anche se rimangono non risolti i problemi idraulici determinati dall’abbassamento del piano campagna.

Si conferma come elemento guida per disciplinare l’attività estrattiva il comparto, definito arealmente dagli elementi morfologici ed urbanistici dei territori comunali interessati da escavazione. All’interno di esso è più facilmente realizzabile un intervento di ricomposizione ambientale unitario, uniformando l’escavazione indipendentemente dalla potenza del materiale argilloso, sulla base di precisi riferimenti topografici del singolo comparto.

5.7.3 Attività estrattiva e rete idrografica

Il torrente Leogra – Timonchio è un corso d’acqua di una certa importanza, con un bacino tributario di ben 105 Km2 ed una portata media defluente di circa 4 cm/sec alla sezione di chiusura, in corrispondenza della linea delle risorgive.

Come già visto oltre che da detto torrente, il sistema idrografico principale è costituito dal torrente Orolo – Giara (bacino idrografico di circa 45 Km2), dal torrente Rostone (corso d’acqua artificiale), dal Trozzo Marano (corso d’acqua artificiale) e dal Leogretta (corso d’acqua artificiale).

Il regime di questi corsi d’acqua è assai variabile, con rapide transizioni dallo stato di magra a quello di piena. Nei periodi siccitosi il letto dei corsi d’acqua risulta completamente asciutto, a causa sia delle dispersioni negli acquiferi alluvionali che delle numerose utilizzazioni civili e industriali. In massima parte questi corsi d’acqua risultano pensili rispetto alla piana circostante, con argini sopraelevati delimitati da filari alberati.

L’intensa e diffusa escavazione di questi ultimi anni ha intaccato il sistema di drenaggio secondario, modificando i livelli naturali di scolo, deviando e/o ostruendo i fossi di raccordo e collegamento.

5.8 Discariche

Nel territorio del comune di Malo è presente una discarica rifiuti speciali inerti non più utilizzata e per la quale è già stato gestito il post mortem. E’ localizzata nella parte nord ovest del comune, in una zona prevalentemente produttiva/artigianale.

Figura 5-4. Localizzazione della discarica non più utilizzata nel territorio comunale di Malo [fonte:

PTCP]

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6. BIODIVERSITÀ, FLORA E FAUNA

Gli elementi di interesse ambientale forniscono un quadro d'assieme delle caratteristiche fisiche e biologiche che coesistono sul territorio. Il concetto di biodiversità è riportato all’art. 2 della legge di ratifica della convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro nel 1992 (L. 14 febbraio 1994, n. 124) come: variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi gli ecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell’ambito delle specie, e tra le specie degli ecosistemi. A giorni nostri il termine biodiversità abbraccia uno spettro biologico più esteso e complesso che oltre alle specie, alla variabilità genetica delle stesse, agli habitat ed agli ecosistemi, si allarga fino ai paesaggi, alle regioni ed alla stessa biosfera.

La presenza di aree verdi in città e la diversità biologica ad esse associata, sono sicuramente elementi che contribuiscono al miglioramento della percezione dell’ambiente urbano e della qualità della vita dei cittadini. I benefici delle aree verdi sono di carattere ecologico e sociale, ad esempio, offrono spazi ricreativi ed educativi, migliorano il clima urbano, assorbono gli inquinanti atmosferici, riducono i livelli di rumore, stabilizzano il suolo, forniscono l’habitat per molte specie animali e vegetali.

Le analisi disponibili consentono di mettere in evidenza nel territorio comunale i tipi di habitat e le unità ecosistemiche del territorio (Figura 6-1) e le categorie forestali presenti (Figura 6-2) in particolare nell’area collinare che poco al di fuori del territorio comunale è catalogata come SIC, come esaminato più avanti (Cap. 6.3).

Figura 6-1 Tipi di habitat e unità ecosistemiche presenti nel territorio

A parte le aree urbanizzate (città-centri abitati) ed il sito industriale localizzato verso Molina connesso con Marano Vicentino, si evidenziano le cave presenti, come già visto, in particolare in ATO 4 e il territorio di pianura che viene classificato come colture di tipo estensivo e sistemi agricoli complessi. L’ATO 5 è quella che contiene la maggior varietà di habitat trovando collocazione a:

- robineti;

- castagneti;

- foreste mediterranee ripariali a pioppo;

- formazioni postcolturali a frassino maggiore e nocciolo;

- carpiteti e quercecarpineti;

- boscaglie di Ostrya carpinifolia;

- prati concimati e pascolati.

Si nota infine la presenza di un corridoio ecologico primario della rete ecologica regionale lungo il torrente Timonchio (ATO 4) e della stepping stone “Fossi di Vallugana”, assimilata ad un nucleo di connessione, che dall’ATO 5 si espande anche fuori dal territorio maladense verso i comuni di Isola Vicentina.

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Figura 6-2 Dettaglio sulle Categorie Forestali (con idrografia) e sul vicino SIC Biotopo "Le Poscole"

Andando ad analizzare specificatamente le categorie forestali della zona si riscontrano in ATO 5 alcune tipologie tipiche dell’area collinare che comprende anche i comuni limitrofi: la predominanza risulta di ornoostrieti e ostrioquerceti variata da castagneti e rovereti, qualche presenza di formazioni antropogene e arbusteti. Come approfondito al Cap. 6.3 poco al di fuori del territorio comunale vi è il SIC IT3220039 Biotopo "Le Poscole" che si estende per 149 ettari nei comuni di Cornedo Vicentino, Monte di Malo e Castelgomberto.

6.1 La flora

La vegetazione è costituita da molteplici entità botaniche ed è rappresentata a Malo, soprattutto nella zona collinare, da un’estrema varietà di generi e specie d’alberi, arbusti

e piante erbacee: dalla flora tipicamente xerofila e mediterranea, fino a quella più propriamente termofila e planiziale.

In particolare si riscontrano

- diversi boschi nella zona collinare, secondo l’esposizione, delle cure colturali, della fertilità stazionale, dello spessore di suolo, dell’altitudine ecc.

- le alberate, tipicamente presenti nelle fasce pedecollinari, anche con specie di particolare interesse (“le dudole” = Dyospiros lotus, “cugino” del Kaki) e la vegetazione ripariale (salici, platani, pioppi, ma soprattutto formazioni monospecifiche di Alnus glutinosa = Ontano nero)

- esemplari arborei di castagno, di faggio, ecc.

Le specie arboree presenti nelle campagne della pianura di Malo sono poche: di quella che un tempo era una fitta rete di alberate e siepi, oggi troviamo tratti discontinui e frammentati.

La robinia (Robinia pseudoacacia) è la specie più diffusa, domina incontrastata lungo tutte le formazioni lineari non piantate ma lasciate alla rinnovazione spontanea. Prevale lungo tutti i corsi d’acqua principali e minori, sia in formazioni chiuse che discontinue.

Governata a ceduo subisce a turni ravvicinati, inferiori ai 10 anni, il taglio a raso. La robinia costituisce formazioni arboree monospecifiche, nelle quali la partecipazione di altre specie è possibile, ma resta comunque minoritaria, solo per quelle a rapido accrescimento, come il pioppo nero o il salice bianco.

L’acero campestre (Acer campestre) fu la specie più utilizzata per maritare le viti ed ancora oggi si trova abbastanza diffusa, in filari di piante mature, governate a capitozza alta o lasciate invecchiare a tutta chioma. Si segnalano per dimensioni, gli aceri campestri presso contrada Canova: una ventina di esemplari in due tratti di filare. Sono invece solo pochi i resti di siepi campestri ad acero (es. strada tra Pontera e Case di Malo).

Il pioppo nero (Populus nigra) è la specie più frequente sul territorio planiziale.

Tradizionalmente i pioppi governati a capitozza alta affiancavano capezzagne e corsi d’acqua, mentre solo occasionalmente si lascia all’albero la possibilità di esprimere tutta la sua maestosità. Questo avviene sempre per esemplari isolati, posti a segnalare un confine tra più proprietà o nelle aie agricole ad ombreggiare qualche fabbricato rurale.

Il salice bianco (Salix alba) si trova diffusamente lungo i fossi ed i canali irrigui dove viene in genere mantenuto capitozzato da vimini a circa un metro da terra; è inoltre specie che spontaneamente colonizza i terreni umidi e si trova pertanto nelle zone inutilizzate delle cave ancora in attività

Il noce (Juglans regia) è specie coltivata apprezzata anche oggi, tant’è che si continua a piantare in filari lungo strade interpoderali. Sempre diffusa per piantagione la troviamo in filare con aceri campestri a maritare vigneti, lungo capezzagne, nei frutteti, in prossimità delle abitazioni rurali. Da segnalare per maestosità e dimensioni il noce nel cortile della fattoria all’incrocio tra Via Soran e Soranello.

Il gelso (Morus nigra) è presente in misura nettamente inferiore alle aspettative, resta qua e là come presenza sporadica, rari sono invece i filari di questa sola specie, probabilmente soppiantata dal pioppo e dal noce.

E’ storicamente riportato che “a Malo nel 1840 ne vennero censite 5.000 piante, a metà del Novecento, il declino del setificio causa l’estirpazione dei 6.000 gelsi censiti…”(Cogo).

PAT MALO – VAS STATO AMBIENTE 07P19_W01R01_stato ambiente.doc 39 Le piantate sono per la maggior parte resti di vigneti maritati ad aceri campestri, dove la vite è talvolta ormai scomparsa. Sono filari semplici o doppi, occasionalmente fino a quattro insieme, che si sviluppano per la lunghezza di un campo o meno. L’impressione è che a Malo la trasformazione delle campagne sia stata molto più incisiva e drammatica rispetto che in altri comuni dell’alto vicentino; infatti, la presenza di filari alberati è inferiore per quantità, povera di specie rispetto alle potenzialità ambientali. Il grado di manutenzione dell’esistente (poco) è comunque buono, in generale si procede alla sostituzione delle piante morte, magari preferendo il noce, ‘tornato di moda’ negli ultimi anni. Anche qui è sensibile la moria del ciliegio, colpito da numerosi patogeni, a conferma del deperimento che nell’ultimo decennio si registra diffusamente per questa specie. Gli arboreti da legno sono pochissimi e tutti inferiori all’ettaro di estensione.

L’unico esempio per le specie autoctone esiste lungo la SP n. 48 della Molina all’altezza del ponte sull’autostrada; un impianto di Paulownia sp. di pochi filari si localizza lungo Via Pisa; due sono gli appezzamenti a noce da legno.

I torrenti e le rogge sono affiancati per tratti più o meno estesi e contigui da formazioni lineari governate a ceduo. La ricchezza floristica di queste cenosi si mantiene in generale molto modesta. La parte del leone la fa la robinia, specie ruderale ed invadente che, favorita dagli interventi di manutenzione (ceduazione) delle sponde, blocca i processi naturali di evoluzione verso le fitocenosi tipiche degli ambienti ripari.

Altre specie arboree abbastanza diffuse in mescolanza sono l’acero campestre, il pioppo nero e il salice bianco, localizzata è invece la presenza dell’ailanto (Ailantus

Altre specie arboree abbastanza diffuse in mescolanza sono l’acero campestre, il pioppo nero e il salice bianco, localizzata è invece la presenza dell’ailanto (Ailantus

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