4. A CQUA
4.3 Rete acquedottistica
Il Piano Regionale di Risanamento delle Acque ha suddiviso il territorio della regione veneto in zone omogenee caratterizzate da diversi indici di protezione dall'inquinamento in funzione della vulnerabilità dei corpi idrici, dell'uso degli stessi e delle caratteristiche idrografiche, geomorfologiche ed insediative del territorio.
Il comune di Malo rientra all’interno dell’Ambito Territoriale Ottimale del Bacchiglione Ambito VI2 “Leogra”.
L’Ambito VI2 “Leogra” coincide con il sistema idrografico del Leogra-Timonchio e comprende i territori dei comuni di Isola Vicentina, Malo, Monte di Malo, San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Torrebelvicino e Valli del Pasubio.
L’approvvigionamento idropotabile del Comune di Malo viene effettuato utilizzando i seguenti schemi acquedottistici locali: rete che fa capo ai pozzi Molinetta 1, 2 e 3, rete che fa capo al pozzo Colleoni.
L’approvvigionamento idrico avviene anche attraverso lo schema acquedottistico intercomunale principale della Valle dell’Astico che fa capo: ai pozzi siti nel Comune di Arsiero.
PAT MALO – VAS STATO AMBIENTE 07P19_W01R01_stato ambiente.doc 23 La rete di adduzione intercomunale si estende per 2 km circa di condotte realizzate prevalentemente in ghisa (100%).
I serbatoi che insistono sul territorio sono:
- Serbatoio interrato di Castello con capacità di 1.200 m3; - Serbatoio interrato di Monteccio con capacità di 300 m3; - Serbatoio interrato di Marchiori con capacità di 32 m3.
La capacità complessiva disponibile con funzione di compenso e di riserva è quindi pari a 1.532 m3.
La rete comunale, con uno sviluppo complessivo di circa 23 km di adduzione e di circa 62 km di distribuzione, è stata realizzata principalmente utilizzando condotte in acciaio (68%) e Pead (32%).
La rete è servita da numero 6 impianti di sollevamento.
Attualmente la portata media erogata all’utenza è di 35,4 l/s: le perdite della rete sono stimate in circa il 34% della portata immessa in rete (dato medio per lo schema acquedottistico di Malo).
La percentuale della popolazione allacciata alla rete di acquedotto è pari al 100%.
L’utenza è così suddivisa: 4669 utenze domestiche, 72 utenze zootecniche - rurali, 676 utenze per usi diversi per un totale di 5417 utenze.
Figura 4-8 Rete acquedottistica 4.4 Depuratori
Il Piano Regionale di Risanamento delle Acque prevedeva che l’Ambito VI2 “Leogra”
fosse servito da due soli impianti di depurazione consortili di potenzialità superiore a 5.000 a.e.:
- Impianto di Schio (potenzialità prevista 109.000 a.e.) al quale era previsto di collettare, oltre ai reflui di Schio, anche gli scarichi civili e industriali di Santorso, Valli
Linea distribuzione Linea adduttrice Rete consortile
del Pasubio e Torrebelvicino. Allo stato attuale l’impianto di Schio ha una potenzialità di 69.000 a.e. e riceve i reflui dei 4 comuni previsti dal PRRA;
- Impianto di Isola Vicentina, previsto per una potenzialità totale di 37.000 a.e., a servizio anche degli scarichi civili e industriali di Malo, Monte di Malo e San Vito di Leguzzano. Come previsto dal PRRA l’impianto, che attualmente ha una potenzialità di circa 40.300 a.e., serve le reti fognarie dei 4 Comuni con l’esclusione di una parte del territorio di Monte di Malo che è tuttora servita da vasche Imhoff per una potenzialità totale di 370 a.e.
La rete fognaria è servita sia dall’impianto di depurazione consortile di Isola Vicentina localizzato in Via Vicenza nella località Castelnovo avente potenzialità pari a 40.288 a.e.
con recapito finale dei reflui trattati nel torrente Orolo sia dall’impianto di depurazione consortile di Thiene localizzato in Via Santo nella frazione omonima avente potenzialità pari a 132.000 a.e. con recapito finale dei reflui trattati nella Roggia Verlata.
4.5 Sistema fognario
La fognatura comunale è parte sia dello schema intercomunale del Leogra che fa capo all’impianto di depurazione di Isola Vicentina, sia dello schema intercomunale della Valle dell’Astico che fa capo all’impianto di depurazione di Thiene.
La rete di raccolta è di tipo misto, si sviluppa per complessivi 60,9 km circa tra collettori principali e rete secondaria. La rete è stata realizzata utilizzando principalmente condotte in cemento (65%) ed è servita da numero un impianto di sollevamento.
La percentuale della popolazione allacciata alla rete di fognatura è pari al 80%.
Popolaz.
Figura 4-9. Dati rete fognaria comune di Malo. (fonte: Piano d'Ambito. Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale A.A.T.O. BACCHIGLIONE. 2003)
Figura 4-10. Rete fognaria del comune di Malo (fonte: Rapporto sullo stato dell’ambiente della Provincia di Vicenza 2000)
PAT MALO – VAS STATO AMBIENTE 07P19_W01R01_stato ambiente.doc 25 Dalle analisi svolte la qualità delle acque superficiali del comune di Malo, in particolare per il torrente Timonchio risulta essere scarsa. Inoltre potranno pensare ad interventi più specifici quali applicazione nei sistemi di trattamento individuali dei
“trattamenti appropriati” ed in particolar modo per le acque reflue domestiche recapitate direttamente in acque superficiali promuovere l’utilizzo di vasca Imhoff seguita da dispersione sul terreno (eventualmente piantumato) con drenaggio (e fondo impermeabilizzato se non è naturalmente permeabile) e scarico in corpo idrico superficiale. In caso di scarico in corpi idrici di buona o elevata qualità, è auspicabile anche l’inserimento di sistemi di fitodepurazione a valle di vasche Imhoff.
5. SUOLO E SOTTOSUOLO
Nella sua accezione più ampia il suolo comprende tutto ciò che supporta, alimenta e orienta quello che viene definito ecosistema. Gli ecosistemi si formano e si evolvono a seconda delle condizioni che le risorse naturali offrono loro e, come è facilmente intuibile, queste sono fortemente influenzate nel nostro territorio dal forte impatto antropico.
La risorsa suolo, come tutte le risorse naturali, è finita e non è sempre in grado di adattarsi ai cambiamenti repentini dettati dai ritmi umani e tende a mantenere il proprio equilibrio omeostatico con lente modificazioni.
5.1 Inquadramento geologico
Il territorio di Malo è composto da una parte collinare e da una zona di pianura su cui si concentrano le principali attività antropiche. La pianura alluvionale è stata originata dagli apporti solidi dei torrenti Astico e Leogra-Timonchio in fasi di alta energia coincidenti con le espansioni glaciali. Dai ghiacciai vallivi le conoidi fluvioglaciali si sono espanse nella zona pedemontana strutturando un sottosuolo prevalentemente ghiaioso sabbioso fin quasi all’abitato di Malo.
A valle esso risulta più irregolarmente strutturato con alternanze di sedimenti fini limoso argillosi e ghiaioso sabbiosi. In prossimità delle risorgive prevalgono sedimenti fini limosi e argillosi.
La distribuzione orizzontale e l’alternanza verticale dei sedimenti sono da collegarsi all’evoluzione climatica all’interno di ogni epoca glaciale. Secondo il naturale processo di sedimentazione, la dimensione dei granuli del terreno decresce da monte a valle, tuttavia in ogni ciclo alluvionale, nella fase di diminuzione dell’energia di trasporto delle acque, le terre fini si sovrappongono parzialmente a quelle grosse.
In una visione sintetica si ha un primo complesso ghiaioso sabbioso indifferenziato nella parte alta della pianura, specie tra Zanè, Marano e Thiene. Già tuttavia a Molina Borgo Lampertico il materasso ghiaioso sabbioso presenta delle intercalazioni argillose e più a valle, tra Villaverla ed Isola Vicentina, sono individuabili due significativi orizzonti argillosi.
In corrispondenza della fascia delle risorgive si ha una netta riduzione del primo banco ghiaioso sabbioso, che risulta frazionato in sottili orizzonti da livelli argillosi. Si tratta comunque di un serbatoio unitario, di cui le risorgive costituiscono lo sfioratore, con un livello idraulico variabile in funzione dei molteplici fattori naturali o antropici che ne influenzano ricarica e svuotamento. Considerando le possibilità di accesso verso la falda delle acque meteoriche e delle dispersioni dei corsi d’acqua, l’infiltrazione diminuisce rapidamente da monte a valle.
5.2 Caratteri stratigrafici
Dall’analisi di numerose stratigrafie di pozzi si può attribuire al territorio di Malo la seguente successione stratigrafica.
LITOTIPO A: dal p.c. per spessori variabili fino ad un massimo di 5.0 m, si ha un banco di terre fini argilloso limose, di colore bruno, talora intercalate da livelli sabbiosi e ghiaiosi;
LITOTIPO B: da 5.0 m fino a 50.0 m da p.c. si hanno strati a granulometria decisamente più grossolana, caratterizzati da ghiaia, ciottoli e sabbia, con presenza, talora sensibile, di frazione limoso argillosa. Detti strati sono intercalati da livelli discontinui di argilla compatta;
PAT MALO – VAS STATO AMBIENTE 07P19_W01R01_stato ambiente.doc 27 LITOTIPO C: da 51.0 m si hanno strati di materiali grossolani, talora frammisti con argilla e limo con vari strati acquiferi fino alla profondità di oltre 100.0 m.
5.3 Aspetti Idrogeologici
L’area in esame è ubicata in una zona caratterizzata da abbondanti precipitazioni, prevalentemente piovose. Dal punto di vista idrogeologico sono distinguibili, dal basso verso l’alto della serie stratigrafica, i seguenti complessi idrogeologici (insieme di termini litologici simili sia per le caratteristiche strutturali, sia per grado di permeabilità):
- complesso calcareo arenaceo, permeabile per fessurazione, costituito dai Calcari Nummulitici e dalla porzione più arenacea e conglomeratica della Marna di Priabona (verosimilmente la parte bassa della formazione);
- complesso marnoso, impermeabile, costituito dai livelli marnosi e marnosocalcarei della Marna di Priabona;
- complesso calcareo e calcareo marnoso, molto permeabile per fessurazione e carsismo, costituito dalla Calcarenite di Castelgomberto e dai livelli più carbonatici della Marna di Priabona (verosimilmente la parte alta della formazione);
- complesso eruttivo, impermeabile, costituito dalle rocce vulcaniche (brecce di esplosione, ialoclastiti, colate basaltiche, ecc.) che attraversano le formazioni più antiche.
Le elevate precipitazioni e le predisponesti condizioni idrogeologiche hanno reso possibile lo sviluppo di una complessa ed articolata circolazione idrica sotterranea ed un meno sviluppato reticolo idrografico superficiale, a causa dell’elevata piovosità delle formazioni superficiali.
5.3.1 Circolazione idrica superficiale
Data l’elevata permeabilità del complesso carbonatico costituente la gran parte della dorsale in esame, la circolazione idrica superficiale non è particolarmente sviluppata ed articolata.
E’ comunque possibile distinguere una circolazione idrica superficiale del versante est della dorsale in esame, con una direzione di deflusso mediamente verso est e sudest ad una circolazione idrica superficiale del versante ovest con una direzione di deflusso media verso ovest e sud.
Per quanto riguarda il versante est della dorsale, si può osservare che il collettore principale è rappresentato dal torrente Giara, corso d’acqua perenne a regime torrentizio, dotato di portate molto variabili, con grandi piene nei periodi di maggiori precipitazioni e forti magre nei periodi secchi. Esso scorre in direzione NNW - SSE.
Il reticolo idrografico formato dagli affluenti del torrente Giara è abbastanza articolato.
Si possono distinguere infatti alcuni corsi d’acqua secondari, perenni, a regime torrentizio, come: il torrente Rana che nasce da Monte di Malo, scende in direzione SSE verso l’abitato di Battistini e poi devia bruscamente in direzione NE verso l’abitato di Malo; Rio Valdissera che nasce a nord dell’abitato di Torreselle e scende in direzione nord, per poi deviare bruscamente alla confluenza con il Roggia Molina, e scorrere in direzione est; il Roggia Molina che nasce a monte di Vallugana Alta, ad est di Monte Pulgo e scorre verso est, confluendo poi nel Rio Valdissera.
Oltre ai sopra citati corsi d’acqua perenni, ne esistono altri di entità inferiore, con sviluppo essenzialmente da SW a NE, spesso impostati su faglie o fratture.
A seguito di interventi di bonifica eseguiti sui torrenti Leogretta, Trozzo Marano e Proa, la situazione idraulica è migliorata, anche se non completamente risolta, a scala sovracomunale, in quanto i corsi d’acqua non sono sempre in grado di canalizzare le portate idriche.
5.3.2 Circolazione idrica sotterranea e sorgenti
La circolazione idrica sotterranea è verosimilmente assai articolata e complessa. Il drenaggio sotterraneo è indirizzato prevalentemente verso SE, in conformità con la giacitura media degli strati e lo sviluppo dei versanti. La circolazione idrica sotterranea viene però complicata dal carsismo, fenomeno particolarmente sviluppato in tutte le formazioni carbonatiche.
Nella dorsale in esame, pur non essendo note cavità carsiche di particolare importanza, sono comunque osservabili frequenti fenomeni doliniformi superficiali, come nella zona a sud di Monte Piano e altri casi isolati.
Casi eclatanti di fenomeni carsici sono noti nelle zone più a nord e ad ovest, come ad esempio il Buso della Rana nel settore centro-settentrionale dell’Altopiano Faedo-Casaron che ha uno sviluppo di ~ 20 Km (è la grotta più lunga del Veneto).
In molti settori la circolazione sotterranea avviene prevalentemente per fessurazione, data la frequente presenza di diaclasi e fasce cataclastiche. Ciò comporta un drenaggio sotterraneo complesso, non ben inquadrabile in modelli semplici come può essere fatto per i materiali sciolti, permeabili per porosità.
Le anisotropie di circolazione sotterranea sono però del tutto imprevedibili. Pertanto per semplicità si propone un modello di acquifero sotterraneo tipico di ammassi rocciosi uniformemente fessurati, definibile come “acqua di fondo”. Ne consegue che l’andamento approssimativo della falda rispecchia probabilmente l’andamento topografico della dorsale, attenuandone il rilievo.
Nell’area in esame si hanno prevalentemente sorgenti per limite di permeabilità, tra la Calcarenite di Castelgomberto e la Marna di Priabona. La loro portata è spesso molto abbondante, denotante un’alimentazione proveniente da una falda piuttosto ampia e quindi captata a scopo potabile, come nel caso della sorgente Grijo (q. 150 m) in località Grendene. Nei dintorni esiste anche la sorgente Parigi (q. 146 m). Talvolta, per fenomeni carsici, l’acqua emerge al margine tra pianura e versante sotto forma di risorgive, come nel caso della sorgente Olmo in località Canton (q. 165 m). L’individuazione delle sorgenti è molto importante per conoscere l’andamento approssimativo della falda.
5.3.3 Morfologia della falda
La falda freatica presente nell’alta pianura a nord di Vicenza è stata oggetto di numerosi studi, che portano ad una sostanziale convergenza riguardo alla morfologia della sua superficie ed alla direzione generale del deflusso sotterraneo.
La morfologia si mantiene infatti piuttosto costante nel tempo, indipendentemente dalle oscillazioni del livello freatico, come è chiaramente rilevabile dai dati riferibili alle campagne freatimetriche eseguite nel periodo 1975-2000. Esso dunque non è stabile ma oscilla nel tempo, in relazione ai processi di ricarica e di drenaggio. La profondità della falda è soggetta a continue variazioni durante l’anno, anche di alcuni metri da una stagione all’altra, tuttavia nell’area indagata si mantiene tra 35.0 m e 45.0 m dal p.ca. Nel suo insieme essa si muove dai limiti settentrionali del territorio verso i limiti meridionali, affiorando in superficie più a sud, lungo la fascia dei fontanili.
PAT MALO – VAS STATO AMBIENTE 07P19_W01R01_stato ambiente.doc 29 5.4 Modalità di scolo delle acque meteoriche
Lo scolo delle acque meteoriche è realizzato settorialmente e non in modo soddisfacente. Va segnalata tuttavia una migliorata situazione idraulica rispetto agli anni
‘90, dovuta all’azione del Consorzio Argille nelle singole aree di cava ripristinate, e soprattutto ai lavori di bonifica eseguiti sui torrenti Leogretta e Trozzo Marano. Problemi idraulici rimangono ancora presenti nel territorio di Isola Vicentina e più settorialmente in quelli di Villaverla, Malo e Caldogno; essi possono essere affrontati e risolti a scala sovracomunale, risistemando e ampliando almeno uno degli assi principali del drenaggio (Leogretta o Trozzo Marano). Attualmente infatti, anche ove possibile lo scarico diretto delle acque meteoriche, i corsi d’acqua suddetti non sono sempre in grado di canalizzare le portate idriche.
Si deve pertanto ovviare in sito con l’infiltrazione diretta nel sottosuolo tramite trincee drenanti e pozzi assorbenti. Tale pratica, tra l’altro, è spesso presente nelle zone di espansione urbanistica. A scala locale quindi, ove lo scarico diretto non è possibile per la pensilità dei corsi d’acqua, devono essere attuate bonifiche idrauliche da considerarsi parte integrante del progetto di coltivazione della cava o del comparto.
5.5 Uso del suolo
Nell’insieme l’attività agricola a Malo ha subito, almeno in parte, la profonda crisi che ha interessato il settore a partire dagli anni ’60 e che ha comportato una riorganizzazione, spesso traumatica, di questa attività.
Una delle conseguenze più note, oltre la meccanizzazione dell’agricoltura, è stata quella dell’abbandono delle terre meno produttive o difficilmente lavorabili a favore dei più redditizi appezzamenti di pianura. L’allargamento dei mercati e la separazione della fase di lavorazione del prodotto da quella di produzione poi, fecero sorgere problemi localizzativi e di marginalità, divenuti importanti al fine di ridurre i costi di trasporto di prodotti spesso a basso valore aggiunto.
Per tali ragioni il paesaggio agrario di Malo ha visto progressivamente ridursi l’attività agricola tradizionalmente praticata, fra le tante difficoltà dovute anche alla morfologia del luogo, con il conseguente spopolamento delle contrade e l’abbandono di parte delle campagne.
L’insenilimento del settore né è una testimonianza, come è possibile ricavare dall’analisi dell’età media dei conduttori. Le sole aziende agricole ancora in crescita sono quelle specializzate nella zootecnia sia volta alla produzione di latte sia a quella di carne, sia infine nel settore degli allevamenti avicunicoli.
La lettura incrociata di questi fatti indica chiaramente come esistano all'interno del territorio comunale di Malo vaste aree di elevato interesse ambientale. Sono in particolare le aree pedecollinari e collinari, con la maggior presenza di boschi, prati, corsi d’acqua, formazioni arboree lineari e minore presenza dell'extra agricolo, a costituire gli ambiti di più elevata qualità.
L’area di pianura comprende invece aree a diverso grado di utilizzazione agricola: a vasti ambiti agricolo-produttivi si alternano aree dove il ruolo dell’agricoltura è connesso alla presenza di importanti segni del paesaggio agrario storico.
Si tratta di individuare le aree ove minore è la pressione antropica, sia in termini di presenza di manufatti, che a livello di interventi colturali, secondo il principio per cui al minor livello di interventi esterni corrisponde il massimo livello di variabilità ecosistemica e quindi di stabilità.
L’analisi del sistema rurale ed ambientale individua grandi ambiti omogenei, sulla base del grado di antropizzazione, del tipo di utilizzo del suolo e del rilievo degli elementi del paesaggio agrario e sono così definiti:
nella collina:
ambiti con prevalente presenza di aree boscate ed assenza di edificazione, anche con biotopi, ovvero ambiti omogenei di rilevante/eccezionale valenza paesistico-naturalistica, privi di edificazione e interventi antropici
paesaggio agrario storico collinare, in cui è stata rilevata la cospicua presenza di masiere non degradate e/o ancora utilizzate dall’uomo, associate spesso alla presenza di colture legnose di pregio (vite, olivo, fruttiferi ecc) con buona esposizione, situate in prossimità di contrade o lungo tratti di strada del sistema viario principale o secondario, dotate di grande “visibilità” e importanti anche dal punto di vista della tutela idrogeologica
nella pianura:
un ambito pedecollinare e vallivo, corrispondente al tratto di campagna relativamente integro e paesaggisticamente importante, che dal sistema fluviale Giara/Livergon arriva fino al piede della collina, oltre alla importante incisione valliva costituita da Vallugana; l’importanza di tale sistema sta anche nel fatto che la sua presenza si estende ben oltre il territorio di Malo: a nord verso Monte di Malo e oltre; a mezzogiorno al piede dei versanti in comune di Isola Vicentina e più giù verso Costabissara
una grande zona agricolo-produttiva, in cui si concentrano le principali attività del settore primario (aziende agricole vitali), vi è la maggior presenza di investimenti fondiari e la maglia poderale si presenta abbastanza integra, posizionato nella fascia Est del territorio agrario fino a includere buona parte di Molina
aree rurali di pianura, pur importanti dal punto di vista agricolo-produttivo, e con elementi di paesaggio agrario storico, costituiti dai residui delle centuriazioni romane: alta pianura a Nord-Ovest e verso Molina
una fascia di agricoltura “minore” con limitata importanza economico-produttiva e presenza piuttosto estesa di “frammentazione fondiaria”, posta in fascia periurbana, che include anche le aree agricole “inglobate, cioè su tre lati
“aggredite” dall’extra agricolo: essa è principalmente sviluppata ad est dell’attuale strada statale
in ambito collinare più concentrate e di limitata dimensione, più estese in pianura, vi sono le contrade e i borghi rurali
5.6 Rischio sismico
Il rischio sismico è riferito alla classificazione approvata dalla Giunta Regionale del Veneto che recepisce la classificazione introdotta con l’ordinanza n°3247 della Presidenza del Consiglio.
Con l’adozione di questa classificazione il territorio provinciale di Vicenza, analogamente a quello di tutto il Veneto, viene considerato sismico e suddiviso in quattro zone, con livello decrescente da 1 a 4.
Per quanto riguarda l’aspetto sismotettonico il comune di Malo ricade in area considerata a basso rischio sismico: è classificata in classe 3.
PAT MALO – VAS STATO AMBIENTE 07P19_W01R01_stato ambiente.doc 31
Figura 5-1. Rischio sismico della provincia di Vicenza
Con il sopraccitato provvedimento sono state inoltre definite le direttive per l’applicazione della norma statale, in base alla quale i progetti di opere da realizzarsi all’interno di ambiti classificati a livello sismico 3 devono essere redatti secondo la normativa tecnica per le opere in area sismica, senza l’obbligo di esame da parte degli Uffici del Genio Civile.
Con il sopraccitato provvedimento sono state inoltre definite le direttive per l’applicazione della norma statale, in base alla quale i progetti di opere da realizzarsi all’interno di ambiti classificati a livello sismico 3 devono essere redatti secondo la normativa tecnica per le opere in area sismica, senza l’obbligo di esame da parte degli Uffici del Genio Civile.